Titolo: Il
Pagliaccio.
Autore: me
medesima u.u
Disclaimer: I
personaggi non mi appartengono e bla bla bla…
Rating:
Giallo.
Pairing
/ Personaggi: Synyster Gates, Matt Shadows.
Avvertimenti: Accenni
di slash.
Note:
One-shot,
song-fic.
La canzone, che da anche il titolo a questa shot è Il
Pagliaccio, di Cesare Cremonini.
Enjoy it.
Coriandoli colorati coprivano il palco e la mia vista ormai
cieca, mentre le prime note di A Little Piece Of Heaven uscivano fuori
dagli
amplificatori, si diffondevano nel palazzetto, e scuotevano le anime di
tutte quelle
persone che erano lì, probabilmente a centinaia di
chilometri dalle loro case,
solo per noi; quelle stesse persone che ci seguivano su e
giù per il mondo, che
ci amavano, che ci facevano sentire a casa…
Le mie dita si muovevano lente sulle corde, mentre volgevo
la testa a destra e a sinistra alla ricerca di Matt di cui sentivo solo
la voce
esplodermi nelle orecchie tramite gli auricolari. Quei coriandoli che
ancora
continuavano a scendere quasi come fosse fiocchi di neve, erano
l’unica
barriera che in quel momento mi dividevano da lui.
Feci un paio di passi in avanti fino a salire su una cassa,
continuando a suonare mentre passavo in rassegna le ragazza in prima
fila con
uno dei miei sorrisi sghembi che tanto piacevano al grande pubblico.
Tornai per un paio di minuti a tenere il viso fisso sulle
corde, leccandomi le labbra mentre eseguivo alcuni complicati accordi.
Ma infondo io
sto bene qua
Tra le reti del mio circo che non va
Ma infondo io
sto bene qua
Trovando in quel
che
sono
Un po' di libertà
Quando finalmente la mia visuale aveva cominciato ad
aprirsi, avevo subito notato Matt al centro del palco con entrambe le
braccia
nude in alto, i tatuaggi sgargianti che scintillavano sotto le luci
colorate.
Portò il microfono vicino alle labbra e riprese a cantare,
godendosi il suo
pubblico. Allungò la gamba destra fino a posarla sulla cassa
davanti a lui
spostando il peso in avanti e per un attimo venni attirato dalla forma
tonica e
perfettamente delineata della sua gamba, ben fasciata dal tessuto nero
e
aderente dei pantaloni.
Mi avvicinai a lui continuando a suonare, gli sorrisi per un
istante e poi mi concentrai sulla folla in delirio, sorridendo e
atteggiandomi
come avevo sempre fatto.
Sono il
pagliaccio e tu
il bambino
Nel circo ho tutto
E vivo solo di quel che sono
Quello era il personaggio di Synyster Fuckin’ Gates,
spavaldo e sicuro di sé, il dio della chitarra e il re
indiscusso del palco,
una sottile maschera di trucco che proteggeva e nascondeva Brian Haner,
un
ragazzo che amava solo divertirsi.
Feci cenno di sì con la testa come se la sapessi lunga e mi
spostai indietro, prima di spostarmi verso destra dal mio fido
Vengeance.
Terminai la canzone e il concerto accanto a lui. Matt salutò
il pubblico, lo ringraziò e gli diede la buonanotte prima di
scappare nel
backstage, poi io tornai al mio posto iniziale e salutai i fan insieme
a Zacky,
alzando la chitarra. Subito corsi via anch’io, non prima
però di aver
recuperato la bottiglia di birra ancora mezza piena che avevo lasciato
su un
amplificatore a metà concerto.
Non appena sorpassai quella porticina che ridava nelle
quinte, fu come se fossi stato svegliato di colpo dal sogno
più bello della mia
vita, come se mi avessero riportato brutalmente nella realtà
prendendomi a
calci nel culo.
Il sorriso figo
che avevo sulle labbra si trasformò in un ghigno soddisfatti
e i miei occhi divennero
piccoli e stanchi.
Dietro di me sentii arrivare Zacky, Johnny e Jimmy ma non mi
voltai, attirato ancora dalle grida sempre più lievi dei
fan, le uniche cose
che mi tenevano ancora aggrappato al sogno, che mantenevano in vita
Synyster
Gates.
Perché senza di loro, senza i fan, Synyster Gates non aveva
motivo di esistere.
C’erano solo Brian e il suo straordinario talento.
Vidi Matt correre verso Val e abbracciarla, per poi
scoccarle in bacio sulle labbra. Provai a deglutire ma la mia gola era
secca e
arsa perciò presi un sorso di birra dalla bottiglia che
avevo ancora in mano ma
la mia salivazione però era ancora a zero.
Con un sospiro mi diressi nel mio camerino, sbattei la porta
con un’aria da star scazzata come facevo sempre, e mi
abbandonai sulla sedia
davanti allo specchio.
E sullo specchio
del camerino
Mi faccio della stessa droga per cui vivo,
La
vanità
I miei occhi non resistettero alla voglia di sbirciare la
figura riflessa, di soffermarsi sul trucco nero un po’
sbavato agli angoli
delle palpebre. Corrugai la fronte guardando le rughe
d’espressione che
venivano a formarsi e poi distesi la pelle, ripetendo queste azioni
più volte senza
motivo, fino a quando non decisi di cominciare a struccarmi.
La sera quando
mi
sciolgo il trucco
Riscopro che sono un pagliaccio anche sotto
Non appena l’eyeliner cominciò a venir via, sentii
Synyster
morire e Brian tornare a vivere dentro di me, come una sorta di io
egemone.
Quando tornai ad essere me stesso e fui psicologicamente
pronto, tornai dagli altri che stavano ancora festeggiando la riuscita
del
concerto. Guardai subito Val sul divanetto, con la testa appoggiata
sulla
spalla di Matt che le accarezzava i capelli con dolcezza.
Lei si voltò verso di me sorridendo, e io non potei fare
altro che altrettanto, nonostante la odiassi. La odiavo
perché era seduta su di
Matt, stava respirando il suo profumo e si godeva le sue coccole mentre
io
continuavo ad immaginarmi al suo posto.
“Ehi Val.” le dissi sedendomi al suo fianco.
“E’ un piacere
averti di nuovo in tour con noi.”
“Anche per me.”
Sono il
pagliaccio e tu il bambino
Farò pagare caro ad ogni uomo il
suo
sorriso
Seguirono un altro paio di sorrisi e poi anche gli altri si
unirono alla conversazione, ridendo e scherzando come al solito. Io
però non mi
sentivo a mio agio in quella stanza e in quella situazione, ma
soprattutto nel
mio corpo.
E faceva strano rendersi conto di avere una maschera, anche
essendo me stesso.
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