Lacrime di sangue
La luce emanata dal globo ondeggiava
insicura dal suo palmo verso le pietre fredde dello stretto corridoio, lontano
poteva sentire l’eco degli assalitori che sciamavano come locuste nel suo
castello, spezzando i portoni di legno, stracciando gli arazzi, bruciando i
suoi libri.
Raggiunse la porta e si fermò, il
palmo che si appoggiava sul caldo legno. Era lì, ma cosa doveva fare?
Un cupo rombo l’avvisò che gli
invasori avevano trovato la porta segreta che conduceva a quel corridoio. Uno
dei sui servitori doveva aver tradito il segreto. Quando aveva visto la folla
inferocita assieparsi sotto le sue mura anche lei aveva sentito un fremito di
paura attraversarle il cuore. Non poteva biasimarli per aver ceduto.
Un secondo secco boato risuonò nel
corridoio, aveva sigillato quell’entrata, ma non poteva resistere a lungo sotto
a quel poderoso e violento attacco.
Aprì la porta ed entrò nella stanza
buia. Due occhi azzurri come il cielo in autunno si fissarono su di lei e Lena
rabbrividì.
“Non andare.” Mormorò, incredula lei stessa nel sentire quelle parole
uscire dalle sue labbra. La ragazza sbatté gli occhi, incapace di rispondere.
“Perdonami.” Bisbigliò. “Pensavo di poter essere forte, di poter essere…”
“Tu sei forte.” Assicurò con dolcezza la donna. “Tu sei la mia forza, il
mio Sole.”
Lena accarezzò il simbolo degli El circonfuso
dal Sole che rispendeva sul petto d’acciaio della giovane. Chiuse gli occhi e
capì che non sarebbe andata, se lei avesse solo chiesto ancora. Non sarebbe
andata e l’intero regno avrebbe dovuto affrontare le conseguenze del suo
egoismo.
“Torna da me.” Chiese allora e sentì la giovane sospirare, mentre
abbassava il volto per far incontrare le loro labbra.
“Sempre.”
Chiuse la porta di legno alle sue
spalle e il ritmico boato prodotto dall’ariete che tentava di abbattere la
porta sparì.
“Lasciami andare e li ucciderò
tutti.” La voce suadente della donna la fece rabbrividire di nuovo.
“No.” Affermò netta.
“Quindi lascerai che mi prendano?”
“No.” E nel dirlo seppe che era vero,
non avrebbe permesso a nessuno di farle del male, poco importa cosa la donna
avesse fatto.
“Liberami da queste catene, allora.”
Mostrò i polsi e Lena distolse lo sguardo, vedere quei polsi piagati, malgrado
le cure, malgrado l’attenzione con cui li medicava le fece male al cuore, come
ogni volta. “Luthor!” Urlò la donna e lei sobbalzò,
ora la voce della giovane era feroce, violenta, rabbiosa. “Tu trattieni un dio!
Liberami!”
“Verrai con me, in catene.” Disse
invece lei, cedendo alla decisione che nel suo cuore aveva preso nell’instate
stesso in cui aveva sentito le voci rabbiose della folla avvicinarsi alle sue
porte. “Usciremo dal castello passando dal fossato, spariremo nella notte.”
Il drago era rapido, elegante, letale. La giovane guerriera alzò lo scudo
che in un istante divenne rosso come il suo mantello, quasi inutile sotto a
quel torrente di fuoco. Lena poteva quasi sentirla mentre gemeva resistendo a
mala pena al poderoso attacco. Nemmeno lei poteva farcela, nemmeno lei poteva
abbattere un simile terribile e possente mostro.
Strinse le redini nei pugni, mentre osservava il drago evitare ancora una
volta la lancia della giovane. Doveva fare qualcosa, non poteva stare lì a
guardare la donna che amava morire.
Con eleganza e rapidità agitò le braccia, intrecciando un potente
incantesimo, qualcosa che non aveva mai provato, qualcosa che poteva abbattere
un essere imbattibile. Un incantesimo che aveva letto nelle oscure pagine
scritte dal fratello, un sortilegio così potente che avrebbe potuto funzionare
quando tutti gli incantesimi scagliati dai maghi avevano fallito.
“Lena, no!” Urlò Alex, un attimo prima che le sue dita lanciassero una
singola e precisa freccia rossa verso il drago.
La donna si muoveva silenziosa dietro
di lei, ma poteva sentire il suo respiro affannoso, appesantito dalle catene
magiche che lei aveva creato. Alle loro spalle l’ennesimo boato fu seguito dal
rumore di mura infrante.
“Una spada, una lancia… anche solo un
pugnale e posso ricacciarli dal tuo castello.” Bisbigliò la donna. “Per noi…”
Aggiunse ed eccolo di nuovo quel tono suadente. Lena chiuse gli occhi, mantenere
quell’incantesimo lontano dalla stanza che aveva costruito per trattenere la
donna richiedeva tutta la sua attenzione e quasi tutte le sue energie. Non
rispose, continuando ad avanzare a tentoni nel buio.
“Lena, non riuscirai a portarmi fuori
senza lottare e ad un certo punto dovrai decidere, le catene o la tua vita.”
Di nuovo non disse nulla, non voleva
crederle, conosceva il suo castello, avrebbe potuto allontanare entrambe prima
che gli invasori si mettessero sulle loro tracce.
Cadde da cavallo, tutta la sue energia prosciugata, ma la freccia volava
sicura nel cielo verso il suo bersaglio.
Alex si inginocchiò accanto a lei cercando di aiutarla, ma gli occhi di
Lena erano fissi nel lontano cielo, dove il grande drago lottava con la piccola
El.
La freccia rapida come il suo pensiero oltrepassò la guerriera e si
frantumò nel petto del drago. Scaglie di rossa magia volarono ovunque mentre la
lancia della giovane sceglieva quel momento per colpire, quel punto, quella
piccola scaglia spezzata dal violento impatto con la magia di Lena.
Il momento si condensò nel cielo, mentre il drago urlava e la guerriera
veniva scagliata indietro.
Non cadde lontano da loro e Alex la aiutò a raggiungere la giovane.
Con sollievo vide che il suo petto si alzava ed abbassava, mentre quello
del drago che cadendo aveva sollevato una nube di polvere, era immobile.
“Ce l’hai fatta.” Disse, mentre sfilava l’elmo e liberava i biondi
capelli della giovane. Un brivido di paura le attraversò il cuore quando notò
il graffio così vicino all’occhio e la singola lacrima di sangue che stava
scendendo lungo la gota della guerriera.
Chiamò piano il suo nome e la
donna aprì gli occhi nei quali Lena vide per un istante un lampo di rossa
magia.
Le catene tintinnavano, sembrava che
lo facesse apposta.
“Smettila.” Chiese, aveva bisogno di
silenzio, aveva bisogno di concentrarsi.
“Perché non ti arrendi?” Le domandò
allora. E per una volta il suo tono non era suadente o rabbioso, solo perplesso
e forse fu ancora peggio. Si voltò a guardarla evitando si notare come
l’incantesimo alle catene stesse sbiadendo a causa del venir meno delle sue
forze.
“Davvero?” Chiese e fu nel suo tono
che serpeggiò la rabbia. “La donna che conoscevo lo saprebbe.”
“Quella donna era sciocca, debole,
ridicola…”
“Era il migliore essere umano che
conoscevo.” Ribatté lei interrompendo un discorso che aveva sentito troppe
volte.
“Sei debole e sciocca quanto lo era
lei.” Disse allora la sua prigioniera. “E ti farai uccidere.”
“Cosa ti importa?” Sbottò lei.
Strinse i pugni e la magia si rinforzò di nuovo. “Andiamo avanti.” Ingiunse,
voltandosi e proseguendo lungo il corridoio, non mancava molto.
Si svegliò nel cuore della notte, il posto nel letto accanto al suo era
vuoto. Allungò la mano e ne percepì il freddo. Quando ruotò la testa la vide
che osservava il cielo, seduta sulla finestra.
“Tutto questo non ha senso.” Le disse, sentendola sveglia.
“Di cosa parli?” Chiese lei, alzandosi e infilandosi una vestaglia a
coprire il corpo nudo.
“Potremmo dominare il mondo.” Affermò e Lena sorrise avvolgendo le
braccia al corpo di lei, caldo malgrado la sua pelle fosse interamente esposta
alla fresca aria notturna.
“Manie di grandezza notturne?” Domandò. Posando un bacio sulla spalla
della giovane.
“Non sto scherzando.” Dichiarò allora la donna e si voltò a guardarla.
Nei suoi occhi non vi era mai stata tanta durezza. “Siamo dee, tu ed io.
Questo…” E con la mano indicò la stanza semplicemente arredata e forse l’intero
piccolo regno che era la loro casa. “Non è nulla. Possiamo avere molto di più,
possiamo imporre la pace, guidare i popoli all’unione e alla prosperità”
“Ma a quale prezzo?” Aveva già sentito simili discorsi, suo fratello
aveva parlato così anni prima e lei aveva visto follia nel suo sguardo.
“Il giusto prezzo.”
Quel lato del castello era deserto,
gli assalitori si erano riversati all’interno delle mura passando dalla porta
principale, nessuno aveva pensato di creare un cerchio di sentinelle per
evitare un’eventuale fuga.
Forse non tutto era perduto.
“Sentili: urlano e cercano, vogliono
la mia testa.” Il tono della donna era di nuovo arrabbiato. “Io! Che li ho
salvati da mille minacce, che ho sfidato un drago kryptoniano
per loro! Che ho ucciso un essere di rara bellezza, una creatura da venerare,
l’ultima della sua specie, per loro…” La sua testa si voltò verso le mura dal
quale provenivano gli schiamazzi e le grida della folla ancora inferocita,
probabilmente furiosa nel non trovare la preda promessa. “Cercano noi che
abbiamo ucciso il drago per loro.” Precisò, guardandola.
“Esiste ancora un noi?” Chiese. Era
la stanchezza a farla parlare, forse solo il tono con cui la donna aveva detto
l’ultima frase o più probabilmente il sorriso che l’aveva accompagnata.
La donna la guardò per un lungo
istante, poi un ghigno beffardo apparve sulle sue labbra.
“È mai esistito per davvero un noi?” La
ferì come faceva sempre e lei si diede della sciocca per esserci cascata,
ancora una volta.
“Non può essere…” Scosse la testa, ma il viso di Alex era pallido, mentre
cercava di tirarsi a sedere, le mani imbrattate dal suo stesso sangue.
“Ho provato a fermarla, ma…” Scosse la testa, mentre Sam si piegava su di
lei mormorando rapidi incantesimi che fermarono il sangue e riportarono un po’
di colore alle guance della donna.
“Un intero villaggio… non può essere…” Si trovò a dire ancora lei.
“Niente può fermarla.”
“Io posso.” Affermò alzandosi, ma Alex le afferrò il braccio
trattenendola.
“Nei suoi occhi vi era qualcosa.” Disse. “Un bagliore rosso.”
“Non…” Tentò di protestare, ma Alex non le permise di separare il loro
sguardo.
“Lo stesso rosso che ha abbattuto il drago.”
Lena non obiettò questa volta, non poteva, aveva visto la sua stessa
magia negli occhi chiari della donna che amava.
“La troverò.” Assicurò.
Un urlo sulle mura spense le speranze
di Lena. Una freccia passò loro accanto facendo sibilare l’aria.
Altre urla si unirono alla prima,
altre frecce, e poi torce illuminarono le mura.
“Per l’ultima volta, Luthor, liberami dalle catene o penzoleremo dalle mura del
tuo castello prima che la candela sia scesa di una tacca!”
“Non ti permetterò di uccidere
ancora!” Rispose lei, angosciata.
“Sono solo vermi che strisciano, non
sono come noi!”
“Non c’è nessun noi, lo hai appena
detto.”
“Tu mi hai dato questa libertà, non
credere che non sappia cosa il tuo incantesimo abbia fatto.”
Lena si bloccò sconvolta, non credeva
che lei sapesse.
“Posso guarirti.” Quasi balbettò. Era
stata lei, sì, ma poteva ancora rimediare.
“Guarirmi? Non sono mai stata così
bene, così forte, così sicura.” Replicò.
Un’altra freccia sibilò accanto a
loro e Lena scosse la testa cercando di pensare ad una soluzione, ma era
difficile con la mente impegnata nel tessere quel complesso sortilegio creato
dal fratello anni prima.
“Ti prego!” Urlò nel vedere la donna ignorarla e abbattere le mura della
città, la sua spendente armatura era chiazzata di sangue, orrendo spettacolo
agli occhi di chi la guardava. Era diventata il terribile mostro che tanto
spesso aveva lottato e vinto.
“Vattene, Luthor.” Sibilò la giovane e mai
aveva pronunciato quel cognome con tanto disprezzo.
“Avevi promesso che saresti tornata da me!” Le urlò ancora e questa volta
la guerriera si voltò a guardarla, incurante degli avversari che lanciavano
impotenti frecce verso di lei.
“Sono lacrime quelle che vedo?” Chiese la donna e sorrideva beffarda.
“Torna a casa, quando avrò finito tornerò da te, come promesso.”
“No.” Sorrise nel vederla opporsi, nel vederla erigersi sulle rovine del
muro da lei abbattuto e Lena lo vide di nuovo, quel bagliore rosso che
macchiava il suo sguardo.
“No?” Ripeté e la sua fronte si corrugò forse leggendo nel suo sguardo la
determinazione.
Creare quell’incantesimo avrebbe richiesto un immenso sforzo, ma era
pronta. Lena alzò le mani e compose l’incantesimo creando verdi catene per la
donna che amava.
“Dunque così finisce.” La parole
della donna erano sorprendentemente calme. Lena si guardò attorno, erano
circondate, la folla avanzava, una marea di volti indefiniti, una sola forza
distruttrice. “Mi lascerai morire.”
Lena scosse la testa, ma i suoi
pensieri erano confusi. “Lascia cadere l’incantesimo.” Suggerì la giovane.
“Non posso…” Mormorò lei. “Non te lo
perdoneresti e sarebbe di nuovo colpa mia.”
“Non ci sarà nulla da perdonare se ci
uccidono!” Sibilò allora lei furiosa.
La folla esitava, malgrado fossero lì
per questo sapevano che davanti a loro vi era un’imbattibile guerriera e una
temibile maga dei Luthor.
“Non tentenneranno ancora a lungo.”
La incalzò la giovane.
Lena esitò, il verde brillio delle
catene si affievolì e la prigioniera sorrise, un lampo di aspettativa che
brillava nei suoi occhi.
Le dita di Lena formicolarono, sapeva
che se lasciava andare quell’incantesimo avrebbe potuto scagliarne uno, forse
due, prima di non avere più energie, sarebbero bastati per fuggire, ma lei… lei
non se ne sarebbe andata prima di aver compiuto un massacro.
“Lena!” Un cavallo fendette la folla
e Alex piombò nel cerchio creando scompiglio.
“Puoi trattenerla?”
“Sì. Ho legato l’incantesimo alla stanza, si nutre della sua stessa
forza…” L’orrore che stava compiendo le diede la nausea, ma Alex annuì piano.
“Hai fatto la cosa giusta.” Le disse vedendo in lei il dubbio.
“Non lo so… le catene la feriscono, io…”
“Non possiamo lasciarla andare se non dopo averle tolto quello che l’ha
resa ciò che è diventata.” Insistette Alex.
“Una scheggia.” Spiegò piano Lena. “Nell’occhio, un singolo frammento del
mio incantesimo.”
“Puoi toglierla?”
“No.” Il fallimento bruciava nel suo petto, ma sapeva che era la verità,
aveva fatto tutto il possibile, studiato ogni incantesimo conosciuto ed esplorato
ogni possibile segreto rimasto inesplorato della magia, senza successo.
“Come…”
“Con il tempo forse svanirà.” Quella era la sua unica speranza, una delle
magie più potenti che conoscesse e più impossibili da controllare: il tempo.
Alex teneva per le redini un secondo
cavallo.
“Andiamo!” Urlò lasciando l’animale a
Lena ed estraendo la spada, mentre guardava minacciosa i volti sorpresi che la
accerchiavano.
Prima che Lena potesse pensare la sua
prigioniera era già a cavallo. Un solo istante e poi le tese la mano. Lena la
afferrò e si aggrappò a quel corpo caldo che da troppo tempo non stringeva. Il
profumo della donna la avvolse e lei, malgrado la situazione, malgrado la paura
e la stanchezza sorrise.
“Andrà tutto bene.” La sentì
mormorare e poi la freccia attraversò il suo corpo.
Perse la prese e cadde a terra, cercando
di respirare, ma sentendo solo un atroce bruciore invaderle la mente.
Dunque era così che finiva, nella
polvere, attorniata da persone che la odiavano.
Due braccia forti la strinsero e lei
si ritrovò a guardare dei limpidi occhi azzurri. Non vi erano più catene ai
suoi polsi eppure lei era lì.
“Non ti permetto di morire, dannata Luthor!” Sibilò e Lena sorrise mentre alzava la mano e le
accarezzava il volto.
“Non andare…” Mormorò come se fosse
l’eco di un tempo ormai passato.
La donna strinse i denti e scosse la
testa. Una spada la sfiorò e lei la allontanò con un ringhio rabbioso, ma non
lasciò il suo corpo, non si separò da lei.
Chiamò il suo nome e la giovane tornò
a guardare lei.
“Tornerai da me?” Chiese dolcemente.
Una singola lacrima scese lungo la
sua guancia e Lena sorrise perché era rossa, rossa come il suo incantesimo.
“Sempre.” Bisbigliò la giovane e poi
posò le labbra sulle sue.
Un respiro, i suoi occhi si chiusero
e lei mormorò il suo nome, finalmente: “Kara…”
Note: Questa
storia è la prima di una serie di quattro one-shot
create su un’idea di DarkJessy94, la sfida era usare lo stesso prompt per storie completamente diverse. Visto che il
suggerimento era perfetto e l’ispirazione buona mi sono lanciata.
Grazie
Jessica!! So che non era proprio quello che volevi, ma… è stato divertente!
La prima
storia da il tono della raccolta oltre che il titolo. Non ci sarà molto da
ridere, ma quando si gioca con la kryptonite rossa è
difficile che sia altrimenti.
Spero che
queste storie ambientate in mondi diversi, ma che vedono sempre come
protagoniste le nostre SuperCorp, vi piaceranno.
Fateci
sapere!