1.
Avversari invisibili.
Indugiò
con gli occhi sul pavimento di moquette e poi sul comodino vicino al
letto che oscillava cullato da un movimento anomalo della terra.
Probabilmente ci fu il primo rifiuto, l'incapacità totale di
accettare potesse succedere proprio a lui. Seguì il
realizzare che stava accadendo, che al di là delle proprie
capacità straordinarie e della ferrea tempra di un corpo
abituato a sopportare quasi di tutto - a parte la voglia di
chiacchierare della moglie - ad accomunarlo coi terrestri c'era anche
quell'amara possibilità di essere vinto da un essere
così piccolo e insignificante, assolutamente imprevedibile
che comunque lui avrebbe combattuto, seppur pur non potendo farlo con
le proprie armi di sempre. Si sarebbe limitato agli insulti, ad
imprecare contro qualcosa, se stesso, quello era certo, oltre allo
struggimento tipico di ogni maschio quando le linee del termometro
superano i trentasei e otto.
L'espressione
contrita fu solo il primo accenno al problema, seguito da quella
sensazione di disgusto e nausea che prese concretezza quando Bulma lo
invitò a pranzo.
"Vegeta,
ti alleni o no? Mia madre sta preparando i cannelloni, vuole sapere se
pranzi con noi o se te li mette da parte".
"Non
ho fame" affermò dandole le spalle. Ma un
inflessione anomala e impercettibile nella sua voce dovette destare
qualche sospetto nella compagna, a prova che - ancora una volta - lei
lo conosceva meglio di chiunque altro nell'universo.
"Tutto
bene?" Gli si avvicinò portandoglisi affianco. L'uomo
continuò a rivolgere lo sguardo oltre le finestre. Aveva un
espressione più torva del solito e per nulla giustificata in
quel frangente.
"Sì
perchè?"
"Non
lo so... Dalla voce mi sei sembrato strano, ma hai qualcosa?"
"Che
dovrei avere?" Replicò prima di sentire una fitta allo
stomaco che lo colse impreparato.
"Stai
male?" Si preoccupò subito l'altra.
"Sto
... Bene" calcò sull'ultima parola rafforzando
l'affermazione, più per convincere se stesso che l'altra.
"Non
mi pare, ma hai mal di stomaco?"
L'altro
non rispose ma sembrò indurirsi maggiormente.
"Ehi,
mi rispondi?"
"Per
la miseria, mi stai facendo un interrogatorio? Sì, ho mal di
stomaco" si arrese infine, spazientito.
"Non
è da te. Potresti digerire anche le pietre".
"Vuoi
farmene una colpa?" E una punta di sarcasmo nel tono tradì
il suo risentimento.
"No,
assolutamente, stavo solo pensando al come mai... Sei
un po’ pallido in effetti…”
“Che
significa…?”
“Magari
è solo un’influenza”.
“Un…
Un influenza?”
“Beh,
non fare quella faccia, può capitare”
replicò lei senza comprendere perché fosse
così sconcertato. “Succede
eh…”
“Non
a me!”
“Perché
scusa? Sei mica un Dio? Ah sì, sua altezza non accetta di
essere abbattuto da un virus…”
“Non
mi è mai successo senza motivo”
specificò irritato dall'irriverenza dell’altra.
“A parte quando le ferite non curate si
infettavano”.
“Sarà
stato Trunks… A scuola gira parecchio, magari
l’hai presa da lui”.
La
faccia di Vegeta fu un misto tra sconcerto e avvilimento, Bulma non
riuscì a non ridere.
“Non
starai un po’ esagerando?”
“Senti
fammi il piacere, vattene, hai esaurito la quantità di
parole da rivolgermi oggi!” Poi la guardò e la faccia assunse una smorfia
di sofferenza.
Bulma
gli si apprestò con premura.
“Tesoro…?”
“Ti…Ti
ho detto vattene” ripetè infastidito prima di
portare una mano davanti alla bocca e scattare verso il bagno giusto in
tempo per ficcare la faccia esattamente sopra il water e rigettarci
succhi gastrici e acqua.
"Vegeta!"
Bulma
gli accorse dietro. Lui si alzò traballante e
tirò lo sciacquone senza fiato. Si spostò al
lavandino e si sciacquò bene la bocca.
“Adesso
fammi sentire se è solo febbre”.
“Ti
ho detto di levarti di torno” borbottò l'altro
rimanendo chino sul lavandino. “Non ho bisogno del tuo
aiuto.”
“Mamma
mia, quanto sei orgoglioso” replicò lei
sospirando. “Non sei diverso dagli altri uomini
guarda…”
Lui
ruotò un pò il capo verso di lei quanto
bastò alle pupille per metterla a fuoco: era appoggiata allo
stipite della porta con le sue pantofole rosa e indossava una maglietta
con una scritta VIP. Aveva le braccia conserte e l'espressione
rassegnata, quella che lui le aveva visto una marea di volte quando
Bulma coglieva nel segno e a lui non restava che negare. La
osservò con la sua aria da vincente: non seppe se irritarsi
di più perché era ancora lì con lui o
se perché l’aveva paragonato ad altri uomini.
“Cosa
vorresti dire?” Le chiese irritato.
“Che
montate tutti delle tragedie per un po’ di febbre o un
po’ di stanchezza… Vuoi che ti prepari il
giaciglio per trapassare dignitosamente? Però dico, come
può il principe dei saiyan, sua radiosità, morire
solo in un letto come un normale terrestre? Non sarebbe onorevole e
dignitos…”
“Bulma
piantala! Mi stai facendo girare i coglioni!”
Ringhiò drizzando la schiena e urtando involontariamente il
ripiano dove c'erano gli spazzolini. Questo oscillò rovesciando tutti i
suppellettili sul pavimento.
“Non
distruggermi il bagno…” commentò lei
caustica, trattenendo a stento una risata che però
affiorò tra le labbra.
“Fino
a prova contraria è il mio bagno”
specificò lui.
“Ma
la casa è mia” replicò lei trionfante e
poi si girò uscendo dal bagno per sentire alle sue spalle
Vegeta fiondarsi di nuovo sulla tazza e rigettare nuovamente.
Quando
Bulma fece per ritornare in suo sostegno, Vegeta ancora chino scorse le sue gambe
nude dal basso delle spalle e con una spinta del piede le
sbattè la porta in faccia prima che lei la varcasse: i
cardini superiori dell'uscio partirono facendolo inclinare sulla destra.
Bulma
incrociò le braccia al petto risentita e gli urlò
da dietro la porta: “Senti! Visto che non ti si
può parlare, ti lascio un termometro sul letto! Sicuramente
non saprai come usarlo, basta che lo metti sotto l’ascella e
aspetti 8 minuti, non è una cosa troppo complicata per un
saiyan! Se sua altezza vorrà utilizzarlo, potrà
scoprire se si tratta di una banale influenza o di un male ben
peggiore!”
In
risposta udì un nuovo conato del saiyan e sospirò
dispiacendosene. Se ne andò scuotendo il capo e raggiungendo
la madre per chiederle se avesse qualche palliativo per lo stomaco. Lei
aveva finito il plasil che spesso le era utile sotto ciclo e non sapeva
cosa potesse fare per quello zuccone del marito, sempre che avrebbe
accettato un aiuto...
“Gli
preparo una pastina con un formaggino?” Pigolò
Bunny.
“Ma
quale formaggino mamma, ha quarant'anni, te lo lancia dietro, non lo
conosci? Già non sopporta di essere indebolito, figurati se
lo tratto da malato... Mi ha letteralmente abbaiato
addosso solo perché volevo aiutarlo…”
“Tesoro
lo sai come sono fatti gli uomini… Già
trentasette di febbre per loro è troppo da sopportare. Devi
lasciarlo sbollire. Fallo vomitare un altro po’, poi vedrai
che quando non ce la farà più ti
chiamerà. Fidati di tua madre”.
“Guarda
che quello non è un uomo normale. Pure se si stesse
vomitando l’anima non mi chiamerebbe”.
“Ti
sbagli. Lo sai che Vegeta è testardo e orgoglioso, ma tu sei
pur sempre sua moglie, ricordalo. Gli uomini fanno tanto i
gradassi ma poi per certe cose sono peggio dei bambini…
Pensa a Goku con le punture, grande e grosso, monta su delle
tragedie... Ah, a proposito, hai ricevuto tutte le conferme per il
compleanno? Goku e Chichi ci saranno?"
“Sì,
verrà un bel po’ di gente. Dobbiamo far sistemare
la casa però, con le mareggiate invernali sabbia e sale
l’avranno parecchio rovinata e ci manchiamo da mesi".
“Chiamo
la solita ditta e li mando a dare una rinfrescata agli
esterni” disse sua madre controllando la consistenza dello
spezzatino.
Bulma
sospirò guardando il soffitto e la ciocca vicino al naso
ondeggiò all'andamento del suo fiato. Riflettè se
andare da Vegeta per appurare fosse tutto ok, ma decise di degnarlo di
una buona dose di indifferenza per almeno una mezz’oretta,
tempo che passò a tagliare le verdure mentre parlava al
telefono col commercialista.
La
madre, che frattanto era andata a preoccuparsi di Vegeta senza temere
una sua reazione di disappunto, tornò in cucina dicendo che
il povero guerriero aveva rifiutato di mangiare anche il riso in
bianco.
Bulma
le sentì pronunciare quelle parole pur continuando ad avere
un orecchio poggiato sulla cornetta del cordless e impegnato ad
ascoltare l'anziano signore che seguiva i conti familiari da anni.
Quando chiuse la telefonata la prima cosa che fece fu tornare dal
marito ma venne accolta da un abbaio intimidatorio: “Si
può dormire in santa pace in questa casa?!”
In
risposta lei lo osservò steso sul letto a pancia in
giù e col viso rivolto dalla parte opposta. “Sono
io”.
“Ma
tu guarda” commentò ironicamente l’altro.
“Vedo
che stare un po’ male non ti ha fatto perdere la tua spiccata
simpatia”.
Vegeta
allora alzò la testa girandola verso la donna e le
mostrò un’espressione irritata. “Senti
che diavolo sei venuta a fare? Voglio riposare, ho lo stomaco in
subbuglio e domani dovrò allenarmi il doppio per recuperare la giornata di oggi”.
“Domani
ti conviene riposare e non sforzarti” replicò lei
avvicinandosi.
“Io
faccio quello che voglio domani” specificò
l’altro tornando con la testa sul cuscino e rivolgendola verso i vetri in modo che non potesse guardarla. In realtà
non gli andava di farsi vedere da lei in quello stato di debolezza che
non sopportava.
“Ti
sei misurato la febbre almeno?” Chiese lei girando attorno al
letto e trovando il termometro sbriciolato per terra. “Sei
davvero stronzo lo sai?! C’era bisogno di
distruggermelo?!”
“Così
perderai la voglia di importunarmi”.
“Invece
ti sbagli!” Bulma gli si portò davanti facendogli
ombra. “Ne ho un altro e ti obbligherò a farne uso
per il tuo bene! Piantala di
remarmi contro!”
“Che
farai tu?! Non sono sicuro di aver sentito bene” fece l'altro.
“Ti
obbligherò”.
“Ma
se mi basta soffiarti addosso per farti cadere per terra, vuoi
addirittura obbligarmi adesso…? Buona fortuna”
commentò salacemente prima di sollevare la schiena e
sporgersi dal letto in tempo per non centrare il cuscino:
vomitò sulla moquette il poco resto delle parole che si era
tenuto dentro.
Lei
lo osservò con le braccia conserte ed un'espressione
caustica. “Non sei nella posizione per fare il
gradasso… Se fosse qualcosa di più serio? Permetti che mi preoccupi?”
Lui
alzò lo sguardo pallido verso di lei.
“Che… Che diavolo dici?”
“Misurati
la febbre per favore, così capiamo almeno se è
influenza, vado a prenderti il termometro e un catino” gli
disse muovendosi verso la porta. “Attivo r-5 per pulire a
terra, non muoverti”. Bulma si abbassò per accendere un
robottino e il programma di
pulizia si attivò rumorosamente emettendo della caotica musica latino
americana.
“BULMA!”
Abbaiò il saiyan mentre lei spariva nel corridoio.
“Spegni quel diavolo di aggeggio!” Urlò
esausto mentre ficcava la testa sotto al cuscino con
disappunto che subì un picco vertiginoso di incremento
quando il robot si avvicinò come una macchina infernale
che sparava dagli altoparlanti ritmi di maracas e trombe a volume
sempre più alto.
…
Trunks
varcò la porta della camera trovando il padre e la madre sul
letto. Lui era appoggiato contro la spalliera, lei gli era seduta
vicino e gli stava allacciando un bracciale per misurare la
pressione: Vegeta
aveva la stessa aria contrita che aveva avuto Trunks quando era stato
costretto a fare il paggetto insieme a Goten alle nozze di Videl e
Gohan. Si
avvicinò loro con cautela, quasi intimorito. Lo sguardo
crucciato e nervoso di suo padre non era certo un incentivo ad
avvicinarsi. Bulma non si accorse del suo ingresso e
continuò a parlare.
“Il
medico mi ha detto che questo virus sta girando parecchio, è
facile che tu te la sia presa da Trunks, probabilmente dopo anni che
non ti prendevi una febbre ti ha colpito doppiamente più
forte”.
“E’
stata colpa mia?” Chiese il bambino attirando la loro
attenzione.
“Tesoro
ma non pensarci neanche! Può succedere!”
“Certo
se avessi evitato di starnutirmi in faccia e farmi una doccia di
germi…” commentò Vegeta caustico.
Bulma
gli diede una botta sul fianco, elargendogli un’occhiataccia.
“Trunks, non è colpa tua se gli anticorpi di tuo
padre non sono più quelli di una volta.”
“I
miei anticorpi sono perfettamente funzionanti esattamente come una
volta” puntualizzò lanciandole
un’occhiata risentita. "Non sono mica un vecchio!"
"Nascondi
solo bene gli anni" commentò lei con voce provocatoria,
finalmente soddisfatta di potergli rinfacciare di quel dono che madre natura
aveva lui regalato ingiustamente, e che lei invidiava tanto. "Anche se
non hai una ruga di più, il tuo corpo ti dà dei
segnali evidenti!"
Lui
la guardò storto ma lei non ci badò: “Trunks
vai a prendere la scatola verde che si trova sul lavandino nel bagno
della mia stanza, per favore?”
L'altro
agì subito.
“Dovresti
chiedergli scusa” bisbigliò lei incenerendo il
saiyan con quello sguardo brillante. Lui
arricciò le labbra come se gli fosse stato imposto di fare
qualcosa di quanto più lontano dalla propria
indole.
"Cerca
di non farti alzare la pressione che il macchinario non mi registra i
valori” borbottò lei. “Sai
che Trunks non c’entra nulla… Se scopro che si
sente in colpa per questa tua pessima uscita, ti giuro
che…”
“Cosa?”
La sfidò.
“Ti…
Ti lascio in bianco per due mesi” disse aggiungendo
però una smorfia di contrarietà. “Un,
mese”.
Si
corresse pensando che due mesi sarebbero stati troppi pure per lei.
Vegeta nel letto era sempre una calamita...
L’altro
replicò alla sua affermazione palesandole una certa dose di
indifferenza. "Fa' come ti pare".
Trunks
fece ingresso nella stanza insieme ai nonni.
“Si
può?” pigolò Bunny. “Tutto
bene? Come sta il nostro malato?”
Mai
frase di quella signora lo indignò di più. Vegeta
ruotò il capo dalla parte opposta rivolgendo lo sguardo
oltre le finestre. La città gli sembrò assai
più interessante rispetto a quei familiari impudenti e
appiccicosi che mal sopportava nonostante sapesse essere persone
molto, anzi troppo gentili.
“Insomma”
rispose Bulma in sua vece. “Ha visto giorni
migliori…”
“Ho
visto cosa? Sentite ma non si può riposare in santa pace in
questa casa?” Borbottò seccato mentre staccava bruscamente il braccio su cui Bulma teneva una mano. "Vorrei stare solo, è chiedere troppo?"
I
genitori di Bulma si fecero da parte ben abituati alle reazioni piccate
dell’altro. Bulma
si alzò facendo un gesto rassegnato. “Che brutto
carattere che hai…”
Uscendo,
la madre fece una scrollata di spalle con espressione soddisfatta.
“Se reagisce così significa che non sta poi
così male. Povero caro, il mal di stomaco può
essere molto fastidioso”.
"Ma
quale povero" commentò Bulma. "Povera me che devo armarmi di
tutta questa pazienza!"
Trunks
fu l’ultimo ad andarsene. Rimase vicino al padre ancora
qualche istante e studiò la sua espressione contrita e
seccata. Quando l’uomo ruotò le iridi appuntandole
su di lui, Trunks provò uno strano senso di soggezione:
“Ok, vado…”
“Aspetta”
disse Vegeta, e il bambino si arrestò.
“Sì?”
“Vieni
qui, avvicinati”.
L’altro
camminò attorno al letto e lo raggiunse a piccoli passi.
“Senti…”
Vegeta sapeva sarebbe stato cortese dirgli almeno un mi dispiace, non è colpa tua, ma
per quanto si sforzasse, in quello stato poi, non gli riusciva proprio
di farlo. Provò a obbligarsi a far uscire quelle parole, ma
l'unica cosa che gli uscì dalle labbra tremolanti e strette
tra loro fu l'ennesimo conato di vomito: il saiyan fece al figlio un
cenno bruscò di allontanarsi.
“Papà!
Va tutto bene?”
“Sì,
a parte che ho la gola in fiamme”.
“Posso
fare qualcosa?” Gli
chiese il piccolo con espressione dispiaciuta.
“Sì,
non ti azzardare anche tu a trattarmi da malato”
commentò l’altro.
“E’
che volevo essere utile, mi dispiace perché a scuola tutti
erano malat…”
“Trunks,
tu non c’entri nulla in questa faccenda, ci siamo
capiti?” affermò Vegeta serio. Era quanto di
più gentile potesse dir lui in quel frangente,
perchè aveva i nervi a fior di pelle e la fascia che Bulma
gli aveva montato sul braccio che ancora non si spegneva e continuava a
stringersi e ad allentarsi.
“Chiamami
tua madre” aggiunse spazientito. "Sennò le
distruggo anche questo aggeggio inutile".
Bulma
tornò di lì a poco. Negli occhi le brillava una
luce soddisfatta. “Che succede? Ti sei rassegnato? Hai
finalmente deciso di prenderti qualcosa per lo stomaco?”
“Piantala
di fare l’ironica, non ho voglia di sentirti parlare, passami
quelle dannate pasticche e levami questo coso dal braccio”.
“Se
non volevi sentirmi parlare” replicò lei
portandogli il farmaco. “Perché non te le sei
fatte prendere da Trunks che era qui fino a poco fa?”
"Perché
Trunks non sa come spegnere questo dannato aggeggio che mi sta
stritolando il braccio” affermò spazientito,
alludendo al bracciale misura-pressione che stringeva e allentava,
ancora stringeva e allentava non trovando i valori corretti. Se non l'aveva già disintegrato era solo per non litigare con la moglie.
“Se
non ti calmi non troverà mai la pressione giusta”
fece lei porgendogli un bicchiere d’acqua e la pillola da
deglutire. Lui la bevve controvoglia e lei lo guardò con
aria rassegnata. “Allora, mi fai sedere?”
“Tanto
fai sempre come ti pare” commentò lui.
Era
un sì.
Lei gli si sedette al fianco. “Il medico di famiglia mi ha
spiegato, per quanto sappia sul tuo conto cioè niente, che
quando non ci si ammala da anni, può capitare che il malore
si accusi con più forza. Inoltre pare stia girando un virus
che prende lo stomaco, quindi nulla di cui tu debba
preoccuparti”.
“Mi
fa piacere" replicò caustico. "Ma continuo a non capire
come sia potuto succedermi questo”.
“Non
sei infallibile”.
“Puoi
evitare di ricordarmelo?”
Il
bracciale della pressione si fermò con un bip. Bulma
consultò i numeri. “Per stare male la tua
pressione è pure troppo alta… Finirai per farti
venire un ictus se non impari a calmarti."
Gli
toccò la fronte. "Comunque febbre non ne hai,
sarà stata un’alterazione transitoria, proprio
com’è successo a Trunks mentre tu eri fuori ad
allenarti chissà dove… Gli hai chiesto scusa?"
"Non
sono affari tuoi quello che faccio o no con mio figlio".
"Sì
che lo sono. Io sono la madre, devo ricordartelo? Sono io che devo
consolarlo se tu lo ferisci" gli disse mentre sfilava la fascia attorno
al suo braccio.
"Ma
quale ferire! Non l'ho mica accusato, gli ho solo detto che la prossima
volta che sta male, è meglio se non mi starnutisce in faccia
e impara a voltarsi dal lato opposto!"
"Hai
sempre dei modi bruschi. Guarda che è piccolo! Poi ci rimane
male...Lo sai quanto ci tiene ad avere sempre la tua approvazione..."
Vegeta
incrociò le braccia al petto. Lei si alzò e poi
gli portò un altro bicchiere di acqua. "Te lo lascio sul
comodino, se dovessi avere ancora la nausea con
queste pasticche andrai alla grande. Non tutte insieme,
ovviamente”.
"Mi
hai mica preso per un imbecille? Ho mal di stomaco, non la demenza
senile."
“Lo
vuoi del riso in bianco?”
“Voglio
solo dormire, quindi evitate di disturbarmi. Tutti
quanti" puntualizzò acidamente.
"Come
vuole... sua radiosità."
Quando
la donna fu sull'uscio e si apprestò a chiuderlo, lui la
richiamò. "Bulma..."
"Mh?"
"Lasciami
Trunks domani”.
“Non
vorrai allenarlo spero? Devi riposarti almeno un paio di
giorni”.
“Lo
porto al luna park” affermò l'altro.
Bulma
ne fu entusiasta comprendendo che era il suo modo di farsi scusare. “Perchè non glielo dici tu?"
"Non
ne ho voglia".
"Sarebbe
carino però, così capirebbe, non posso farti
sempre da ambasciatore..."
"Bulma."
"Mh?"
"Buona
notte!"
"Ma
vaffanculo" borbottò l'altra uscendo.
L'altro
chiuse gli occhi pronto a farsi un sonnellino appagante, ma non ebbe
tempo neppure di addormentarsi che Trunks bussò timidamente
di lì a poco, e aprendo la porta disse: "Papà..."
"Che
c'è adesso?" Vegeta
alzò la testa ruotandola verso il figlio.
"La
mamma mi ha detto che mi vuoi parlare..."
Per
un nanosecondo il saiyan pensò a Bulma e a come fargliela
pagare, ma alla fine non gli rimase che arrendersi alzando gli occhi al cielo con un sospiro di rassegnamento: "Sì, vieni, e chiudi la porta".
Fine I episodo.
|