Disclaimer
I
personaggi e le ambientazioni della serie animata sono
proprietà di Glen
Murakami e Sam Register.
Questa
storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Cuore
di vetro
Oltre
la concretezza della materia, oltre le logiche della fisica; in una
dimensione
spazio-temporale fallace ma palpabile, dove desolazione e rinascita
collidono e
convivono in armonia, dove le emozioni sono distinte ma inscindibili al
tempo
stesso.
Corvina
fa ritorno nel luogo in cui ogni paradosso acquisisce un senso.
Il
suo piccolo universo plasmato dalla sua intima coscienza si profila
nuovamente
ai suoi occhi. Ne seguono sensazioni corporee e sensoriali a lei
familiari ma
molesti.
Il
suono del silenzio le strilla, l’assale freddo tepore.
Il
cielo plutonio di stelle infuocate, le rocce più leggere
delle piume dei corvi,
questi ultimi che la scrutano minacciosi con i loro quattro occhi
scarlatti; tutto
è al proprio posto, ma non lo sarebbe stato per molto.
La
maga si sveglia di soprassalto, riscoprendosi supina e con lo sguardo
rivolto
al soffitto della sua stanza avvolta nella penombra.
Riprende
lentamente coscienza dell’ambiente in cui si trova, del
morbido letto e delle
lenzuola violacee che carezzano la sua pelle, del profumo di spezie ed
altri
aromi che inebriano sempre il suo cantuccio.
Emette
un lamento quando si volta alla sua destra per poi sollevare il busto e
mettersi seduta. È completamente sudata.
Ricorda
bene quello che ha vissuto: la stessa esperienza si ripete da almeno
una decina
di notti.
Alzatasi
dal letto, non esita a scostare le tende lilla della sua ampia finestra
per far
entrare luce. Con un gesto della mano avvicina a sé il suo
mantello blu per
indossarlo.
Non
getta la sua solita occhiata orgogliosa alla collezione di manoscritti
datati e
misteriosi, né alle statuette arcane che custodiscono a loro
volta altri
oggetti sul suo comodino; quel giorno in particolare non sente suoi quegli artefatti, né ogni
fibra del
suo essere, che pare volerla mettere costantemente al corrente di nuove
consapevolezze.
Vorrebbe
tanto non vedere nessuno, ma sa che non può permettersi quel
lusso nella torre
in cui vive. Dopotutto, mai come in quel periodo i suoi amici si
aspettano
qualche cambiamento da parte sua;
lei
ne è dannatamente cosciente.
Si
rinchiude in bagno a sciacquarsi, sistemarsi e acquisire la giusta
motivazione
per affrontare la giornata.
*
«Credete
dovremmo organizzare qualcos’altro di speciale per Corvina?
È vero, abbiamo già
festeggiato il festeggiabile dopo
la
nostra vittoria, ma sento che questo è un momento molto
importante per lei. Un
momento di passaggio alla totale libertà!», esorta
Stella Rubia con voce
allegra e squillante.
È
seduta al tavolo rotondo in compagnia di Beast Boy e Robin. Di fronte a
lei un
piatto di waffles fumanti dall’odore invitante, che
però ella condisce
prontamente con la mostarda.
«Stiamo
parlando di Corvina», rimarca Beast Boy mentre sta ancora
masticando un boccone
di toast preparato con uno dei suoi discutibili intrugli vegetariani
dello
stesso colore della sua pelle, «Mi sorprende che non abbia
perso la pazienza per
l’ennesimo party che hai voluto organizzare! Quello che
ricordava “la salvezza
dell’amica razza umana”».
«Non
ha reagito in malo modo perché ormai libera dalle influenze
di suo padre!
Sappiamo tutti che la sua aura schiva e pessimistica derivava da un
lato della
sua personalità che, poverina, non riusciva a domare. Adesso
deve sentirsi
certamente rinata! La considero una cosa fantastica! Provo tanta gioia
per
lei!», esclama la Tamaraniana dagli occhi smeraldo con
espressione estasiata,
«E non dirmi che non ne provi anche tu».
«È
ovvio!», replica subito il mutaforma, «Sono
contento per lei, però… mah.
Chiamatelo sesto senso o come
preferite: io penso che, ora come ora, le basti semplicemente tornare
alla
normalità senza pensare a niente. E
basta.
Sapete, no? Riprendere a combattere rompiscatole insieme a noi, mettere
il naso
in libri supersegretissimi,
strafogarsi di waffles e pizza…».
«Prenderti
per il culo…», aggiunge Cyborg sbucando
dall’angolo cottura con sorriso
sornione e un simpatico grembiule in dosso. Il ragazzo è
intento a preparare
dei dolci.
«Bibi
ha ragione», parla finalmente Robin una volta che ha finito
di bere il suo
caffè, «L’unica cosa che noi sappiamo
con certezza è che lei si è tolta di
mezzo un macigno non indifferente; ora può decidere
liberamente del suo futuro,
come ha detto Stella. Tuttavia, la vedo ancora molto provata. Pensiamo
solo a
farla sentire a suo agio senza forzature».
«Forse
ora sarà più propensa a giocare a palla
puzzolente!», si intromette di nuovo
Cyborg mentre finisce di impilare una torre scomposta di pancake allo
sciroppo
d’acero.
«Credi
che riusciremo a farle amare il nostro picchiaduro
preferito?», si ravviva
Beast Boy.
«Finalmente
potrò farle provare il mio smalto fucsia preferito ad
asciugatura istantanea!»,
segue Stella.
«Ragazzi…
cos’ho appena detto?», s’intromette di
nuovo Robin spazientito, poggiando il
mento sopra una mano.
«Buongiorno».
La
voce roca di Corvina, presente nella sala già da qualche
minuto, interrompe
quel caos. Ciascuno di loro raggela, pur non comprendendone appieno il
motivo; l’abitudine,
suppongono.
«Buongiorno
a te, amica mia! Dormito bene?», rompe il ghiaccio Stella,
librandosi in volo
da dove era seduta e venendole incontro.
«Ho
passato notti migliori», risponde la maga con sguardo
impassibile. Cambia, poi,
subito argomento, osservando i piatti di ciascuno ed esclamando:
«Non vi sarete
mangiati tutti i waffles!»
«Donna
di poca fede, ne ho cucinati per un intero esercito più i
nove stomaci di
Stella», le rivela Cyborg con atteggiamento trionfante.
Una
volta sedutasi insieme agli altri con la colazione sul suo piatto, avverte
addosso i loro sguardi curiosi; spera con tutta se stessa di riuscire a
camuffare il tremendo disagio.
«Beh,
che avete da guardare?», opta di domandare a bruciapelo,
esternando
spontaneamente una certa stizza.
«Sì,
penso proprio sia il suo carattere», mormora Beast Boy forse
per sbaglio,
poiché la frase suona più come una riflessione
personale. A farglielo notare è
il calcio al polpaccio sferrato sotto il tavolo da Cyborg, per il quale
il
mutaforma strabuzza gli occhi. Poi si ricompone, prima di sfoggiare
all’amica
un sorriso da ebete.
Anche
l’aria inquisitoria di Robin non aiuta.
Quest’ultimo le dice soltanto: «Sai,
siamo appena usciti da un orribile scontro, il più cruento
affrontato finora. Ti
riguardava in prima persona. Ci auguriamo che ti stia
riprendendo».
«È
tutto a posto», replica semplicemente Corvina.
Lei
conosce l’intelligenza intuitiva di Robin; lui riesce a
cogliere ogni dettaglio
che stona. Se mai quest’ultimo ora stia deducendo mentalmente
la sua menzogna,
prega che abbia almeno la decenza di non insistere e assecondarla, per
il
momento.
Per
fortuna gli altri membri della squadra sono più ingenui, ma
comunque invadenti.
«Allora,
amica mia, ti va di accompagnarmi a fare un po’ di shopping
oggi pomeriggio?
Salvo imprevisti come trogknarg che
disturbano la quiete della città», le propone
Stella, esibendo un sorriso a
trentadue denti.
Prima
che Corvina possa enunciare qualsiasi cosa, Cyborg le rammenta:
«Mi hai
promesso da qualche giorno che ti saresti fatta un giro con me nella
T-Car e mi
avresti accompagnato a fare jogging al parco».
«Mettetevi
in fila!», prorompe Beast Boy gonfiandosi il petto e puntando
l’indice contro
gli altri due, «Sono più che certo che lei
preferisce stare tranquilla nella
torre insieme a me che le insegno a giocare all’unico
videogioco al quale ha
mostrato un discreto interesse».
«“Tranquilla”
e “insieme a te” nella stessa frase stridono peggio
delle unghie sulla
lavagna», è il commento che la maga riesce
finalmente a fare.
«Divertente…
Tanto lo so che in fondo ti diverte vedermi giocare, sfidare Cyborg e
Robin… e
sì, anche perdere!»
«Suvvia,
quando getterai quella maschera da dura? Non hai più niente
di cui
preoccuparti, no? Divertiti un po’!», sfugge a
Cyborg.
Sia
lei che Robin si irrigidiscono. Intanto ella realizza di aver addentato
solamente una fetta di waffle; il resto è ancora nel piatto,
ormai freddo. Il
dado di burro si è sciolto, depositandosi sul fondo insieme
allo sciroppo
d’acero.
Percepisce
addosso lo sguardo preoccupato di Robin: deve averla vista impallidire.
«Lasciamola
decidere senza litigare», propone intanto Stella,
«Corvina, cosa ti piacerebbe
fare?»
«O
magari cosa non fare»,
prende la
parola l’allievo di Batman, «Oggi potrebbe non
avere voglia di starvi dietro».
«Sentite»,
scatta la maga, senza però avere la benché minima
idea di come proseguire. È troppo
impegnata a ribollire dentro per la nonchalance quasi impudente con la
quale i
suoi compagni stanno discutendo di lei in
sua presenza.
In
momenti come questi, in genere, li avrebbe zittiti malamente e avrebbe
girato i
tacchi per tornare in camera sua; tuttavia, ora deve
recitare una parte.
Fa
un bel respiro e prosegue. «Non passerò
un’intera giornata chiusa qui dentro.
Accontenterò tutti, ma decido io
l’ordine».
«Sei
sicura che non ti stancherai?», le domanda Robin sollevando
un sopracciglio,
mentre gli altri esultano.
«Affermativo»,
è la sua replica che trasuda parecchia ironia.
Non
vede che differenza possa fare sforzarsi un altro giorno ancora, visto
che da
un po’ di tempo si sta immolando
per gli
altri e sta fingendo una spontaneità che non è
nelle sue corde.
Si
tratta solo di rimandare l’inevitabile.
L’allarme
di pericolo riecheggia ad un tratto in tutta la torre, salvandola da
quella
situazione: uno dei loro nemici di vecchia data ha ben pensato di
rapinare una
gioielleria.
«Aah~
che pizza!», si lamenta Beast Boy facendo roteare gli occhi.
Corvina, invece,
tira un quasi impercettibile sospiro di sollievo.
Robin
si alza in piedi, riacquistando la sua determinazione.
«A
dopo ogni discussione. Titans, andiamo!»
*
Per
probabile magnanima intercessione di Azarath, il combattimento contro
l’avversario si è protratto per diverse ore,
rivelandosi più arduo del previsto
poiché egli aveva i rinforzi. Non erano certamente
invincibili, ma il loro
numero era maggiore e possedevano una perseveranza invidiabile. Con
tutte le
trappole e gli infimi stratagemmi da loro ideati, i Titans sono stati
imbrogliati parecchie volte.
Alla
fine il nemico principale e alcuni suoi scagnozzi sono scomparsi, e
altri della
combriccola finiti in mano alla polizia.
Il
risultato è una squadra stremata, anche per via del caldo
afoso di quel giorno
estivo.
Tornano
a casa alquanto strapazzati. L’ora di pranzo è
passata da un pezzo. Beast Boy e
Cyborg si mettono a trangugiare cibi preconfezionati, comprati al
discount per
non cucinare; Stella e Robin spizzicano qualcosa insieme a loro.
Ciò che,
tuttavia, desiderano di più è schiacciare un
pisolino e pregare che
nessun’altra minaccia rovini il loro necessario riposo.
Nessuno
ha più voglia di fare progetti, uscire, far lavorare la
mente, e Corvina non
può che esserne compiaciuta. Ancora priva di appetito, non
esita a chiudersi in
camera sua senza fornire loro spiegazioni e curarsi dei soliti sguardi
indagatori.
Deve
fare quel che deve fare; ha bisogno di recuperare un po’ di
sanità mentale che
sente di stare di nuovo fuggendo al suo controllo. Non può
permettersi di riposare,
poiché i suoi demoni la attanagliano proprio quando
è in quella condizione di
vulnerabilità.
Offuscato
l’ambiente, dispone una serie di candele accese intorno a un
punto preciso del
pavimento, accanto al vecchio mappamondo e alla statua raffigurante una
maschera sorridente e una triste. Afferrato il suo intoccabile specchio
grigio
piombo, pesante come un vocabolario, avente quattro protuberanze
acuminate alle
estremità e due rubini incastonati sopra e sotto il vetro,
la maga si ferma al
centro del cerchio appena creato; incrocia le gambe, inizia a fluttuare
a
mezz’aria, e osserva con incredibile concentrazione la sua
immagine riflessa
nell’oggetto che tiene in mano.
Quest’ultimo
si illumina ed ella chiude subito gli occhi, pronunciando il suo
incantesimo
prediletto per la meditazione.
«Azarath
Metrion Zinthos».
Ed
ecco apparirle di fronte i recessi del suo subconscio, dove lei non
vorrebbe ma
ha bisogno di stare. Ogni creazione e avvenimento di quel luogo
è parte di lei,
rispecchia il suo stato d’animo.
Corvina
avverte folate di vento investirle l’anima, sussurrarle cose
che solo lei può
comprendere. Ogni astro, lembo di terra, goccia d’acqua
custodisce frammenti della
sua vita.
È
quello il suo complicato universo di paradossi e leggi inconcepibili
alla
ragione umana. Beast Boy e Cyborg vi si erano introdotti tempo fa; ma
ora
nessuno dei suoi amici può accompagnarla, né lei
vuole chiedere loro aiuto.
Non
è presente neanche il suo corpo, ma la sua proiezione
astrale. È l’unico modo
per avere a che fare direttamente con i vari aspetti del suo essere.
La
sua ombra comincia a vagare per quelle zone, in cerca delle
personificazioni
delle sue emozioni.
Intravede
la sagoma di quella grigia a fianco ad un tronco rinsecchito, che la
scruta col
suo solito volto malinconico e insicuro. Scorge, poi, il suo io
spensierato
sopra una nuvola solida del suo spazio pregno di colori, che ridacchia
dopo
averle agitato una mano. Si imbatte nella personalità dal
mantello verde, che
sorveglia uno dei portali occupato dalle imponenti statue di pietra; la
guarda
con occhio torvo.
Ispezionare
la sua mente non è mai stato così angosciante.
Sembra tutto uguale, ma la sua
sensibilità percepisce che certi equilibri hanno cominciato
a spezzarsi da
quando Trigon è stato sconfitto.
E
quegli equilibri sono rappresentati proprio dalle sue emozioni.
L’influenza del padre, seppur maligna, aveva avuto da un lato
l’effetto
conveniente di ammansirle. Ora che si sentono libere da tale controllo,
aspettano il momento giusto per
fare la loro mossa e tentare di prevalere sul suo intelletto.
Non
che il rapporto della maga con se stessa sia sempre stato pacifico;
dopotutto,
se esistono quelle bizzarre personificazioni, è
perché le è stato insegnato
a visualizzarle separatamente nella sua testa per averne un controllo
più
rigido, quasi soffocante, ed evitare di rapportarsene intimamente.
Sente
che la sua zona di conforto sta per essere sfaldata; ogni scusa che la
preclude
al mondo esterno sta perdendo credibilità.
Ella,
per quanto non voglia ammetterlo, sta cambiando; ma quella non
è la volta
buona, e non lo potrà mai
essere.
“Rilassati
e concentrati. Libera la
mente da ogni timore e pensiero”,
riflette una volta
fermatasi in un punto della landa desolata, “Focalizza
l’attenzione sul qui e ora, e osserva con distacco i moti del
tuo essere”.
Quando
ciò che le è intorno comincia a dissolversi,
divenire più rarefatto fino a
trasformarsi in flebili puntini di luce, il gracchiare minaccioso di un
corvo
dai quattro occhi scarlatti disturba la sua meditazione. Corvina si
accorge
troppo tardi della sagoma dal mantello arancione che sta piombando
verso di
lei.
*
Sembra
tutto nella norma: i suoi lineamenti distesi, la sua solita postura a
gambe
incrociate mentre fluttua nella sua stanza ricolma di aromi pungenti.
Eppure
c’è qualcosa che non lo convince, che non placa i
suoi istinti ferini sempre
all’erta. Sono passate quasi tre ore, e lei è
ancora in quello stato.
A
questo pensa Beast Boy mentre, trasformatosi in formica, esce dalla
camera di
Corvina da sotto la porta e ritorna umano.
«Scoperto
qualcosa?», domanda Cyborg, apparendo improvvisamente accanto
a lui e facendolo
sobbalzare. Per tutta risposta, il mutaforma avvicina un indice alle
labbra ed
emette un sonoro “Shh”
in faccia
all’amico.
«Che
ci fai anche tu davanti alla sua stanza?», sibila poi.
«Ti
cercavo, e siccome non ti trovavo ho pensato “Deve stare
spiando Corvina”»,
replica sfacciatamente l’amico, stiracchiandosi,
«Per tutti i circuiti, che bella
dormita!»
«Seh,
come ti pare. Allontaniamoci da qui prima che faccia uno dei tuoi
sbadigli e lei
ci prenda a cazzotti».
Con
sorpresa di Beast Boy, anche Robin e Stella sono svegli e hanno ripreso
la
discussione sulla loro misteriosa compagna di squadra, evidentemente
perché
neanche a loro quadrano alcune cose; il tutto mentre Robin beve
l’ennesima
tazza di caffè e Stella sgranocchia popcorn comodamente
seduta sul divano di
fronte alla TV accesa.
I
continui sguardi d’intesa e alquanto amorevoli che quei due a
volte si
scambiano mettono spesso e volentieri sottosopra lo stomaco del
mutaforma.
«E
se non si sentisse bene? Forse ha mal di stomaco e ha fatto una cattiva
digestione!», si allarma d’un tratto la Tamaraniana.
«Digestione
di cosa? Non ha toccato cibo», considera Robin.
«Sta
bene. Almeno credo», si intromette Beast Boy, balzando sul
divano e
atterrandovi in maniera sgraziata.
«Credi?»,
ripete l’allievo di Batman sollevando un sopracciglio.
«Sta
di nuovo meditando».
«Bibi
si è introdotto di nuovo nella sua camera senza il suo
permesso. Ormai è un
vizio: deve farsi sempre i suoi affari», rivela Cyborg da
dietro il
frigorifero. Afferra un cartone di latte e se lo tracanna in pochi
secondi.
Beast
Boy gli lancia un’occhiata indispettita.
«Sarò
anche troppo scettico, ma non penso le stia filando tutto liscio. Ho
brutti
presentimenti da un bel po’ di giorni», asserisce
Robin, grattandosi il mento.
«Siamo
in due», parla il mutaforma, «Mi spiegate
perché cacchio ha
ripreso a meditare se non ha più niente, o molto poco, da
tenere sotto controllo!?»
«È
quello che noi pensiamo, ma
potrebbe
non essere così», azzarda il leader.
«Lei
è ormai libera dalle influenze del suo paparino
demoniaco. O no? Mi sono perso qualcosa?», domanda
Cyborg, avvicinatosi al
gruppo con un sacchetto di patatine al bacon in mano.
«Nah,
sei al passo con i capitoli», gli risponde il suo migliore
amico.
«Magari
adesso Trigon non c’entra», riflette Robin.
«Scusate,
perché date per scontata la presenza di un
problema?», parla finalmente Stella,
«Stamattina sembrava propensa a divertirsi con noi!»
«Ehm,
se escludi le sue espressioni che palesavano una rottura di scatole nei
nostri
confronti, forse posso concordare», evidenzia Beast Boy.
«Se
ho capito bene, la situazione è la seguente: condividiamo lo
stesso obiettivo,
ossia ognuno di noi in questi giorni la sta studiando
per capire se sta avvenendo qualche cambiamento in lei. Però
sta rimanendo
deluso per ovvi motivi», sintetizza Cyborg.
«Non
ha più motivo di isolarsi! Perché si
ostina?», rimarca il mutaforma.
«Amici…»,
li richiama di nuovo Stella, stavolta in tono più sommesso,
«… io penso che il
suo comportamento sia autentico. E
se
si sentisse a disagio… proprio perché percepisce
da parte nostra aspettative
che non potrebbe soddisfare?»
Gli
altri la osservano incuriositi.
«Non
penso che la libertà dalle grinfie di Trigon significhi per
lei cambiare
necessariamente prospettiva di vita da un giorno all’altro.
Quando ci siamo
scambiate di corpi, tempo fa, ho avuto l’occasione di
conoscerla meglio.
Chiaro, in quel periodo suo padre aveva ancora potere su di lei, ma per
il
resto, il suo modo di fare mi sembrava spontaneo. Lei ama veramente
immergersi
nelle sue letture e nelle sue meditazioni senza avere nessuno che la
disturbi,
è davvero uno spirito anticonformista e solitario, e il suo
caratterino un po’
da Clorbag Varblurnelk non
è assolutamente
simulato. Secondo me lei, sapendo di non poter cambiare come noi
desidereremmo,
si comporta in questo modo perché… ci sta male.
Dopotutto, essendo da sempre
stata obbligata a soffocare le sue emozioni, non deve essere facile
abituarsi ora
ad accoglierle».
Smette
per un attimo di divagare. Nota che i suoi amici la stanno scrutando
con
espressioni a dir poco impressionate.
«Ti
ha per caso posseduto lo spirito di uno psicologo?», azzarda
Cyborg.
«Ho…
parlato troppo?», domanda l’interessata, esternando
un timido sorriso e
arrossendo.
Robin,
invece, si sente come risvegliato da uno stato di lieve torpore mentale.
Non
potrebbe mai sollevare una battuta ridicola nei suoi confronti,
perché lei è in
grado di rendere chiara l’altra faccia della medaglia di un
concetto che all’inizio
è difficile da visualizzare; Stella ha questa innata
capacità, e forse non se
ne rende pienamente conto.
È
ciò che non può fare a meno di amare della
Tamaraniana: quell’ingenuo acume che
spesso spiazza ogni possibile intricato ragionamento.
«Ci
sono altre cose che non quadrano», ribatte però
Cyborg con sguardo serio, «Che
dire dei suoi poteri? Non sono controllati dalle emozioni?»
«Mmh…
potrebbe avere difficoltà a gestirli se desse loro il via
libera. Quindi
sarebbe comunque obbligata a frenarle», torna a ragionare
Robin, nuovamente
preoccupato.
«Ascoltate»,
prende la parola il mutaforma dopo aver emesso uno sbuffo,
«Anch’io una volta
ho avuto l’occasione di conoscerla meglio, insieme a Cyborg.
È una vicenda che
le abbiamo promesso di non rivelare, e io ho intenzione di mantenere la
parola.
Vi dico solo che Corvina è perfettamente capace di essere
spiritosa, energica,
anche un po’ folle; insomma, molto diversa da come si mostra
a noi. Non penso
sia come dice Stella. Cioè… sì, ci
può stare da una parte, ma dall’altra sembra
che lei si rifiuti di accettare
altri
lati del suo carattere. Mi seguite?»
«Non
può averci mentito per tutto questo tempo! Vuol dire che lei
preferisce semplicemente mostrarne
alcuni!», insiste Stella, accigliandosi.
«Ha
dimostrato più volte di essere in grado di bilanciare le sue
emozioni e i suoi
poteri, per esempio quando i vestiti le diventano bianchi e sbrilluccica!»
«Che
ne sai degli sforzi che potrebbe fare per controllarli mentre
è in quello stato?»
«Quando
si era presa una cotta per quel coso
sputafuoco
non sembrava tanto sofferente!»
«Bibi»,
lo richiama Robin, «Non mi sembra il caso di riportare alla
luce quella
storia».
«Okay,
stiamo degenerando!», sbotta Cyborg mentre si massaggia le
tempie.
«Sembra
quasi come se… non la accettassimo davvero per quello che
è. E questo si
ripercuote sulla sua autostima», interviene di nuovo Stella
con aria
dispiaciuta, «Guardate cosa stiamo facendo: discutiamo di lei
senza che lo
sappia e pretendiamo anche che agisca come ci aspettiamo. Se ripenso a
come mi sono comportata con lei in questi ultimi giorni, mi sento terribilmente
in
colpa…»
«Questo
non è vero!», si difende subito il mutaforma,
«Okay, blatero spesso sul suo
conto, mi lamento del suo comportamento e a volte la prendo pure in
giro, ma
io… io sarei il primo a cui mancherebbe il suo modo di
fare!»
«Stella,
noi l’abbiamo sempre accettata, anche all’inizio
quando non sapevamo niente di
lei. Abbiamo subito accettato anche te, nonostante ci avessi attaccato.
Ci
siamo accettati tutti quanti perché abbiamo compreso a pelle
che potevamo
fidarci l’uno dell’altro», le ricorda
Robin, «Ciò che non accettiamo, in
realtà,
è la probabilità che lei ora stia soffrendo di
nuovo, e che questo la possa
precludere dall’essere come gli altri».
«Perché
le vogliamo bene, ci vogliamo
bene!»,
aggiunge Cyborg, dando una pacca sulle spalle di Beast Boy,
«Se siamo stati un
po’ invadenti, chiariremo presto tutto e ci scuseremo. Se ci
sono problemi, le
offriremo supporto e vicinanza. È ciò che fanno
gli amici!»
«Avete
ragione», risponde la Tamaraniana dopo un attimo di silenzio,
tornando a
sorridere fiduciosa.
*
«Azarath
Metrion Zinthos…»
Mentre
Corvina nella sua stanza sussurra di nuovo l’incantesimo, nel
suo subconscio si
sta scatenando una battaglia, che comincia a palesarsi sul suo corpo
meditante
sotto forma di sudore che le imperla la fronte.
La
sua anima astrale è prigioniera nel suo universo messo a
soqquadro dalle sue
stesse energie emotive che ancora una volta cercano di violare la sua
psiche e
ribellarsi al suo stoico volere.
Corvina
sente il suo spirito vulnerabile, come rivestito di carne invisibile.
Esso è
continuamente leso da certe visioni e atteggiamenti invadenti dei suoi
cloni.
Il
cielo è divenuto rosso sangue, le stelle somigliano a occhi
infuocati che la
scrutano con insistenza, spogliandola di ogni segreto,
fragilità. Ella
percepisce un caldo afoso, infernale che la marchia in ogni punto,
rammentandole
dell’imposizione del marchio di Skath.
Pur
avendo i cinque sensi affinati, non possiede voce per gridare, occhi
per
piangere, corpo concreto per difendersi.
“Chi
sono io veramente?”,
ascolta d’un tratto uno dei suoi stessi pensieri che rimbomba
nell’etere
circostante.
«Perché
ti domandi qualcosa di cui non vuoi avere risposta?», sente
poi un’altra voce
identica alla sua, che non appartiene alle sue riflessioni.
Avverte
una fitta in corrispondenza della schiena, e subito dopo si ritrova a
terra. Si
volta a fatica: a fianco a lei vi è il suo io dal mantello
arancione, che la
osserva con stizza. È stata lei ad attaccarla.
«Codarda»,
non si risparmia di dirle quella con una smorfia di scherno sul volto.
Non
c’è modo che la lascino tornare a meditare per
cercare di placare le sue
personalità. Tuttavia, in quella situazione non
può assolutamente permettersi
di arrendersi a loro, fuggire, svegliarsi; e non può neanche
fare loro del
male, poiché danneggerebbe anche se stessa.
«Che
c’è? Hai paura?», riprende a stuzzicarla
il suo alter ego sgarbato.
«Io
non temo nulla!», irrompe la sua personalità
vestita di verde, balzando giù da
un masso roccioso.
«Tu
sei fatta di coraggio. Di Corvina
noi
manteniamo solo il nome», asserisce l’altra.
«Ridicolo!
E cosa potresti mai temere per continuare a farci marcire nella tua
mente?»,
domanda dunque la verde allo spirito della Corvina originale,
«Di aprirti, per
caso, a sentimenti più sconvolgenti? Cambiare stile di vita?
Superare certi
traumi? Deludere in qualche modo i tuoi amici?»
«Wow,
bella trovata! Falle perdere il totale lume della ragione,
così ci spedisce in
chissà quale dimensione!», è il
commento ironico dell’arancione.
Le
stanno palesemente leggendo il cuore. Loro possono, perché sono lei.
Il
peso della verità è, però, ancora
troppo pesante per le spalle fragili della
maga, che dovrebbero trovare la forza di sobbarcarlo. Ne ha davvero
abbastanza di
tutto ciò.
Vorrebbe
tapparsi le orecchie, serrare le palpebre, ma il suo corpo terreno non
le può
dare ausilio. In quello stato, la sua anima astrale comincia a
dimenarsi come
una fiamma ardente, dipanandosi minacciosamente verso i suoi io.
«Azarath
Metrion Zinthos…»
La
risata insopportabile e penetrante della sua personalità dal
mantello rosa è ciò
che paradossalmente stride di più in mezzo a tutti quegli
scherni e rivelazioni
delle sue intime paure; essa è ciò che
più minaccia di farla divenire di nuovo
succube della sua rabbia.
«Azarath
Metrion Zinthos…»
Avverte
un fastidio perturbante, come una scarica elettrica provata per pochi
millisecondi: si tratta del lieve ma avvenente tocco del suo io da lei
ritenuto
più impuro, quello che la sua famiglia e intera stirpe ha
bandito e le ha impedito
di accogliere. Davanti a lei la Corvina in veste di uno sfolgorante
mantello
viola: colore del mistero, dell’istinto.
La
sua personalità più audace riesce a infrangerle
ogni barriera, facendole
percepire quel tatto, quella violazione sulle braccia, sulle spalle,
sul viso,
poi sul collo, sul petto, sui fianchi.
Il
corpo di Corvina freme.
«Sei
rigida», constata la viola con un tono di voce lascivo e
mellifluo che la maga
stessa non avrebbe mai immaginato di poter adottare, «Da
quanto tempo non ti
sciogli un po’? Magari con qualcuno? Eppure le opzioni
non ti mancano!»
«A
Corvina piacciono i tipi strani, soprattutto bugiardi»,
infierisce l’arancione,
«O forse dovrei dire che li prediligi tu».
«Mea
culpa», ammette infatti la personalità viola,
facendo spallucce, «Quella volta
le ho infiammato parecchio gli ormoni. Per una volta che mi aveva accettato dovevo scatenarmi,
no?»
«È
tutto inutile», parla la grigia, tenendo il capo chino,
«Quando provo a essere
felice, accade qualcosa di brutto. Le persone tradiscono la mia fiducia
e…»
«Perché,
ora come ora, tu sei l’emozione che più rovina noi
e Corvina», sostiene di
nuovo l’arancione spazientita, incrociando le braccia. Come
se non bastasse,
emette un sonoro sbadiglio.
«Non
può negare, però, che in quel momento si sia
sentita rinascere», riprende il
discorso la viola, osservando intensamente l’anima astrale
della sua padrona,
spettatrice inerme della vicenda. Ha invaso i suoi spazi, rivolgendole
un
sorriso ammiccante e standole ad un respiro dal volto.
All’improvviso,
dalla maga si propaga una sorta di guizzo elettrostatico che
infastidisce e fa
indietreggiare la sua personalità lasciva. Corvina sta
tentando disperatamente
di riprendere il controllo.
«Azarath
Metrion Zinthos…!»
Dopo
lo stupore iniziale, la viola corruga la fronte e, mantenendo un
sorriso
sinistro, intima: «Eddai, Corvina… facci
uscire!»
Più
la maga cerca di respingerle, più loro diventano ostinate.
È a questo che
riflette mentre le scorge disporsi in cerchio intorno a lei, sollevarsi
e
vorticare nell’etere fino a divenire una scia luminosa.
E
poi dolore. Un malessere inconcepibile attraversa il suo corpo terreno,
che
suda freddo; aggredisce il suo cervello.
La
sua anima si contrae in spasimi.
Lo
riconosce forte e chiaro: è lo stesso disagio della notte
scorsa.
Prova
subito emozioni sconnesse: terrore, rabbia, coraggio, tristezza,
allegria;
talvolta niente. Sente di stare
impazzendo.
A
quel punto può fare un’unica cosa. Rilasciata una
strana energia addosso a sé, si
sente immediatamente soffocare, avverte i suoi sensi venire meno.
L’ultima
cosa che percepisce sono i gemiti delle sue stesse emozioni mischiati
ai suoi.
*
Quattro
voci a lei familiari sono i primi suoni che Corvina sente non appena
riprende i
sensi. Queste ultime smettono di borbottare quando ella contrae i
lineamenti
del suo volto.
Aperti
gli occhi, si ritrova le facce preoccupate dei
suoi
compagni. Riconosce immediatamente l’ambiente e il letto sul
quale è stata
adagiata, entrambi propri dell’infermeria.
L’emicrania
è lancinante; la maga suppone che un colpo in testa sferrato
alla massima
potenza con una mazza da baseball le avrebbe fatto meno male.
«Amica
mia, stai bene?», le domanda subito Stella afferrandole una
mano.
Corvina
è decisamente imbarazzata per la situazione.
«Abbiamo
sentito un tuo urlo e ti abbiamo trovato svenuta in camera
tua», aggiunge
Cyborg.
“Grandioso”,
commenta mentalmente lei, serrando la mandibola.
Prova
a mettersi seduta, ma si sente debilitata; quella battaglia psicologica
le ha
prosciugato persino le forze. Robin corre in suo aiuto, sorreggendola
dalle
spalle mentre Beast Boy le sistema il cuscino più in alto.
«Puoi
dirci cos’è successo?», le chiede il
ragazzo prodigio con tono cortese, sebbene
sia l’ultima domanda da lei desiderata in quel preciso
istante.
«È
stata colpa nostra? Ti abbiamo spaventato? Abbiamo causato fastidi nella tua testa? Parla, ti
prego!», prorompe la Tamaraniana
con occhi lucidi e le mani giunte, «Se è
così, perdonaci…»
«Ho
avuto un mancamento. Ecco tutto», riesce a dire Corvina,
meravigliandosi per la
propria voce terribilmente fiacca, «Lo scontro di oggi mi
ha… provata».
«Fino
a gettare un urlo del genere?», rimarca Cyborg con palese
diffidenza, «Ti
facevo più resistente! Sicura di non aver visto uno spettro
o qualche demone?
In camera tua non mi sorprenderebbe».
«Finiscila»,
lo zittisce lei aggrottando la fronte. Accortasi immediatamente dopo
del tono
scortese che gli ha rivolto, torna ad osservare l’amico.
Quest’ultimo ha
assunto un’espressione tra l’imbarazzato e
l’affranto.
«Okay,
ho detto una stronzata. Scusami», ammette lui,
«Volevo solo alleggerire il mood».
«No,
scusami tu. Sono solo un po’ nervosa… e ho mal di
testa. Vorrei riposare».
Guarda
Robin, sperando che anche quella volta capisca con un solo sguardo i
suoi
bisogni.
E
così è.
«Lasciamola
per conto suo: ha bisogno di riprendersi. Discuteremo di ogni cosa
quando vorrà
lei», delibera egli infatti, lasciando Stella, Cyborg e Beast
Boy alquanto
perplessi ma comunque accondiscendenti.
Quando,
però, la stanza è di nuovo vuota, lei avverte
subito i primi pensieri scomodi.
No,
non può richiamare i suoi amici per timore.
Si rifiuta di essere così vulnerabile.
Inoltre,
c’è un’altra cosa che la importuna: la
consapevolezza di non essere in realtà
completamente sola.
«Potrei
percepire la tua presenza anche se fossi un pidocchio», parla
dunque
spazientita.
Il
moscerino dal colorito verdognolo nascostosi sotto una sedia vicina
all’ingresso
esce allo scoperto e si ritrasforma nella sua versione umana, che la
guarda con
fare annoiato.
«Non
quando hai la concentrazione altrove», rimbecca Beast Boy.
«Cosa
non ti è chiaro della frase di Robin?»
«Nulla,
ho inteso tutto. Ma sai, alla fine agisco sempre
d’istinto».
«Non
te ne dovresti vantare», asserisce la maga sollevando un
sopracciglio, «E
comunque ti conviene dargli ascolto, perché non ho la minima
voglia di
discutere. Ci confessiamo
più tardi».
Per
conferire un significato concreto alle sue parole, si sdraia di nuovo
sul
materasso e si volta dall’altra parte senza aspettare
un’approvazione da parte
dell’amico.
«Mh»,
emette il mutaforma facendo spallucce, «Vorrà dire
che resterò qui a vegliarti
mentre dormi, e a farti tornare a ragionare in caso di
complicazioni».
La
maga avverte una bizzarra sensazione al petto, un certo calore, quando
gli
sente pronunciare la parola “vegliare”.
Torna
ad osservarlo, girandosi di nuovo nella sua direzione e mantenendo
un’espressione
disinteressata.
«Ti
è venuta la sindrome da crocerossina?»
«Mah,
ritengo semplicemente che stare in compagnia sia meglio», le
risponde schietto,
«E poi ho notato che questi fattacci
accadono
soprattutto quando sei sola. Hai proprio bisogno di distrarti! Per una
volta
l’intero gruppo potrebbe optare per una rilassante giornata
in piscina!»
Da
quando lei è così scontata agli occhi degli
altri? E da quando lui è così
perspicace?
«Secondo
me può aiutarti questa nuova battuta che ho imparato.
Riguarda, per giunta, voi amanti
della carne», continua Beast
Boy.
«Risparmiatela».
«Un
salame chiede ad un coltello: “Cosa provi per
me?”»
«Vattene».
«Il
coltello gli risponde: “Affetto”!»,
conclude prima di sganasciarsi dalle
risate.
«Mi
rifiuto di credere che l’hai detto davvero»,
è l’unica reazione blanda della
giovane.
Tra
una freddura squallida e l’altra, che
stranamente Corvina gli lascia dire, l’atmosfera viene resa
molto meno tesa.
Tuttavia, alla fine entrambi rimangono in silenzio; o meglio, Beast Boy
esaurisce finalmente il repertorio di barzellette.
La
maga, rimessasi intanto seduta, si stiracchia le braccia. Sospira e le
viene il
coraggio di rivelargli: «So che cosa vorresti
chiedermi».
L’affermazione
lo spiazza non poco, intimorendolo. «Oh»
«Noto
che dimentichi spesso la mia empatia».
«No,
è che… uh… quindi cosa avresti
colto?», azzarda poi.
«Ti
domandi il motivo della mia eccessiva riservatezza, secondo te
inutile», palesa
lei. Poi lo scruta più seria. «Credevo mi
conoscessi meglio. Ti sei addirittura
introdotto nella mia mente».
«Sì,
ma in quel periodo tuo padre ti stava alle calcagna! Pensavo
che… cioè… Vorrei
solo sapere se la tua personalità incoerente
è nella norma e non c’è altro
che ti turba», blatera con una buffa smorfia
sul volto.
«Comprendi
che avrei tutto il diritto di sentirmi offesa per questa tua
considerazione?»,
domanda Corvina a mo’ di replica, poggiando il mento sopra
una mano e
tamburellando le dita dell’altra sul materasso. La sua
espressione non
trasmette, però, irritazione.
Prima
che lui possa dire altro, lei lo anticipa. «Ti ho
già detto che la mia voglia
di parlare è ora pari a zero. Se però
può aiutarti a trascorrere meglio il
resto della giornata, ti comincio a spiegare una cosa».
Gli
occhi di Beast Boy si ravvivano dalla curiosità; le sue
orecchie a punta guizzano
in alto come antenne.
«Non
siete voi il problema. Siamo una famiglia e io qui sto bene. Si tratta
di me,
di una consapevolezza che… non riesco ad
accettare».
«Sarebbe?»
La
vede subito dopo avvicinare le gambe al petto e rannicchiarsi con
palese disagio.
«S-Se
vuoi dirmelo», aggiunge mettendo le mani avanti.
«Sto
cambiando, Bibi», risponde lo stesso lei, «Proprio
perché mio padre non è più
presente nella mia vita. Sì, sono più libera, ma
non è facile adeguarmi: fin
dalla nascita mi è stato insegnato ad agire in un certo
modo, completamente
diverso. Per non parlare dei miei poteri… A volte vorrei
estirparli, ma non
posso: sono parte di me».
«Non
mi è chiaro questo: tu hai dimostrato diverse volte di poter
controllare sia i
tuoi poteri sia le tue emozioni. Hai presente i tuoi cloni
multicolore? Io e Cyborg sappiamo benissimo quante
sfaccettature della personalità ci sono dentro di te; se tu
volessi, potresti
controllarle. Cosa ti blocca? Cosa ti manca?». Si ferma un
attimo. «Sono
abbastanza logorroico, vero?»
«Giusto
un po’», si limita a replicare Corvina. Non
può fare a meno, comunque, di
trovare quel lato dell’amico alquanto interessante.
«Aspetta»,
riprende ancora lui, ormai immerso nelle riflessioni. Batte un pugno
sul palmo
della sua mano destra e, soddisfatto, sbotta: «A-ha! Forse ho
capito! Non ti
senti motivata a sufficienza! Hai bisogno di una ragione
per cambiare! Ci vuole qualcosa che ti sappia rendere più
spontanea, o qualcuno
che-»
Per
fortuna realizza subito la piega assai personale che sta prendendo la
discussione. Vedendola irrigidirsi, smette all’istante di
ragionare ad alta
voce.
«Okay,
potrei aver scavato un
po’ troppo.
Scusami», non esita a dirle arrossendo e grattandosi la nuca.
Per
tutta risposta, Corvina si alza definitivamente dal letto. Non si sente
al
pieno delle sue energie, ma ha bisogno di cambiare aria.
«Me
ne vado in camera. Sarà immersa nel disordine».
Il
mutaforma le si avvicina, protendendo le braccia verso
quest’ultima.
«Ce
la faccio da sola», assevera, inibendolo ulteriormente.
Notando, però,
l’espressione alquanto affranta del ragazzo, aggiunge:
«Non ce l’ho con te. Hai
parlato a sufficienza, ma non hai detto stupidaggini».
Egli,
sorpreso, la segue con lo sguardo mentre lei si reca verso
l’appendiabiti sul
quale vi è il suo mantello blu.
«Alla
fine…», le viene spontaneo concludere mentre se lo
infila, riconoscendo che
Beast Boy sa anche essere un bravo terapeuta, «…
io rimango il peggior nemico
di me stessa. Ma starò meglio, non dovete
preoccuparvi».
La
mano del giovane si posa pochi secondi dopo sulla sua spalla. Lei si
volta e lo
vede sorridere.
«E
soprattutto, ricorda che non sei sola», le dice.
Una
frase che Corvina aveva tanto bisogno di risentire; un insieme di
parole per
nulla scontato, che talvolta è necessario reiterare a una
persona come lei,
instabile e quanto mai bisognosa di certezze.
*
Una
parte di ciò che era necessario chiarire viene discusso
quella sera, di fronte
ad un cartone gigante contenente una pizza ai peperoni.
Beast
Boy e Cyborg giocano a morra cinese per aggiudicarsi l’ultima
fetta, Stella
finisce di divorarsi la sua ultima che ha appena decorato con qualche
spicchio
d’ananas, Robin e Corvina mangiano in silenzio la loro
porzione. Quest’ultima è
intensamente grata alla sua unica e vera famiglia, sempre capace di
consolarla,
comprenderla, farle tornare il buonumore.
Percepisce
l’intento degli altri di farla sentire il più
possibile a suo agio. Forse anche
troppo.
«Niente
cambiamenti drastici!», esclama, per esempio, Stella al colmo
della gioia, mentre
trasferisce sul suo piatto l’ennesima porzione di pancake al
cioccolato bianco.
Tuttavia,
la maga non si sente affatto in imbarazzo. Anzi, propone di passare le
prossime
giornate in maniera differente, utilizzando parole come
“cinema”, “shopping” e
addirittura “videogiochi”.
«Sei…
sicura?», le domanda Robin stupito, «Non ti devi
sentire costret-»
«Ti
dovresti preoccupare se non l’avessi suggerito io»,
rimarca lei, sfoggiando un
sorriso d’intesa che lascia poco spazio ad altri dubbi.
*
Sono
le due di notte. Il sonno di Corvina è profondo ma non
esattamente distensivo.
La
maga ha compreso due cose: che a volte non basta tentare di alleviare
da sola i
dolori del suo animo, ma che allo stesso tempo contare unicamente
sull’aiuto
dei propri cari non è abbastanza.
L’insorgere
di qualsiasi emozione molesta dipende soprattutto
dalla predisposizione della persona interessata di fronte al potenziale
pericolo
o alla cattiva notizia. La pace dei sensi è una condizione
mentale spesso
difficile da raggiungere.
Ed
è proprio con tale consapevolezza che ora sta vivendo un
sogno lucido e affrontando
le sue emozioni personificate.
Parla
con loro; ragionano come madre e figlie.
L’una
trasmette i suoi timori all’altra, sapendo anche ascoltare in
silenzio. È un
insolito monologo che solo lei può permettersi di fare, nel
quale trova il
coraggio di essere sincera con i propri sentimenti e far uscire allo
scoperto
ogni risposta scomoda ai suoi dilemmi, ogni ragione celata con
timidezza. Ogni
paura è messa a nudo e studiata con una certa
razionalità.
«Ho
bisogno di tempo», conclude poi, per convincere
definitivamente i suoi cloni a
seguire con pazienza ogni suo piccolo, delicato passo.
Con
la promessa che Corvina avrebbe presto spezzato quelle catene, i suoi
io le
sorridono e si congedano, lasciandola riposare.
*
Un anno dopo
Melvin,
Timmy e Teether sono i nomi dei bambini che Robin sta ricercando
all’interno
della stanza provvista di monitor, per comprenderne
l’origine, l’aspetto e i
superpoteri. Il ragazzo è visibilmente impressionato dalla
loro giovanissima
età.
“Bambini
prodigio, dunque”,
pensa mentre scorre i data file, “E
ricercati
dalla Confraternita del Male. Saranno certamente al sicuro
all’interno di quel
monastero, ma prima devono esservi scortati con altrettanta
sicurezza”.
Comincia,
in seguito, ad assegnare incarichi differenti a ciascuno dei membri:
Beast Boy
l’avrebbe accompagnato in una sua personale missione, Cyborg
e Stella si
sarebbero occupati di un’altra faccenda.
Ciascuno
di loro tranne Corvina.
«Significa
che, per una volta, ho un giorno completamente libero nel quale devo
solo
sorvegliare la torre e non ho nessuno di voi tra i piedi?»,
suppone la maga non
appena il mutaforma, quella sera, la informa delle novità.
«Beh,
sì e no. Di sicuro non avrai noi
intorno», fa il vago lui, roteando gli occhi e sfoggiando una
smorfia sorniona.
Smorfia
alla quale Corvina reagisce sollevando diffidente un sopracciglio.
“Non
penso mi detesterà; forse un
po’ all’inizio”,
riflette Robin mentre insegue con la
moto il suo obiettivo in una zona arida situata a qualche chilometro
dalla
città, “Sì,
ho avuto una bella idea”.
•••
{Note e
curiosità}
Sono
cosciente di stare “debuttando” in un fandom
purtroppo
poco frequentato, ma da quando ho ri-scoperto questa meravigliosa serie
con
tutti i suoi adattamenti, non posso non fantasticare su nuove trame
praticamente ogni giorno.
Che
dire di Corvina - o Raven; sono solita chiamarla in un modo o
nell'altro a seconda degli adattamenti -? È il personaggio
che, fra tutti quelli
delle mille altre serie che finora conosco, considero mia soulmate. Con lei ho sentito da subito
una profonda connessione
mentale ed emotiva per diversi motivi. Già da piccola,
quando seguivo
assiduamente il cartone in TV, l’avevo
“inquadrata”; ora più che mai posso
comprendere perché è tanto amata.
Ho
scelto “cuore di vetro” come titolo
perché sintetizza chi
e come è veramente.
Vetro;
non ghiaccio, né pietra. Per quanto lei possa
sembrare stoica, impassibile, inaccessibile, nell’opera ha
dimostrato diverse
volte di essere più vulnerabile di quanto si potesse
pensare. Ha un animo molto
sensibile che bada di celare e tenere a freno proprio perché
sa che può essere
ferito con facilità.
Come
un oggetto di vetro, che è fragile e ha bisogno di
trattamenti speciali, anche la sua persona richiede precauzioni (come
la meditazione)
che, però, spesso non sono sufficienti neanche ad una mente
“allenata” come la
sua.
Mi
sono sempre chiesta come Corvina si sia ripresa da quando
Trigon è stato sconfitto fino all’inizio della
quinta stagione (un anno dopo).
Volevo approfondire questa parte, soprattutto perché
nell’ultima serie non ha
mostrato cambiamenti tanto eclatanti, nonostante fosse libera dal
padre. In
questa fanfiction ho dato una possibile interpretazione di come si sono
evolute
le cose e perché, inserendo anche alcuni headcanon personali.
Qui
ho deciso di analizzare in maniera bilanciata i rapporti
che lei ha con gli altri membri (e anche certe loro caratteristiche che
vorrei sviluppare
più avanti), pur avendo un soft
spot per
le sue interazioni con un certo simpatico mutaforma.
Robin,
si sa, è colui che la comprende meglio e al volo. Loro
due sono molto simili. Se lui ha scelto di affidare i tre bambini
proprio a
lei, è perché conosce le sue
potenzialità, il suo segreto lato affabile e
soprattutto perché sapeva che tale esperienza
l’avrebbe aiutata a uscire dal
guscio e provare qualcosa a se stessa. Almeno, è
ciò che penso.
Se
vi piace come e cosa scrivo, vi invito a seguirmi sulla
mia pagina Facebook (qui),
ancora novizia ma che
presto arricchirò con W.I.P., curiosità e
ovviamente aggiornamenti di storie.
Sono molto attiva anche su Tumblr e Twitter (trovate tutti i link nella
Bio).
Spero
di essere la benvenuta! Tornerò sicuramente: ho molte
idee nel cassetto. ♥ Ringrazio in anticipo chiunque
leggerà e vorrà farmi sapere
un suo parere, anche piccino.
Jā ne,
Alyss
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