Qualche
giorno dopo al parco, sotto l’“albero di
Kyuhyun”
In
un giorno di primavera, troppo caldo per la stagione dei fiori,
sembrava che tutti avessero scoperto nel parco del quartiere un luogo
fresco dove trovare riparo. Era un giorno di chiacchiericcio
continuo, con famiglie che facevano un picnic, bambini che correvano
dappertutto e animali che saltellavano in giro.
“Che
bella scena.” Jongwoon sorrise prima di sospirare compiaciuto
mentre si stiracchiava. “Ogni tanto tutti hanno bisogno di un
momento di riposo e di fuga dalla vita quotidiana, anche io…
Dopo
tanto tempo, mi sto davvero godendo la semplicità di questo
giorno,
mi sento parte di queste persone che vivono appieno, come se la
normalità di una vita vivace fosse tornata. Mi mancava tutto
ciò.”
“Sembra
un quadro di Seurat.” Pensò Jongwoon, continuando
a guardarsi
attorno e ridacchiando sommessamente, trovando il pensiero
divertente. “Ma con vestiti moderni.”
Kyuhyun
notò le risatine di Yesung e il modo in cui la luce solare
si
rifletteva nei suoi occhi, dandogli un luccichio diverso, pieno di
pura tranquillità, forse anche felicità, e
ciò fece sorridere
ampiamente il minore.
Sapeva
che il moro aveva sempre desiderato una giornata così
luminosa. Una
volta gli aveva detto che gli piaceva stare sotto il sole, con i suoi
raggi che gli facevano dimenticare tutto e sentirsi in pace.
“Vederlo
sotto I raggi dorati mi ricorda che lui è una specie di
creatura
divina”, pensò Kyuhyun impressionato dal contrario
e sentendo un
calore espandersi dentro di sé che lo fece sorridere
amorevolmente
all’improvviso.
La
felicità di Jongwoon era la ragione della spensieratezza di
Kyuhyun.
Yesung era il suo sole che gli trasmetteva gioia.
Il
minore era talmente assorto nei suoi pensieri da non essersi accorto
del suo sguardo fisso, non fino a quando il moro inarcò un
sopracciglio. Kyuhyun sogghignò e fece
l’occhiolino all’altro
che imbarazzato, girò il capo dal lato opposto. Questo
sorprese
Jongwoon, che pensava di essere ormai abituato al comportamento di
Kyuhyun e deciso solo ad ignorarlo.
Certo
era strano, ma Yesung non voleva ammettere o nemmeno pensare sulla
sua situazione ogni volta che incrociava lo sguardo del castano. Gli
ricordava dei giorni passati di amori adolescenziali, di
innamoramenti da scuola superiore e non aveva alcun senso per lui.
Non capiva come mai la sua mente pensasse certe cose se non era vero
niente di tutto ciò tra loro, per cui preferiva non
pensarci. Non
voleva sapere qual era il motivo del suo stesso comportamento strano
da “adolescente innamorato”, preferiva relegarlo in
qualche
angolo della sua testa o lasciarlo in sospeso, senza una risposta,
solo perché era spaventato di quello che sarebbe potuto
essere.
“I
sentimenti sono spaventosi”, sussurrò il maggiore
tra sé e sé
mentre accarezza l’erba sotto di sé.
Kyuhyun
ridacchiò. Gli faceva piacere vedere l’altro
reagire a quel modo,
spogliato dalla forte aura priva di emozioni che solitamente lo
circondava. Quando il moro faceva il timido e arrossiva, sembrava
più
vulnerabile, più umano, più reale ed essere lui
quello che causava
tutto ciò lo faceva sentire potente, diverso, che non era
uno
qualunque nella vita del maggiore, ma l’unico importante e
non solo
quello.
Il
castano pensò a quanti progressi avevano fatto in quei
giorni.
Yesung sembrava diverso, sebbene avesse cominciato ad accettare il
mondo esterno. Si sentiva orgoglioso del suo amico e di se stesso, si
sentiva utile e voleva pensare che magari lui era uno dei motivi per
il cambiamento di Jongwoon. Questi aveva perfino pensato al picnic e
aveva chiesto a Ryeowook e il fratello meno malefico di preparare
tutto.
“Ora
che ci penso… Dove sono andati a finire quei due?”
Kyuhyun voltò
il capo per istinto per vedere se stavano arrivando ma non era
così.
Scrollando le spalle e non importandogli molto della loro presenza o
meno, tornò a guardare il moro di fronte a sé,
che giocava con i
fili d’erba o qualcosa tra di essi. Kyuhyun aguzzò
la vista e notò
che era una tartaruga, creature brutte ai suoi occhi, ma che a
Jongwoon piacevano tanto e non capiva il perché.
Non
era uno che parlava molto, non quando la sua attuale
attività
“divertente” era raccogliere fiori e farci una
corona, qualcosa
che suo nipote gli aveva insegnato. Non l’avrebbe mai ammesso
ma
era abbastanza rilassante.
Un
momento prima stava sotto la luce del sole, accarezzando una piccola
tartaruga, quello dopo un’ombra lo aveva coperto per qualche
istante e qualcosa era stato posato sopra il suo capo.
Jongwoon
alzò lo sguardo e vide l’amico inginocchiato
davanti a lui con un
sorriso soddisfatto sul volto.
“Cosa
mi hai messo in testa?” Domandò il moro,
allungando la mano per
toccare ma prima di riuscirci, venne delicatamente schiaffeggiato dal
contrario.
“È
una coroncina di fiori”, rispose Kyuhyun sorridendo e
ignorando
l’espressione del moro.
“Una
cosa?” Chiese Jongwoon meravigliato e dubitando di aver
sentito
bene.
“Eddai!
Non fare finta di non saperlo. Cioè, d’accordo che
non uscivi
molto spesso ma sono abbastanza sicuro ricordi cosa sia una coroncina
di fiori”, disse il castano incrociando le braccia al petto.
Jongwoon
rise. “Non puoi essere serio, cosa sei? Una
bambina?!”
“No”,
replicò Kyuhyun aggrottando le sopracciglia. Il modo in cui
Yesung
stava ridendo lo disturbava e non gli piaceva essere preso per un
clown.
“Più
ti conosco, più penso a te come ad un gattino che crede di
essere
una possente tigre. Sei una femminuccia.” Jongwoon rise
ancora un
po’, infastidendo ulteriormente il castano perché
il suo gesto
carino era stato disdegnato così tranquillamente e inoltre
era anche
insultato per quello.
“Sei
una persona così ottusa e credo che startene rinchiuso in
camera tua
per tutto questo tempo abbia a che fare con ciò”,
borbottò il più
giovane, voltando la testa dall’altra parte e incrociando le
braccia al petto infastidito.
“Irrilevante”,
commentò Jongwoon con un tono di voce deciso, senza traccia
di
scherno. “Ahhh… Adesso la tua immagine si addice
perfettamente a
quella di ragazzino viziato”, ribatté enfatizzando
le ultime
parole e aspettando la reazione del castano.
Kyuhyun
si girò di scatto con l’intenzione di replicare o
urlare ma le sue
intenzioni sfumarono quando notò che le mani del moro
stavano
toccando la coroncina con l’intenzione di toglierla.
Balzò in
avanti, bloccando i polsi del maggiore con le mani, non
consentendogli di continuare con il suo intento.
“Non
togliertela”, strillò Kyuhyun come se si trattasse
di un evento di
vita o di morte, lottando al contempo con le mani irrequiete
dell’altro. Per il maggiore era divertente la scena, vedere
il più
piccolo scaldarsi tanto per una cosa del genere per cui, più
Kyuhyun
insisteva a tenergli la coroncina in testa, più lui cerca di
togliersela.
“Sei
un bambinone”, commentò Jongwoon. “Devi
avere tutto quello che
vuoi, anche nelle situazioni più stupide e insensate come
questa.”
Jongwoon ridacchiò. “Una coroncina di
fiori.”
Kyuhyun
strinse di più nei polsi del contrario e lo
guardò dritto negli
occhi, serio e arrabbiato come mai Jongwoon lo aveva visto.
“L’ho
fatta per te!” Urlò Kyuhyun.
“Perché
hai pensato di regalarmi qualcosa del genere?” Jongwoon
scosse il
capo.
“È
tutta colpa tua”, mormorò l’altro.
“Se non sembrassi una bella
ragazza, non avrei mai avuto l’idea di farla, principessa di
primavera.”
Jongwoon
fu preso alla sprovvista dal commento, ma ignorò la parte
del
“bella”.
“Hai
appena dato la colpa alla mia apparenza? Aspetta… Mi hai
appena
chiamato principessa?!” Cercò di spingere lontano
Kyuhyun ma si
era dimenticato che questi lo stava tenendo per i polsi e il
più
piccolo lo spinse a sé.
“È
colpa tua per essere così… bello”,
disse Kyuhyun lentamente, i
suoi occhi esprimendo un affetto puro.
Jongwoon
abbassò il capo, nascondendo le guance arrossate a causa
delle
parole dolci, ma anche per il peso di quel complimento sincero, per
lo sguardo pieno d’amore dell’altro. Sarebbe stato
diverso se
Kyuhyun avesse scherzato, ma il maggiore sentiva che era il contrario
e che questo era qualcosa di nuovo che non voleva affrontare, o
comprendere. Era spaventato da quel sentimento.
Notando
la situazione nella quale si trovava, il moro sollevò il
capo per
affrontare lo sguardo speranzoso del ragazzo e prima che tutto
diventasse più imbarazzante, decise di spezzare il silenzio
che li
avvolgeva.
“Non
sono una ragazza perché tu mi dica bello”, disse
forte. “Dimmi
che sono attraente.”
“Anche
i ragazzi possono essere belli.. Ehi, non muoverti!”
Kyuhyun
si interruppe quando Jongwoon, con le mani libere, afferrò
la
coroncina e cercava di spingerlo lontano.
Agendo
d’istinto, Kyuhyun scattò verso di lui,
spingendolo a terra, lui
sopra il moro, ma a causa dei rapidi movimenti di Jongwoon, cadde
metà sopra la tovaglietta stesa a terra e metà
sopra il braccio
sinistro del maggiore.
Il
castano aveva delle cose da dire a Jongwoon, ma quando lo vide
lottare con la coroncina che teneva in mano, allungò il
braccio,
afferrando delicatamente i fiori. Jongwoon allontanò la sua
mano il
più possibile da Kyuhyun mentre questi cerca di raggiungerla.
Guardata
da lontano, sarebbe stata una scena comica: due giovani ragazzi
lottando per una coroncina di fiori.
In
un battere d’occhio Jongwoon bloccò ogni
movimento, sentendo le
dita dell’altro accarezzare il palmo della sua mano,
intrecciando
le loro dita.
La
testa di Kyuhyun era appoggiata sul petto del maggiore e sentiva il
frenetico battito del suo cuore. Sorrise inconsciamente, pensando che
forse era un buon segno, che forse aveva provocato in quel moro
pauroso dell’amore.
In
quel momento, Kyuhyun realizzò che forse aveva trovato il
suo luogo
felice. Guardando le loro mani strette, si ricordò della
coroncina
tenuta nelle altre mani. Alzò lo sguardo e notò
che Jongwoon stava
guardando il cielo, probabilmente evitando il minore e questo fece
solo venire in mente un’idea al giovane per attirare la sua
attenzione.
Lentamente,
senza farsi notare, avvicinò il viso alla base del collo del
maggiore e gli diede un bacio.
Jongwoon,
assorto a pensare a tutto ciò che era successo in quella
decina di
minuti e cercando di capire perché non aveva ancora
allontanato la
sua mano da quella del più giovane, trasalì
sentendo qualcosa di
caldo, soffice e umido toccare il suo collo. Reagì
prontamente,
abbassando il capo e trovandosi di fronte dei capelli castani e
capendo che l’altro aveva nascosto il viso
nell’incavo del suo
collo. Sospirò sconfitto e lasciò stare Kyuhyun.
Qualcuno
però non la pensava come il moro e Kyuhyun lo
imparò a sue spese,
venendo calciato sul polpaccio e in pochi istanti si alzò in
piedi
dolorante.
“Perché
l’hai fatto?” Urlò di dolore, arrabbiato
e guardando torvo
Sungmin che aveva due gelati in mano.
“Smettila
di molestare in pubblico mio fratello”, commentò
il ragazzo
avvicinandosi a suo fratello ancora disteso a terra per aiutarlo ad
alzarsi.
“Quindi
posso molestarlo in privato”, replicò il castano
senza però
ricevere risposta alcuna. Ignorarlo era una qualità del
fratello più
piccolo dei Kim.
“Il
mio gelato?” Chiese avidamente Jongwoon a Sungmin. Era stato
lui,
infatti, che aveva chiesto di mangiare un gelato.
“Tieni.”
Suo fratello gli passò il dolce mentre si sedeva al suo
fianco.
“E
il mio?” Questa volta fu Kyuhyun che aprì bocca.
“Prendi.”
Ryeowook mise il gelato di fronte all’altro, che si
girò per
prenderlo senza proferire parola.
Kyuhyun
si voltò a guardare Jongwoon proprio quando questi provava
il dolce
di Sungmin e Ryeoowok si avvicinava a loro per far provare al
maggiore il suo gusto.
“Ragazzino,
voglio provare pure il tuo”, disse Jongwoon.
“Solo
se mi fai provare il tuo.”
“Neanche
per sogno.”
“Lo
stesso vale per te.”
“Solo
un po’”, si lamentò il moro.
“Daiii, non essere scontroso.
Condividere è prendersi cura.”
“Quindi
tu puoi leccare il mio, ma io non posso fare altrettanto con il tuo.
Dov’è la condivisione? O la
cura…” Kyuhyun inarcò un
sopracciglio e sogghignò. “Devi dare per
ricevere”, e fece
l’occhiolino al maggiore.
“Stiamo
ancora parlando di gelato?” Domandò non
innocentemente Sungmin,
facendo ridere i presenti.
“Non
cambierai mai, pervertito”, commentò Jongwoon
scuotendo la testa e
dando un ultimo morso al cono, tenendo gli occhi chiusi a causa dei
forti raggi solari.
Kyuhyun
notò la sua azione, perciò gli ai
avvicinò e gli mise in testa il
cappello che aveva rubato con tranquillità a Ryeowook,
ignorando gli
sguardi torvi dei due ragazzi con loro, soprattutto quello di
Sungmin.
Jongwoon
non disse nulla. Si stava abituando al comportamento attento di
Kyuhyun e in quel momento era grato all’altro
perché il sole lo
stava accecando.
Il
castano si sedette di fianco a lui e mise il suo gelato davanti
all’altro, che si girò a guardarlo. Questi gli
fece cenno di
provare il dolce e senza farselo ripetere due volte, il maggiore
leccò la crema al cioccolato, più di una volta e
Kyuhyun, come
ormai era solito fare, condivise il suo cibo con Jongwoon.
Rimasero
seduti così, l’uno con la testa sopra la spalla
dell’altro, le
braccia strette in vita, mentre aspettavano il tramonto, in silenzio.
Silenzio all’esterno ma rumoroso dentro le menti dei due
amici.
“Sono
confuso. Non dovrei sentirmi così”,
pensò Jongwoon.
“Questo
momento è… è un ricordo da amare.
Io… Io voglio questo amore.”
Kyuhyun guardò di sottecchi il moro.
La
sera del giorno dopo, a casa di Jongwoon
Jongwoon
era confuso, o meglio dire, negava tutto. Non poteva credere di star
realmente mostrando sintomi rari che preferiva fare finta non
esistessero o che almeno non avrebbe mai sentito. Tutto era confuso
ed era tutta colpa di Kyuhyun.
“Sì,
è decisamente colpa sua per incasinare la mia
testa”, sussurrò a
se stesso mentre faceva scivolare con forza il gessetto sulla
superficie della parete. Faceva sempre così, disegnare sulle
pareti
della sua stanza per sfogare lo stress e la rabbia.
Quando
Heechul entrò in camera del fratello, non si sorprese di
vederlo
seduto a terra, grattando sulla parete. Senza indugiare oltre, si
avvicinò al moro e lo avvisò della sua presenza
posandogli una mano
sulla spalla.
“La
cena è pronta”, annunciò Heechul quando
suo fratello si girò
verso di lui con l’unica intenzione di disfarsi in fretta del
maggiore. Era veramente ispirato quel giorno e voleva finire la sua
opera d’arte.
“Vai
a mangiare allora. Devo ancora finire.”
“Mamma
ci vuole tutti a tavola, come una famiglia.”
“Perché?”
Era strano. Non facevano mai quel genere di cose, o almeno non
più e
solo in rarissime occasioni.
“È
tipo una cena per salutare papà. Andrà in giro
per l’Europa per
fare un tour del caffè, per espandere il suo
business.”
“Non
lo sapevo.”
“Come
avresti potuto se sei sempre rintanato qui dentro con quel ragazzo, o
in giro… sempre con quel viziato”, disse
amaramente Heechul;
aveva ancora dei conti in sospeso con Kyuhyun.
“Lascialo
fuori da questo e da ogni altra cosa”, ribatté
Jongwoon in modo
protettivo. “Non dovremmo andare in sala di pranzo, prima che
la
mamma si arrabbi?”
“Assicurati
di lavarti le mani e cambiarti i vestiti. Sembra ti abbiano appena
soffiato addosso della cocaina.”
“È
solo gessetto, Heenim”, commentò Jongwoon alzando
gli occhi al
cielo.
Una
decina di minuti dopo, a tavola
La
cena stava finendo ed era andato tutto liscio, o almeno non
disturbarono tanto Jongwoon, a cui vennero fatte alcune domande ogni
tanto. Inoltre, avendo qualcuno come Heechul a tavola, non si avevano
molte possibilità di dire qualcosa dato che il ragazzo non
taceva
mai.
“Cara”,
disse il padre verso l’unica donna presente prima di guardare
i
figli. “Ragazzi, ho proprio amato questa cena ma ora devo
andare a
riposare, il mio volo parte abbastanza presto, per cui vi avviso
già
da ora che dovete obbedire a vostra madre e fare i bravi.”
“Noi
siamo sempre bravi”, commentò Heechul ridendo.
“Woonie?”
L’uomo guardò il figlio che annuì con
un piccolo sorriso in viso.
Il
maggiore gli scompigliò i capelli e si alzò per
uscire dalla
stanza, ma si fermò prima di raggiungere la porta.
“Papà”,
Jongwoon disse a voce abbastanza alta da essere sentito prima di
corrergli incontro e abbracciarlo quando si girò verso di
lui. “Buon
viaggio.”
“Lo
farò solo se mi prometti che obbedirai a tua madre e ai
fratelli”,
disse il padre ricambiando l’abbraccio e quando il ragazzo
annuì,
lo strinse più forte a sé prima di andare in
camera a riposare.
Jongwoon
tornò al tavolo per finire il dolce mentre i suoi fratelli
uscivano
anche loro dalla stanza e la madre cominciava a sparecchiare la
tavola. Quando ebbe finito il dolce, venne fermato da sua madre.
“Resta”,
mormorò lei quando notò l’attenzione
del figlio su di sé. “Devo
parlarti.”
Jonwgoon
era dubbioso. Ad essere onesti, non voleva rimanere da solo con sua
madre, la loro relazione dopo l’incidente si trovava al punto
di
rottura e dopo lo schiaffo era tutto andato a rotoli. Non sapeva cosa
fare ora perché sembrava passata
un’eternità dalla loro ultima
vera conversazione.
“Jongwoon”,
lo chiamò la madre, aspettando un suo cenno per continuare a
parlare. “Sembri diverso… È un
bene.”
“Questo
è tutto?” Disse con tono freddo il minore e anche
se non voleva
sentirsi così, si sentì male quando vide lo
sguardo triste della
donna.
“Non
puoi perdonarmi per averti picchiato, per averti proibito di
incontrarti con quel ragazzo?”
“Lo
sai che non è solo per questo”,
commentò Jongwoon. “Ciò che
non posso perdonare è che mi hai mentito. Mi hai tenuto
lontano da
Jongsung quando aveva più bisogno di me nella sua
vita.”
“Non
avresti potuto fare nulla per lui, Woonie. Anzi, dovevi guarire. Non
potevo rischiare la tua salute per quella di qualcun altro.”
“Ma
io l’avrei fatto. Non era uno qualunque. Era mio amico
e…”
“E
tu sei mio figlio. Sceglierei sempre la tua vita prima di quella di
chiunque altro al mondo.”
Bene,
ora hai ciò che volevi. Sono vivo e quasi tutto intero. Ma
hai mai
pensato a come mi sarei sentito io? No, non l’hai mai fatto.
Non
importa. Non posso perdonarmi per non esserci stato per lui e non ti
perdonerò per avermi mantenuto all’oscuro di tutto
e fare ciò a
Jongsung. Mai.”
“Lo
so e non è questo ciò che volevo. Non mio figlio
a metà. Stai
respirando ma non stai vivendo, almeno non fino ad ora. Ho notato dei
cambiamenti in te, sembri stare meglio e questo mi rende felice. So
anche la causa di tutto ciò ed è per questo che
mi farò da parte.”
Jongwoon
non riusciva a capire l’indiretta della madre e
aggrottò le
sopracciglia in confusione.
“Ti
do il mio permesso per stare insieme a quel giovanotto. Sei libero di
portarlo a casa ed uscire con lui quando vuoi, come hai già
fatto.”,
spiegò con cura la donna.
Il
ragazzo la guardò incredulo, sorpreso dal cambio di
atteggiamento
della madre e anche del fatto che sapesse delle sue fughe e non
dovesse più agire di soppiatto.
“Sembra
che lui ti faccia bene”, disse infine la madre prima di
alzarsi
dalla sedia ed uscire dalla stanza, fermandosi di fianco al figlio e
nonostante volesse dargli un bacio, decise solamente di accarezzargli
i capelli.
Jongwoon
si lasciò andare al tocco. Per quanto un figlio possa
arrabbiarsi
con la propria madre, fa solo male, come camminare su tizzoni ardenti
e avere solo metà cuore, per questo il suo tocco
è come una
medicina per l’anima.
“Grazie”,
disse lui, senza alcuna ostilità nella voce. “Non
biasimarmi, ma
non ti ho ancora perdonato”, aggiunse Jongwoon e dopo un
rapido
‘Buonanotte’, corse in camera sua.
La
madre sorrise amareggiata e rattristata, ma almeno il suo sguardo
aveva una luce diversa da prima. Il figlio non l’aveva ancora
perdonata però lei aveva fatto un grande passo verso il suo
cuore e
anche se non poteva riavere il suo amore indietro, almeno Jongwoon
stava tornando ad essere chi era prima e a lei bastava così.
Gli
altri non importano. Se chi ami sono quelli che hanno bisogno di
essere protetti e amati, se salvare loro significa sacrificare gli
altri, allora che sia così.
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