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Days
go by
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I
pigri raggi del sole filtrano attraverso gli spiragli
della tapparella che non si è premurata di chiudere, ieri
sera. Soffoca un
mugugno contrariato nella federa del cuscino e si rotola tra le coperte
per
dare la schiena alla fastidiosa fonte di luce. Dannata primavera, ogni
giorno l’alba
arriva sempre più presto e non le concede più di
quattro ore di sonno filate. Che
palle, già sente la testa pulsare per la stanchezza della
pessima giornata che
la sta aspettando: il solo pensiero riesce a drenare tutta la sua
voglia di
alzarsi dal letto. Forse l’universo non l’ha presa
molto in simpatia, perché fa
appena tempo a rifletterci su, che il fischio penetrante della sveglia
le
trapana i timpani.
Isa
si preme il cuscino sulle orecchie e di malavoglia
allunga un braccio per far tacere il dispositivo, senza però
trovarlo. Cazzo,
si è dimenticata che l’ha spostato dal comodino.
Un groviglio di capelli neri
si alza dalle coperte del giaciglio e le mani stropicciano gli occhi
marroni
ancora impastati dal sonno, mentre le labbra si spalancano in uno
sbadiglio svogliato.
Traballante, si alza dal materasso e incespica fino alla mensola su cui
sta
trillando l’aggeggio infernale: più passa il tempo
e più il volume aumenta, fa
un casino assurdo. L’espressione della ragazza è
imbronciata quando il suo
palmo si schianta con poca grazia sulla plastica a far cessare il
fastidioso
rumore.
Il
display segna le 6:50 in grandi caratteri arancioni e
squadrati; ha quaranta minuti di tempo per rendersi presentabile, fare
colazione e riordinare quella sottospecie di vortice del caos
primordiale che è
il suo minuscolo appartamento. Quel giorno le sembra ancora
più piccolo. Opprimente.
Isa è infastidita da questa sensazione; forse si
è alzata con il piede
sbagliato e vede le cose ancora più in negativo di quanto
non lo siano di già. Eppure
dovrebbe esserci abituata, alla negatività. È da
una vita che ha accettato il
vuoto della sua esistenza.
Sono
le 6:53. Ha perso quasi cinque minuti incantata ad
osservare il nulla cosmico, persa nelle sue riflessioni. Sa che
è lenta come
una lumaca, quindi deve andare a prepararsi subito: vuole evitare
l’ora di
punta in metropolitana e non ci tiene nemmeno a ricevere
un’altra ramanzina dal
suo datore di lavoro, ha bisogno del suo magro stipendio fino
all’ultimo
centesimo. E poi l’impiego la aiuta a mantenere la mente
occupata, scaccia i
pensieri e fa in modo che le lunghe ore della giornata scivolino via in
un battito
di ciglia, quasi sempre riesce a tenere via la noia. Una semplice
segretaria in
un ufficio di pubbliche relazioni non era esattamente quello a cui
aspirava
quando era uscita dall’università, ma è
difficile puntare in alto se prima non
ha una solida base economica sotto i piedi.
Con
una mano cerca di districare i nodi delle ciocche
corvine, mentre si dirige in bagno e si osserva allo specchio: le
occhiaie le
segnano il volto pallido, l’espressione esausta; Isa non ne
può più. Ieri sera,
finché cenava con degli avanzi riscaldati, da sola al
piccolo tavolo che occupa
la microscopica cucina, era improvvisamente scoppiata a piangere. Ma
che cosa
ne sta facendo della sua vita? Sta andando avanti per inerzia e non lo
sa
nemmeno lei perché continui a farlo. Non ha molto per
riempire la sua squallida
vita, si sente terribilmente vuota e questa consapevolezza acuisce
ancora di
più il suo malessere. Ha poco meno di trent’anni,
eppure le sembra di averne
duecento; è schiacciata da una cappa che preme sulle sue
spalle e aumenta ogni
giorno che passa.
La
ragazza entra in doccia e si lava per bene, poi si
asciuga, si pettina e si veste con gesti quasi meccanici. Non ha
nemmeno
bisogno di vederli, i mobili e i vari ostacoli sul suo percorso,
perché tanto
sa che sono lì, congelati in una staticità che la
rispecchia appieno. Sgranocchia
due biscotti integrali senza essere davvero affamata, mentre aspetta
che l’acqua
per il tè inizi a bollire: osserva l’impasto secco
e friabile delle gallette e
d’improvviso ha un’intuizione.
Quell’impasto potrebbe essere benissimo la sua
vita. Fragile, arida, insipida. Che senso ha, ammesso che ce ne sia
davvero
uno? Isa si è spesso interrogata al riguardo, senza mai
raggiunger una
conclusione effettiva. È tutto un ripetersi di domande e
ipotesi, le sembra di
girare in tondo come un cane quando si rincorre la coda. Ha
l’illusione di
muoversi, di andare avanti, ma in realtà è ferma
sempre nello stesso punto. Isa
vorrebbe tanto scoprirlo, se magari lei è la sola a sentirsi
così da schifo o
se esiste qualcun altro che, come lei, non riesce a trovare delle
risposte.
Afferra
le scatolette di tè che tiene sulla prima mensola
della credenza vicino alla cappa e si mordicchia l’interno
della guancia finché
le pupille scure osservano le bustine di vari colori, nella speranza
che arrivi
un’improvvisa illuminazione a suggerirle il tè
ideale per riparare tutte le
fratture della sua vita. Alla fine, però, Isa è
costretta a sospirare affranta
e sceglie una semplice busta di tisana alla malva, il suo infuso
preferito. Si sente
un po’ scema ad averci quasi sperato,
nell’illuminazione. Si riprende
mentalmente perché per lei il divino non esiste, e nel
contempo immerge il
filtro nel pentolino che ha appena tolto dal fuoco.
Controlla
l’ora segnata sullo schermo dello smartphone e
schiocca la lingua, infastidita. Anche quel giorno
riordinerà casa la mattina
successiva; è stata talmente lenta che ha sì e no
tempo sufficiente per
tracannare la tisana prima di scappare via. La mattina e la sera sono
le due
parti della giornata che la ragazza odia di più,
perché è da sola, nel silenzio
più totale ed è troppo facile, per i pensieri,
ricominciare a fare un casino
infernale nella sua testa. È sempre stata una che pensa
troppo e, con il suo
malessere interiore, questa caratteristica si è sviluppata
sempre di più fino a
diventare odiosa agli occhi di Isa stessa. È un qualcosa che
non riesce ad
evitare se non si tiene occupata con qualche lavoretto, più
si impone di
zittirlo e più questo diventa forte. Cazzo se le
dà fastidio.
Rovista
nel cassetto del mobile nell’ingresso alla ricerca
dei cerotti contro le vesciche, mugugnando un paio di parolacce
perché più
cerca di afferrarli e più questi scivolano via. Dopo cinque
tentativi a vuoto –
che contribuiscono pure a peggiorarle l’umore –
finalmente riesce a prendere
quei benedetti cerotti e se li applica sulla parte posteriore delle
caviglie,
poi si infila le scarpe e le allaccia come un automa. È
sempre la stessa
routine ripetitiva, ormai non ci fa nemmeno più attenzione,
esegue i movimenti
a memoria. Fa e basta, il cervello da un’altra parte a
lottare contro quelle
riflessioni che vorrebbe non ci fossero. Perché ogni cavolo
di giornata deve
fermarsi a pensare a quanto le faccia schifo questa vita vuota,
così monotona e
soffocante? Perché è come se stesse vivendo ogni
giorno sempre lo stesso
momento?
Isa
torna in cucina e versa la tisana alla malva nella prima
tazza che trova e beve ignorando la temperatura rovente del liquido che
le
scorre lungo la gola. In realtà, ad Isa non dà
fastidio la sensazione di bruciore,
anzi, l’infuso bollente ha come il potere di allentare la
sensazione opprimente
che la accompagna da chissà quanto. Tuttavia non ha molto
tempo per godersi quel
senso di sollievo, l’orologio sembra odiarla proprio: la
ragazza deve mollare –
anche se è più corretto dire
“lanciare” – la
tazza nel lavandino e correre poi a
prendere la borsa e la giacca per uscire. E le chiavi, cazzo, quasi se
le
dimentica!
Con
un gran sospiro, si chiude il portone d’ingresso alle
spalle e dal pianerottolo si avvia verso la scalinata del palazzo in
cui abita.
Si impone di non pensare alla grigia routine che sta vivendo e fa del
suo
meglio per concentrarsi sul mondo attorno a lei piuttosto che su se
stessa, mentre
una nuova replica della giornata precedente ha inizio.
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Hola gente
Non è
colpa mia se ho scritto questa cosa, lo giuro, è
che ripassare Pirandello e Schopy finché studiavo anche
Montale, oltre a fornirmi un concentrato di allegria formato famiglia,
mi ha dato l'ispirazione e quindi eccomi qui
Ho ripreso alcune
"domande filosofiche" (?) su cui anche io mi ritrovo a riflettere e ho
esagerato un po' il sentimento che si prova: Isa si interroga sul senso
della vita anche se non vorrebbe, perché non riesce a
trovare un senso alla sua vita vuota e opprimente e il non trovare
risposte le causa questo malessere interiore.
Spero possa piacere
e ringrazio chi recensità e anche chi leggerà e
basta
Alla prossima gente
Adios
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