Non voglio perderti
L’odore
pungente della pioggia alleggiava ancora nell’aria, la settimana era trascorsa
caratterizzata ininterrottamente da acquazzoni uno più violento di un altro, ma
finalmente i tenui raggi del sole avevano rotto la superfice scura della coltre
di nubi portando nel cuore degli abitanti di Tokyo la debole speranza di
trascorre una giornata all’aria aperta. Lo spiraglio ottimistico del clima però
contrastava nettamente con l’atmosfera tesa presente tra i due ragazzi,
silenziosi, diretti verso casa.
Era stata
una giornata scolastica come tante altre, Aoko lo sapeva, ma continuava a
chiedersi se involontariamente avesse detto o fatto qualcosa di sbagliato. Solitamene
il suo migliore amico non perdeva occasione per farle uno dei suoi trucchetti
magici dal doppio fine o semplicemente non si lasciava sfuggire nessun pretesto
con cui poteva farla arrabbiare. “Kaito non ha
fatto niente di tutto ciò”
Non che alla
ragazza piacesse essere ridicolizzata davanti a tutta la classe, ma erano
giorni ormai che il ragazzo si comportava in quel modo anomalo. Appena provava a
penetrare il muro di freddezza eretto tra loro, lui si allontanava ancora di
più. Per l’ennesima volta fece oscillare la cartella giocherellando nervosamente
con una ciocca di capelli, oltre che un modo per scaricare la tensione, usava
quel pretesto per scostare la capigliatura e guardare il compagno di sottecchi
in cerca di risposte.
Kaito dal
canto suo, lo sguardo fisso davanti a sé, non prestava la benché minima
attenzione alla zona circostante desideroso di tornare il prima possibile a
casa sua per recuperare le ore di sonno perse nell’ultimo periodo. Da quando l’alter
ego del ladro doveva fare le sue apparizioni sempre più spesso lo spensierato
Kaito Kuroba era diventato un flebile ricordo, lo stress di condurre quella
vita parallela avvolta dai mille segreti lo stava logorando piano piano.
Pandora era ormai divenuta il suo chiodo fisso, un’ossessione che non lo
lasciava in pace nemmeno la notte, e se Tochi poteva parlare liberamente con
sua moglie dei furti organizzati lui era consapevole di non poter concedersi
tale lusso con Aoko. Inconsciamente serrò i denti e proprio quell’espressione
estremamente seria e rigida faceva a pugni con il sorrisetto provocatorio e
l’aria sbarazzina impressa nei ricordi della studentessa “Da
quando mascheri così bene le tue emozioni? Da quando mi hai estromesso dalla
tua vita?”
Per lei sarebbe
stato sempre il solito irriverente, perverso ed egocentrico amico ma, in alcuni
casi come in quel momento, sentiva di essersi persa qualcosa, un passaggio
importante della vita di Kaito.
La brunetta sospirò
nuovamente questa volta facendosi volutamente sentire ma con il risultato di
ottenere soltanto un’occhiata perplessa. Giunti davanti casa Nakamori il
ragazzo senza dire nulla aveva alzato un braccio in segno di saluto pronto ad
andare mentre Aoko sempre più irrequieta, pensava a un modo per fermarlo ma
iniziare una conversazione avrebbe aperto le danze con molta probabilità ad una
lunga e aspra lotta verbale. Era la prassi ormai: lui si isolava, lei provava a
penetrare quella barriera di menefreghismo verso il mondo circostante e il
risultato era un litigio apocalittico.
Avevano
sempre battibeccato ma ultimamente le litigate erano molto più dure senza
alcuna ombra scherzosa, e tale cambiamento era stato notato tacitamente da
entrambi.
“Per gli
appunti della lezione di fisica puoi stare tranquillo” esordì ad un tratto la
figlia dell’ispettore per rompere quel silenzio di sguardi, insostenibile per
lei. Maledicendosi mentalmente per l’argomento citato, ben lontano dalle cose
che voleva chiedergli “Perché devo
essere sempre così imbranata?” alla vista del ragazzo in procinto di
allontanarsi aveva repentinamente aggiunto “Ho visto che non hai seguito molto
la lezione, te li passerò io”, lui mormorò un “Grazie” e accennò un lieve e veloce
sorriso nella sua direzione voltandosi verso la strada per attraversarla.
Aoko tentennò
qualche istante osservando la schiena mascolina, contro i suoi piani Kaito stava
andando via e questa volta non voleva permetterlo. Velocemente poggiò una mano
sulla sua spalla con l’intento di fermarlo sentendolo irrigidirsi come una
statua di marmo, “Kaito” lo chiamò piano “C’è qualche problema?” chiese
mordicchiandosi il labbro inferiore. Ultimamente le metteva sempre agitazione
il solo rivolgergli la parola, aveva iniziato a dar peso alle parole in sua
presenza per evitare le solite situazioni in cui puntualmente finiva preso in
giro con le sue frasi di dubbio gusto. Il motivo principale di tale decisione
era il voler mettere la parola fine alle battute offensive sul suo aspetto, che
non riusciva più ad ignorare perché le facevano male anche se non ne capiva il
motivo. Soprattutto, stare a distanza ravvicinata con lui era fonte di ansia e tenere
in quel momento una mano a stretto contatto con lui non migliorava la sua
lucidità.
“No, va tutto
bene” rispose pacatamente senza nemmeno voltarsi “Non devi porre sempre la
stessa domanda ogni qual volta mi comporto in modo diverso dal solito”.
Kaito
osservava la porta di casa sua sull’altro lato della strada come un disperso
nel deserto vede in lontananza un’oasi, la chiave della sua salvezza. Non aveva
la benché minima voglia di parlare soprattutto dei suoi intricati pensieri, non
con lei almeno. No, in realtà lui non voleva parlarne con nessuno e preferiva
nascondere le sue debolezze al resto del mondo.
“Scusami se
mi preoccupo per te” ribatté seccata all’ennesimo tentativo miseramente fallito
di capire il suo atteggiamento scostante utilizzando le buone maniere.
“Potresti almeno girati e guardarmi in faccia da persona civile quando parliamo?
O neanche questo posso più sperare di ottenere da te?” concluse ritirando la mano come scottata dalle sue stesse
parole.
La
frecciatina doveva aver fatto centro, poiché Kaito si voltò con un sopracciglio
inarcato e due occhi azzurri che la scrutavano indagatori. “Non la stai
prendendo un po’ troppo sul personale?” Più lui cercava di mantenere le distanze
più lei diventava combattiva, non tollerava più quella guerra fredda. Non che
non apprezzasse tutte le attenzioni che la ragazza gli rivolgesse, anzi ne era lusingato,
ma c’erano momenti in cui anche lei non poteva fare molto e la sua ostinazione
iniziava ad essere un problema. “Come
reagiresti se ti dicessi che il ladro da te tanto odiato sia io?”
“Non
dovrei?” sibilò assottigliando gli occhi mentre sentiva la rabbia ribollirle e
mandare al diavolo il suo autocontrollo, il più grande difetto di Aoko era
proprio l’impulsività “Io non dovrei prenderla sul personale? Ti aspetto la
mattina a casa per fare colazione insieme, a scuola cerco di non arrabbiarmi
per le tue continue battutine anche in presenza altrui, sul mio fisico acerbo.
Non ti ho mai portato rancore per tutte le volte che ti comporti da maniaco
sbirciando la mia biancheria intima, cerco di restarti accanto e di esserci ogni
qual volta hai bisogno di me… e tutto quello che ricevo in cambio è
indifferenza, strafottenza e superiorità quando ti chiedo se hai qualche
problema?!” Sbottò quasi urlando l’ultima frase, il viso arrossato e il respiro
affannoso come segno di uno sfogo trattenuto fin troppo tempo. Si era
finalmente liberata di quel peso opprimente, di quelle parole che non aveva mai
avuto il coraggio di dire per paura di allontanare ancor di più da lei quel
poco che rimaneva del bambino conosciuto sotto la torre dell’orologio. Gli
voleva bene, era la persona per lei più preziosa al mondo dopo suo padre, ma
iniziava a dubitare di essere corrisposta allo stesso modo.
Investito da
quella carica esplosiva esitava nel darle una risposta. Aoko sembrava un
vulcano in eruzione e lui non voleva rimanere vittima di quella lava
incandescente, sapeva di aver fallito come amico già da tempo ma sentirselo
dire dalla diretta interessata era molto diverso “Da quando ho deciso di essere
Kid la mia vita è una menzogna”
Kaito che
aveva sempre la frase pronta per ogni occasione, che era in grado di compiere
complicatissimi furti scappando dalla polizia e di ideare stupefacenti trucchi
magici, non sapeva rispondere al semplice sfogo di un’amica. Si sentiva
attaccato, ma era consapevole di avere torto e di essere stato un’opportunista
con lei negli ultimi giorni. Ne era così tanto cosciente da volerselo negare a
tutti i costi, autoconvincersi del contrario pur di non essere dalla parte
sbagliata. Era la strada più facile rispetto allo scontro diretto con una
scomoda verità, lui adorava avere ragione e prevalere sugli altri in ogni
occasione.
“Io non ti
ho chiesto di fare tutto ciò” rispose dopo alcuni attimi di silenzio in cui
Aoko non aveva distolto nemmeno per un secondo lo sguardo “Probabilmente volevi
dare un senso alla tua vita in questo modo, compiacendoti e perché no, volendo
essere contraccambiata. Vedendo però di non ricevere lo stesso trattamento hai
capito che la situazione non fosse più di tuo gradimento.” La cattiveria di
quelle parole la colpì, in tutti gli altri litigi si erano sempre insultati e
accusati ma mai nel tono c’era stata quella nota maligna. Gli occhi chiari
della ragazza assunsero un colorito ancora più acquoso e Kaito imprecò
mentalmente per la sua idiozia, la stava usando di nuovo, sfruttava Aoko come
valvola di sfogo per le sue frustrazioni, non nel modo corretto come farebbero
due comuni amici. Voleva scaricare il suo nervosismo e lei era la preda più
semplice, sapeva come ferirla anche se non ne aveva l’intenzione.
Combattendo
contro sé stessa ricacciò indietro le lacrime, voleva dimostrargli di essere in
grado di fronteggiarlo e fargli abbassare quella cresta da galletto “Quindi mi
stai dicendo che dovrei osservare il mio migliore amico stare male senza fare
nulla? Non perché il giorno prima è un’esibizionista e il giorno dopo una
mummia ma per una mia soddisfazione personale nell’aiutarlo?”
Per tutta
risposta lui annuì lasciandola sconcertata, si rifiutava di credere che la
vedesse in quel modo. Strinse le mani tremolanti fissando il petto del ragazzo
come in trans “Non hai mai pensato che in realtà quello in cerca di attenzione
sei tu?” sibilò gelidamente alzando questa volta gli occhi e puntandoli in
quelli azzurri del ragazzo “Ti pavoneggi con le tue doti da mago per ricevere
le acclamazioni di chi ti sta intorno, per cercare di non sentirti solo una
volta tornato a casa. A parte me, quanti altri amici così stretti hai?” Kaito
avvertiva ogni parola della ragazza come una freccia scagliata ad alta velocità
in grado di trapassarlo, era una grande lotta mantenere la sua poker face, lei aveva maledettamente
ragione.
Aoko fece
una pausa per evitare di dire altre cattiverie di cui poi si sarebbe pentita,
lei non era Kaito, al contrario suo cercava in tutti i modi di non fargli del
male. Tutti hanno la famosa goccia che fa traboccare il vaso e
inconsapevolmente Kaito ne aveva innescato una. Si umettò le labbra prima di
aggiungere “Non sono io ad invitarti costantemente a casa, sei tu che il più
delle volte ti presenti e voglio ricordarti che è stata tua madre a chiedermi
questo favore.” Stentava a credere di aver parlato con un tono così calmo e
freddo, quella non era la vera Aoko ma non poté negarsi la soddisfazione di
vedere Kaito spostare lo sguardo altrove per primo. La ragazza aveva ottenuto
la sua prima vittoria verbale nei suoi confronti.
Il più
grande mago di tutti i tempi si sentiva minato, preso in pieno dove si sentiva
più vulnerabile, la solitudine. Esteriormente stava mantenendo la solita
facciata ma dentro si sentiva morire, più delle volte in cui Aoko diceva di
voler vedere Kaito Kid dietro le sbarre per ridere trionfante. I battiti del
cuore gli rimbombavano nella testa e come un animale braccato, seguì il suo istinto.
Quell’istinto selvaggio che lo spinse a ricambiare il dolore appena provato.
Con un
sorrisetto malefico rivolse la sua attenzione ad Aoko che si irrigidì nella sua
posizione “Potrebbe essere anche vero quello che dici ma, non sono io ad avere
un padre che non è in grado di catturare un ladro dopo venti anni. Vuoi
comparare il suo fallimento dimostrandoti all’altezza del favore che ti ha
chiesto mia madre.”
Aveva
scaricato su di lei frasi velenose che non meritava, ne era cosciente e questa
era la parte peggiore. Così ottuso da non darle ragione sapeva di averla
profondamente ferita.
Era appena
riuscito a terminare la frase quando la mano di Aoko concluse la traiettoria
intrapresa sul suo viso. La violenza di quello schiaffo carico di tuta la
rabbia e frustrazione della ragazza, lo destabilizzò. Un modo implicito per
fargli capire quanto le avesse fatto male stavolta e quanto sarebbe stato
complicato rimediare. L’impeto con cui lo aveva colpito gli aveva voltato la
faccia in un’altra direzione e nel momento in cui tornò ad osservare la ragazza
una morsa attanagliò il suo stomaco. Le lacrime scorrevano sul suo viso mentre invano
cercava di asciugarle con le maniche della divisa, prima che potesse fare un
solo passo nella sua direzione lei urlò con quanta forza avesse quelle tre
parole simili a una condanna “Ti odio Kaito!” Girò sui tacchi correndo verso
casa sua e sbattendosi malamente la porta alle spalle, per poi scivolare lungo
il bordo freddo accovacciandosi con le braccia attorno alle gambe. Il bruciore
alla gola e la mano pulsante non erano minimamente paragonabili al dolore del
suo cuore in frantumi.
Kaito rimase
imbambolato in mezzo alla strada massaggiandosi la guancia bollente “Complimenti
Kaito” sussurrò prima di voltarsi ed entrare in casa sua. Il silenzio presente
nell’abitazione gli ricordò come un secondo schiaffo la frase detta da Aoko
poco prima: “Per cercare di non sentirti
solo una volta tornato a casa”.
Colpì con un
pugno la parete adiacente all’ingresso poggiandoci sopra la fronte. Malediceva
il giorno in cui aveva deciso di indossare quel mantello bianco, voleva con
tutto sé stesso fare giustizia e sgominare l’organizzazione che aveva ucciso
suo padre ma non voleva dover pagare tale risultato con l’odio di Aoko. Non
poteva dirle nulla del peso sempre più opprimente dato dalla doppia vita che
conduceva, anche la più piccola informazione l’avrebbe messa in pericolo, ma si
sentiva sull’orlo di un baratro. Se continuava a trattarla come una pezza da
piedi lei si sarebbe allontanata, e neanche i numerosi fan di ladro Kid
avrebbero potuto colmare quel vuoto “Papà cosa devo fare?”
Rimase lì immobile
per un lasso di tempo a lui indefinito prima di salire in camera sua gettandosi
scompostamente sul letto. Osservò il soffitto pensando a mille modi per
rimediare con Aoko “Sempre se c’è qualcosa da recuperare” borbottò girandosi su
un fianco esattamente in linea con la foto sul comodino che mostrava due
bambini abbracciati con altrettanti enormi sorrisi incuranti di quello che li
circondava “Perché siamo cresciuti?”
Kaito si
guardò intorno un paio di volte in quella landa desolata girando su sé stesso. Si
trovava in piedi davanti ad un enorme portone scuro con due batacchi in ottone
di forma leonina che lo osservavano minacciosi. Il portone era socchiuso e incurante
del pericolo decise di entrare ritrovandosi in un vasto atrio in cui era
presente al centro un grande scalone in marmo e sulle pareti numerosi quadri di
maghi famosi. Il rosso era il colore predominante dell’ambiente, sia per la pavimentazione
che per i rivestimenti murari. L’unica fonte di luce erano le numerose candele
sparse qua e là nell’atrio e l’unico rumore proveniva dalla stanza sulla
destra. Nonostante l’alone inquietante generale generato dalle piccole
fiammelle, non aveva la minima paura anzi, tutto gli sembrava familiare. Aprì
la porta con cautela rivelando un piccolo soggiorno con numerose librerie lungo
il perimetro, un divanetto e due poltroncine davanti al caminetto scoppiettante
completavano l’arredo di quella parte di struttura.
Sul
divanetto una figura era seduta intenta ad attizzare il fuoco. Si avvicinò a
lui fermandosi a pochi passi di distanza attirando l’attenzione dello
sconosciuto su di sé. La figura misteriosa prima poggiò l’attizzatoio nel
portaoggetti in ferro battuto posizionato accanto al camino e poi si voltò
verso di lui. Il ragazzo spalancò gli occhi per la sorpresa vedendolo
finalmente in volto “Papà?”
L’uomo annui
e fece segno al figlio di avvicinarsi per prendere posto accanto a lui. Kaito, dopo
aver visto il suo riflesso nel grande specchio posizionato sopra il camino, obbedì
frastornato. Aveva diciassette anni ed era lì con suo padre, c’era qualcosa di
sbagliato. Si sedette accanto a lui guardandolo per capire chi fosse realmente
“Come fai ad essere tu?” chiese debolmente “Cioè, come fai ad essere qui con me
ora?”.
Totalmente
impacciato aveva iniziato a gesticolare con le mani incapace di trovare la
giusta domanda. Toichi sorrise poggiando le mani su quelle del figlio ancora a
mezz’aria abbassandole lentamente “Magari è quello che tu vuoi vedere in questo
istante” rispose bonario schioccando le dite e facendo comparire una carta
nella mano, che volse poi in direzione di Kaito. Lui la riconobbe subito, erano
raffigurati in modo molto stilizzato un bambino abbracciato a suo padre, una
delle tante carte disegnate da Kaito per il compleanno di suo padre molti anni
prima. Su ognuna erano raffigurati momenti della loro vita: un abbraccio,
alcuni trucchi magici, scene di vita quotidiana e tanti altri momenti che da
bambino aveva ritenuto importanti. Prese la carta che il padre gli tendeva
stringendola come se fosse un tesoro prezioso, l’intero mazzo lo era, per
questo il giorno del funerale aveva deciso di lasciarlo nella bara.
“Sorpreso di
rivederla?” il ragazzo annui in risposta tornando a guardarlo “Non riesco
ancora a comprendere il perché ci troviamo qui”. In risposta Toichi con un
altro schiocco di dita seguito da un piccolo sbuffo di fumo cambiò il disegno che
era raffigurato sulla carta. Ora l’immagine era cambiata e Kaito ricordava bene
di non aver mai fatto quel disegno ma non era difficile capire chi fossero i
protagonisti, lui che tendeva una rosa ad Aoko sotto la torre dell’orologio
diversi anni prima. Sorrise al ricordo, agli occhi luminosi di quella bambina
alla vista del fiore comparso magicamente dal nulla e la malinconia lo
attanagliò.
“Probabilmente
ora mi considera un mostro da cui stare lontano” biascicò mestamente osservando
il fuoco davanti a sé.
“Se
trattassi quella signorina con il rispetto che merita forse cambierebbe idea”. Kaito scosse la testa incurvando le labbra
in un sorriso ironico “Vorresti dirmi che dopo anni che non ti sogno, lo faccio
ora per sentirmi fare una predica?”
“Sei sveglio ragazzo. Forse sai di aver sbagliato ma non sei capace di ammetterlo a te
stesso e vuoi qualcuno di cui ti fidi in grado di fartelo notare.” Rispose pacato
osservando divertito l’espressione sconcertata del figlio. “Non starai usando
troppi forse?” chiese poggiando la
carta sul divano “E tu non stai cambiando discorso per sfuggire nuovamente da
una realtà a te scomoda? Come hai fatto oggi con Aoko, quando le hai scaricato
addosso tutte le tue frustrazioni sapendo bene che non le meritasse, pur di non
dirle la verità” Terminò la frase poggiando il viso alla mano in attesa che
Kaito metabolizzasse quanto detto.
Dal canto suo il ragazzo si sentiva profondamente in difetto, sapeva che il
padre aveva ragione, e di essere in torto marcio dal momento in cui aveva
aperto bocca con lei. Era stato uno stupido orgoglioso, difficile da digerire.
“Secondo te papà, posso rimediare?” chiese poggiando la testa sulla spalla del
padre in attesa di una risposta positiva “Forse
dovresti provare a chiarire dicendole la verità, forse chiedendole scusa.”
“Ricominci
con i forse?”
“Un mago non
rivela mai i suoi segreti, non ti dirò il modo in cui riuscivo sempre a farmi
perdonare da tua madre, devi capirlo da solo ti ho dato abbastanza
suggerimenti” rispose osservando il ragazzo torcersi nervosamente le mani, a
soli diciassette anni lo aveva coinvolto in qualcosa più grande di lui. Rimpianse
di aver lasciato tutti quegli indizi sulla sua vita alternativa in quella
stanza segreta prima di morire.
“Non sei
obbligato ad essere Kid”
“Io voglio
essere Kid, e sono contento di averti rivisto”
Calò il
silenzio interrotto dallo scoppiettio nel camino, Kaito chiuse gli occhi godendosi
quella sensazione di calore mancatagli per troppi anni.
“Tu sai
perché sto così?” chiese lentamente ad un tratto intontito dal sonno.
“Sì, e non
sai quanto mi dispiace, ma ricorda anche se non sono con te fisicamente non ti
abbandonerò mai” il giovane mago voleva stava per rispondere ma un suono
insistente gli fece perdere la concentrazione.
Aprì gli
occhi ritrovandosi al buio e osservò la sveglia sul comodino segnare le otto di
sera. Si stropicciò gli occhi pensando a quante ore di sonno avesse fatto ma il
suono che aveva sentito poco prima si ripresentò. Addosso avvertiva ancora
quella sensazione di calore e rabbrividì quando scostò le coperte per andare ad
aprire la porta, prima che chiunque fosse lì fuori decidesse di rompergli il
campanello. A tentoni si mosse nella stanza fino al corridoio dove mentre
cercava l’interruttore andò a sbattere contro la libreria. Imprecò avvertendo
il dolore espandersi sul polpaccio, accese la luce e si chinò a raccogliere i
libri sul pavimento, ad attirare il suo sguardo fu una carta disegnata a terra.
Il suo cuore mancò un battito mentre ripercorreva mentalmente quello strano
sogno, era impossibile che quella carta dove lui abbracciava il padre fosse
arrivata lì, era da anni sottoterra. La poggiò sul ripiano scuotendo la testa e
scese le scale, il suono incessante era terminato quando la luce si era accesa
e aprendo la porta rimase sorpreso davanti l’esile figura avvolta in un
cappotto che stringeva fra le mani un piccolo fagotto.
“Aoko?”
chiese sorpreso sbattendo le palpebre e stavolta chiedendo a sé stesso se si trattasse
di un altro sogno, anche se la botta vicino alla libreria non sembrava tanto
irreale. La ragazza rimase ad osservarlo in un certo senso affascinata, adorava
vederlo con i capelli arruffati appena sveglio. Non era quel ragazzo perfetto
che si dava tante arie, appariva più umano soprattutto con gli occhi che non
riuscivano a mal celare la sorpresa di vederla lì. Questa cosa le fece piacere,
almeno non riteneva scontato il fatto che sarebbe andata a trovarlo dopo la
loro ultima quanto poco civile conversazione.
“Posso
entrare?” domandò timidamente combattendo contro la secchezza improvvisa della
sua gola. Kaito ancora sorpreso si scostò per permetterle di entrare
richiudendo la porta dietro di sé e seguendola in cucina. All’interno di quel
fazzoletto colorato vi erano due contenitori ricolmi di cibo “Ho pensato saresti
stato affamato dopo aver saltato il pranzo e dato che era avanzato qualcosa
dalla cena te l’ho portata.” Non era vero ma questo Aoko non lo avrebbe mai
ammesso, inconsciamente aveva cucinato per tre persone.
“Grazie”
balbettò non sapendo bene cosa dire davanti alla gentilezza che gli stava
dimostrando, dopo tutto quello che le aveva detto lei rimaneva sempre la
persona più buona che conoscesse. Aoko inarcò scettica un sopracciglio a quel
tentennamento e alla voce troppo insicura e inusuale per appartenere a lui.
Kaito si
passò nervosamente una mano fra i capelli arruffandoli ancor di più, “Aoko”
iniziò a disagio grattandosi la nuca per combattere quella fastidiosa
sensazione alla bocca dello stomaco, accentuatasi alla vista dell’amica curiosa
con la testa inclinata. Dal canto della ragazza, la sua sorpresa non era stata
tanto vedere il ragazzo incerto su cosa dire, né vederlo agitarsi con le mani, ma
il leggero rossore che aveva increspato le sue guance. Da quando Kaito
arrossiva nel parlarle? Questa era la domanda che più le rimbombava nella
testa.
“Mi
dispiace” continuò lui sentendo il viso andare a fuoco soprattutto notando di
avere la sua piena attenzione “Per tutto quello che ti ho detto oggi e nei giorni
passati, ti chiedo scusa” quell’ultima parolina era stata un’impresa estorcerla
a sé stesso, ma con una spinta di coraggio concluse “Non voglio perderti”.
Chiuse gli
occhi cercando di calmare i battiti e di raffreddare in qualche modo il suo
viso che di sicuro ora faceva invidia ad un pomodoro. Lui si faceva perdonare
con una rosa, un piccolo pensiero, mai a parole. Sentì i passi sul parquet
sempre più vicini e riaperti gli occhi si trovò il viso di Aoko a pochi
centimetri dal suo intenta a dargli un bacio sulla guancia, la stessa su cui
ore prima aveva gentilmente poggiato
la mano. Kaito avvampò se possibile ancor di più, non aspettandosi un perdono
così immediato. “Queste invece sono le mie scuse e una degna risposta alle tue”.
Un tenue rossore aveva imporporato anche le guance di lei, non aveva saputo
resistere a quell’altra faccia caratteriale del ragazzo, troppo indifeso,
troppo dolce, troppo imbarazzato. Aveva apprezzato tantissimo lo sforzo,
riconosceva che non erano le sue solite scuse di circostanza ma per una volta
aveva messo da parte il suo orgoglio. Rimasero a lungo a fissarsi imbarazzati mentre
il silenzio veniva scandito dal ticchettio dell’orologio.
“Non ti
domanderò altre cento volte cosa hai, mi sono resa conto di essere stata
petulante ma non riesco a non volerti stare accanto quando sei così giù di
morale.”
Kaito
distolse lo sguardo rivolgendolo al piccolo mobiletto su cui erano poggiate
delle fotografie, la ragazza fece altrettanto e un sorriso triste si presentò
sul suo volto. Le foto in questione raffiguravano Toichi in vari spettacoli e
in quella centrale rideva osservando il piccolo Kaito di appena quattro anni con
le manine strette attorno ad un cilindro molto più grande della sua testa.
“Ti manca
tuo padre?” chiese prendendo la sua mano e accarezzandola dolcemente. Sapeva
che parlare di lui era una sorta di argomento tabù, l’amico non tirava mai
fuori questo discorso se non per elogiare le sue doti magiche.
“Sì”
sussurrò flebilmente in risposta, sapeva che Aoko ignorava gran parte dei
particolari nascosti dietro la morte del padre e la responsabilità calata
invece sulle sue spalle nell’aver appreso la verità ma al contempo, data la sua
simile situazione familiare, era certo l’avrebbe capito perfettamente. L’unica
differenza tra loro infatti era che lei parlasse della sua malinconia.
Aoko
rafforzò la presa sulla mano non sapendo bene cosa dire torturandosi nervosamente
le labbra “Sono sicura che non vorrebbe vederti così triste mentre ti ricordi
di lui, ma è altrettanto normale che tu ci stia male. Gli volevi bene”
“Fa male
passare difronte al suo studio e vederlo vuoto, sapendo bene che rimarrà sempre
così impolverato” rispose sommessamente tenendo lo sguardo fisso sulle foto.
La prima
maschera era crollata e lo sapevano entrambi.
“Cos’altro
ti fa stare male pensando a lui?” chiese lei dolcemente prendendo anche l’altra
mano e stringendogliele insieme.
“È morto
durante uno dei suoi spettacoli, morto per mano di quella magia che lui tanto
adorava” rispose nervoso decidendo di tornare ad osservare la ragazza, aveva
detto una mezza verità, non poteva dirle che era arrabbiato perché
un’organizzazione di visionari aveva deciso di ucciderlo.
Aoko soppesò
bene le parole prima di rispondergli “Pensala in un’altra ottica, ha lasciato
questo mondo facendo una cosa che amava”
Un’altra
maschera era caduta, non esisteva più l’orgoglioso ed egocentrico ragazzo, al
suo posto c’era quello che rappresentava la parte più fragile.
Gli occhi
azzurri di Kaito divennero più lucidi mentre fra una pausa e un’altra diceva
“Mi manca tutto di lui, il suo profumo, la sua magia, il suo modo criptico di
parlare, i suoi abbracci. Spesso mi chiedo che rapporto avremmo avuto se lui
fosse ancora vivo, però è una cosa che non saprò mai.” Disse tutto d’un fiato
avvertendo un leggero pizzicorino agli angoli degli occhi. Deglutì prima di
continuare “Quando preparo qualche nuovo trucco magico, parlo e parlo ad alta
voce convinto di ricevere una risposta da lui” la sua voce tremolò sull’ultima
frase “E avere il silenzio come risposta è distruttivo”.
Kaito
sospirò sconfitto, si sentiva svuotato e troppo esposto.
Aoko lasciò
la presa sulle sue mani e fece una cosa che da tanto tempo mancava tra loro, lo
circondò con le braccia stringendolo a sé, venendo prontamente ricambiata.
Kaito affondò il viso nell’incavo fra la spalla e il collo della ragazza, quasi
a volersi nascondere. Nell’avvertire una scia umida sulla sua pelle, la ragazza
rafforzò la presa senza dire nulla. Erano anni che sperava decidesse di
sfogarsi, lo ammirava per aver resistito così tanto tempo, ma voleva tirargli
una botta in testa per fargli capire l’enorme sciocchezza di tale resistenza.
Il pianto silenzioso ben prestò mutò in uno più disperato, i singhiozzi presero
il sopravvento e più lui nascondeva il viso più aumentavano. Aoko continuò a
stringerlo e ad accarezzargli la schiena finché non si calmò del tutto. Solo in
quel momento capì quanto fosse stata cieca in quei giorni, il calendario sulla
parete riportava quello stesso giorno cerchiato in rosso con la scritta “Buon
compleanno papà”
Lentamente i
due sciolsero l’abbraccio sotto lo sguardo dolce di lei, lui cercava
scompostamente di asciugarsi il viso arrossato evitando accuratamente di
guardarla negli occhi. Aoko andò a prendere un fazzoletto che gentilmente gli
porse senza dire una parola, per lei vedere quei due occhi così rossi e gonfi
era un tuffo al cuore.
“Va meglio?”
chiese dopo un po' vedendolo più rilassato, lui in risposta annui sentendosi in
imbarazzo per tutta la situazione non riuscendo a proferire parola.
Secondo Aoko
il desiderio del suo migliore amico in quel momento era prendere una pala
scavare una buca e sotterrarci la faccia, non sapeva che in realtà era proprio
quello che il ragazzo stava pensando, ma andando in suo soccorso lo abbracciò
nuovamente.
“Bianco”
sussurrò dopo poco lui mandando in confusione la ragazza “Cosa significa bianco?”
domandò mentre erano ancora abbracciati.
“È il colore
del tuo reggiseno” rispose Kaito picchiettando con un dito la spalla scoperta
dalla maglietta sgualcita.
Aoko avvampò
e tirò un pugno in testa al ragazzo “Sei il solito pervertito!” urlò stringendo
le braccia al petto mentre lui se la rideva. Stavolta non gli serviva nemmeno
la rosa per farsi perdonare, a lei bastava quella risata cristallina più
spontanea del solito.
Note dell’autrice
Salve a
tutti! *^* Non sono un’assidua frequentatrice di questo fandom, almeno non come
scrittrice e dopo la piccola raccolta di drabble sono
tornata con una one shot.
Kaito è il
mio personaggio preferito proprio per il suo caratterino ma sono convinta che
ogni persona abbia due facce, non esiste nessuno che vive sempre felice senza
momenti di sconforto e il grande ladro non poteva fare eccezioni. La sua storia
personale mi ha affascinato fin da subito e ho voluto dar spazio anche al
rapporto padre/figlio oltre che alla particolare amicizia con Aoko.
Spero la
storia sia stata di vostro gradimento e avrei piacere di ricevere un vostro
parere sia negativo che positivo, anche in una piccola frase!:3
Vi auguro
buone feste e buona Pasqua,
Aky <3
Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Gōshō Aoyama, questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.