"Alain dice che voi siete il miglior comandante che lui abbia mai
avuto..."
Le parole di Diane riecheggiavano nella mente di Oscar.
Evidentemente erano già remoti i tempi delle risse in
armeria, gli ammutinamenti, le aggressioni fisiche e verbali che i suoi
commilitoni le avevano riservato quotidianamente.
Agli occhi di quei “soldati rudi e violenti" (come le
ricordava allora il caro ex collega Girodelle, il giorno che lei
salutò la Regina per l’ultima volta) che ora lei
stava per conoscere meglio...
...agli occhi di quegli umili e spontanei omaccioni, lei non era
più un perquisitore freddo e distaccato.
Era passato quasi un anno da allora, ma lei percepiva di essere entrata
ormai nella loro vita: con loro condivideva la fame nelle strade, la
sporcizia e la povertà delle case, la lotta per la
sopravvivenza, e la morte con gli occhi.
Iniziava a sentirsi una di loro.
<<...caro Victor… quanto ti sei
sbagliato…>> pensava lei.
Aveva prestato un servizio ventennale con Girodelle e i suoi damerini
di celeste uniforme, per la Regina, per la corte...
Aveva osato pure convincerla a tornare indietro, il caro Girodelle, con
la scusa di una patetica proposta di nozze in tacito accordo con suo
padre il Generale.
Tornare indietro…e se mai avesse accettato, come sarebbe
stato?
Oscar se lo chiedeva solo adesso. In verità, di fronte a
quella sala gremita di buoni partiti, tutti nobili della più
alta aristocrazia, le era venuto così spontaneo declinare la
propria partecipazione senza chiedersi nulla sulle ulteriori
conseguenze, che in una fragorosa risata di fronte a Bouillé
ebbe il coraggio di spezzare l’atmosfera con un sarcasmo
senza precedenti:
“…questo ballo è davvero strano, non
c’è una donna con cui danzare!”
L’ultimo vero ballo che si concesse con un cavaliere, era
quello per il Conte di Fersen...
Osservando il cielo sereno alla finestra, Oscar realizzava di non
essersi dimessa unicamente a causa sua.
Il rifiuto di Fersen, la scintilla che fece traboccare il vaso, la
voglia di evadere da quella Reggia sempre più soffocante
ogni qualvolta che accidentalmente incrociasse lui.
Ma c’era solo frustrazione sentimentale? C'erano tante cose.
Un lavoro che non le piaceva più.
E non perché sottopagato, ma perché sentiva di
non meritarlo più. O forse di meritare di più.
Essere più che una semplice guardia del corpo, un
supervisore con attendente al seguito che le facesse da balia,
perché nonostante la sua posizione brillante lei restava,
sempre e comunque, una donna.
Una donna che sebbene nella sua lunga carriera avesse visto uomini che
non volevano farsi comandare da nessuno, alla fine questi finivano
sempre per ubbidirle. Per compassione o per rispetto?
Un soldato pagato da un sicario per ucciderla, pagato per la fame.
Uno di quelli che non aveva voluto obbedire ai suoi ordini, e aveva a
sua volta pagato con la vita.
“Quanta fame avrei visto, se fossi rimasta, a Versailles?
Quanta fame avrà visto Gérard, per convincersi di
vendere un fucile?”
Armi, uniformi, munizioni nelle mani del contrabbando per un quattrino
in più da portare a casa...
Dietro ogni “rude e violento” c'era un lungo
apprendistato nell'arte di arrangiarsi.
Una cosa era certa: dopo aver salutato Victor, le era cambiata la vita.
Non sapeva se in meglio o peggio... ma decisamente meglio del non
provarci affatto.
E continuava a pensare Oscar, affacciata alla finestra dell'ufficio,
all'ombra di quel primo sole caldo di primavera, di un ordinario sabato
pomeriggio.
Diane era lì, in cortile, a portare il solito fagotto di
panni puliti al fratello.
In caserma era giunta notizia che la giovane fanciulla si sarebbe
sposata presto, lasciando suo fratello Alain tra la preoccupazione e la
contemporanea gioia per lei.
Alain, grande capo di camerata, che in quella stessa piazza
d’armi dove ora stava coccolando la sorella aveva pochi giorni prima
trascinato Oscar sotto il diluvio, sfidandola forse al duello
più difficile della sua vita.
Un duello vinto a metà: Alain era stato battuto.
Il restante duello era quello che ancora combatteva con sé
stessa, e con quella metà del suo ego non ancora guarita:
continuare a vivere come un uomo, pur essendo consapevole di non
esserlo?
Essere donna ma educata come uomo, con accanto l'unico vero uomo che
vede ogni giorno in lei soltanto la donna, e che l’ama per
questo.
"...non potrai mai cancellare di essere nata donna..." le aveva
confessato in un pianto frustrato il suo André con la forza
della disperazione in quella memorabile sera, nel letto della sua
camera.
Ad Oscar le sembrava ancora di sentire il rumore di quello strappo.
Scacciò subito quel brutto ricordo dalla mente.
Il suo André, la sua ombra.
L'ombra che lei voleva fuggire, perché le aveva detto in
faccia la verità, dopo quello strappo.
Era sempre stata in un certo senso l'ombra di un angelo custode:
André era ancora lì, nonostante la
cecità, per volerla proteggere, tra i turni spossanti e le
situazioni a dir poco spiacevoli nelle camerate.
"Una rosa non potrà mai essere un lillà... non
potrai mai cancellare di essere nata donna..."
Donna perché entrava in quelle camerate camminando
impassibile in mezzo alla sua soldataglia sporca e sudata. Donna
perché magari lo sembrava ancor di più, in mezzo
a loro, agli occhi del suo fedele amico.
Si chiedeva se era ancora una donna agli occhi di André, si
chiedeva se questo sguardo che lei osservava ancora riflesso come
inebetita al vetro della sua finestra sarebbe mai apparso ammaliante e
sensuale, come quelli delle consuete frequentazioni femminili dei suoi
compagni d’armi.
Ogni tanto lo vedeva da lontano, il suo André, uscire coi
compagni nelle serate libere.
E se da una parte era contenta per lui, per la consapevolezza che
finalmente fosse riuscito a farsi degli amici, dall'altra aveva sempre
più paura di perderlo, e stavolta per sempre.
Le si stringeva il cuore in una morsa opprimente al solo pensiero.
Per la prima volta Oscar iniziava a far conoscenza di uno scomodo
compagno: la gelosia.
“…non è ancora troppo tardi, fermati e
diventa una donna…” le urlava il suo
André, un ricordo di antica adolescenza.
Diventare donna o trasferirsi nella Guardia per rinunciare alla propria
femminilità?
La femminilità forse, non l'aveva mai abbandonata.
Oscar stava ancora specchiandosi dal vetro della sua finestra,
scrutando tra l’imbarazzo quel riflesso vivo.
Vedeva il riflesso di una donna con la sua femminilità
naturale, semplice e selvaggia, lontana dai trucchi gonfi e
rigurgitanti delle donne del suo ceto.
Oscar orientava il vetro come fosse uno specchio, quasi con la sorpresa
di sé stessa, che allo specchio non ci stava quasi mai.
Vedeva una donna alta, sinuosa, la fisionomia statuaria, algida nella
sua pelle lattea e incorniciata dai capelli dorati, lo sguardo celeste
impenetrabile e allo stesso tempo limpido come l'acqua.
Le saltò in mente l’apprezzamento che il Duca
d’Orleans le fece una volta: senza inutili giri di parole.
E se magari ora i soldati iniziassero a rispettarla anche per questo?
Una volta Bernard la chiamava "cagna della Regina". Rideva fra
sé.
Adesso era una donna lavoratrice, e Bernard le era debitore per la sua vita.
Nelle sue riflessioni ingarbugliate fu interrotta da una scena insolita
di dolcezza familiare al di fuori della finestra.
Alain abbracciava amorevolmente Diane, consapevole che la sua
“bambina” era ormai cresciuta e che presto
l’avrebbe affidata nelle braccia di un marito.
Ed era diventato un altro.
Sarà stata la folle sfida al diluvio, o la tenerezza
improvvisa verso la sorellina, ma nasceva dentro il soldato un
sentimento di crescente stima sia verso André che nei
confronti di Oscar come persona, dovuti forse più al
rispetto che ad eventuali ritorsioni.
Ne erano prova le frasi sibilline e timidamente spezzate di Diane.
"...e sarà forse per i suoi meravigliosi capelli biondi e
quel suo sorriso convincente..."
Un apprezzamento davvero strano, per un soldato irriverente e sornione
come lui.
Nel chiedersi il motivo di quell’insolito complimento, Oscar
continuava a scrutare il riflesso del suo vetro, un bagliore nella sua
giacca attira la sua attenzione.
La spilla di decorazione come Cavaliere dell'Ordine di San Luigi, la
gemma smeraldina di questa spilla, tanto elegante quanto sterile.
La guardava Oscar, staccandola dalla sua giacca con la stessa
espressione di chi tiene in mano un oggetto ingombrante.
Che forse le stava ricordando l’ostinato arrivismo che il
Generale aveva meticolosamente pianificato per lei, o che forse a
quella gemma, Oscar stesse associando, inconsapevolmente, quel mondo di
sfarzi e povertà di valori.
Quella decorazione una volta l’adornava con orgoglio agli
ingressi di corte, ostruendo lentamente la più intima voce
del suo cuore.
In tutta la sua vita, Oscar non si era mai posta domande su cosa
volesse fare di sé stessa.
Diane sapeva cosa voleva.
Una casa, un marito, una nuova famiglia, una prospettiva di benessere.
Era forse questa la libertà: essere liberi di scegliere chi
essere e come essere?
Destata da quel suo sovrappensiero, Oscar continuava ad osservare
l’incantevole tenerezza dell’abbraccio fra lo
scanzonato soldato e la sua sorellina.
Improvvisamente si vede lei, al posto della giovane promessa sposa, con
André al posto del suo amico. D’impeto sgrana gli
occhi, Oscar, voltandosi paonazza verso l’ufficio.
Da quanto tempo non riceveva un abbraccio? …e come sarebbe
stato?
Oscar cercava attentamente di ricordare il suo ultimo contatto fisico
con un uomo.
Nella confusione dei ricordi, torna in mente il pungente ricordo dello
strappo.
Il suo sguardo ritorna verso Diane.
Il calore di un uomo, il sogno di un’atmosfera nuziale, la
voglia di maternità. Oscar si chiedeva che sensazione mai si
provasse, all’idea di diventare madre.
Di certo non le era mancata occasione di assistere a diverse gravidanze,
dalle rituali ricorrenze delle sue sorelle fino ai tormentati travagli
della Regina.
Ma solo adesso sentiva questa curiosità come sua, e nel
frangente di quell’insolita introspezione Oscar scorge il suo
angelo custode, affacciato anche lui ma in un’altra finestra,
anch’egli come osservatore dal corridoio del piano inferiore.
“…credo che non mi sposerò tanto
presto…” gli aveva detto una volta, prima di
recarsi da Bouillé.
Oscar ricordava ancora quelle parole.
Pensò fra sé:
<< Non voglio sposarmi con nessuno,
André…
…ma se mai dovessi imbattermi nella folle avventura di una
maternità… voglio attraversarla con te.
>>
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