Family.

di TornInTwo
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Ben alzò lo sguardo, stanco, verso il soffitto.
La sua chitarra, al suo fianco, era scordata. Non aveva voglia di accordarla, non in quel momento, non ora.
Si passò le mani sui capelli corti con fare nervoso.
Con uno scatto uscì dallo studio, ignorando il dolore ai muscoli e il mal di testa che gli impediva di concentrarsi come voleva.
L'aria fresca della sera lo investì, facendogli tirare un leggero sospiro di sollievo.

«Hey amico, tutto okay?»
Si voltò, riconoscendo la voce del suo amico Keith, nonchè chitarrista della sua nuova formazione dei Breaking Benjamin, di cui lui era il leader.

Annuì, passandosi una mano in viso. No, non era vero. Non stava bene.
Dentro si sentiva uno schifo.

«Non sai mentire.» continuò Keith mettendosi accanto a Ben. «Dovresti dormire di più.»

Rimase in silenzio. Non disse nulla.
Ma pensava alla sua vita, agli anni appena passati, alla causa per cui aveva lottato.
Il tutto con lo stress e il dolore fisico, le notti e i giorni interi passati a scrivere testi, note, melodie che avrebbero fatto parte del nuovo (capo)lavoro dei Breaking Benjamin.

Per certi versi non realizzava ancora come fosse riuscito a uscire da quel "calvario".
Eppure, c'era riuscito.

E ora stava lì, appoggiato al muro, mentre si osservava le mani, e Keith che lo osservava a sua volta.

«Cosa ti preoccupa?» chiese Keith, interrompendo il silenzio.

«Nulla, è solo che.. non..»

«Non realizzi.» Keith concluse la frase al suo posto.

Seguì altro silenzio.
Gli venne in mente una delle sue canzoni, Breaking The Silence.

«So di aver vinto questa.. battaglia, lo so bene.. », iniziò Ben. Poi, con uno scatto repentino si staccò dal muro, come se si fosse scottato. «Ma manca qualcosa. Mi manca qualcosa. Mi sento come se avessi perso le energie, come se fossi.. vuoto..»

Finì la frase con un nodo alla gola, quasi come se lo stesse strozzando.
Sentiva gli occhi leggermente più umidi, e il respiro era corto.
E si sentiva debole. Vuoto.

Per l'ennesima volta nella sua vita, si era perso. Non capiva i suoi pensieri, il suo cuore, ciò che aveva attorno.
Cosa doveva fare? Chi doveva ascoltare?
Tante voci. Tanta confusione.

Si ritrovò improvvisamente stretto tra due braccia.
Non si era reso conto di avere le mani nel viso, con delle lacrime che avevano iniziato a bagnare il suo volto stanco.
Ma Keith lo stringeva, con tutta la forza che aveva in corpo, come per dargli sostegno, una spalla su cui appoggiarsi.

E lì Ben si sfogò, buttò via il peso sulle spalle, le lacrime via dagli occhi, ricacciate indietro tante volte, stringendo a sua volta l'amico.

«Ben?» lo chiamò Keith, appena non sentì più i singhiozzi.

«Mh?»

«Io ci sono. Gli altri ci sono. Hai una famiglia. Abbiamo una famiglia. Siamo una famiglia. Non tenere nulla dentro. Noi ci siamo.»

Ben sorrise. Si asciugò le guance umide, e dopo un cenno d'intesa con l'amico, tornarono dentro lo studio, mentre Ben aveva un peso in meno dentro di se.

Lì, gli vennero incontro gli altri: Aaron, Shaun e Jasen.
Tutti preoccupati, lo abbracciarono, con qualche pacca leggera di conforto sulla spalla.
Perchè, chissà come, avevano già capito.

Sospirò, alleggerito. Era finalmente più sereno.

Never again, never again, time will not take the life from me.
Mai più, mai più, il tempo non prenderà la vita da me.»)
- Never Again; Breaking Benjamin





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