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NIGHTMARE
NERO.
NERO
DELLE PARETI. NERO DEL PAVIMENTO.
NERO
DEL SOFFITTO.
NERO
DEL CIELO ATTRAVERSO LE SBARRE DELLE DUE FINESTRE A
GRATE.
Sto
seduto in un angolo,la testa china sul petto.
Il
duro e freddo cemento che riveste la cella graffia la mia schiena
scoperta.
Tengo
gli occhi chiusi.
Il
mio flebile respiro esce come vapore dalla mia bocca.
La
poca aria che c'è in questa prigione è gelida.
Un
fremito mi scuote improvvisamente le spalle.
FREDDO.
Con
un colpo secco straccio via un brandello di tessuto rimastomi attorno
ad un
braccio:
il resto di una manica.
Non
serve più a niente.
L'OSCURITÀ
MI AVVOLGE TOTALMENTE, I QUATTRO MURI ATTORNO
A
ME SEMBRANO INESISTENTI.
MA
IO LI SENTO.
Apro
gli occhi di scatto.
FREDDI.
MORTALI. COME IL GHIACCIO.
MI
SI STRINGONO ATTORNO.
MI
SCHIACCIANO. MI SOFFOCANO.
Serro
la mascella.
Cieco,
con un palmo tasto il pavimento sotto si me: altro cemento, altra
polvere.
Altri
frammenti dei miei vestiti laceri.
Frammenti
di calce e schegge di legno.
Muovendomi
con lentezza, debolmente riesco a strisciare lungo la parete più
vicina
a me.
La
pelle brucia al contatto con la dura superficie ruvida.
LA
SENTO INCIDERSI, LACERARSI IN PICCOLI TAGLI E ABRASIONI.
Non
mi importa. Vado avanti lo stesso.
AD
UN TRATTO UN LIQUIDO CALDO COMINCIA A SCENDERMI LUNGO
UNA
SPALLA.
SANGUE.
Stringo
i denti. IL DOLORE è ACUTISSIMO. DI MILLE AGHI INFUOCATI
CONFICCATI
NELLA CARNE E CHE MI MARTORIANO.
Porto
una mano alla ferita e quasi mi sfugge un gemito.
L'ARIA
FREDDA DELLA NOTTE INDUGIA SULLA PELLE VIVA,
TRAFIGGENDOLA
LENTAMENTE COME UNA LAMA IN UNA PIAGA.
BATTO
FORTE UN PUGNO SUL MURO, MENTRE UN GRIDO DI RABBIA
ESPLODE
DALLE MIE LABBRA, LA VOCE FALSATA DALL'IMPETO
D'IRA.
Una
nuvola di polvere che nemmeno posso vedere mi si posa sul volto.
LASCIO
SCIVOLARE IMPOTENTI LE NOCCHE ORA INSANGUINATE
SULLA
PARETE.
IL
BRACCIO MI RICADE INERTE LUNGO UN FIANCO.
SENTO
TRACCIARSI DI FRONTE A ME UNA LUNGA SCIA ROSSA.
L'ODORE
METALLICO DEL SANGUE MI RIEMPIE LE NARICI.
NON
LO POSSO VEDERE MA è COME SE IL SEGNO FOSSE Lì, DI
FRONTE
A
ME, ILLUMINATO DA UNA VIVIDA LUCE:
UNA
SCIA ROSSA.
ROSSA
DEL MIO SANGUE.
Resto
immobile per qualche secondo.
LE
MEMBRA GEMONO, IL MIO CORPO INDOLENZITO GRIDA, GRIDA
CON
OGNI FIBRA DEL SUO ESSERE.
SENTO
IL BUIO OPPRIMERMI, STRINGERMI LA GOLA.
È
COME SE QUALCUNO MI STESSE SOFFOCANDO.
MI
SCRICCHIOLANO RUMOROSAMENTE LE ROTULE E TUTTE LE OSSA
DELLE
GAMBE QUANDO FINALMENTE MI ALZO IN PIEDI.
Il
soffitto è troppo basso.
MI
SENTO SCHIACCIARE.
La
testa mi gira come tutte le altre volte che ho provato a stare eretto
durante
la
mia prigionia.
LE
QUATTRO MURA INVISIBILI SI STRINGONO.
Respiro
affannosamente.
PRIGIONE.
CELLA.
Barcollo,
a fatica riesco a muovere qualche passo.
PRIGIONE.
SONO
IN UNA PRIGIONE.
Avanzo
a tentoni, le piante dei miei piedi che si trascinano sul pavimento
freddo.
All'improvviso,
le mie dita, tese nell'oscurità, incontrano un'altra
superficie.
È
LISCIA, Più DEL CEMENTO DELLE PARETI.
La
seguo con i palmi.
Continua,
sia a destra che a sinistra.
CONTINUA,
PER UNA CERTA LUNGHEZZA, ANCHE VERSO L'ALTO.
E
VERSO IL BASSO.
DOVE
SI INTERROMPE, AI LATI, IL MURO.
Le
mie mani esitano, tremanti su di essa.
Riconosco
il materiale. Legno.
L'HO
Già VISTO QUEL LEGNO ALLA POCA LUCE DEL SOLE CHE QUI
PENETRA
DURANTE IL GIORNO.
Da
quanto tempo sono qui rinchiuso?
Non
ne ho idea.
Il
buio, l'ambiente chiuso ed angusto mi hanno fatto perdere il senso
del tempo.
RIESCO
A DISTINGUERE ORMAI SOLO IL GIORNO DALLA NOTTE.
E
OGNI NOTTE MI PERDO IN QUESTA CELLA MINUSCOLA CHE MI
TENDE
LA SUA TRAPPOLA FOLLE FATTA DI OSCURITÀ E PAURA.
Muovendo
ancora la mano, sotto i polpastrelli, percepisco dei solchi.
QUATTRO.
UNO
PER OGNI DITO, ECCETTO IL POLLICE. NEL LEGNO.
Li
seguo.
NON
SONO SOLCHI.
LI
SEGUO PER CIRCA TRENTA CENTIMETRI VERSO IL BASSO.
Abbasso
il capo, mentre con l'altro palmo, quello destro, tasto la superficie
che
ho
di fronte, anche sull'altro lato.
ANCORA
LE MIE DITA AFFONDANO AD UN TRATTO IN ALTRE
QUATTRO
INCISIONI.
Chiudo
gli occhi.
SONO
GRAFFI.
GRAFFI
DI UNA CREATURA RESA FOLLE DALLA PRIGIONIA.
DI
UNA CREATURA BESTIALE.
DI
UNA CREATURA CHE HA AVUTO PAURA.
Un
brivido mi corre lungo la schiena.
HO
DAVANTI LA PORTA.
LA
PORTA DI QUESTA CELLA OSCURA, L'UNICA VIA D'USCITA.
E
NON POSSO USCIRE.
“ TOC
“ “ TOC”
Alzo
di scatto la testa.
Piccole
gocce d'acqua cadono ad intervalli regolari dal piccolo rubinetto
nascosto
nel
buio in un angolo.
Non
lo vedo ma so che è quella la fonte di quel suono.
CADONO
E RIMBALZANO SUL FONDO METALLICO DEL PICCOLO
RECIPIENTE
CHE VI STA SOTTO.
“ TOC
“ “ TOC “
IL
SUONO CHE MI RIMBOMBA NELLE ORECCHIE è COME UN
FRAGORE
INSOPPORTABILE.
INCESSANTEMENTE
LE GOCCE SCANDISCONO IL TEMPO.
I
secondi si trascinano.
“ TOC
“ “ TOC “
NON
POSSO USCIRE.
Entrambi
i miei pugni calano con uno schianto sul legno.
SONO
IN TRAPPOLA.
Lancio
un'occhiata alle piccole finestre a sbarre.
IN
TRAPPOLA.
Colpisco
la porta una seconda volta.
Una
terza e poi un'altra.
Un'altra
ancora.
Incassa
i miei colpi e non cede.
COME
TUTTE LE VOLTE PRECEDENTI.
SFOGO
LA MIA IRA, IL SILENZIO DELLA BUIA PRIGIONE SI RIEMPIE
DELLE
MIE GRIDA DI FURORE.
URLO.
FORTE.
A
LUNGO.
TANTO
NON C'è NESSUNO Lì AD ASCOLTARMI.
LE
TEMPIE MI PULSANO MENTRE LA MIA RABBIA REPRESSA
SQUARCIA
LA NOTTE IN DELLE URLA DISUMANE.
Con
tutto il peso del mio corpo su di una spalla mi abbatto
selvaggiamente sullo
spesso
e robusto legno.
UNA.
DUE. TRE.
QUATTRO
VOLTE.
SMETTO
CHE ORMAI LE OSSA NON ME LE SENTO Più.
Crollo
in ginocchio sul duro cemento.
Altra
polvere si solleva.
Serro
le palpebre ed i pugni.
NON
USCIRÒ MAI Più DI QUI.
“ TOC
“ “ TOC “
L'acqua
continua a cadere.
Il
mio petto si solleva al ritmo del mio respiro affannoso, mentre una
lacrima,
lentamente,
mi scivola su di una guancia.
HO
PAURA.
PAURA
DI DOVER RIMANERE NEL BUIO DI QUESTA PRIGIONE.
“ TOC
“ “ TOC “
Davanti
alla porta, chiuso in quella buia piccola cella, piango in silenzio,
sfogo
tutta
la mia frustrazione.
Piango
e le mie lacrime bagnano un pavimento che nemmeno posso vedere.
HO
PAURA.
PAURA
DI NON USCIRE MAI PIÙ.
PAURA
DEL BUIO.
PAURA
CHE LA CREATURA SI LIBERI ANCORA.
PAURA
CHE LA CREATURA VENGA TRAVOLTA DA UN TERRORE FOLLE
DA
NON RIUSCIRE A CONTROLLARLA.
È
UN INCUBO.
Ciao
ciao a tutti da Moon_Glade!
Vi
devo confessare che questo racconto non è recentissimo: è
più o meno di un anno fa
e
lo scrissi dp una notte piuttosto tormentata e a seguito di un incubo
spaventoso...
nn
avevo avuto il coraggio prima di metterlo su efp perchè nn
pensavo potesse i
interessare
a nessuno di un incubo che probabilmente faceva paura solamente a chi
lo
aveva
vissuto in prima persona.... ^////^
poi
qualche tempo fa ho letto una fict (grazie per avermi aiutata a
credere nella mia
storia
Windrivenrain!) che mi ha dato la spinta necessaria a pubblicare la
mia.
Grazie
in anticipo a tutti quelli che leggeranno e recensiranno.
Grazie
alla mia (ormai vinta) paura del buio.
“..
man and wolf forever to the end ..”
P.S.:a
coloro ke leggeranno chiedo 1 favore, di rispondere a questa domanda:
un po' di
tempo
fa, una tipa, una ke conosco, dopo aver letto 1 mio racconto mi
disse ke avrei
fatto
meglio a non scrivere più cose come quelle ke vi ho scritto o
all'inizio o alla fine
delle
mie fict, tipo introduzione o che so io, dicendo ke alla lunga sarei
diventata noiosa
e
spacca-scatole...
voi
che ne pensate? Fatemelo sapere.
Grazie
:)
e
mi dispiace di nn aver aggiornato prima ma ho avuto dei problemi
tecnici con il mio