Marinette viveva nella sua nuova casa nel sud della Francia da ormai
due mesi dopo il suo matrimonio, durante i quali le sue nuove amiche
della cittadina erano sempre riuscite a tirare in ballo il solito
argomento durante l'ora del tè. Era sulla bocca di tutti in
quei giorni.
– Dicono sia un fantasma. – aggiunse Juleka
Couffaine mentre appoggiava sul tavolino la tazza da tè,
scostandosi di nuovo la lunga frangia nera che continuava a caderle sul
viso.
– Io ho sentito che è uno dei nipoti del vecchio
Dubois che si diverte a spaventare la gente di notte. – disse
Mylène Haprèle accennando ad una risatina coperta
dal suo ventaglio rosso porpora
– Ma sta zitta, che dici!? Quello non avrà nemmeno
diciott’anni e questa storia me la raccontava sempre mia
nonna che a sua volta l’aveva sentita da sua nonna.
– la interruppe Alya Cèsaire brusca
– Allora sarà una burla a conduzione familiare,
ora non scaldiamoci su... – disse Rose Lavillant, cercando di
calmare le dame di fronte a lei agitandosi un pochino
– Mio cugino mi ha riferito che alla taverna si mormora sia
uno straniero. – disse Alix Kudbel, appoggiandosi
distrattamente sulla poltroncina verde con lo sguardo perso nel vuoto.
Dal momento in cui l'aveva conosciuta Marinette nutriva grande rispetto
per lei, andava a caccia con altri uomini, faceva sport, e rinnegava il
ruolo da "donna di casa" che infondo anche a lei andava stretto.
Soltanto che non aveva avuto abbastanza coraggio per opporsi al
matrimonio combinato dai suoi genitori; che negli ultimi anni si erano
molto impegnati, nonostante le umili origini, a far entrare la loro
unica figlia in società per darle il matrimonio e la vita
che meritava.
Di tutto ciò di cui le dame parlavano, la storia del
cavaliere dal penetrante sguardo e la scintillante armatura era
l’unica che le interessasse davvero. Ma, dato che
c’erano troppi pochi dettagli su cui parlare per ricevere
più informazioni; le conversazioni si spostavano subito su
altro, per sommo dispiacere di Madame Marinette Couffaine, che nella sua mente
sentiva riecheggiare le rime della poesia.
Quel nero destrier, i cui
passi
ascolto nei sogni, quando
l’ombra scende,
e passando al galoppo,
m’appare
dalla notte nelle
fantastiche strade
da dove viene? Quali
sacre e
terribili regioni ha
incrociato, d’apparir
tenebroso e sublime
tanto, e da provar
un fremito
nell’agitato crine?
Un cavalier dal
penetrante sguardo,
vigoroso, ma placido,
all’aspetto,
di splendente armatura
rivestito,
senza timor cavalca
l’animale strano.
E il nero destrier dice:
“Io son la Morte!”
Risponde il cavalier:
“Io son l’Amore!”
Lei si era sposata a Maggio, con Monsieur Luka Couffaine,
promettente dottore e abile musicista nel tempo libero. Il matrimonio
era combinato dai genitori di entrambi per promesse fatte da vecchie
amicizie; e anche se la dote della giovane non era tra le
più promettenti, la bellezza che incorniciava la ripagava
tutta. Al momento della loro unione Couffaine aveva già
compiuto ventisei anni, mentre lei ne aveva appena ventiquattro.
Marinette aveva passivamente accettato la cosa, consapevole che il suo
destino era scritto da ben prima che nascesse e ribellarsi sarebbe
stato inutile e controproducente verso gli sforzi della famiglia, e
anche Luka, ma per motivi diversi: lui, infatti, era troppo impegnato a
crearsi una carriera per preoccuparsi cose come l’amore e il
matrimonio.
Tuttavia, quando aveva incontrato per la prima volta la sua futura
sposa, era rimasto letteralmente folgorato: la bellezza della giovane
era innegabile; tutto di lei lo attirava, dalle movenze delicate alla
voce vellutata, dallo sguardo che spesso si perdeva in
chissà quali pensieri alle mani affusolate e pallide,
pallide come del resto ogni altra parte del corpo.
Purtroppo, per Marinette non fu la stessa cosa; certo
l’avvenenza e il carisma di Luka erano, anch’esse,
innegabili, ma aveva capito da subito che per lui non avrebbe potuto
provare nient’altro che andasse oltre la semplice e genuina
amicizia. Non aveva esitato a renderglielo noto.
Lui ne era sì rimasto ferito, ma capiva perfettamente i
desideri della sua sposa. Per affogare il dolore si era gettato a
capofitto ancor più nel lavoro.
Dopo il matrimonio, erano andati a vivere in una lussuosa villa a tre
piani, nel villaggio natale della madre di lui; era un posto
relativamente tranquillo. I genitori di entrambi gli sposi
l’avevano definito il posto ideale dove approfondire il
rapporto e dove gestire una gravidanza.
Ogni volta che sentivano la parola gravidanza, Luka e Marinette
sussultavano: nessuno dei due era pronto a diventare genitore, ma
sapevano che, purtroppo, non avrebbero potuto evitarlo.
Tuttavia, cercavano di pensarci il meno possibile.
Nei confronti l’uno dell’altra erano amorevoli ma
discreti, si venivano incontro nelle cose piccole e in quelle grandi
come avrebbero fatto due amici. Ma nessuno dei due era veramente
felice, e ne erano entrambi consapevoli.
A dispetto delle apparenze, Marinette era una ragazza con una
fantasia senza confini; le sarebbe piaciuto molto viaggiare e divenire
una stilista, ma, come sapeva fin troppo bene, a volte il destino ha
altri piani e se infischia altamente di quello che desideriamo e
sogniamo.
Per questo motivo, dunque, la storia del misterioso cavaliere la
affascinava come non mai; i fantasmi l’avevano sempre
attratta, forse perché se li immaginava tristi e soli come
si sentiva lei.
Ogni volta che poteva, perciò, dopo il tramonto, si
appostava dietro la finestra e fissava il buio, ma nessun aitante e
misterioso cavaliere apparve mai.
A Luka il curioso comportamento della giovane non passò
certo inosservato e dopo un paio di mesi di silenzio ed ipotesi, le
chiese spiegazioni. Marinette all’inizio si manteneva sul
vago, aveva troppa paura di fare la figura della bambina davanti a suo
marito, ma alla fine cedette.
– Un cavaliere misterioso, dite? Mia madre mi aveva
raccontato qualcosa del genere... sì, ne sono sicuro, questa
storia non mi è nuova. E dunque, ancora non lo avete visto
coi vostri splendidi occhi? –
La ragazza, arrossendo per il complimento, fece di no con la testa, e
lanciò un’occhiata alla strada.
Luka la osservò: aveva una scintilla negli occhi quando
parlava del cavaliere, sembrava quasi febbricitante, e anche la voce
appariva diversa.
– Beh, direi che questo mistero abbia bisogno di essere...
risolto, ecco. – le disse.
– E come? – chiese lei abbacchiata, girandosi di
nuovo verso la finestra.
– Non saprei. Forse andando incontro al nero destrier e al
suo cavaliere. –
La giovane si voltò di scattò a guardarlo, gli
occhi sgranati, le guance arrossate dall’eccitazione.
– I-io? Da sola? –
– Certo, perché no. Siete all’altezza di
questo compito? –
Marinette gettò una rapida occhiata alla strada, poi
tornò a guardare Luka, il quale rischiava di sciogliersi a
causa della tenerezza che lei gli suscitava.
– Io stesso mi accerterò che le strade siano
sicure, prima che voi andiate. -
Lei ci pensò su alcuni istanti, poi annuì
vigorosamente.
– Perfetto. Domenica sera può andar bene? Ci
sarà la luna piena, così la visibilità
sarà migliore. –
Domenica sera, poco prima di mezzanotte, Luka rientrò in
casa e sua moglie gli corse incontro.
– Allora? – chiese concitata.
– Via libera, è tutto tranquillo. Non per questo,
però, dovete abbassare la guardia. –
Lei inspirò pesantemente, drizzò le spalle e gli
sorrise.
– State tranquillo, caro. Sarò presto di ritorno e
si spera con buone notizie. –
Fece per uscire, ma quando si trovò sulla porta ebbe un
piccolo ripensamento e tornò vicino al ragazzo; lui
alzò un sopracciglio e lei, in risposta, si alzò
sulle punte per dargli un lieve bacio sulla guancia. Poi,
uscì avvolta in un mantello verde.
Marinette si aggirò per le vie principali del
villaggio, incontrando solo qualche ubriaco per strada.
Dopo tre giri, si fermò, pensando a dove avrebbe potuto
trovare il cavaliere; e in quel momento una folata d'aria le fece
spostare lo sguardo sul bosco.
- Ma certo, il bosco! - disse partendo con una camminata veloce.
Arrivata sulla via che conduceva alla sua entrata, superò il
cartello in legno che recava scritto il nome del villaggio e si sedette
su un masso ad osservare l'area circostante.
Spero non sia una lunga attesa, anche perché non voglio che
Luka si preoccupi.
Dopo quella che la parve un’eternità, ma in che in
verità furono solo una ventina di minuti, udì uno
scalpiccio che andava avvicinandosi. Strizzò gli occhi per
vedere meglio e, dopo cinque furiosi battiti del suo cuore, scorse una
sagoma imponente, riconducibile ad un uomo a cavallo, stagliarsi contro
il profilo del bosco.
Trattenne il respiro, il cuore che martellava nel petto, provando ad
immaginare cosa avrebbe fatto e detto il cavaliere e cosa avrebbe
risposto lei; e in quel momento si chiese anche se le intenzioni di
partenza del cavaliere fossero cattive o meno, augurandosi la seconda
opzione.
Nel frattempo, il cavallo si era avvicinato abbastanza per rendere il
cavaliere visibile alla luce della luna; lasciando la ragazza
stupefatta: in sella al cavallo c’era la persona
più bella che Marinette avesse mai visto in tutta la sua
vita.
Era biondo, i capelli dello stesso colore del grano che gli ricadevano
morbidamente in un ciuffo un po’ ribelle sugli occhi di un
intenso verde smeraldo. Il mento era un po’
appuntito e la pelle chiara.
Ma la cosa più sorprendente era che il cavaliere dimostrava
la stessa età di Marinette, ovvero poco più di
vent'anni.
- Io sono la Morte. -
La ragazza fu riportata di colpo alla realtà da una
cristallina voce femminile, che sembrava venire direttamente dal
cavallo. Si guardò attorno, confusa, quando il ragazzo
parlò.
- Io sono l'Amore. -
Proprio come nella poesia che mi hanno recitato le anziane del paese...
– Io, ehm, sono Marinette Couffaine. – disse titubante.
Il ragazzo la scrutò così a lungo e
così attentamente che le parve di essere nuda; assunse
un’espressione più sicura possibile e attese.
– Non vedo amore in voi. – fece lui –
Solo attorno a voi. Vi segue, ma non è corrisposto, o
sbaglio? –
Lei fece un passo indietro: le parole del cavaliere la stavano mettendo
a disagio. Eppure non scorgeva nemmeno una nota di accusa nelle sua
parole: la sua era una semplice, vera e amara constatazione.
– Chi siete? – chiese guardandolo negli occhi.
Lui scese da cavallo e andò a sedersi sulla roccia dove fino
a pochi minuti prima si era appoggiata lei.
– Ha importanza? – chiese di rimando. Era tristezza
quella nella sua voce?
– E cosa sarebbe importante? – domandò
curiosa.
In risposta, lui le mostrò una mano chiusa a pugno e
alzò due dita.
– Dove sei diretto, e
sai cos’è l’amore. Sono solo due, ma
bastano. –
Lei lanciò uno sguardo al cavallo, nero come la notte,
chiedendosi se la voce femminile fosse arrivata sul serio da
lì o se la fosse immaginata.
– D’accordo, allora. Dove siete diretto?
– chiese.
– Io sono un discorso a parte. Voi, piuttosto, dove siete
diretta? –
A Marinette non potè non sfuggire uno sbuffo esasperato:
quel ragazzo stava eludendo tutte le sue domande!
– Io? Io sono ferma qui, ancorata ad un uomo che mi ama ma
che io non amo. E non ho via di fuga. D’altronde,
è tutta una vita che giro in tondo rimanendo però
ferma. –
Una piccola parte di lei si chiese perché tutto in un
momento stesse aprendo la sua anima ad un perfetto sconosciuto.
Il ragazzo annuì, come se la capisse perfettamente, ma
Marinette si disse che non poteva capirla: tanto per cominciare, era un
uomo e detto questo detto tutto. E poi, era un cavaliere che se andava
in giro in lungo e in largo senza rendere conto a nessuno.
– Parlano molto di voi, in paese. Qualcuno ha
composto anche una poesia, una nenia. Un cavaliere misterioso a cavallo
di una magnifica bestia. Stando a questa poesia e alle voci che girano voi esistete da prima che la nonna di una mia conoscente nascesse, siete
più vecchio di come apparite. – disse tutto
d’un fiato.
Lui annuì nuovamente e volse lo sguardo alle stelle.
– Ci sono
tre cose che accompagnano l’uomo sin dalla notte dei tempi:
l’Amore. La Morte. La Guerra. Tre cose così
vecchie e al tempo stesso sempre giovani. Questo è
perchè loro scrivono la storia. E la cancellano. –
Si girò a guardarla, come aspettandosi che lei rispondesse,
poi si alzò.
– Se hai un sogno, non aspettare. Agisci Marinette. E ti dico
anche che bisogna decidere cosa siamo disposti a rischiare. Alcuni
mettono in gioco i propri sentimenti, altri il proprio futuro. -
Montò a cavallo e si guardò attorno, poi
tornò a puntare lo sguardo su di lei con un sopracciglio
alzato.
– Tuo marito ti lascia venire da sola per le strade a
quest’ora della notte? –
– Sono venuta appositamente per vedere te. –
confessò lei – Lui però prima ha
controllato le strade. – aggiunse.
Il cavaliere annuì, prese le redini e fece girare il
cavallo, dando così le spalle a Marinette. Lei
sentì l’agitazione montarle dentro, non voleva che
il ragazzo se ne andasse così presto.
– Aspetta! – urlò.
Il cavaliere fece prontamente fermare il cavallo, che nel frattempo
aveva iniziato a camminare verso il bosco, ma non si girò.
– Io... ho ancora due domande da farti. La prima è
questa: qual è il tu nome? –
– Ho tanti nomi, ad essere sincero; ma tu mi puoi chiamare
Adrien . –
– La mia seconda domanda, Adrien, è questa: sai
cos’è l’amore? –
Il cavaliere pensò un attimo prima di rispondere. Quando
parlò, la sua voce sembrava al tempo stesso quella di un
vecchio e quella di un bambino.
– Non per esperienza
personale. –
Detto questo, lui e il cavallo sparirono nel buio, lasciando Marinette
da sola.
Poco più lontano, Luka osservava la scena.
Angolo autrice:
Lo so che è fin troppo lungo il capitolo, ma sono presa da
vena creativa e sto sfogando tutto il mio amore per Adrien e Marinette
(eh, lo so che è anche la mia seconda fic ambientata
nell'ottocento, prometto che un giorno cambierò disco)
Per favore, fatemi sapere cosa ne pensate. La poesia non l'ho scritta
io ma è del poeta e filosofo portoghese Antero De
Quental, "Mors-Amor".
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