«Ciao
Logan»
Gli
tornarono in mente quelle due parole, quella voce che
tanto avrebbe voluto riascoltare per l’ultima volta.
La
vista si stava lentamente annebbiando, a mala pena
riusciva a distinguere i grandi e possenti alberi che padroneggiavano
quel
bosco selvatico.
Quel
ramo spezzato si faceva sempre più spazio nella
carne, ormai invecchiata, del mutante; le viscere cercavano di
dimenarsi a
quella violenza, provando in tutti i modi di rallentare quella corsa
infernale,
di concedergli un’ultima opportunità.
Il
sangue non smetteva un secondo di sgorgare;
fuoriusciva dai suoi vasi copiosamente, andando ad imbrattare la bianca
canotta,
colorandola di un rosso sempre più scuro.
Il
respiro si faceva di volta in volta più lento e
pesante; riempire i polmoni di ossigeno, gonfiarli per garantirgli un
ricambio
di aria fresca e pulita, era diventato così difficile a tal
punto da non
ricordare più come si inspirava.
Poteva
percepirlo benissimo: il suo spirito cercava di
liberarsi da quel corpo, volendo finalmente raggiungere tutte le
persone che,
in silenzio, lo stavano aspettando dall’altra parte.
Avrebbe
potuto riabbracciare tutti quanti: Charles, morto
tra le sue braccia, l’unico uomo che era riuscito a vedere un
essere umano
oltre quella macchina animalesca. Il Professore era bravo in queste
cose, in
particolare non ebbe difficoltà a capire i grandi turbamenti
che affliggevano
l’animo di Wolverine; avrebbe potuto, senza indugio, entrare
prepotentemente
nella sua mente e sviscerare ogni segreto più recondito,
invece volle
rispettarlo e lasciargli la porta del suo ufficio sempre aperta, libero
di
attraversarla ogni qualvolta avesse bisogno.
Avrebbe
rivisto perfino Stryker, al quale non vedeva
l’ora di mollargli un altro bel ceffone in faccia. Se era
diventato la bestia
che tutti temevano, era solo colpa sua. Nonostante il suo stato
morente, poteva
ancora sentire la rabbia nei confronti del colonnello; gli aveva
sconvolto la
vita, reso la macchina da guerra che tanto desiderava,
“l’arma X” l’aveva
definito.
Lui
gli aveva iniettato questa nuova lega metallica in
corpo; poteva ancora sentire come l’adamantio andava ad
insinuarsi nel suo
corpo, sostituendosi al normale apparato scheletrico. Lo aveva reso
indubbiamente più forte, ma a quale prezzo? Molte volte quel
nuovo componente
gli aveva salvato la vita, permettendogli così di uscire
vittorioso anche nelle
situazioni più ardue e pericolose. In altre occasioni,
ahimè, si era rivelato
la sua peggiore condanna, l’Inferno che tanto avrebbe potuto
evitare.
Del
resto, il veleno che stava man a mano intossicando il
suo corpo, veniva proprio rilasciato da quel metallo. A poco a poco gli
stava
corrodendo ogni viscere, le cellule cadevano una ad una a contatto con
quella
tossina, i tessuti si laceravano al solo tocco.
Forse
avrebbe dovuto ringraziare Stryker per questo? No,
non lo avrebbe fatto, neppure adesso che si trovava sul punto di morte.
Jean,
già, avrebbe incontrato anche lei; la bella fenice
che era riuscito a fargli battere quel cuore di adamantio, andando a
scovare
nei cassetti più reconditi del suo animo e sfiorare i suoi
punti più sensibili,
senza nemmeno accorgersene. Sapeva che non sarebbe mai stata sua,
eppure nel
vederla era riuscito a comprendere, di nuovo, cosa volesse dire
innamorarsi di
qualcuno ed essere pronto a rischiare tutto, pur di proteggerla.
Malgrado la
rossa dottoressa avesse scelto di restare al fianco di Scott, Logan non
aveva
mai smesso un secondo di amarla e guardarla con ammirazione in tutto
quello che
faceva. Ricordava ancora quando la potente entità, che
coesisteva nel corpo di
Jean, aveva deciso di prendere pieno possesso del corpo della ragazza.
Poteva
avvertire le labbra della donna premere violentemente sulle sue,
investigare con
audacia sul suo corpo, pizzicando ed accarezzando ogni singolo
centimetro di
pelle. Difficilmente ricordava in che momento quel barlume di
lucidità decise
di palesarsi nella sua mente, ma per fortuna arrivò; il
punto è che avrebbe
tanto voluta farla sua, ma quella non era affatto la sua Jean.
Non
si era ancora dato pace per ciò che accadde quel
giorno; seppure Jean stessa lo aveva supplicato di porre fine a tutta
quella
catastrofe, quegli artigli nella carne della donna erano ancora i
padroni
supremi dei suoi incubi. Magari, una volta raggiunta, avrebbe potuto
chiederle
scusa un’altra volta.
Si
sarebbe potuto riscattare di tanti crimini commessi,
poteva finalmente redimersi.
Tante
volte aveva sperato che il suo fattore rigenerante
smettesse di svolgere il proprio compito, lasciandogli provare quello
che stava
vivendo ora. Per troppo tempo era stato costretto a continuare quel
vagabondare
per questa Terra, vedendo cadere persone innocenti, in maniera del
tutto
ingiusta. Si sarebbe sacrificato volentieri al loro posto.
Laura,
la giovane mutante, nonché sua figlia, non aveva
smesso un attimo di piangere.
Stringeva
forte la mano callosa di Logan e poteva
percepire come la presa dell’uomo stava diventando sempre
più fievole. Tra i singhiozzi
lo supplicava di non morire, di non lasciarla sola in
quell’Universo così
corrotto ed ipocrita. Benché adesso fosse libera, aveva
ancora bisogno di lui
come guida, di qualcuno che le insegnasse come viverlo quel Mondo
sconosciuto.
Lo
scuoteva con nervosismo, poggiando la minuscola mano
sulla spalla graffiata di Wolverine. Cercava in tutti i modi di non
fargli
chiudere gli occhi, non adesso.
L’uomo,
a fatica, girò gli occhi verso la ragazzina ed
accennò ad un lieve sorriso, mascherato da quella barba
grigiastra,
insanguinata ed incolta.
«Non
devi più combattere» sibilò in un
sussurro,
schiarendosi la voce per permettere alla ragazzina di udirlo.
«Non
essere ciò per cui ti hanno creato» aveva
proseguito, a stento, respirando affannosamente tra una parola e
l’altra.
Sperava con tutto il cuore di essere arrivato alle orecchie della sua
bambina,
conosciuta ormai troppo tardi.
X-23
sussultò a quelle parole, non poteva andarsene, non
così.
Iniziò
ad urlare, a piangere come una disperata,
implorandolo di restare, solo per un po’ ancora. Aveva ancora
tanto da
chiedergli, tanto da dover scoprire.
I
suoni cominciarono ad ovattarsi, a mala pena riusciva a
distinguere le grida disperate di Laura ed il fruscio dei rami, i quali
danzavano al ritmo dettato dal vento di un nuovo avvenire.
Ormai
la sua dipartita era prossima; si sarebbe di sicuro
sentito più leggero, finalmente poteva abbandonare
quell’esistenza che gli era
costata troppe vite ed altrettante sofferenze.
Forse,
per la prima volta, aveva la possibilità di
assaporare cosa fosse la pace, la serenità tanto agognata.
Non doveva più
lottare, non doveva più condannare se stesso per quella vita
immortale; dopo
tanto tempo la sua ora era giunta ed andava bene così.
Laura
era ormai al sicuro perciò, seppur con l’amaro in
bocca mischiato al sapore metallico del sangue, poteva partire senza
troppi
rimpianti.
Almeno
così credeva.
Fu
proprio in quell’istante, quando era riuscito ad
accettare la sua tanto desiderata sconfitta, che risuonò
nelle orecchie il suono
di quella voce, talmente familiare da fargli increspare la pelle al
solo
pensiero.
«Rogue»
pronunciò con quel poco fiato che gli restava,
scandendo bene ogni lettera del suo nome.
Dopo
quella estenuante battaglia contro le sentinelle,
dove tutti loro stavano rischiando di passare all’altro
Mondo, non aveva più
avuto sue notizie.
Del
resto era stato lui a scomparire dalla circolazione,
senza lasciare alcuna traccia, troppo ossessionato dall’idea
di essere la causa
di sofferenza di chiunque gli stesse pericolosamente accanto.
Tante
volte Marie lo aveva supplicato di portarla con sé,
ma Logan l’aveva respinta in maniera categorica, per paura di
farla soffrire,
di farle del male.
Eppure,
adesso, desiderava con tutto il cuore di poterla
stringere tra le braccia, per l’ultima volta.
Sapeva
che sarebbe stato rischioso, dato il potere della sua
ragazzina, ma poco gli importava; sentiva nelle viscere più
profonde la
necessità di provare ancora una volta il contatto di quella
pelle liscia e
setosa sul suo corpo, un tocco capace di ridestare anche i sensi
più assopiti,
ridestandoli con quel buon profumo di pesca e cannella.
Gli
tornò alla mente il loro primo incontro, quando dopo
aver esitato per un po’, decise di prenderla con
sé e farla salire sul suo
camper. Rogue cercava in tutti modi di creare un contatto, a fatica
data
l’invalicabile corazza che vestiva Wolverine, necessaria
affinché non si
affezionasse a nessun altro essere umano.
Eppure,
dopo un lungo insistere, era riuscita a
strappargli qualche parola; gli aveva raccontato della sua mutazione, o
meglio
della sua maledizione, come lei la definiva.
«Quando
qualcuno mi tocca gli capita qualcosa… Si fa male»
gli aveva confessato con voce sottile, quasi rotta da un pianto che di
lì a
poco sarebbe sfociato copiosamente, bagnando le pallide gote della
castana.
Da
quelle parole Logan capì di aver trovato, dopo tanto
tempo, qualcuno simile a lui; i suoi artigli avevano massacrato
persone, affrontato
guerre e combattuto estenuanti battaglie. Avrebbe tanto voluto
smetterla di
causare continue sofferenze, ma in un certo senso cercava di vivere, di
sopravvivere
e Marie era proprio come lui. Entrambi erano stati condannati a
mutazioni
ingiuste ed assassine e la convivenza con quest’ultime si
rivelava ogni istante
più ardua e pericolosa; lui poteva capirla però,
lui poteva insegnarle a non
commettere quegli infiniti sbagli compiuti ed essere migliore.
Le
sorrise di rimando, cercando di farle capire che con
lui poteva sentirsi al sicuro.
«Ti
fa male quando escono?» gli aveva domandato,
curiosa ed allo stesso tempo preoccupata.
Logan,
in quel momento, si sentì pervaso da uno strano
calore che, a man a mano, gli riscaldò quell’animo
glaciale e burbero; mai
prima di all’ora qualcuno gli aveva chiesto cosa provasse,
cosa sentisse nel
momento in cui quelle lame mortali perforavano quel piccolo strato di
pelle
compreso tra le dita e le nocche.
Sì
che gli faceva male, eccome se gli faceva male. Era un
dolore lancinante che, fortunatamente per lui durava pochi istanti, ma
era di
una magnitudo tale da poter spaccare il terreno, creando una crepa
profonda a
tal punto da essere quasi irreversibile.
Fu
proprio quella ragazzina, una perfetta sconosciuta, a
mostrarsi apprensiva per ciò che gli accadeva in quel
fulmineo frangente.
«Tutte
le volte» le aveva risposto, con la voce
quasi spezzata, tagliando corto.
Avrebbe
voluto raccontarle di più, molto di più, ma la
sua mente cercava in tutti i modi di frenare quel suo volersi
espandersi, quel
desiderio di confidarsi e raccontare qualcosa di sé. Avrebbe
tanto voluto
raccontargli i suoi incubi, quel sogno ricorrente che lo faceva
sussultare nel
cuore della notte, madido di sudore; voleva sfogarsi con lei per tutti
i
crimini commessi, confessargli i suoi peccati, ma aveva giurato che non
avrebbe
più fatto del male a nessuno ed attaccarsi a quella mutante
implicava esporla a
troppi pericoli.
Decise
allora di mantenere il silenzio, rivelandogli solo
il suo nome, in un mezzo sorriso; in realtà già
sapeva che nel profondo del suo
cuore, si era affezionato a quella ragazzina, cadendoci con tutte le
scarpe.
Gli
ritornò alla mente il momento in cui giunsero alla
Scuola per Giovani Dotati, diretta dal Professor Xavier; lì
furono accolti
benevolmente, messi al sicuro dall’ossessione di Magneto, il
quale organizzò
loro un agguato con l’intento di prendere uno dei due in
ostaggio.
Lì
Rogue cominciò ad ambientarsi, a stringere nuove
amicizie; adesso poteva sentirsi una ragazza normale, circondata da
persone
della sua età, proprio come lei. Non veniva più
giudicata pericolosa,
nonostante lei si definisse ancora a quel modo. Poteva essere, per una
buona
volta, se stessa, togliendo tutte quelle placche di ferro che
componevano la
sua armatura, mettendosi a nudo dinanzi ai suoi nuovi compagni.
Ovviamente i
guanti neri, in seta, dovevano restare al loro posto, ricoprendo le
esili dita.
Si
rammentò del modo in cui la osservava scoprire quel
nuovo Mondo, di come indifesa e schiva muoveva quei passi incerti e si
immergeva in quelle nuove acque, dove però, per fortuna, era
circondata da
pesci della sua stessa specie.
Poteva
ancora sentire quel formicolio alle mani quando
vide Bobby, l’uomo ghiaccio, gironzolarle intorno, facendole
il filo. Gli dava
tremendamente fastidio lo sguardo languido che il biondino le
rivolgeva,
cercando in tutti modi di apparir bello agli occhi della sua Marie;
senza troppo dare nell’occhio, ma centrando, in maniera
accurata e precisa, l’obiettivo
da raggiungere, riusciva ad interrompere quel contatto, rovinando la
festa al
bell’imbusto.
Lo
percepiva ancora il sorrisino beffardo e compiaciuto,
che si dipingeva su quel volto adornato da lunghe e folte basette
brune;
nessuno doveva toccare Rogue, né tantomeno farle del male o
spezzarle il cuore,
se la sarebbe vista con lui.
Tante
memorie si palesarono nella sua mente, facendosi
strada tra quel groviglio intrecciato, composto di ombre sfuocate ed
amnesie.
Seppur
non vedesse l’ora di lasciare quel corpo,
desiderava con tutto il cuore avere ancora tempo per rivedere il viso
della sua
ragazzina.
Lo
rammentava come se fosse successo di recente: quella
notte stava avendo uno dei suoi soliti incubi, dove senza ombra di
dubbio la
guerra o gli esperimenti di Stryker erano i protagonisti indiscussi
dell’opera
messa in atto. Si dimenava nel letto, ancora con gli occhi chiusi,
cercando in
tutti i modi di scacciare quei demoni che da tanto, troppo tempo, si
insinuavano con prepotenza e superbia nella sua testa.
Le
lenzuola gli si erano attorcigliate alle gambe,
sembravano due giganteschi boa, pronti a compromettere la circolazione
sanguigna negli arti inferiori, impedendogli così qualsiasi
fuga. La fronte era
imperlata di sudore, mentre dei lamentosi mugolii fuoriuscivano
inconsapevolmente dalla sua bocca.
Ogni
qualvolta andasse a dormire, le subdole arpie del
suo subconscio si divertivano a fargli rivivere quei flashback
infernali,
compromettendogli il sonno. Non solo gli mostravano immagini sfuocate
ed
indecifrabili, erano perfino brave a distorcere tutto quel passato,
troppo
confuso ed inesplorato. Logan riusciva solo a vederci tanta rabbia e
altrettanta sofferenza, sentiva solo un atroce dolore generarsi a
livello della
spina dorsale, fino ad ascendere, soffermandosi all’altezza
delle tempie; lì le
vene erano talmente rigonfie, tanto violento era il loro pulsare che
sarebbero
esplose da un momento all’altro, non portando a
nulla…si sarebbero rigenerate
nel giro di poco.
Era
una lotta continua la sua: una lotta che avrebbe
tanto voluto perdere per aver un po’ di serenità,
una lotta che si sarebbe
conclusa solo quando quel muscolo frenetico, situato al centro del
petto,
avesse deciso di arrestare la sua corsa, infine.
Sentì
all’improvviso una flebile voce pronunciare il suo
nome; lo intimava di svegliarsi, di uscire da quel vortice di angherie
e paure,
cercava di salvarlo da quell’oblio spaventoso.
Ma
più quel richiamo insisteva, più quelle megere
infernali proiettavano immagini sempre più subdole e
meschine; fu proprio in
quel momento che vide se stesso disteso in una vasca ricolma di acqua,
con una
maschera sulla bocca per poter ispirare nuove boccate di ossigeno. Era
circondato da siringhe ogni dove, pronte a perforargli la carne e
renderlo
l’animale che era, purtroppo, diventato.
Doveva
ribellarsi, il suo spirito di sopravvivenza glielo
imponeva prepotentemente. Non poteva di certo permettere che quei
macchinari lo
rendessero l’attuale “Arma X”.
Si
svegliò di soprassalto, ruggendo come una bestia in
gabbia, estraendo con violenza gli artigli, che affondarono contro
qualcosa… o
meglio, qualcuno.
Gli
ci volle un attimo per riprendere conoscenza e
mettere a fuoco chi avesse di fronte.
«Marie»
disse in un sussurro, gli occhi
strabuzzati e fissi su quell’esile corpo, perforato dalle sue
lame taglienti.
La
ragazza tossì, muovendosi a scatti e cercando un
appiglio per poter sopravvivere; il suo sguardo cercava aiuto, aveva
bisogno di
essere salvata e pregava in cuor suo che Logan potesse fare qualcosa.
«Aiuto!»
urlò disperato il mutante, le labbra
tremanti e gli occhi lucidi.
Non
sapeva nemmeno lui cosa stesse provando in quel
momento, era pervaso da mille emozioni contrastanti ed indefinite.
Si
sentiva uno schifo, ancora una volta era riuscito a
far del male alla sola unica persona che si era mostrata apprensiva e
cordiale
nei suoi confronti; quella piccola ragazza sconosciuta che in poco
tempo era
riuscito a non farlo sentire la bestia assassina che era stato
costretto a
diventare, regalandogli la sensazione di riconoscersi come un essere
umano, di
sicuro particolare, ma pur sempre tale.
Il
cuore gli si era infranto in mille pezzi, ma
nonostante tutto continuava a mandare incessantemente sangue a tutti i
vari
distretti corporei.
Non
sapeva davvero cosa fare, avrebbe tanto voluto essere
lui al posto della sua Marie.
Fu
proprio in quell’attimo che le esili dita della
piccola fanciulla sfiorarono la guancia ispida di Logan, adagiandovi in
modo
delicato i polpastrelli.
Wolverine
sentì una sensazione strana pervadergli
l’intero corpo in adamantio: poteva avvertire la sua energia
vitale fuoriuscire
dal corpo, lasciandolo a poco a poco privo di sensi. Percepì
come il suo vigore
si stava riducendo al minimo, di questo passo sarebbe morto davvero.
Sul
suo volto, delle lunghe striature lividi si
palesarono all’altezza degli zigomi, facendo increspare la
pelle, come se fosse
sul punto di rompersi in mille pezzi.
Non
avevano smesso un attimo di fissarsi: gli occhi bruni
di Rogue erano fissi in quelli nocciola di Logan ed in quel
interminabile
scrutarsi, avevano capito quanto l’uno avesse maledettamente
bisogno
dell’altra.
Logan
comprese in quell’istante le parole che le aveva
confessato Marie durante il viaggio a bordo del suo Camper; solo
all’ora era
giunto, dopo un po’, a conoscenza del suo potere e di quanto
quella ragazzina
avesse un incessante bisogno di essere compresa ed ascoltata.
Di
sicuro restando nella scuola di Xavier sarebbe
riuscita a controllare quell’immane entità che
governava il suo corpo, ma lei
aveva bisogno di altro: di qualcuno che non la etichettasse come un
mostro, che
la vedesse per la ragazza che era e non per l’assassina in
grado di uccidere al
solo tocco; necessitava la presenza di qualcheduno che sapesse cosa
significasse essere reputato come un’arma letale e che le
insegnasse a
convivere con tale fardello, facendola sentire l’essere umano
che realmente
era… aveva bisogno di Wolverine, ora più che mai.
Logan,
in quel maledetto istante, giurò a se stesso che,
qualora la sua vita non si fosse conclusa a causa di quel tocco,
l’avrebbe
protetta per tutta la vita.
Il
sangue deposto sulla bianca canotta aveva assunto un
colore ormai marrone, simile al terreno su cui giacevano stanche le sue
muscolose gambe.
Cominciò
a sentir freddo, per la prima volta in vita sua.
La
presa di Laura si faceva sempre meno percettibile, a
stento riusciva a vedere le copiose lacrime che bagnavano il viso non
più
corrugato della piccola mutante.
Non
si sarebbe mai aspettato che anche morire potesse
essere un processo così lento, un lungo peregrinare verso
una meta remota e
sconosciuta; ne aveva visti di uomini e donne soccombere sotto i suoi
occhi e
molti di loro erano trapassati in un attimo, senza alcuna fatica. Ma
lui era
pur sempre un mutante e, come tale, doveva scontare questa croce che da
quasi
centocinquant’anni si portava appresso.
La
verità era che mai sarebbe stato in grado di convivere
con questa maledizione; in un tempo assai lontano, qualcuno di cui non
rammentava né volto né nome, gli aveva detto che
quello che possedeva era un
grande dono e Logan, per tutta risposta, aveva sentenziato facendo
notare che
un dono si poteva comunque restituire, mentre lui era stato condannato.
Non
seppe mai convivere appieno con quei suoi sensi iper
sviluppati; riusciva a percepire l’odore di qualsiasi essere
vivente, uomo o
animale che sia, a chilometri e chilometri di distanza, come poteva
allo stesso
modo udire e contraddistinguere i versi di ogni fiera.
Per
non parlare poi del suo fattore rigenerante, la sua
tortura più grande.
Senza
dubbio il fatto di poter curare ogni singola ferita
gli garantiva massimo vantaggio nella lotta contro i suoi nemici, ma il
prezzo
da pagare era assai caro; lo spasimo che avvertiva ogni qualvolta la
sua pelle
veniva lacerata o attraversata da svariati proiettili, era un qualcosa
di
assolutamente inimmaginabile e nessun essere umano sarebbe mai
sopravvissuto a
ciò.
Il
calore della pelle viva, il fluire del sangue che
alimentava i nuovi tessuti e la cute, che man a mano si depositava
sopra le
varie cicatrici, le quali sarebbero scomparse poco dopo, senza lasciare
più
alcuna traccia.
Era
lì che si chiedeva se valesse davvero la pena avere
questo “privilegio” una vita dipinta a quel modo,
del perché non poteva
andarsene come avevano fatto in tanti.
Fu,
di nuovo, in quell’istante in cui stava abbracciando
la sua fine, che lei si palesò davanti ai suoi occhi.
La
sua Marie.
La
ragazza a cui aveva giurato protezione, promettendole
che mai nessuno sarebbe stato in grado di farle del male.
Si
rammentò di quando, per colpa di quel vigliacco di
Magneto, il quale aveva ordinato a Mystica di escogitare un piano per
allontanare Rogue dalla scuola di Xavier, non rischiava di perderla per
sempre.
Aveva
corso come un dannato per riuscire ad arrivare al
treno, appena in tempo prima che quest’ultimo partisse, non
dopo aver comunque
bisticciato con il controllore.
Si
era seduto accanto a lei e, con una calma assurda,
l’aveva rassicurata dicendole che alla Scuola per Giovani
Dotati avrebbe
trovato un luogo sicuro in cui rifugiarsi, che non aveva nulla da
temere finché
c’erano gli X-Men, finché c’era lui,
pronto a proteggerla a qualunque costo.
«Mi
prenderò cura io di te» le aveva
sussurrato,
con un tono dolce e rassicurante, di cui si stupì egli
stesso, stringendola
forte a sé e poggiando le sue dita callose sopra il
cappuccio della verde
felpa, che ricopriva i folti capelli bruni della mutante.
Mai
aveva mostrato così tanta sensibilità e premura,
o
almeno così ricordava. La realtà era che Marie
era in grado di toccare
sentimenti talmente reconditi ed assopiti che nemmeno Logan si
aspettava di
poter provare; non era possibile che uno come lui potesse davvero
affezionarsi
e dedicarsi ad una persona a quel modo, insomma lui era pur sempre un
animale,
come poteva sentire certe sensazioni?
Lo
avvertiva perfino adesso: il rumore sordo del suo
cuore, che si frantumava in tantissime schegge taglienti, alla vista
del corpo esanime
di Rogue, dopo la lunga ed estenuante lotta contro Magneto.
Si
era precipitato sulla cima della Statua della Libertà
e, con un colpo ben assestato dei suoi artigli, aveva liberato la
ragazza da
quelle manette che l’ancoravano alla macchina infernale.
«Coraggio,
riprenditi» l’aveva scossa,
intrecciando un dito alla ciocca bianca, la quale ricadeva morbida sul
viso
dormiente della mutante.
Non
poteva crederci, non doveva accadere.
Sentì
un vortice diffondersi in tutto il suo corpo,
spazzando via tutto, anche quei pochi ricordi che la sua mente
conservava. Il
buio si impossessò del suo animo, facendolo sprofondare in
un fitto groviglio
di rovi dal quale non sarebbe mai più risalito se Marie non
avesse più riaperto
gli occhi.
Gli
occhi si inumidirono e la cosa lo scosse parecchio.
Non ricordava l’ultima volta che avesse pianto e neppure
riusciva a rammentare
cosa muovesse le persone a rispondere con tale gesto.
Poteva
percepire le rime palpebrali umettarsi, cercando
di trattenere quelle copiose lacrime, fino a che quest’ultime
non riuscirono a
valicare gli argini contenitivi.
Le
gocce di pianto rigarono le sue guance irsute, raggiungendo
la punta del mento, dove discesero per poi andare a toccare il volto
della sua
ragazzina.
Non
poteva perderla, non sarebbe più stato lo stesso
senza di lei, eppure quel pensiero così subdolo non aveva
intenzione di
togliersi dalla sua mente; era riuscito ad insinuarsi nelle parti
più profonde
del suo sistema nervoso, raggiungendo il sistema limbico e
distorcendolo a suo
piacimento, potendo così creare ansie e paure che non
tardarono a manifestarsi.
Logan
era pietrificato, reggeva quel corpo esile,
guardandosi attorno e sperando, con tutto il cuore, che una soluzione
potesse
apparirgli di lì a breve.
Voleva
rivedere quegli occhi bruni, quel sorriso speciale
che Rogue aveva creato e regalato solo a lui e nessun altro; sentiva il
bisogno
di vivere quella ragazzina che riuscì, per la prima volta, a
farlo sentire un
essere umano, a fargli comprendere che in questa misera vita esisteva
qualcuno
in grado di apprezzarlo ed amarlo così come era.
Marie
non aveva mai visto in lui l’animale che tanto
credeva di essere, non era quell’arma con cui si era
etichettato; per Marie era
Logan, Logan e basta ed andava bene così.
Ripensare
a tutte le volte in cui gli si era scaldato il
cuore nel vederla fare capolino da un angolo nascosto della scuola e
trascorrere l’intero pomeriggio libero assieme; Rogue cercava
in tutti i modi
di ritagliarsi del tempo per fargli certe sorprese, perché
la compagnia di
Wolverine la faceva star bene ed era comunque un modo per ringraziarlo
ancora
ed ancora una volta.
Doveva
assolutamente fare qualcosa, lui voleva viverla,
lei doveva vivere.
Decise
che, qualunque cosa fosse successa, Marie meritava
di continuare a muovere dei passi su questo Mondo, perché
quest’ultimo aveva
bisogno di persone pure come la sua ragazzina.
Portò
le labbra a contatto con la fronte della giovane
mutante, depositandovi un candido bacio, anche se avrebbe di gran lunga
preferito assaggiare quella bocca rosea e leggermente socchiusa, ma non
così.
Fece
aderire il volto pallido e gelido di Rogue contro il
suo mento, stringendola ancora di più. In
quell’istante, Logan spalancò la
bocca e grandi venature nere si palesarono sul suo viso; Marie stava
prendendo
la sua energia, quanta ne bastava per poter riprendere conoscenza e
riaprire
gli occhi, strabuzzandoli.
Grandi
lacerazioni si palesarono sugli zigomi di
Wolverine, altrettanti sul mento e sulle sopracciglia, ma andava bene
così; una
gioia immensa colorò il suo animo spento e rassegnato, tanto
che non voleva per
nessun motivo staccarsi dal corpo di quella ragazza.
Per
una volta, in tutta la sua vita, era riuscito a
salvare qualcuno, a ridare vigore alla persona che amava, sacrificando
tutto se
stesso pur di riportarla sulla Terra.
Rogue
era finalmente salva ed il merito era suo.
Ma
allora perché, seppur consapevole di ciò che
provasse
per quella ragazzina, ora non c’era lei al suo fianco?
Perché da quella volta
in cui Marie accompagnò la sua mente indietro nel passato,
non ebbe più sue
notizie?
Anche
in punto di morte si maledì per la scelta fatta, ma
in cuor suo sapeva che era la cosa giusta da fare.
La
realtà era che per quanto la volesse al suo fianco,
ciò comportava esporla a pericoli troppo grandi. I fantasmi
e demoni del suo
passato non erano come quelli di tutti gli altri, no, i suoi erano
subdoli e
meschini, in grado di martoriarlo e lesionarlo, addirittura nel sonno.
Non
poteva rischiare di farle male, non se lo sarebbe mai
perdonato; Marie era troppo importante e doveva proteggerla a tutti i
costi.
C’erano
stati parecchi momenti in cui entrambi erano
arrivati al punto di consolidare i loro sentimenti, di poter espletare
tutto
quel turbinio di emozioni che li coinvolgeva in una maniera tale da
renderli
completamente dipendenti l’uno dall’altra. Sapevano
benissimo quanto fosse
importante la loro presenza e l’assoluta consapevolezza che
avrebbero superato
qualsiasi ostacolo, nonostante tutto e tutti; Logan moriva dalla voglia
di
poter sentire quel corpo, di rischiare la vita pur di lambire quelle
tanto
bramate labbra, ma ahimè non poteva.
Per
quanto la testardaggine di Rogue fosse alquanto
convincente, a tal punto da farlo desistere, riuscì a
mantenere sempre i piedi
per terra e la mente abbastanza lucida.
Marie
era ciò che di più bello gli fosse capitato in
vita
sua, la donna che era riuscito a fargli capire cosa davvero fosse la
serenità,
perfino più di Jean.
Con
i suoi innocenti gesti, gli aveva permesso di poter ritrovare
dei piccoli momenti di pace, prendendosi una pausa da quel calvario
che, da
troppi anni a questa parte, era costretto a vivere.
Il
loro incontro era stato un toccasana, una boccata
d’aria fresca per entrambi.
“Si
dice che quando si nasce, nel mignolo
della nostra mano sinistra vi è legato un filo rosso
immaginario che ci unisce
alla persona destinata a vivere con noi per il resto della
vita”,
beh Logan non ci credeva più di tanto a queste dicerie, ma
semmai fosse stato
vero, era convinto all’altro capo di quel filo ci fosse,
senza ombra di dubbio,
la sua Marie; ma non era quello il loro tempo.
Troppi
enigmi il mutante doveva ancora risolvere, troppe
intemperie dovevano passare sul suo corpo prima di potersi sentire
finalmente
in pace e permettere a Rogue di vivere degna della persona che era.
Voleva
davvero poter cominciare quella relazione, lo bramava dal
più profondo del suo
cuore; non vedeva l’ora di poter sentire quanto fosse liscia
e delicata quella
pelle, che sapore avessero i suoi umori, insomma la voleva
più che mai.
Ma
non adesso, ahimè no.
Passarono
i giorni, i mesi, perfino gli anni e adesso,
seppur in quelle condizioni, la voglia di poterla vivere non gli era
ancora
passata e mai gli passerà.
Sapeva
di averla delusa, sì, ne era consapevole al cento
per cento ed aveva tutto il diritto di odiarlo e covare un rancore
spropositato
nei suoi confronti.
Del
resto se le meritava eccome.
Nonostante
adempì in maniera meticolosa alla promessa
fattale quella sera, ciò che ne restava era solo
un’amara consolazione.
Avrebbe
davvero voluto stringerla forte a sé, per
un’ultima volta, di sentirsi solo per un istante
l’uomo che solo lei era in
grado vedere.
Non
aveva idea di dove fosse e, anche se lo avesse
saputo, sarebbe stato troppo tardi.
Sperò
con tutto il cuore che stesse bene e che, alla fine,
avesse scoperto ed assaporato quell’amore che tanto
desiderava da lui, ma che
ahimè non aveva mai potuto sperimentare.
Non
poteva negare che tutto quello gli faceva una gran
rabbia, il solo pensiero che qualcun altro potesse toccare quel corpo
perfetto,
lo istigava ad estrarre gli artigli, anche quando era ormai giunta la
fine.
Però,
forse, c’era la remota possibilità che con quel
gesto, con quelle premure mostrate nei confronti di Rogue e
quell’ardua
decisione presa a malincuore, potesse bastare per espiare tutti i suoi
peccati
e poter, così, chiudere gli occhi con il sorriso sulle
labbra.
Magari
l’avrebbe rivista, magari no, ma di una cosa era
indubbiamente sicuro: l’amava, eccome se l’amava e
avrebbe continuato a farlo
anche dopo la morte.
Con
solo l’illusione della morbidezza delle labbra di
Marie sulle sue, Logan chiuse pian piano gli occhi, tirando un sospiro
di
sollievo.
«Ciao
Logan» furono le ultime parole che
riuscì a
sentire e poi, il silenzio.
FINE.
Spazio
Autrice:
Bentornati
e Benvenuti carissimi Lettori!
Oggi
ho voluto proporvi questa shot, dove
vediamo il tanto amato e altrettanto conosciuto Wolverine.
Perché
proprio lui?
Beh
la risposta è semplice: Logan è stato il
primo personaggio con cui sono entrata in contatto
all’interno dell’Universo
Marvel, colui che mi ha fatta appassionare a questo mondo e ho ritenuto
doveroso dedicargli qualcosa.
Come
avrete potuto leggere, ho scelto di
scrivere un momento molto importante e particolare e sfido chi non sia
sfociato
in un mare di lacrime quando è arrivato alla fine del film
“Logan-The
Wolverine” (andiamo, non prendiamoci in giro!!).
È
stata dura descrivere la vicenda, lo
ammetto, ma è da un po’ che mi chiedevo cosa
frullasse nella testa del mutante
nel momento in cui affrontava la sua dipartita.
Ci
ho messo del mio, ne sono consapevole, ma
è da quando ho visto “X-Men 1” che sogno
la coppia Rogue/Wolverine e dunque ho
immaginato che, proprio in quell’istante, lui le dedicasse i
suoi ultimi
pensieri.
Beh
direi che ho chiacchierato abbastanza.
Attendo
vostri riscontri (stelline, commenti,
critiche, tutto insomma).
Spero
che il racconto vi sia piaciuto!
A
Presto!
AriCalipso
p.s:
come sempre, grazie alla mia coinquilina
per la copertina!
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