Sherlock Holmes (non) ha un cuore

di Anwyn
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Lestrade era appena uscito, portando via con sé tutto quell’alone di ignoranza e superficialità che lo contraddistingueva.
«Che uomo mediocre», disse Watson ad alta voce, mentre Sherlock era intento a spalancare le finestre del disordinato soggiorno. L’arroganza della polizia lo pungeva nel vivo.
Tirando una delle spesse tende verso il muro per far entrare l’aria, lo sguardo infallibile di Holmes notò un particolare curioso che pendeva da una delle pieghe del pesante tessuto.
Era un nastro di raso nero, bordato di pizzo. Un piccolo pezzo di stoffa che avvolgeva un biglietto. Un angolo si intravedeva attraverso il tessuto.
La mano di Sherlock per un attimo esitò, mentre qualcosa dentro di lui si risvegliava. Un senso di stupore, meraviglia e rabbia lo stava invadendo.
«Va tutto bene, Sherlock?», domandò dubbioso Watson, alzando lo sguardo dalla terza pagina del quotidiano locale. Aveva notato un curioso imbarazzo nel comportamento dell’amico.
«Devo cambiarmi la camicia. Non venirmi a disturbare, Watson», rispose di fretta Holmes, infilandosi il riquadro di seta nella tasca interna della giacca con un gesto veloce.
Adesso tutti i messaggi e le chiamate avevano un senso. Holmes si sentiva così stupido a non averci pensato.
La Donna era tornata di nuovo a Londra. Era stata in casa. Si era intrufolata sotto i suoi occhi così attenti verso il mondo, ma così miopi con lei.




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