All I want for
Christmas is you
La neve…
Scende lieve posandosi sul mondo, coprendo tutto con il suo candore.
Lenta si stacca dal cielo dondolando nell’aria, lasciando che
il vento la faccia danzare.
Quelle che osservo oltre la finestra sembrano piccole sfere bianche, ma
in realtà ogni fiocco racchiude in sé un
complesso incastro geometrico, composto da cristalli di ghiaccio che si
sono aggregati in maniera perfetta e unica
nell’atmosfera…
Sorrido serenamente prima di portare la tazza fumante alle labbra.
L’aroma del tè imprigionato nel vapore entra nelle
mie narici, sottolineando così il sapore deciso che assaporo
con la bocca.
Appoggio la fronte alla finestra.
Il contrasto tra la superficie gelida e il mio corpo avvolto nella
coperta, estremamente caldo, mi dona un piccolo brivido, mentre le luci
bianche alle mie spalle sembrano tremare nel riflesso del vetro.
Istintivamente mi volto verso l’albero addobbato con cura per
poterle mettere a fuoco nella penombra della stanza, illuminata a
stento dalle candele accese poco prima che facesse buio.
Un altro sorriso distende inevitabilmente le mie labbra,
perché questo è uno dei motivi per cui mi piace
l’Europa.
Natale qui non si festeggia esclusivamente in un unico giorno fatto di
luci, torte graziose e passeggiate romantiche tra le luminarie.
L’atmosfera natalizia rimane in sospeso nell’aria
per settimane, a partire dalle precedenti di preparazione fino
all’arrivo dell’anno nuovo.
Unico neo: l’assenza della neve, perché Barcellona
non è come la mia Nankatsu.
Ma una natura sorprendentemente generosa ha voluto stupirmi, esaudendo
anche l’unico desiderio che sembrava impossibile, tra i tanti
formulati nel mio cuore in questo primo Natale in Spagna.
E così i tetti sono eccezionalmente bianchi, proprio come le
strade e la baia, dove ora è una leggera coltre bianca a
limitare il mare al posto della sabbia.
Sorseggio ancora un po’ di tè mentre osservo la
neve che continua a cadere miracolosamente sopra Barcellona.
Un movimento alle mie spalle però attira inevitabilmente
tutta la mia attenzione, così poggio la tazza sul davanzale
prima di raggiungere il divano.
Non posso evitare di sorridere ancora dolcemente quando mi siedo a
terra, non prima però di aver scostato parte della coperta
dalle mie spalle e averla poggiata sulle sue, con estrema delicatezza
in modo da non svegliarlo.
Quando poggio il mento sul tessuto chiaro, mi fermo a guardare il suo
viso vicinissimo, illuminato debolmente dal tremolio delle candele e
dai giochi di luce dell’albero a poca distanza.
Dalle labbra socchiuse fuoriesce imperturbabile il suo respiro, nella
pace di quella che ora è la nostra casa.
Assaporo ancora il silenzio mentre sospiro soddisfatta.
Tra qualche giorno questa calma sarà solo un ricordo lontano
e anche se non vedo l’ora che il chiasso di Nankatsu rimbombi
per le stanze, qui nella diversa e lontana Catalogna, non posso evitare
di essere felice per questo Natale solo per noi due.
Delicatamente sfioro la sua fronte prima di poggiare la guancia al
cuscino e chiudere gli occhi, lasciando così che i ricordi
si affaccino lentamente nella mia mente, come neve che si posa piano
sulle mie memorie.
Un errore…
Ah no! Eccone un altro!
Anzi, sono
tre…
Con uno sbuffo sonoro,
poggio i ferri e la lana sul banco.
Nell’impeto la
rivista che dovrebbe aiutarmi con semplici e veloci istruzioni, cade a
terra rovinosamente, come a voler sottolineare il mio totale fallimento.
Nella solitudine della
classe mi lascio andare allo sconforto, emettendo un lamento rumoroso e
prolungato mentre gli occhi si posano ancora una volta su quelli che
dovrebbero essere dei guanti di lana, ma che in realtà
somigliano più a un polipo… che non ha fatto
proprio una bella fine!
“Ma che versi
fai, Sanae?”
La voce di Yukari mi fa
trasalire.
Con un balzo copro il
banco con il busto e le braccia, terrorizzata all’idea che
possa esserci qualcun altro insieme a lei.
Quando mi volto a
guardarla però, scopro con sollievo che è da sola
e fregandomene del suo sguardo allibito, accentuato dalle sopracciglia
nere tremendamente ricurve, mi appoggio nuovamente allo schienale della
sedia, sospirando vistosamente.
“Non ti ho
vista a pranzo, mi chiedevo che fine avessi fatto!”
“Ho mangiato
un boccone al volo qui in aula, per non perdere
tempo…”
La mia migliore amica si
avvicina di un passo, tenendo le mani dietro la schiena e inclinando il
busto.
Il collo teso verso la
lana che giace scomposta sul piano del banco.
Un’occhiata
veloce poi la sua testa si volta di scatto verso di me, facendo
oscillare impetuosamente la lunga coda di cavallo.
“Che stai
facendo?” chiede, abbassandosi per raccogliere la rivista.
“Mi sto
esercitando a lavorare a maglia… non è
chiaro?”
Yukari annuisce sorpresa
mentre sfoglia le pagine fino a raggiungere quella con il segnalibro
adesivo rosso, nella sezione dedicata agli accessori.
La sua attenzione si
concentra sui passaggi più ostici che ho evidenziato con un
pennarello, prima che il suo sguardo si posi di nuovo
sull’intreccio di lana ancora attaccato ai ferri, in bella
mostra sul mio banco.
“Come ti
sembrano?” domando con un po’ di titubanza.
“Sono per
Tsubasa?” ribatte, senza girare intorno agli argomenti come
al suo solito.
Annuisco, cercando
d’ignorare il calore che si sta propagando istantaneamente
sulle mie guance.
“È
un regalo di Natale?” chiede ancora, sorridendo allusiva.
“Dovrebbe…
Ma sono una frana! Non faccio che sbagliare e se continua
così, non credo che riuscirò a finirli in tempo
per la vigilia…”
“E quelli per
gli altri ragazzi della squadra dove sono?”
Interdetta, sbatto le
palpebre più volte mentre apro e chiudo la bocca come i
pesci.
Muta come un pesce per
la precisione.
Yukari scoppia a
ridere, divertita per il mio imbarazzo, dato che è
perfettamente conscia del mio debole per il Capitano, nonostante non le
abbia mai confidato nulla esplicitamente.
“Farai in
tempo, Sanae. Ti aiuterò io!” esclama, sedendosi
accanto a me dopo aver trascinato una sedia rumorosamente.
“Sai lavorare
a maglia?!” le chiedo senza calibrare l’entusiasmo
nella mia voce.
Yukari annuisce, alzando
il mento in una posa spavalda, la sua coda oscilla ancora vistosamente.
Un sorriso felice
distende allora le mie labbra ma non ho tempo di rilassarmi oltre,
perché delle voci in lontananza catalizzano tutta la mia
attenzione.
Riconosco il tono caldo
di Tsubasa, al quale seguono una battuta d’Ishizaki e le
risate divertite di altri ragazzi della squadra.
“Metti via
tutto!” mi ordina Yukari, prima di lanciarsi verso la porta
della mia classe e fare capolino in corridoio.
Senza perdere tempo,
infilo velocemente il mio prezioso segreto nella cartella mentre la mia
migliore amica si para davanti al gruppo di ragazzi per temporeggiare,
fingendo di fare ritorno nella sua aula.
Porto una mano al petto
e sospiro, sentendola battibeccare proprio con Ryo come
d’abitudine, perché non oso immaginare cosa
sarebbe successo se non avessi fatto in tempo a nascondere tutto!
Le mani dietro alla
schiena stringono il pacchetto, tenendolo così nascosto alla
vista altrui.
Sul viso un sorriso di
plastica mentre spero che a nessuno venga in mente
d’insistere ancora o di farmi altre domande.
Yukari come sempre si
erge allora a mia paladina e con fare un po’ intimidatorio
spinge quasi letteralmente i ragazzi della squadra via da bordo campo.
Ishizaki protesta per
l’intromissione ma la mia migliore amica borbotta un
qualcosa, capace di attirare l’attenzione anche di Kisugi,
Izawa e Taki.
Il gruppetto annuisce
sghignazzando mentre li osservo allontanarsi tra schiamazzi vari e
risolini.
Un sospiro sollevato mi
sgonfia il petto quando li vedo scomparire oltre l’angolo,
senza che nessuno abbia fatto o detto alcunché per
convincermi ad andarmene con loro.
Il rumore del cuoio
contro gli scarpini torna a essere così, l’unico
suono in competizione con i battiti del mio cuore.
Prendendo un grosso
respiro mi volto in direzione del campo.
Tsubasa sta calciando
l’ennesimo pallone contro la porta vuota, completamente
assorto nel suo mondo e per nulla consapevole della mia presenza.
In verità non
credo abbia sentito nemmeno le lamentele dei suoi compagni, che fino a
pochi minuti fa non facevano che incitarlo a tornare a casa.
È impegnato a
creare un nuovo tiro e questo è il suo obbiettivo ora, ma
nonostante il suo innegabile talento non si può comunque
definire un’impresa facile la sua.
L’ultimo
pallone della cesta s’insacca nella rete proprio ora.
Tsubasa fissa la porta,
portando le mani sui fianchi mentre riprende fiato.
Ma passano solo pochi
secondi prima che torni a curvarsi a raccogliere ogni palla, pronto a
iniziare un’altra serie di tiri in solitaria.
Decido allora di
aiutarlo, anche per avere un pretesto per parlagli…
Dopo aver posato
velocemente il pacchetto su una panchina, mi dirigo con passi decisi
verso l’area di rigore, prendendo un paio di palloni tra le
braccia strada facendo.
Quando mi avvicino alla
cesta e li lascio cadere all’interno, Tsubasa si accorge
finalmente di me e mi saluta stupito, facendo poi rotolare altre sfere
di cuoio dentro la gabbia metallica.
Senza bisogno che glielo
chieda, mi spiega perché si sia trattenuto così a
lungo ad allenarsi dopo le lezioni.
“Non posso
andarmene, perché sento che oggi farò dei
progressi con il nuovo tiro!”
Gli sorrido.
Tsubasa è
fatto così, non si accontenta e non si crogiola mai sugli
allori.
Nonostante il campionato
delle medie stravinto per il secondo anno di fila, lui
s’impegna anche in pieno inverno, per migliorare e ottenere
sempre qualcosa di più da se stesso.
E questo è
forse ciò che mi piace di più in lui…
“Allora credo
che mi fermerò anch’io…”
esclamo, buttando l’occhio per una frazione di secondo sul
pacchetto colorato, rimasto sopra al marmo bianco della panchina.
Tsubasa si limita a
sorridermi allegro prima di riprendere a raccogliere gli ultimi
palloni, dandomi le spalle.
“Quando
avrò finito…”
La sua voce mi trattiene
quando faccio per allontanarmi.
“Torniamo a
casa insieme!”
Fisso incredula la sua
schiena per una manciata di secondi.
Continuo a seguire i
suoi movimenti mentre posiziona un pallone sul dischetto dei rigori.
Un calore improvviso si
propaga veloce sulle mie gote, provocato dalla felicità
inaspettata che sto provando.
“Va
bene!” rispondo senza calibrare affatto
l’entusiasmo, sorridendo così tanto da sentire le
guance tirare, sotto il freddo pungente di dicembre.
Tsubasa rimane di spalle
e non aggiunge altro, riprendendo a calciare verso la porta vuota.
È una
piacevole leggerezza quella che guida i miei passi fino alla
panchina…
Dopo essermi seduta,
poggio sulle ginocchia il pacchetto con il mio regalo fatto a mano,
fissando poi la figura in mezzo al campo.
I minuti passano lenti e
silenziosi ma io non mi annoio di certo, perché passerei ore
a guardarlo mentre si allena.
Tsubasa prende una
leggera riconcorsa e il piede incontra di nuovo la palla, che si alza
da terra compiendo però una traiettoria diversa dalle
precedenti.
Il pallone infatti
raggiunge la porta con forza, dopo essersi abbassato bruscamente e
improvvisamente nell’aria.
Incredibile!
“Hai
visto?!” urla soddisfatto, voltandosi verso di me e indicando
verso la rete.
Mi precipito subito da
lui e insieme commentiamo il suo tiro, entrambi in preda
all’entusiasmo che diventa stupore quando
all’improvviso inizia a nevicare.
I fiocchi ondeggiano
lenti nell’aria, Tsubasa alza il viso fissando il cielo con
infantile meraviglia.
Poso allora lo sguardo
sul pacchetto stretto tra le mie mani e decido che è il
momento di consegnarlo al destinatario, approfittando della cornice
perfetta di questo momento, fatta di neve e obbiettivi da raggiungere
un po’ più vicini.
“Congratulazioni
per esserti avvicinato così tanto al Drive Shot!”
esclamo riportando la sua attenzione su di me.
“E buon
Natale!” aggiungo, porgendogli il mio regalo mentre sento che
sto arrossendo.
Tsubasa socchiude le
labbra in un moto stupito prima di sorridere, allungando le braccia e
prendendo il pacchetto tra le sue mani.
La neve morbida
scricchiola sotto i nostri passi.
Le strade sono deserte e
i fiocchi illuminati dai lampioni sembrano come polvere che fluttua
nell’aria, desiderosa di ricoprire ogni cosa con il suo
gelido manto.
Fa freddo, tanto freddo.
Lo sento sul viso
nonostante la sciarpa, tra le pieghe della gonna, sotto il cappotto e
perfino nelle scarpe di certo poco adatte a camminare sulla neve.
Nel mio cuore
però, non è mai stato così
caldo…
È la prima
volta che Tsubasa mi raccompagna a casa dopo la scuola!
Non faccio che sorridere
da quando abbiamo lasciato il campo d’allenamento…
e non solo con le labbra.
Sorridere ora
è più uno stato d’animo…
I miei occhi si posano
di nuovo sul ragazzo che cammina al mio fianco.
Borsone sulla spalla,
continua a guardarsi le mani coperte dai guanti che gli ho regalato e
l’espressione sul suo volto mi fa credere che sia davvero
felice.
“Non sono
piccoli, vero?” chiedo, un po’ insicura del
risultato nonostante il prezioso aiuto di Yukari.
Tsubasa scuote la testa
mostrandomi le dita e muovendole, come a volerne sottolineare
l’effettiva comodità.
Annuisco, spostando una
ciocca di capelli finita davanti agli occhi a causa di una folata di
vento.
“Sono uguali
ai tuoi…” lo sento esclamare, porto
così istintivamente l’attenzione sulle mie di mani.
E arrossisco,
perché questa somiglianza può essere interpretata
solo in una maniera del tutto imbarazzante.
Di solito sono le
coppiette a indossare qualcosa di coordinato.
Noi due però
non abbiamo di certo quel tipo di relazione…
Non ancora
almeno…
“Avevo solo
questa lana…” mi giustifico, distogliendo lo
sguardo da Tsubasa che invece sembra tutt’altro che turbato
dalla cosa.
“È
stato difficile farli?” chiede con un sorriso incoraggiante
quando torno a guardarlo di sottecchi.
“Un
po’…” ammetto, ridacchiando e incassando
il collo nella sciarpa.
“Più
o meno del bandierone delle elementari?”
“Uh?!”
mi volto a guardarlo.
Tsubasa sorride
sbattendo le palpebre, in palese attesa di una mia risposta.
Nel suo sguardo non
c’è la minima traccia d’ironia, quindi
non ha intenzione di prendermi in giro.
“Stessa
difficoltà!” ammetto ancora, ridendo divertita.
A essere onesti non
avrei mai fatto in tempo a finire la bandiera, se non fosse intervenuta
la nonna ad aiutarmi.
“Ma almeno nel
cucito ho fatto progressi da allora! I rammendi sulle vostre maglie mi
riescono piuttosto bene, ora!” esclamo, facendo
l’occhiolino.
Tsubasa annuisce
sorridendo, prima di posare di nuovo lo sguardo sulle mani guantate.
Mi soffermo
così a osservalo, anche se la mia attenzione non scaturisce
di certo dalla semplice curiosità.
A me piace semplicemente
guardarlo…
E non ci vuole un genio
per capire il perché…
I fiocchi di neve
sfiorano Tsubasa delicatamente, volteggiando intorno alla sua figura.
Alcuni si posano sulle
spalle coperte dalla divisa nera, altri tra i suoi capelli.
Credevo che consegnargli
un regalo nella vigilia di Natale, potesse rendermi davvero
felice…
Ma non avrei mai
immaginato di ricevere addirittura qualcosa in cambio!
Camminare insieme, da
soli mentre la neve imbianca le vie familiari che portano a casa
mia…
Mi sento felice e allo
stesso tempo proiettata in un qualcosa di molto più grande!
E questa sensazione mi
fa sentire davvero ottimista ed eccitata all’idea del futuro,
perché oggi…
Oggi è come
se avessi compiuto un primo passo in direzione del suo cuore…
Un primo successo verso
qualcosa d’importante, come il primo tiro andato a segno per
arrivare al Drive Shot.
La strada è
ancora lunga, lo so, ma il tempo sarà mio alleato dato che
lo trascorrerò al suo fianco.
Nei mesi, negli anni che
verranno.
Tsubasa si volta ora e
mi sorride, ancora.
E questo è di
sicuro il Natale più bello che potessi mai
desiderare…
Un sorriso distende le mie labbra mentre seguo i giochi di luce
rincorrersi sull’albero.
È una strana sensazione provare tenerezza per se stessi, ma
è esattamente questo quello che sento per la Sanae
tredicenne che cammina nella neve, con il cuore pieno di buoni
propositi e felici speranze.
Cristallizzata in quel momento felice nei miei ricordi.
Mi piacerebbe poter proteggere quella ragazzina dalle delusioni che la
raggiungeranno, ma non è possibile.
Sarebbe bello allora poterla abbracciare, sussurrandole di essere forte
perché alla fine tutto andrà bene…
In quel momento della mia vita infatti, non sapevo che sarei stata
tradita.
Non immaginavo che il tempo sarebbe diventato tutt’altro che
un alleato ma piuttosto il mio più acerrimo nemico.
Per trasformarsi poi nell’unica costante a cui fare
riferimento, nella solitudine dell’adolescenza.
Le lancette dell’orologio scorrevano lente ai tempi del liceo
e tre anni sono trascorsi come secoli, senza la presenza
dell’unica persona che avrei voluto avere accanto.
“Dai, Sanae!
Vieni con noi!”
Fisso Yukari per secondi
che sembrano interminabili, prima di roteare gli occhi al cielo e
scuotere la testa.
“Non essere
sciocca!” la rimprovero, emettendo anche uno sbuffo sonoro
per sottolineare quanto sia assurda la sua proposta.
“Perché
non vuoi uscire con me e Ryo?”
Non posso credere che
stia insistendo davvero!
Anche se so che le sue
intenzioni nei miei confronti sono come sempre buonissime.
“Mah! Non
so… Forse perché è la vigilia di
Natale e a me non va assolutamente di fare da terzo incomodo in un
appuntamento romantico?” rispondo con un sorrisetto
sarcastico.
Yukari incrocia le
braccia al petto ma prima che possa aprire di nuovo bocca, la sua
attenzione viene calamitata da qualcosa oltre la finestra.
Istintivamente, mi
sporgo anch’io verso il vetro, cercando con lo sguardo cosa
possa averla incuriosita così tanto.
“Li hai
visti?” chiede, dandomi una leggera gomitata sul braccio
mentre noto due figure familiari al centro del cortile deserto, a causa
del freddo pungente.
Annuisco senza
trattenere un sorriso.
“Che si
staranno dicendo?” domanda ancora, facendosi più
vicina.
Alzo le spalle mentre
osservo la postura un po’ rigida di Kumi mentre ascolta
quello che sembra essere un monologo.
Nitta gesticola infatti
in maniera nervosa mentre le parla, anche se sul suo viso compare il
solito sorrisetto strafottente e scanzonato.
“Lei gli piace
proprio tanto, vero?” sentenzia la mia migliore amica con
aria sorniona.
Annuisco ancora,
continuando a osservare dall’alto i due kōhai, sempre senza
smettere di sorridere.
Kumi sembra in
imbarazzo, anche se cerca di camuffarlo facendo finta di concentrare la
sua attenzione sul nodo della sciarpa, che disfa e riannoda
ripetutamente, in maniera quasi compulsiva.
“E lei?
Secondo te a lei piace almeno un po’ Nitta?”
chiedo, posando un dito sulle labbra e corrugando le sopracciglia.
I rapporti tra i due non
erano affatto idillici a inizio anno.
Kumi in particolare non
riusciva a perdonare il nuovo attaccante della squadra, per aver
battuto la Nankatsu delle medie nei precedenti due tornei di
prefettura, come titolare della Otomo.
Col tempo
però, le cose tra loro si sono molto ridimensionate,
soprattutto grazie all’impegno di Nitta, che non si
è proprio risparmiato nel suo primo campionato nazionale
delle superiori.
Kumi non ha potuto fare
a meno di notarlo e ne è rimasta impressionata a tal punto,
da smettere di trattarlo con sufficienza.
“Non lo so ma
se le dovesse piacere… beh allora ha cambiato decisamente
gusti dalle medie! E tu dovresti saperne qualcosa, Sanae!”
esclama Yukari, prima di scoppiare in una fragorosa risata e darmi
un’altra gomitata sul braccio.
Non rispondo,
limitandomi a fissarla stringendo le palpebre anche se mi verrebbe da
ridere.
“Nitta non ha
proprio nulla di Tsubasa, no?” mi stuzzica ancora divertita
la mia migliore amica, facendo la linguaccia.
“Nemmeno gli
scarpini!” borbotto scuotendo la testa mentre un sorriso distende comunque le mie labbra.
“Le
starà chiedendo di uscire?” ipotizza, tornando a
guardare fuori.
Non sapendo che
rispondere mi concentro su Kumi, che estrae di tasca il cellulare dopo
un attimo di esitazione.
Si mette a digitare ora,
anzi è Nitta che le sta dettando qualcosa.
Anche lui ha in mano lo smartphone e la sua espressione è talmente euforica, che
non mi stupirebbe se si mettesse a ballare sul posto!
“Si stanno
scambiando i numeri! O forse le e-mail?” e senza aggiungere
altro, Yukari prende il cellulare con l’intenzione temo, di
mandare un messaggio all’unica manager rimasta al club di
calcio.
La fermo prontamente,
posando una mano sopra le sue e scuotendo vigorosamente la testa.
“No!”
esclamo, fissando la mia amica negli occhi mentre mi scruta stupita.
“Lasciale
vivere il momento…” mormoro poi, poggiando di
nuovo le mani sul davanzale e avvicinandomi di più al vetro,
così tanto da creare aloni d’umidità in
prossimità delle labbra.
Nitta saluta Kumi con un
gesto della mano, sorridendo allegro, prima di allontanarsi.
Lei ricambia e lo segue
con lo sguardo finché non scompare dalla sua vista.
La osservo attentamente
mentre guarda avanti a sé, continuo a fissarla anche quando
abbassa gli occhi sul cellulare ancora stretto tra le sue mani.
All’improvviso
Kumi sorride… e allora il mondo intorno a lei non sembra poi
così grigio.
Una sensazione familiare
si fa presto strada in me…
Tanto tempo fa ero
invidiosa di questa ragazzina, perché era capace di
esternare i propri sentimenti in maniera totalmente trasparente, chiara
e sincera…
Dopo anni mi ritrovo a
esserlo ancora anche se per motivi completamente differenti, che hanno
però sempre lo stesso comune denominatore…
La mia avventura alle
superiori tra pochi mesi si concluderà, la sua sta appena
cominciando.
Ma sotto certi aspetti,
è come se la mia vita da liceale non fosse mai iniziata.
Kumi sorride
ancora…
È proprio
questo, ciò che avrei voluto vivere nei tre anni passati tra
queste mura…
Quell’emozione…
avrei tanto voluto sentirla sulla mia pelle, ogni giorno.
Ho sempre saputo
però che non sarebbe mai stato possibile…
Senza di lui.
Kumi alza lo sguardo ora
e distrattamente lo posa sulla finestra da dove la sto osservando.
Quando mi nota, sul suo
viso compare un’espressione stupita e le sue gote si colorano
di un rosso accesso, visibile anche da quassù.
“Ora la posso
prendere un po’ giro? Ti prego, Sanae!” piagnucola
Yukari al mio fianco, in un’imitazione davvero ben riuscita
del suo fidanzato.
Appena annuisco, la mia
migliore amica spalanca la finestra e si sporge, noncurante della
folata di vento gelido che c’investe, arrivando a farci
lacrimare.
“Kumi-chan!
Cosa stavi facendo tutta sola con Nitta?” la sento urlare
mentre poggio i gomiti sul davanzale e il mento sul palmo della mano.
La reazione della nostra
kōhai, che arrossisce ancora di più, mi strappa una risatina
sommessa.
“Vi siete
scambiati il numero? Avete un appuntamento per caso?” grida
imperterrita la mia migliore amica.
Kumi si guarda intorno,
sempre più agitata.
“Senpai! Non
urlare così, ti prego!”
“C’è
solo un modo per farmi smettere, lo sai…”
sentenzia Yukari, incrociando le braccia al petto mentre la ragazzina
in mezzo al cortile la fissa nervosa, pendendo dalle sue labbra.
“Devi dirci
tutto! Sali!”
Quella che fino a
qualche tempo fa era la manager più piccola del club, si
morde le labbra, esitando.
Quando infine annuisce,
mettendosi poi a correre per raggiungerci, provo una gran tenerezza per
lei.
“Sei
tremenda…” sussurro per rimproverare Yukari, che
invece si sta divertendo davvero un mondo.
Un sorriso distende
comunque le mie labbra.
Sono abituata a scovare
il lato positivo, nell’essere perennemente solo una
spettatrice dell’universo che mi circonda.
Mastico
l’ultimo boccone di torta posando la forchetta sul piatto.
Mio padre mi osserva di
sottecchi ma non dice nulla mentre la mamma inizia a sparecchiare la
tavola, riponendo nel frigo quel che resta della torta natalizia fatta
con le sue mani.
Mi alzo per darle una
mano e quando la raggiungo in cucina, lei mi sorride con quello sguardo
tipico di chi è un po’ in apprensione ma non vuole
darlo a vedere.
“Sei sicura di
non voler venire con noi, Sanae?” mi chiede per
l’ennesima volta, diventando la mia personalissima versione
casalinga di Yukari, in quanto a insistenza.
Mi limito a scuotere il
capo sorridendole, nel chiaro tentativo di farle capire che non si deve
preoccupare per me ma soprattutto, che non ho bisogno di essere
commiserata.
Anche se…
Ricevere anche dai
propri genitori un invito a fare da terzo incomodo la vigilia di
Natale, è effettivamente un po’ patetico e
deprimente.
“Sicura,
sicura?” insiste mia madre, cercando
d’incoraggiarmi comunque ad andare con loro.
“Mamma…
è tutto ok!”
“Papà
ha paura che tu oggi sia triste…” si giustifica,
strofinando con troppa enfasi le stoviglie sotto lo scroscio
dell’acqua.
Come se una data
particolare sul calendario potesse rendermi più infelice di
un giorno qualsiasi…
Ormai a me sembrano
tutti maledettamente uguali…
“Non ne ha
motivo, davvero!” esclamo decisa per rassicurarla.
“Voi andate
tranquilli, io studierò un po’… gli
esami sono dietro l’angolo, ormai!”
Mia madre mi scruta
ancora poco convinta, così accentuo il sorriso per essere
più convincente.
Quando finalmente
annuisce, mi congedo da lei dandole un affettuoso bacio sulla guancia.
Prima di salire al piano
di sopra, abbraccio mio padre augurandogli ancora un sereno Natale.
Solo una volta nella mia
camera, dopo aver chiuso la porta alle mie spalle, mi sento libera di
rilasciare un sospiro prolungato, fatto di sollievo ma soprattutto
rassegnazione.
Prima di buttarmi
pesantemente sul letto, accendo la lampada che mi ha regalato Yukari e
abbracciando un cuscino, fisso il soffitto su cui volteggiano sfere di
luce simili a una tempesta di neve.
Poso allora lo sguardo
oltre la finestra.
Non ci sarà
nessuna nevicata nemmeno quest’anno…
Gli occhi allora si
fanno pesanti, oltre a bruciare un po’.
Li chiudo, lasciando che
una lacrima scivoli comunque tra le ciglia e rimango immobile,
ascoltando il silenzio che avvolge la stanza disturbato solo dal mio
respiro.
E dal ticchettio di una
lancetta proveniente dal comodino.
Tic…
Tic… Tic…
La sveglia batte il
tempo che scorre in maniera monocorde e ripetitiva.
E i secondi diventano
come sempre un’eternità…
Nel silenzio…
Nel vuoto…
Nell’assenza…
Finché non mi
sento chiamare!
Spalanco le palpebre,
portandomi seduta sul letto.
Davanti a me la neve
vortica per la stanza, in una danza quasi ipnotica.
La finestra è
infatti inspiegabilmente spalancata.
Mi sto chiedendo come
sia possibile, quando sento pronunciare ancora il mio nome.
All’esterno,
ad alta voce…
Dalla sua voce!
Mi alzo di scatto e una
volta raggiunta la finestra, mi sporgo.
Non riesco a vedere
nulla però, perché sembra sia in corso una bufera
proprio nel cortile di casa mia.
Faccio solo in tempo a
notare che indosso la divisa scolastica, prima di sentirmi chiamare di
nuovo e con insistenza.
Mi precipito
così di corsa giù per le scale, poi incontro alla
porta d’ingresso.
La spalanco ed esco
fuori, piombando così nel bel mezzo di una nuvola fatta di
vento e neve ma senza percepirne il freddo.
All’improvviso
l’aria si ferma.
I fiocchi rimangono
sospesi intorno a me per una manciata di secondi, prima di
volatilizzarsi e sparire nel nulla.
Il mondo che mi circonda
prende allora forma.
Con stupore mi rendo
conto di non essere nel giardino di casa mia, come credevo,
bensì al belvedere…
Il monte Fuji
è un maestoso triangolo bianco all’orizzonte e
c’è neve ovunque…
Sul parapetto che limita
il panorama, sulle fronde dell’albero secolare e sul prato,
nascosto da una coltre soffice e candida.
“Sanae…”
Trattengo il
fiato…
La sua voce
all’orecchio mi dona quel brivido, che la neve stessa non
riesce assolutamente a trasmettermi.
Mi volto impaziente,
portando le mani alle labbra ma quando incrocio il suo
sguardo…
Nulla può
trattenermi dall’abbracciarlo forte, nascondendo il viso nel
suo torace.
Stretta a lui tutto
sembra così reale, tangibile…
Nonostante sia
perfettamente consapevole che faccia parte di un sogno.
Quando mi scosto dal suo
petto e incrocio il suo sguardo, Tsubasa sorride.
Mirabilmente messo a
fuoco, nonostante i contorni intorno a noi siano tornati a essere
indefiniti.
Indossa anche lui la
divisa scolastica ma quella delle medie.
Alla sua giacca manca un
bottone, il secondo, perché si trova a casa mia, appeso a un
nastro blu sulla bacheca nella mia camera.
Quando mi prende per
mano avverto calore, nonostante la neve che scricchiola sotto i nostri
passi, non riesca ancora a trasmettermi alcuna sensazione.
Delle luci si accendono
improvvise sopra le nostre teste, alzo così lo sguardo verso
delle magnifiche decorazioni natalizie, cercando poi di capire dove ci
troviamo, perché questa non è più
Nankatsu.
Le case che costeggiano
la via hanno davvero un aspetto insolito e curioso.
Tondeggianti e prive di
spigoli, dai balconi ondulati e mura decorate… sembrano nate
da qualche vivace ma geniale fantasia.
Non ho visto nulla del
genere prima d’ora e sono sicura di non essere mai stata in
questo posto ma avverto comunque una sensazione familiare,
nell’ennesimo paradosso tipico delle visioni oniriche.
Non so perché
ma mi viene anche da sorridere.
Tsubasa si ferma,
costringendomi a farlo a mia volta.
Socchiudo le labbra
quando prende il mio viso tra le mani e il mio sguardo, lo so, sta
diventando languido.
La parte razionale che
sta vigilando sul mio sogno vorrebbe farmi piangere, per far prevalere
le emozioni del mondo reale su di me ma quella legata ai desideri,
onirica e sfuggevole, riesce a prevalere ancora.
Mi sento infatti
totalmente parte del momento che sto vivendo, anche se irreale.
Non mi stupisco mentre
vedo sfumare tutto ciò che ci circonda.
Le luci colorate.
La neve.
Il mondo intero.
Perché questa
è solo una rappresentazione di quello che
c’è dentro al mio cuore.
E non
c’è altra cosa…
Non
c’è nulla che voglio di più…
Chiudo gli occhi quando
le sue labbra calde raggiungono le mie ed è incredibile come
riesca a avvertirle…
La morbidezza, il
sapore…
Incredibile
sì, come il piacere che invade i miei sensi che non
dovrebbero avere tutto questo potenziale in un sogno...
E mentre ci baciamo, un
unico pensiero rimbomba nella mia mente.
Vorrei fossi qui.
Vorrei soltanto che tu
fossi qui...
Qui…
Ripete la mia anima.
Qui…
Ripeto ancora e ancora
nella mia mente.
Qui.
Rimbomba nel mio petto,
finché non apro di nuovo gli occhi, lentamente.
Il mio sguardo si posa
sulle luci, che si rincorrono ancora sul soffitto mentre nella stanza
è piombata l’oscurità della sera.
Mi siedo sul letto,
sbattendo le palpebre e portando due dita alla bocca, che sfioro ancora
incredula.
Era solo un sogno, lo
sapevo…
Una parte di me si sente
frastornata per questo rientro improvviso nella realtà
mentre l’altra lascia che provi un sentimento, che dovrebbe
essere improbabile vista la situazione.
Mi sento
inspiegabilmente felice…
Come se avessi potuto
incontrare sul serio Tsubasa durante l’ennesima vigilia di
Natale solitaria.
So però che
questa sensazione è provvisoria e che scemerà col
passare dei minuti, così decido di cristallizzarla nel modo
che ormai mi è più congeniale.
Piegando il busto di
lato, raggiungo il cassetto del comodino e dopo averlo aperto, afferro
il quaderno ad anelli e la penna, che tengo sempre a portata di mano.
Il mio sguardo si posa
poi sulla sveglia, che scandisce sempre il tempo come se un fosse un
metronomo.
E quel ticchettio
ritmico prende a scandire una nota, come emessa da un diapason.
Tic, tic, tic…
Din, din, din…
Mi sdraio sul letto,
sfogliando le pagine finché non arrivo a quelle bianche.
Il pollice fa scattare
la biro mentre mi mordo le labbra nel trattenere un sorriso
scioccamente emozionato.
L’inchiostro
inizia allora a dar forma a ciò che sento, senza la minima
esitazione.
I don't want a lot for
Christmas…
There is just one thing
I need…
“Sanae…”
Mi volto leggermente per incrociare lo sguardo assonnato di Tsubasa,
prima che inizi a strofinarsi gli occhi con le dita, in maniera un
po’ infantile.
“Dormito bene?” domando, posando una carezza sul
suo viso.
Lui annuisce poi alza la coperta, esortandomi a sdraiarmi accanto a sé.
Ovviamente non me lo faccio ripetere due volte, nonostante non abbia di
certo bisogno d’inviti formali per avvicinarmi o toccarlo.
Prima di prendere posto al suo fianco però, poso
distrattamente lo sguardo oltre la finestra.
Ha smesso di nevicare e così ora si riescono a scorgere le
torri della Sagrada Família in lontananza.
I pinnacoli svettano come a indicare qualcosa ben oltre il cielo.
Le mie labbra si aprono per lo stupore quando un’associazione
nasce spontanea nella mia mente.
La città di quel sogno… era Barcellona!
“Ehi, Sanae? Ci sei?” la voce di Tsubasa mi riporta
alla realtà, dopo essermi imbambolata a fissare la
cattedrale.
“Ho appena scoperto di aver avuto un sogno
premonitore… o qualcosa di simile!” esclamo
voltandomi verso di lui, ridendo divertita.
“Cioè?” chiede curioso mentre si alza
con il busto, lasciandomi sedere nella nicchia lasciata libera dal suo
corpo.
Con un solo gesto, la coperta torna a coprire entrambi in un
confortevole, caldo abbraccio.
“È una vecchia storia…”
glisso, alzando le spalle mentre Tsubasa aggrotta le sopracciglia in
un’espressione perplessa, ma allo stesso tempo divertita.
“A volte i sogni diventano realtà…
letteralmente!” mormoro poi sibillina al suo orecchio, prima
di lasciare un bacio sonoro sulla sua guancia.
Tsubasa stringe le labbra in un sorriso amorevole mentre mi fissa.
“Che c’è?” domando, sbattendo
le palpebre in attesa di una risposta.
“È la vigilia di Natale… Cosa ti
piacerebbe fare?”
Per un attimo fingo sul serio di pensare a qualche alternativa, che non
potrà mai competere con questa coperta, le luci
dell’albero e il calore della nostra casa, ovunque essa sia.
“Facciamo una festa!” esclamo poi, battendo un paio
di volte le mani sotto il mento.
“Una festa?!”
Annuisco, mordendo le labbra e incassando il collo nelle spalle.
“Prima cosa: musica!” e sporgendomi sopra la sua
spalla, afferro il telecomando e lo punto al televisore, scorrendo poi
sulle applicazioni.
Tsubasa si mette a ridere quando legge cosa sto digitando sullo
schermo, ma non me ne curo, continuando la mia ricerca.
Pochi secondi dopo una melodia fatta di campanelli riempie la stanza.
Non riesco a trattenere una risatina, quando sento che sto
inspiegabilmente arrossendo… proprio come se fossi una
liceale!
“Non è un po’ da megalomani scegliere
una propria canzone, Sanae?” mi stuzzica Tsubasa mentre la
mia voce nell’intro ci fa da sottofondo.
“Non lo è anche esserne compiaciuti…
perché è dedicata a te?” ribatto mentre
il pianoforte si aggiunge ai sonagli, riempiendo la stanza con un
motivo ritmato e festivo.
Din… Din… Din…
Tsubasa non risponde ma arrossisce, soprattutto quando mi alzo e gli
porgo la mano per invitarlo a imitarmi.
Muovo la dita per esortarlo mentre inizio a dimenare le spalle, sotto
l’influenza dei bassi che si sono appena uniti alla melodia.
Quando è finalmente in piedi, prendo a saltellargli intorno,
cantando il controcanto che accompagna la strofa, come se la mia voce
fosse uno strumento perfettamente armonizzato con gli altri.
“I'm just going to keep on waiting, underneath the
mistletoe!” e facendo finta di tenere in mano un vischio
immaginario, schiocco un bacio sonoro sulle sue labbra.
Tsubasa ride iniziando a dondolare sul posto, le gambe leggermente
divaricate poi contagiato dal mio entusiasmo, si mette addirittura a
cantare anche se bisbigliando.
Alza di qualche tono la voce però quando prende a farmi
girare su me stessa, più e più volte, facendomi
quasi perdere l’equilibrio anche per il troppo ridere.
Ripenso così per un secondo a quella ragazzina sdraiata sul
letto, che mordeva la penna di tanto in tanto, mentre tracciava le sue
emozioni cercando di non sentire troppo freddo nella solitudine della
sua stanza.
È un piacere ora, poterla sentire cantare nel calore di
queste mura, tra le risa che si mischiano ai campanellini, ora che i
desideri si sono realizzati.
Perché sì, cara Sanae del passato, tutto
è andato meravigliosamente bene alla fine…
Anche se sembrava impossibile proprio come la neve là fuori,
sui tetti di Barcellona.
Santa Claus può quindi sorvolare la città con la
sua slitta, senza preoccuparsi di fermarla sopra questa casa.
Può tranquillamente saltarla
quest’anno… ma anche tutti gli altri a venire.
Perché non ho bisogno di nulla.
Ora ho tutto ciò che ho sempre desiderato... e non solo a Natale!
Ho
sempre desiderato scrivere qualcosa appositamente per il periodo
natalizio, fin dal primo anno di presenza su EFP.
Il
tempo però non è mai stato un alleato nemmeno con
me, così ogni Natale è trascorso senza che
riuscissi a soddisfare questo mio desiderio.
Quest’anno
ho deciso però che sarebbe andata diversamente,
così ho messo in stand by un paio di progetti e mi sono
dedicata a creare questa one shot nei brevi ritagli di tempo a mia
disposizione.
Il
titolo non è originalissimo ma la canzone che fa da
sottofondo alla storia è una delle mie preferite in assoluto
e ho sempre pensato che calzasse a pennello su Sanae.
Tanti
auguri di buon Natale quindi, anche se in anticipo di qualche
giorno… mi sarebbe piaciuto postare la FF proprio la vigilia
ma tra un paio d’ore sarò finalmente in viaggio!
OnlyHope
N.B.
Il primo ricordo di Sanae esiste realmente come flash back nel capitolo
67 di Rising sun. Amo particolarmente questo brano (come tutta
l’ultima serie in corso di CT), così ho pensato di
proporlo analizzandolo e dando alle scene più ampio respiro.
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