First time

di Naoko_chan
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First Time

 
 

Strano. È la prima cosa che Larry Daley pensa non appena mette piede nelle mattonelle dell’American Museum of Natural History. Strano è l’odore che gli pizzica le narici; sa di fresco, di nuovo, come il capitolo della vita che ora l’aspetta, ma anche di vecchio, e non di quel vecchio ammuffito e stantio delle scatole consumate con cui imballava i suoi beni ogni volta che era costretto a partire per un angolo diverso degli Stati Uniti, bensì della sua casa a Brooklyn, di Mike, di Nicky, ma anche del sorrisino soddisfatto che potrebbe accenderglisi fra le lentiggini alla notizia, del suo trasferimento che non avrà luogo e del naso arricciato di Don ed Erica all’apprendere della novità  – “Ha veramente trovato un impiego fisso? Lui?! Mister schiocco le dita e si accende la luce?”
Strana è lei, Rebecca, con quel sorriso luminoso ma non invasivo, quieto ma vitale allo stesso tempo. Accogliente.
Strano è il brivido che gli solletica la schiena alla vista della statua di Theodore Roosevelt – «È stato il nostro quarto presidente, no?» «Ventiseiesimo.» –, lo stesso brivido che solo dopo – solo dopo quello – comprenderà essere stato il campanello d’allarme che ha tentato di metterlo in guardia da cosa lo stava attendendo al varco.
«Via, per favore! Non toccate gli oggetti esposti!»
Ecco, quello non è strano. È fastidioso, molesto, e stride insopportabilmente con ciò che i suoi sensi hanno catturato fino a quel momento. No, non ci azzecca proprio nulla. È fuori posto, è semplicemente fuori posto.
Anche quel tipo starnazzante – il direttore, presume – non è strano. È… è… sgradevole, urticante come lo spray difensivo che la sua ex si porta sempre dietro ovunque vada, e altresì dannatamente buffo, ridicolo. Insomma, una specie di fenomeno da baraccone senza un briciolo di classe, il quale continua ad inveire loro contro senza che abbiano maniera di sottrarsi a quel supplizio, strepitando ed incespicando goffamente nelle parole per qualche altro minuto buono.
«D’accordo, signore.»
«Grazie» conclude, risollevato. Dopodiché fa per andarsene e lo guarda all’improvviso, di sfuggita. E Larry perde un battito. Ecco, forse quello è strano. O, meglio, imprevisto, sconveniente, disorientante. Insensato. Come la presenza di quel tipo là dentro, i suoi urletti striduli e probabilmente anche lo spazio rubato in modo svergognato da quell’occhiata.
«È il dottor McPhee, il direttore del museo.»
«Sembra un tipo cordiale.»
E forse non è neanche strano che avverta l’irrefrenabile voglia di rivederlo. Oh, no, quello è proprio inquietante.

 
 
 
 
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