Guida
alla storie e ai personaggi.
Il
racconto si colloca in un universo
alternativo dai toni futuristici e fantasy. Non è stato
inserito l'advert di
OOC perchè i personaggi tendono, a mio avviso, a rimanere in
character.
Tuttavia, se notate sottili mutamenti nella loro psicologia, in
particolare in
quella di Vegeta, è perchè i personaggi vanno
solo contestualizzati all’interno
di eventi che si svolgono molto diversamente rispetto alla serie
canon.
La
storia
durerà solo qualche capitolo e sarà
sicuramente uno degli ultimi
lavori nuovi che proporrò, dopodichè
tenderò a rallentare le pubblicazioni a
causa del
sempre minor tempo a disposizione.
P.S. cercherò di finire ovviamente Codice Genesi nel minor
tempo possibile. COMUNICAZIONE per chi non visualizza più il proprio avatar, sulla bacheca è stato segnalato che Tinypic è stato chiuso. Al momento sono state individuate queste alternative: - imagestime.com -postimage.org - funkyimg.com - it.imgbb.com !
Buona
lettura!!
Prologo.
Come
tutto ebbe inizio.
1.
Un
macchinario verticale dalla forma
cilindrica e lunga, irradiato da luce azzurra, faceva mostra di
sè in una
stanza fiocamente illuminata dallo stesso. La strumentazione
intermittente e i
radar collegati svolgevano il loro lavoro passivamente, senza mai
sospendere
l'attività di backup e monitoraggio. L'ups anti blackout
costantemente
collegato emanava un brusio di sottofondo molto basso ma non del tutto
impercettibile. Nella stanza troppo piccola per un impianto
così imponente, si
avvertiva chiaramente il sovraccarico di onde elettromagnetiche che
rimbalzava
da una parete all'altra, rendendo l'aria elettrostatica e la
temperatura più
calda rispetto ai tunnel esterni. Sopra alcune criniere selvagge
galleggiava un
chiacchiericcio stranamente debole, di un piccolo plotone di guerrieri
di rango
alto, lasciati lì a presidiare le nuove apparecchiature - a
detta del principe
di inestimabile valore: lui in persona si era disturbato di disporre
che ci
fosse sempre qualcuno a controllare quegli strumenti il cui logo dalla
doppia 'c'
non si era mai visto prima del suo ritorno. Vegeta era stato fuori
quasi otto
anni, a causa di un guasto alla navicella che l'aveva portato alla
deriva nella
galassia, trascinandolo attraverso un varco temporale ai confini ad
ovest, nel
sistema solare 340, ed era rientrato pochi mesi prima, accolto con
tutte le glorie
del caso. Annoiati da quel lavoro statico, i guerrieri
ingannavano il
tempo giocando a carte nell'assoluto divieto di consumare alcolici.
L'alcool
non era ammesso lì dentro - più
in generale non era permesso fuori dalle mense per una questione di
decoro
generale. Al Re non piaceva avere plotoni poco reattivi che
bivaccavano
per la base in stato di ubriachezza trascinandosi da un muro all'altro
con
mollezza, facendo un'inevitabile caciara. Due donne presenti, le chiome
disordinate gestite da alcuni fermagli e dei body viola a marchio della
casta, alleggerivano
la gravosità di quel lavoro noioso, creando un clima meno
testosteronico. Uno
di loro provò ad allungare una zampa sulla coscia della
guerriera più vicina,
ottenendo uno schiaffo sul palmo.
"Non
ci provare".
"Mi
sono solo sgranchito il braccio"
commentò l'altro ridendo con il resto della truppa.
Un
altro scoprì la mano di poker. "E
questo è quanto".
"Vai
a farti fottere, ma come fai ad
avere sempre le carte migliori? Questo bastardo se le sceglie mentre
mischia il
mazzo!"
La
strumentazione del macchinario
all'improvviso emise un bagliore discontinuo.
"Ehi,
che succede?"
"Non
so, dovremmo avvisare subito il
principe".
"Aspetta
un istante, vediamo che
succede... Ha detto che aspettava qualcuno. Forse la macchina sta
teletrasportando una persona..."
Un
rombo sordo precedette l'irradiazione
della luce bianca e impenetrabile che attraversò il tubo
fino al soffitto,
illuminando a giorno la stanza. Dopo alcuni secondi di stupore e
curiosità,
attraverso il fascio cilindrico di luce si fece spazio una
decoltè nera con un
tacco a spillo molto affilato, che si posò sul primo gradino
dei due, e a
seguire uscì una gamba susseguita dall'altra, e infine un
corpo sconosciuto
oltrepassò il getto luminoso materializzandosi davanti a
loro integralmente: si
presentò loro, senza che se lo aspettassero, una
donna vestita di un
tubino blu notte, sobrio e semplice, ma la cui scollatura sottile e
profonda
faceva intravedere la procacità delle forme che avvolgeva. I
capelli e gli occhi
chiari come lapislazzuli, al pari dell'abbigliamento, non lasciavano
ingannare
dalla sua provenienza aliena.
"Accidenti,
guarda
un pò lì..." fece uno, adocchiandola con
interesse.
Quell’ultima
si guardò attorno
disorientata e si vide squadrare da alcuni energumeni incuriositi che
non
mancarono di accoglierla con compiacimento.
"Per
tutte le scimmie..."
"Ehi,
bellezza, ti sei mica
persa..."
Qualcuno
rise.
Gurlok, la chioma lunga e folta e
le gote scavate, si sollevò lentamente in piedi, infilandosi
il rilevatore per
constatare che
segnava una forza
irrilevante e ridicola.
"E
questa chi è...?"
Lei
si avvicinò alla truppa sentendosi i
loro occhi penetranti addosso.
"Scusate,
posso sapere dov'è
Vegeta?" Domandò
educatamente, destando clamore e ilarità
generale.
"Ho
sentito male o questa qui ha
chiesto del principe?"
Un
altro ripetè la sua frase con tono
irrisorio prima di scoppiare a ridere grassamente. "Scusate,
posso
sapere dov'è Vegeta?"
Qualcuno
gli fece eco ridendo.
"Io
la farei passare, sono certo che
il principe una sbirciata gliela darà volentieri...
Sarà pure un duro ma su
questa gli occhi gli ci cadono sicuro!"
Le
risate sguaiate continuarono finchè uno
le chiese con serietà ritrovata: "Perchè dovremmo
dirti dov'è, non lo sai
che devi chiedere un'udienza?"
"Un'udienza?
Guarda che ho fretta e
devo parlargli" fece lei con fare spiccio, sapendo che Vegeta la stava
aspettando per la risoluzione di una bega meccanica. Dal tono della
voce via
radio aveva percepito tutta la sua impazienza.
"E
sentiamo di cosa dovete
parlare..." continuò Gurlok, sovrastandola in altezza.
Due
di loro si guardarono con aria
ammiccante.
"Con
una come te..." Continuò il
tipo, squadrandola. "Non avrà tanto di cui parlare uno come
Vegeta."
Un
generale e divertito chiacchiericcio
venne inghiottito nel graduale silenzio che seguì quella
battuta. Le ultime due
voci che si udirono ridere furono quelle delle due donne sedute vicino
ai
compagni di armi.
"Mi
state facendo perdere
tempo..." disse Bulma cercando di non mostrarsi troppo spazientita.
"Ehi"
si intromise uno tra
quelli seduti, più scettico. "Magari è lei che il
principe aspetta
davvero..."
"Ma
falla finita, se ha bisogno di
una prostituta non se la fa mica arrivare dallo spazio!"
Lei
si mise una mano sul
fianco elargendogli uno sguardo caustico. "Sono
sua moglie".
Un
silenzio assoluto
anticipò l'immediata risata generale che scaturì
a seguire la sua affermazione.
“Tu!
Sua moglie?!”
“Non
mi risulta sia sposato, e poi perchè
dovrebbe esserlo con una nullità come te?" Il
soldato dalla lunga
chioma la squadrò da capo a piedi, constatando l'evidente
differenza di
struttura muscolare rispetto la stazza di una saiyan. "Non sei niente
male, sia chiaro, una botta te la darei pure io, ma non sei mica una
combattente come le nostre donne!"
Le
guerriere dietro gli
uomini si soffermarono a studiarla notandone una certa
fragilità mentre gli
altri continuarono a
sghignazzare. Bulma non fece
neppure in tempo a ribattere che la porta della stanza si
aprì bruscamente, e
ne comparve dietro il principe. La sua voce spazientita e dura
lasciò a tutti
intuire il suo pessimo umore e la confidenza che aveva con quella
straniera.
"Bulma!
Sei sempre in ritardo ma
dov'eri finita?!"
I
guerrieri si azzittirono subito
nervosamente, alzandosi sull'attenti, e la terrestre si
rivolse lui
sorridendogli con gentilezza e parlandogli con un tono
confidenziale che
palesò a tutti l'esclusività del loro rapporto.
"Scusa,
ho fatto più presto che
potevo” disse carezzevolmente. “Non arrabbiarti...
Mi sono dovuta staccare dal
congresso con discrezione, ho visto la tua chiamata mentre ero in piena
trattativa."
La
sua voce ebbe su Vegeta un effetto
calmante come un’iniezione di morfina.
Quando
gli fu vicina, il principe squadrò
i commilitoni essendosi accorto dell'atteggiamento disfatto della
truppa al
momento del proprio brusco ingresso.
"Ci
sono problemi?" Indagò
seccato.
Il
più alto in carica, Gurlok, che si era preso la
briga di sbeffeggiarla, si sentì in dovere di rispondere per
gli altri. “No,
maestà, stavamo solo assicurandoci fosse davvero lei la
persona che stava
aspettando”.
Vegeta,
non soddisfatto della sua
giustificazione, guardò Bulma negli occhi attendendo da lei
spiegazioni
ulteriori, e i guerrieri rimasero in attesa della risposta di lei con
le
chiappe ben strette.
La
terrestre si soffermò in particolar
modo sull'energumeno dai lunghi capelli, glorificandosi della
considerazione di
Vegeta.
"Ma
no..." La voce soffice di
Bulma conservò una traccia di malignità. "Hai
delle guardie molto
affidabili, si stavano giusto chiedendo se non fossi una spia assoldata
per
entrare nel tuo letto ed ucciderti".
Vegeta
sembrò stranirsi e la sua
espressione si inasprì ulteriormente.
La
guardia dai lunghi capelli abbassò il
capo e si affrettò ad aggiungere. "Nessuno ci ha detto che
Lei è sposato
con una straniera. Volevamo assicurarci fosse il vero ciò
che la donna
diceva".
Il
principe rispose lui con durezza.
"Da adesso in avanti lei passerà ovunque, come passo io,
senza
domande. Il
primo che si azzarda a farle da
ostacolo se la vedrà con me. Avvisate anche gli
altri".
"V-va
bene, altezza. Ordine
ricevuto" replicò l'altro abbassando il capo con reverenza.
Bulma
fece una cosa inaspettata. Gli mise
una mano sul braccio con fare molto confidenziale: "Non essere troppo
duro. Non gli avevi mica detto che è me che aspettavi."
Lo
sguardo esaminativo e duro di Vegeta
era rimasto inchiodato alla truppa anche mentre lei lo rabboniva, ma la
sensazione percepita da tutti i presenti fu che lei avesse
avuto su di
lui un effetto molto calmante.
Quando
entrambi furono usciti, non vennero
risparmiati commenti su ciò che era appena accaduto:
“Cazzo,
avete visto...?”
“Si
è calmato subito, non è da lui”.
"Non
avrei mai immaginato che potesse
sposarsi una tipa così".
"Così
come?"
"Così...
diversa".
Uno
si risedette fiaccamente e riprese le
carte in mano. "Ce la siamo visti brutta eh, le devi un favore Gurlok.
Se
non era per lei adesso stavi già sulla prima navicella in
partenza per le
province di Okus. E quelle sì che son rogne".
"Vai
a spalarla tutta quella
merda" commentò divertito un altro, facendo ammorbidire il
clima che si
era teso.
Era
stato quello il primo incontro che la
terrestre aveva avuto con quegli uomini grezzi e mastodontici. Da
quella
circostanza non si era parlato d'altro per giorni interi, di lei, di
lui, di
loro due, così palesemente diversi in quasi tutto per
condividere letto e
corona. Per tutti i tunnel della base non si era sentito chiacchierare
d'altro.
Le donne, assecondando l'impulsiva predisposizione al pettegolezzo, si
intrattenevano a discuterne nei bagni, lontano dai corridoi, bramose di
squadrare da capo a piedi quella straniera che aveva conquistato
l’uomo più
potente e temuto del pianeta, finanche partito più ambito
tra le
guerriere. Non
era una donna soldato, non
era bruna né aveva gli occhi spenti come opali, ma era una
straniera più simile
a una Dea, dagli occhi brillanti come biglie azzurre, che riflettevano
i colori
del suo pianeta di origine. Acqua. Ovunque in lei c’era
acqua. I capelli non
erano crespi o ingestibili, ma un’ondata di mare caraibico
che cadeva sulle sua
schiena sottile, flessuosa come la schiena arcuata di un serpente
esotico. La voce di loro due era scivolata per le
gallerie, alla
stregua di un gorgoglio di ruscello, oltre i gradini dei quindici
piani, per
gli ascensori riservati, e aveva percorso i condotti di ventilazione
insinuandosi attraverso le grate, per finire come una cascata sui letti
vissuti, e nei bagni dove ci si ristorava tra docce fumanti, esplodendo
poi
nelle mense affollate nelle quali ci si abbandonava a chiacchiere di
corridoio
futili e fini a se stesse. E le voci non si erano fermate
lì. Avevano
oltrepassato i cancelli della caserma a dorso dei terza classe che
entravano e
uscivano dai piani alti, portando con sè quel vocio
inarrestabile che era
fluito fuori dalla base, tra gli arbusti secchi del terreno brullo e
rosso per
dar sapore ai discorsi delle famiglie degli ordini umili che abitavano
ai
margini della società dove era stato concepito
anche Kakaroth. Quelle
chiacchiere concitate erano passate per i mercati dove venditori alieni
si
fermavano in un via vai incessante, e alla fine il risultato era che le
verità
si erano arricchite di dettagli sempre più minuziosi e al
contempo incerti.
La
chiamavano la
protetta, perchè era intoccabile. Solo
i guerrieri di primo e secondo
ordine la riuscivano ad incrociare quando si muoveva all'interno
dell'edificio.
Fuori non la si era vista, ma solo immaginata. La
si vedeva poco da quelle parti, solo nei
giorni in cui il satellite Vegeta 3 si avvicinava nel giro
dell’orbita e la
gravità centrale si attenuava. Nessuno conosceva
l’esistenza del pianeta Terra.
Era parte del sistemare solare 345 - y, posizionato nelle aree
più esterne
della galassia, nella parte opposta rispetto alla loro regione spaziale
in cui
si collocava quella sfera rossa chiamata Vegeta. Quando la
gravità si
abbassava, lei tornava lì, anche e sicuro per scaldare il
letto del suo Re.
Ufficialmente svolgeva dei lavori ingegneristici, ma chi l'aveva vista
entrare
nella camera di Vegeta sapeva che non usciva mai presto.
Nessuno
sapeva come si fossero conosciuti nè come un uomo schivo e
pericoloso come
Vegeta avesse potuto attirare a sé l’essere che
più in assoluto avrebbe dovuto
temerlo - dato che lo temevano persino loro.
Vegeta
era arrivato sulla Terra da essere vulnerabile, durante un sopralluogo
nella
parte più lontana della galassia, esattamente quando la
navicella per un
malfunzionamento non aveva più risposto ai comandi nel mezzo
di una tempesta di
asteroidi che aveva fatto saltare i due uomini della sua scorta.
Intercettata
da forze gravitazionali e impossibilitata a deviare la rotta, la
navicella era
finita in un buco nero ed era stata sputata fuori nel sistema solare
340 dove
aveva vagato fino a finire nell'orbita del pianeta Terra, che l'aveva
attirato
come un magnete, e da lì era piombata in un deserto di
roccia, vasto e piatto,
schiantandosi al suolo con violenza inaudita, proprio nella dropzone
della
Capsule Corporation. Bulma, che era nell'hangar a sistemare gli
alettoni di un
ultraleggero, era corsa nella direzione dell'asteroide che aveva alzato
nell’impatto polvere e fumo ustionante, e lì vi
aveva trovato un uomo ferito e
in fin di vita.
"Sta'
attenta, non avvicinarti" aveva detto un collega.
"É
un uomo!"
"Forse
un militare?"
"Non
erano previste esercitazioni in zona e lui non ha la divisa di uno dei
dipartimenti militari. Abbiamo l'area di volo libera... Guarda i
rottami
distrutti..." fece Bulma.
“Ehi,
questo tizio ha una coda!” Esclamò il terrestre.
Bulma
lo aveva studiato con incredulità. “Quest'uomo non
viene dalla Terra..."
Trasportato
in città, moribondo e ustionato, curato e sfamato da lei con
premura e
curiosità... Quando Vegeta aveva ripreso conoscenza, molti
giorni a seguire,
vicino a sè aveva trovato una donna vulnerabile e gentile
dagli occhi di mare.
Osservandola a primo acchito, quel giorno terso e sereno e nella luce
quasi
abbagliante che le vetrate del trentaduesimo piano facevano entrare
negli
appartamenti, era così bella che gli era sembrata una Dea.
Per un attimo aveva
persino pensato di essere in paradiso, ma posti per uno come lui in
paradiso
non potevano essercene, e questo lo aveva messo in conto fin dal
principio. Il
suo peccato più grande, nonché condanna assoluta,
era preferire la gloria del
suo impero barbaro e sanguinoso a una vita di altruismo e rispetto
verso i più
deboli.
"Dove
sono…?" La sua voce dura e l’aria arcigna erano
state le prime due cose
che aveva rivelato di sé a quella donna curiosa.
"Nella
Città dell'Ovest. In casa mia. Io abito in questo
grattacielo."
Lui
aveva ricordato gli ultimi attimi prima dello schianto e allora aveva
sollevato
la schiena con uno scatto, ritrovando l'energia perduta nella
convalescenza, e
aveva scoperto che fuori i vetri c'era una città che
brulicava in un assoluto
silenzioso. Lassù i suoni erano risucchiati
dall’altezza che spetta sempre ai
potenti. Anche chi aveva soldi quanti ne aveva Bulma lo era. E poteva
dirsi
fortunato, nella sfortuna che gli era toccata.
"Come
si chiama questo pianeta?"
"Questa
è la Terra. Tu non sei di qui vero?" Lei l'aveva osservato
piena di
premura. "Come ti chiami?"
“Io
devo tornare da dove vengo. Ci sono scienziati qui?”
“Io
ti
ho chiesto come ti chiami però”.
"Mi
chiamo Vegeta, e sono il principe dei saiyan" dichiarò con
fierezza.
“Adesso rispondimi, donna, ci sono scienziati qui?”
Il
tono
autoritario della sua domanda non le aveva lasciato dubbi sulla sua
regalità.
Aveva immediatamente intuito che era uno abituato ad ottenere tutto e
subito.
Il suo lignaggio evidentemente, glielo permetteva.
“Io
mi
chiamo Bulma” fece lei.
“Non
mi
interessa come ti chiami. Dimmi se ci sono scienziati o sarò
peggio per voi.
Faccio saltare in aria l’intera città.”
Lei
non
sembrò spaventarsi.
“Non
credo tu sia nella posizione di minacciare, visto che sei arrivato
conciato
male e ti ho anche curato. Inoltre se non moderi i toni, non ti
aiuterò”.
Vegeta
rimase sorpreso da quella sua insospettabile fermezza, ma
pensò fosse sono una
persona avventata e priva della percezione del pericolo.
“Che
mi
importa del tuo aiuto? Voglio uno scienziato, o ti ripeto che
sarà peggio per
te e per la popolazione di questo pianeta.”
“Tu
devi essere un principe fortunato, oltre che sgarbato,
perché io sono una
scienziata. Sei caduto nel campo dove collaudiamo i veicoli
militari”.
"Tu?"
Lui l'aveva analizzata attentamente notando che il vestitino giallo e i
capelli
legati in una treccia non la facevano certo apparire una donna di
intelletto.
"Ma non dire idiozie".
"Posso
farti vedere i miei laboratori ai piani inferiori, se non mi credi. Ad
ogni
modo... Non farti fuorviare dal mio fascino. Ti aiuterò se
devi tornare a casa,
ma solo perchè sono curiosa di sapere da dove vieni, non
certo perchè sei
simpatico" ammise con un sorrisetto a fior di labbra, lasciandolo di
stucco.
Era
iniziato tutto da lì. Bulma
non sapeva che
lui era solito assediare i pianeti su cui atterrava nè
sapeva che quello che le
era stato riservato, nonostante l'intrattabilità
dell'individuo, era un
trattamento d’eccezione. La Terra doveva un favore a quella
scienziata ricca e
nota solo perché si era proposta di
aiutare un alieno senza volere
nulla in cambio.
Ma
lui
qualcosa in cambio gliel'aveva data comunque. Le aveva dato un figlio.
L'aveva
avuta proprio in quella stanza, una sera, mesi dopo, quando lei era
rientrata
dai piani più bassi alla fine di alcuni incontri commerciali
che l'avevano
costretta a vestirsi molto elegantemente. Era
risalita con umore avvilito e tanta voglia di vederlo. Da quando Vegeta
era
arrivato lì, sembrava averle scombussolato la vita. Lui
parlava poco ed era
sempre solitario e accigliato. Passava gran parte del tempo da solo a
pensare,
se non era sparito da qualche parte. Da quando lei gli aveva comunicato
che la
scatola nera si era danneggiata nell'impatto e che per costruire una
navicella
adatta ad un viaggio spaziale ci sarebbero voluti anche anni, lui
sembrava
essersi avvilito profondamente. Per Vegeta non aveva senso assediare un
luogo
che gli era ormai utile per sopravvivere, soprattutto sapendo che non
era un
pianeta che rientrava nel raggio di azione dei saiyan e che ci
sarebbero potuti
volere anni perchè i suoi lo ritrovassero, ammesso ci
fossero riusciti. Proprio
mentre pensava al da farsi, Bulma una sera gli si era
parata sul ciglio
della porta sullo sfondo del corridoio illuminato, vestita di un
abitino nero che
le lasciava la schiena nuda. Aveva un ciondolo di perla che si poggiava
sulla
piega del seno ed i capelli erano sciolti e un pò
scompigliati. Si era passata
la mano tra di essi molte volte mentre saliva, stanca e bramosa di
quello
straniero così scontroso e schivo, finanche malinconico al
punto da farle
pietà. Lui l'aveva vista dal riflesso del vetro che aveva
fatto schermo sulla
città che baluginava più in basso. Si era voltato
solo con la
testa, senza alzare il sedere dal bordo del letto, e aveva guardato quella fanciulla comparsa alle sue spalle come
fosse un
regalo per lui.
"Posso
entrare?"
“Se
ti
dicessi di no entreresti comunque. Ormai ho capito che fai solo quello
che dici
tu.”
“Forse…”
fece lei soddisfatta, compiendo un passo all’interno della
camera.
"Che
vuoi, donna?"
“Sei
mio
ospite da mesi e continui a chiamarmi senza pronunciare il mio nome. Mi
chiamo
Bulma, quante volte devo dirtelo?”
“Che
sei venuta a fare, allora, Bulma?”
Il
tono
pungente con cui pronunciò il suo nome le fecero intuire
l’ ironia tagliente
con cui assecondò la sua affermazione.
"Volevo
solo vederti... Ti stavo pensando"
I
loro
occhi si erano incatenati.
“Te
ne
stai sempre in disparte… Pensavo che ti avrebbe fatto
piacere se qualcuno
avesse voluto vedere come stavi…”
Lui
si
era girato a guardare la città brulicare nella notte.
“E da quand’è che ti
interessa come sto io”.
“Diciamo
che da quando sei arrivato sulla Terra, mi interessano molte cose di
te”.
"Ah
sì?"
Lei
gli
si era portata davanti, dando le spalle ai grattacieli e fermandosi
davanti una
delle principali arterie del traffico che lui stava fissando dall'alto,
dove
file di fari rossi e bianchi delineavano una metropoli irrequieta e
viva, che
non trovava sonno.
"Ti
da fastidio se rimango qui...?"
"Per
fare cosa?"
"Sei
sposato...?"
Lui
si era mostrato perplesso da quella domanda. "No."
"Non
hai neppure una fidanzata?"
"Una
fidanzata?"
"Sì,
come si dice dalle vostre parti? Un'amica..."
"Perchè
ti interessa? Ti vuoi divertire?"
"Per
sapere come mai hai tanta fretta di tornare... Se è
perchè hai anche qualcuno
che ti aspetta..."
"Io
sono un saiyan d'elite. Mi aspetta il trono, per questo devo tornare"
replicò atono.
"Quindi
non hai donne che aspettino il tuo rientro..."
"A
parte qualche puttana, non ricordo di avere una donna che mi attenda e neppure mi importa.
Ma non
mi hai ancora detto perchè ti
interessa."
"Perchè
tu... mi interessi".
Lei
si
era morsa le labbra e poi gli si era spogliata davanti,
facendo scivolare
giù il vestito che le aveva accarezzato la pelle fino ai
piedi su cui si era
ammucchiato informe.
Lui
era
sembrato risvegliarsi da uno stato di torpore lungo mesi. L'aveva
studiata
intensamente, con sguardo serio ma in cui non era mancata la traccia di
stupore
per quell'inaspettata iniziativa. Quel soggiorno stava prendendo una
piega
imprevista e piacevole, e poteva ammorbidire la gravosità
dell'incubo di non
riuscire a tornare da dove era venuto.
Lei
aveva un corpo esile e formoso, che scopriva adesso dagli abiti con coraggio, insieme alla
consapevolezza tutta femminile che però non aveva perso, nel
luccichio delle
iridi chiare e nell’incertezza di non conoscerlo, il timore
di un suo rifiuto.
Dopo che si era fatta ammirare dai suoi occhi in cui aveva visto
materializzarsi un nuovo bisogno tutto sessuale, si era reclinata su di
lui
dandogli un bacio e percependo la titubanza con cui lui aveva risposto
a quel
gesto. Troppo orgoglioso per dirle che non sapeva cosa stesse facendo,
aveva
lasciato con abile mossa tattica che lei lo guidasse. La lingua di
Bulma si era
fatta spazio nella sua bocca piano, dandogli il tempo di capire, e alla
fine
lui si era sollevato in piedi, le aveva afferrato la testa
rovesciandola
indietro ed aveva ripetuto quel contatto nuovo con un impulso primitivo
e rude,
però sincero e pieno di trasporto. L’ultima
cosa
che gli era mai venuta in mente quando pensava a una donna era ficcarle
la
lingua in bocca. Non era un rituale contemplato con le puttane che
aveva fatto
entrare in camera da letto, però aveva scoperto che non era
male, che non era
male per niente. Che forse era persino la cosa più intima
che avesse mai fatto
fino a quel momento, perché Bulma sembrava gli stesse
succhiando qualcosa da
dentro. Quella terrestre non era una cultura militare come la loro, non soffocava
le
emozioni gentili ma le viveva liberamente, come stava facendo lei. Vegeta aveva sentito che lasciarsi andare era un pericolo, eppure l'odore di quella donna e il suo modo di toccarlo e di parlargli lo attirava quasi drammaticamente. Aveva pensato che poteva usarla e andare via, ma non aveva potuto prevedere che gli sarebbe sfuggito di mano un qualcosa, proprio ciò che non doveva vacillare, il controllo dei suoi sentimenti, così come gli era stato insegnato a fare fin da bambino. Non c'era controllo in amore. O vincevi o perdevi. O lo vivevi o morivi. Di morte lenta.
Lei
si era staccata senza fiato. “Aspetta,
Veget…”
“Sì,
però adesso sta un po’ zitta”.
Se
l'era trascinata sul materasso e si era rotolato con lei sullo sfondo
di quella
metropoli piena di luci. Da quella sera, si erano visti
lì tutte le sere
a seguire, per settimane, fino a quando lei gli aveva rivelato la
gravidanza
facendogli paventare una disgrazia.
“Non
ti
conviene tenerlo se non vuoi morire. Tu mi servi viva e quello
è figlio di un
saiyan. Sei troppo debole per portare in grembo mio figlio”.
“Ti
sbagli, il medico mi ha detto che è un feto assolutamente
normale, le analisi
sono perfette, e se avrà la coda gliela
taglierò.”
"Non
dovresti tagliare la coda di un saiyan, è come amputargli un
braccio".
"Ma
finchè vivrà qui non posso rischiare che
distrugga tutto. Tu sei adulto, e quando
c'è la luna piena sai come comportarti per evitare di
trasformarti. Lui non lo
capirebbe".
Trunks
era nato il giorno della festa di Re Furry, quasi come fosse il segno del fato che nascesse il giorno di festa di un Re. Il suo arrivo era stato
accolto con
diffidenza da Vegeta, il quale di sovente spariva per allenarsi e
sembrava non
volersi legare a due esseri che considerava quasi subalterni. Per
ovviare al
problema delle sue assenze, Bulma gli aveva fatto costruire una stanza
interrata sotto al grattacielo, perchè si allenasse vicino a
loro. Alla fine il
tempo era iniziato a passare, e lei aveva continuato a lavorare anche
per lui,
e Trunks a gattonare, e poi a camminare, e a dimostrare la forza
erculea che
aveva nelle manine curiose di tutto. Il caso aveva voluto che proprio
un
pomeriggio in cui era uscita col figlio per alcune visite, la prima
volta in
quattro anni che il saiyan aveva accettato di uscire con loro, un
vecchio
sciamano vestito in abiti monastici l’aveva fermata vicino al
parco per dirgli
che da quel bambino proveniva un’energia soprannaturale.
Rispetto a Vegeta, che
sapeva controllare il proprio ki, Trunks non era in
grado di gestirlo e
chi disponeva di poteri spirituali riusciva a sentirne la potenza. Lei
aveva
fatto finta di non sapere ma il saiyan ne era rimasto molto colpito
interiormente. Vegeta aveva ormai archiviato ogni vile aspirazione
mirata
all’assedio quando aveva compreso che distruggere quel
pianeta non aveva senso,
perchè in un certo qual modo lei lo stava
salvando dall’inevitabile follia
di non poter ritornare sul proprio pianeta, alla sua gente e alla sua
cultura.
Quello che era incominciato come un incubo, stava diventando un placido
viaggio
verso un nuovo modo di concepire la vita, senza guerra, senza
viltà. Il modo in
cui Bulma scopava e il suo gioco di lingua erano un rimedio,
esattamente come il
modo infantile con cui Trunks elargiva i primi sorrisi, e come il modo
in cui
lei si appoggiava su di lui quando voleva dormirgli vicino,
ricordandogli che
ce l'avrebbe fatta, che sarebbe riuscita a costruire un mezzo in grado
di farlo
ritornare da dove era venuto. Lui allora si girava verso di lei e le
toccava i
capelli.
"Quanto
pensi ti ci voglia ancora a creare questo macchinario in grado di
teletrasportarmi?"
"Sto
facendo del mio meglio... Localizzare il tuo pianeta è
difficile non avendo
radar di ricezione che lavorino sulla stessa lunghezza d'onda dei miei.
Tu non
preoccuparti... In qualche modo farò. Il mio progetto prende
forma piano piano...Preferisco
farti viaggiare in sicurezza. Lo so che tre anni qui non sono pochi, ma
abbi
fiducia. Anche se vorrei tenerti sempre qui con me non
smetterò mai di
lavorarci finchè non ti avrò visto sereno".
La
sua
dolcezza era diventata lentamente una malattia. Vegeta la subiva senza
sapere
come curarsene. Alla fine aveva compiuto scelte inspiegabili,
perchè inspiegabile
era scoprire di sapere persino provare dei sentimenti buoni e sinceri,
fortissimi come la luce di quel posto, anche se solo rivolti a
lei. Se
l’era sposata a tre anni dalla nascita del
primogenito, quando aveva perso le speranze di tornare.
“Io,
Vegeta, prendo in sposa la qui presente Bulma Brief”.
L’aveva detto con tono
atono, rivolto al tizio incravattato, prima di firmare frettolosamente
come
aveva fatto anche lei pochi istanti prima. Il signore investito della
carica di
primo cittadino aveva siglato il matrimonio con un “E
sia” che era sembrato un verdetto di condanna.
..
Quattro
anni a seguire, il macchinario per il teletrasporto aveva preso
forma.
Il
re l’aveva conosciuta per primo, quel
giorno che lei era arrivata tra lo stupore generale, e scortata da
Vegeta si
era parata in quel luogo spartano e militare come una creatura
esoterica. Il re
l’aveva studiata mentre ferma tra le colonne della sala delle
udienze, avvolta
da una penombra che non imbruniva lo splendore dei suoi capelli,
aspettava un
segnale del marito.
Era
rimasto molto perplesso nel vederla,
perché Vegeta non si era mai accompagnato da una donna, per
di più straniera.
"Chi
è lei?"
"É
una scienziata, ed è in grado di
costruire qualsiasi cosa io voglia. Mi ha aiutato a ritornare
costruendo la
macchina del teletrasporto."
“Viene
dalla Terra?”
L’altro
annuì.
"É
molto bella".
"É
anche mia moglie".
“Tua
moglie?”
Il
Re l'aveva scrutata da capo a piedi,
non senza trattenere un filo di stupore: la donna che scorgeva poco
distante era
esile e formosa, e con un livello di energia quasi nullo, per nulla
forte e
robusta come si addiceva alla donna di un guerriero saiyan, per di
più prossimo
alla carica reale.
"Ma
non va bene come moglie per te, è
troppo debole".
"Ha
un carattere molto forte, e mi ha
dato un figlio altrettanto forte”.
"E
come pensi di farla girare qui
dentro da sola?"
"Girerà
con le sue gambe, sa
camminare.”
“Sai
a cosa mi riferisco. Creerà
scompiglio tra i guerrieri. Guardala.”
“La
conosco benissimo. Non mi importa se
creerà agitazione, che imparino a stare tutti al proprio
posto o inizieranno a
saltare parecchie testa anche negli ordini alti” ammise
minaccioso.
Re
Vegeta conosceva lo sguardo bieco di
suo figlio, la sua testa calda e il suo animo indomito che tanto
destava
ammirazione anche tra i sottoposti. Quando il principe usava
quell’atteggiamento era deciso e non ammetteva di essere
contraddetto da niente
e nessuno, neppure da suo padre che vantava una carica gerarchica
più alta.
Aveva scelto la sua donna, si era preso una straniera.
“Dovremo
convincere il consiglio degli
anziani che lei sarà all’altezza del
ruolo”.
“Non
dovrà governare. Lei non è una
saiyan, non le interessa comandare né conquistare nessuno.
Lei è una
scienziata, te l’ho detto”.
“Sei
un testardo, è inutile discutere con
te” ammise il Re. “Gli anziani si lamenteranno di
questa tua scelta. Dovrò
rabbonirli, e dovrai farlo anche tu.”
“Con
gli anziani ci parlerò. La mia donna
non li riguarda.”
“Questo
è vero, ma tu non sei uno
qualunque.”
“Io
sono il principe. Loro dovranno
accettare la mia scelta. Se si sognano di alzare la testa, gliela
farò
abbassare io in ginocchio.”
“E
del suo pianeta? Che ne facciamo?”
“La
Terra non ci interessa. Rimane lì
dov’è.”
“Da
quand’è che sei così clemente? Non eri
tu il primo a voler radere al suolo i pianeti per farti grande davanti
a
Freezer?”
“Freezer
non saprà mai dell' esistenza
della Terra, finchè qualcuno non glielo
dirà.”
“Vuoi
tenergli segrete le nostre
coalizioni dunque”.
“Non
siamo suoi schiavi. Il nostro è un
rapporto di lavoro e non potrà renderci sue
marionette”.
“Hai
ragione su questo, anche se è
rischioso mettersi contro di lui. Come intendi procedere?”
“Faremo
accordi commerciali coi terrestri.
La Terra sarà un ottimo punto di attracco per il passaggio
delle nostre navi verso
ovest, dove non ci siamo ancora spinti. Il pianeta ha ossigeno e tanta
acqua,
non ha senso danneggiarlo”.
“E
se i terrestri non accettano? Che
farai?”
“Quello
che ho sempre fatto” replicò
facendo affiorare un ghigno a fior di labbra.
“Allora
non sei poi così cambiato” fece il
Re sollevato dalle sue parole. “Falla avvicinare, presentami
tua moglie, voglio
vederla da vicino”.
Vegeta
si era girato facendole un segno.
Bulma si era portata davanti al Re e aveva elargito lui un lieve
inchino con le
spalle, tanto basta per una donna che non riconosceva la sua
autorità ma che
non voleva mancar di rispetto a un monarca. Vegeta l’aveva
scelta anche per
quel suo temperamento fiero, nonostante fosse linguacciuta e sfrontata,
perché
lei gli occhi non li abbassava mai e si sentiva un prodigio in un mondo
dove i
geni erano rari e lei poteva permettersi di fissarli
dall’alto in basso,
rinfacciando loro di essere solo rozzi senza neuroni. Vegeta non aveva
mai
dimenticato che a conti fatti, Bulma aveva tenuto in scacco anche lui
grazie
alla sua abilità.
“E
così tu saresti la moglie di mio
figlio… Come ti chiami?”
“Bulma”.
“Lo
sai che qui non funziona come sulla
Terra?” Le aveva fatto quella domanda apposta, per vedere
come gli avrebbe
risposto, se si sarebbe intimorita. Suo figlio non si era intromesso ed
era
rimasto volutamente a guardare.
“Ovviamente,
lo so chi siete”.
“E
sai anche che noi viviamo conquistando
pianeti come il tuo…”
“So
anche questo”.
“E
allora perché sposarti con colui che potrebbe
sottomettere la tua terra? Non sai che Vegeta stava effettuando dei
sopralluoghi
per l’avviamento delle prossime conquiste… Non sei
così sveglia come dice, se
te lo sei sposato.”
“Se
suo figlio è qui è perché
l’ho salvato
io. E' lui che è in debito con me. Se mi avesse ammazzata
sarebbe ancora lì,
dove voi non siete riusciti neppure a trovarlo. Strano per
degli invasori
intergalattici non riuscire a intercettare il percorso del proprio
principe”.
Re
Vegeta aveva elargito al figlio uno
sguardo sorpreso. “Ti sei scelto una donna sfrontata, che non
si fa scrupolo a
mancare di rispetto ad un Re. Spero che tu ne sia
consapevole”.
Il
principe in risposta aveva sorriso in
maniera impercettibile, soddisfatto della dimostrazione di carattere di
sua
moglie. “Perfettamente, padre”.
Bulma
si era fatta valere, e ora come una
figura flessuosa e quasi eterea, incedeva per il
tunnel fiocamente illuminato che collegava laboratori e secondi ordini.
I neon
si alternavano creando vuoti di luce, dove l’ombra
inghiottiva il corpo per
restituirlo al chiarore. Ormai conosceva quei percorsi compiuti
più volte e non
sembrava temere nessuno lì dentro. Camminava
con passo quasi
scenico, e si faceva strada lasciandosi alle spalle
curiosità e luce come una
cometa. Anche di quello si era parlato. Il corpo burroso e formoso era
un
languido e spudorato richiamo ai piaceri. Gli uomini sembravano
palesemente
attratti da tali morbidezze tanto rare e insolite nelle donne della
loro razza.
La sua diversità era una calamita. Non era difficile
immaginare perché un uomo
come Vegeta, tanto ombroso e burbero da aver sempre lasciato presumere
alla
scelta di una moglie forte e violenta, si ruzzolasse con una donna che
davanti
il genio intellettuale anteponeva uno sguardo ammiccante e una
fisicità
procace, sessuale in una maniera che colpiva come un pugno nello
stomaco.
L'abito argentato stretto e lungo in seta opaca rimandava dei riverberi
ad ogni
passo. I capelli arrivavano alle scapole, tutti pari e dritti, la
frangia
scalata le copriva appena la fronte lateralmente delineando il profilo
armonico
del suo viso. Uno strano silenzio galleggiava per le vie di quella
struttura
militare così imponente. Quel pomeriggio, se così
lo si poteva definire volendo
dare un ordine al tempo su quel pianeta dove non esisteva una
distinzione netta
tra il giorno e la notte, i guerrieri erano impegnati nei tornei di
conferma
delle caste. C’era poca gente in giro. Ognuno di loro si
batteva sul campo per
mettere in mostra le proprie capacità ed essere confermato
al proprio livello
di appartenenza. Mano a mano che lei avanzava e superava le guardie che
facevano
la ronda, i loro occhi le si inchiodavano addosso seguendola come
laser. Bulma
sapeva di essere guardata con interesse, sapeva anche che nelle loro
analisi
c’era una venatura di sangue, e la cosa le piaceva. Se il
peccato di suo marito
era l’alterigia, il suo era senza dubbio la vanità.
Al
bivio di due gallerie che si
biforcavano, lei imboccò il condotto alla destra e si
avvicinò ad una sala da
cui proveniva un discreto chiacchiericcio. Bulma si apprestò
ad attraversarla
ignara vi fossero solo maschi al suo interno. Il suo passo leggero e
deciso
anticipò il suo arrivo con un fischio di uno di loro. Gruppi
di saiyan annoiati
percepirono il sibilo di avvertimento e si girarono per vederla
arrivare.
Al
suo ingresso, nella sala calò un
silenzio imponente.
"Eccola"
disse uno. "Sta
arrivando la moglie del principe".
Ogni
pesante commento maschile venne
ibernato immediatamente.
"Spostati,
lasciala passare"
fece un guerriero ad un altro che era rimasto imbambolato a squadrarla.
Bulma
camminò con passo tranquillo. Non
temeva quegli uomini pericolosi. Era la protetta. Intoccabile.
Si
voltarono tutti, in blocco come una
caserma carica di testosterone che vede passare una donna.
Davanti
a lei non volò una mosca. Una
parola di troppo e avrebbero pagato un commento sconveniente. Vegeta
vicino a
lei si poneva come un mastino. Il timore di una reazione di lui aveva a
tal
punto intimorito i guerrieri che nessuno si
azzardava a fare battute cafone in sua presenza. Quando
lui le
inchiodava gli occhi addosso sembrava prendere forma uno strano
bagliore di
possesso nel suo sguardo. Era una sensazione sottile, quasi
labile, che
gli faceva brillare gli occhi di un’intensità
nuova, tutta rivolta a lei.
Pochi
rumori fecero eco tra una parete e
l’altra mentre lei attraversava la stanza sotto i loro
sguardi dai tratti
foschi, corpi armati di
violenza e visi
scavati dalla rabbia, raccontati dalle cicatrici
ed esacerbati dalla voglia di lotta che la studiavano come fosse la
cosa più fuori luogo lì dentro. Risuonò
uno strano silenzio dietro di
lei, e quando fu abbastanza lontana si sollevò un mormorio
fugace, fatto di
sussurri quasi sinistri. In quel luogo tutto era sinistro come i loro
volti
scolpiti in pietre laviche e ruvide. I saiyan avevano sguardi feroci e
grezzi,
carichi di aggressività che tracimava dai loro occhi, eppure
davanti quella Dea si fermavano. Anche se nessuno ancora riconosceva in Bulma
una regina degna dei
saiyan, lei riusciva adesso a far trattenere i loro occhi a
sé, esattamente
come si addice a una regina.
Bulma
uscì imboccando una seconda
galleria. Le luci al neon alternate al buio l'accarezzarono lungo il
passaggio
fino all'ambiente successivo.
Due
guardie di ronda la misero a fuoco
mentre passava per la palestra vuota.
"Guarda
lì chi sta arrivando... La
terrestre".
“Sì,
l’ho sentita. Sento il suo profumo”.
Lei
li oltrepassò quando uno
le aprì la porta vicino cui era seduto, con l'omaggio che si farebbe a un
monarca. Bulma lo
ringraziò con estrema gentilezza, accennando un sorriso.
Quando
si fu richiusa la porta alle spalle, uno dei consiglieri che era da
poco uscito
da dove lei era entrata si sentì subito chiedere:
“Che
ne pensi, Gurlok?”
L’altro
ci pensò un po’ prima di
rispondere.
“Educata,
ma troppo vulnerabile”.
La guardia più giovane
invece non sembrò concordare col vecchio. “A
me non dispiacciono i suoi modi”.
“É
troppo raffinata per questo posto”.
“Non
ti piace lei, vero?”
“Lei
mi piace, e non solo a me, ma non
è adatta a comandare un popolo come il nostro. Non
riesco davvero a capire come uno come Vegeta si sia fatto impalmare da
quella
donna. Da quando è rientrato dalla Terra sembra
avere un atteggiamento più
calmo… E lei sicuro c’entra in tutto questo.
E’ come se gli avesse fatto un
maleficio su quel pianeta”.
“Un
maleficio? Guarda che quella è secondo me la donna
più adatta a Vegeta. Sarà
pure debole ma mica è stupida. E’ una scienziata.
Gli costruisce qualsiasi cosa
lui voglia, e Vegeta ha sempre cercato di investire su quel tipo di
progetti. Di scienziati ne abbiamo visti passare
molti per di qua… E
poi ricordiamoci che è lei che gli ha permesso di rientrare
qui su Vegeta, a
riprendersi il trono, mentre noi lo abbiamo cercato ovunque con
insuccesso. Non
è cosa da poco".
“Però
nessuno di voi tonti ha notato che è
a lei che lui chiede sempre l’ultimo consiglio. Persino noi
anziani non abbiamo
questo potere”.
“Scommetto
che nella palestra dov’è
passata poco fa avrà scombussolato gli ormoni a tutta la
truppa”.
“Mica
solo a loro” sghignazzò il più tonto
e stempiato.
"Bada
a non farti sentire, idiota. A
Vegeta non piace che si parli di lei."
"Non
avrei mai detto che fosse così
geloso, non è da lui” replicò quello stempiato e seduto.
“Mi è sempre sembrato
disinteressato alle femmine. Nei bordelli non ce l’ho mai
visto”.
“Perché
le donne gliele mandavano in
camera, imbecille”.
“Si
ma comunque non si è mai esposto. Non gli ho mai sentito fare neppure un commento sulle guerriere più interessanti. Se non fosse stata Jinka che si
fosse proposta al Re anni fa come sposa di Vegeta, lui neppure
l’avrebbe
considerata. Una scelta che non ho capito... L'avrei presa io, è una bella donna,
forte, anche molto fiera. Mica riesco a capire perchè si sia preso in moglie una donna così debole. Non gli darà mai un figlio forte, e prima o poi qualcuno dovrà succedere a Vegeta. Sarà pure bella, ma in quanto ad energia...”
“Lo
credo che Vegeta ha cambiato idea. Ma
hai visto la terrestre?" Mosse
le mani
delineando il profilo dei suoi seni e dei suoi fianchi. "Con
due tette di quella maniera non fa in tempo neppure a spogliarsi che sei già andato a fuoco”.
“Ad
ogni modo il suo atteggiamento è
cambiato” affermò il più vecchio,
zittendo le insignificanti chiacchiere dei
due. “E non mi convince”.
Girava
voce, ed era una voce piuttosto
persistente e accertata, che quella straniera avesse un effetto
calmante sul
principe. Chi lo aveva conosciuto nel fiore degli anni sapeva che era
un uomo
autoritario, violento e assolutista. Adesso quella brutalità sembrava essersi attenuata, come se lui fosse tenuto al
guinzaglio
da lei, e la cosa suscitava clamore e perplessità. Non era mai onorevole farsi influenzare da una donna, i saiyan crescevano con quel credo maschilista.
Bulma
fece per salire le scale quando vide un
uomo abbandonato in un’infermeria la cui porta era
aperta. Capì che apparteneva all'ultima casta per la
colorazione della divisa.
Le verdi erano indossate dagli uomini dell'ordine più basso che precedeva la servitù. Era così moribondo che le fece pena, esattamente come era accaduto con Vegeta quasi otto anni prima.
Si accorse che l’uomo muoveva il capo in maniera inquieta e
si avvicinò con
circospezione ascoltando due uomini parlargli vicino con tono
sprezzante.
“É
rientrato dopo mesi e non è riuscito neppure a conquistare
quel pianeta
insulso”.
“Non
saprei, dovremmo sentire suo fratello Radish”.
“Radish
è sempre molto deluso dai pochi progressi di suo
fratello… ”
Kakaroth
biascicò poche parole senza senso mentre i due si
allontanarono sotto i suoi
occhi confusi, senza prodigarsi in alcuna cura che alleviasse il suo dolore, come se volessero che il destino decidesse per lui. Ma davanti i medesimi occhi, su quello sfondo metallico che
vedeva
opaco e poco chiaro, si parò una figura eterea, in argento,
che si avvicinò lui
molto velocemente. Quando gli fu vicina, lui riuscì a
vederla meglio e si
accorse che era una donna con gli occhi e i capelli mai visti
lì, del colore di polvere di turchese e dai riflessi perlati.
“C-chi
sei…?”
Bulma
si affrettò a prendere l’occorrente dalla cassetta
del pronto soccorso. Trovò
delle bende e del disinfettante.
Kakaroth
tremava e lei prese a medicarlo senza badare allo sguardo incantato con
cui la
guardava.
"Come
ti chiami?" Gli chiese lei.
"Ka-karoth..."
"Sei
ridotto molto male…Cosa ti è successo? Voi saiyan non
riuscite a stare lontani dai guai.”
"C-chi
sei...? Non... ti ho...mai vista..."
"Sono
la moglie di Vegeta".
L'altra
ebbe un sussulto. "T-tu? La moglie ...del...principe? Allora
è
vivo..."
“L’ho
trovato su un campo del mio pianeta. La navicella con cui viaggiava si
era disintegrata e lui era in fin di vita. Tutti questi anni
è stato sul mio
pianeta, mentre io costruivo un macchinario per permettergli di
tornare”.
Rientrò
in camera circa un’ora dopo, trovandola vuota come si era
immaginata. Si infilò
nella doccia, una grande rientranza nel muro della toilette, e presto
la sua
sagoma si confuse con i vapori caldi.
“Dove
sei stata?" si sentì chiedere
d’improvviso da lui, e sobbalzò.
C'era
sempre una punta di gelosia in
quell'indagine, finanche il senso di protezione che lo dilaniava.
Lei
girò il capo e intravide tra la nebbia la figura di
Vegeta poggiata al muro, proprio a qualche metro dietro di lei.
“Quando
hai finito di esaminare i ragazzi
della palestra, ho fatto una puntata nei laboratori per quel
discorso…”
“E…?” replicò l'altro, smanioso che ella proseguisse.
“Non
ci dovrebbe volere molto perché
capisca come hackerare i processori, però è un
lavoro più da ingegnere
informatico, e dovrei confrontarmi con uno dei miei sulla
Terra”.
"Ci
hai messo più tempo del previsto
a salire" affermò lui con un tono che fu sì indifferente, ma che venne suo malgrado attraversato da una nota di curiosità che lo tradì, mettendo a nudo l'attenzione che nutriva per lei.
"Mi
sono fermata a ... curare un
ferito".
L'altro
si insospettì. "Curare un
ferito?"
"Un
certo Kakaroth, giaceva
abbandonato nell'infermeria... Era in fin di vita".
"Kakaroth
il terza classe? Mh, è
rientrato a quanto pare, non ne ero stato ancora messo al corrente".
Dopo
qualche secondo di silenzio in cui si
concesse di studiarla attraverso l'umida nebbiolina, soffermandosi sul sedere rotondo
che lei
esponeva ai suoi occhi mentre sciacquava i capelli, le parlò
con distacco. “Ti
devi muovere, lo sai?”
“Perché?”
Fece l’altra allungando il collo
sotto l’acqua senza guardarlo.
“Abbiamo
la navicella diretta a Fruz che
ci aspetta. Freezer vuole conoscerti”.
“Conoscermi?”
Lei ruotò il capo verso di
lui e non mancò di mostrarsi intimorita.
“Perché vuole conoscere me?”
“Non
lo so, ne farei volentieri a meno, ma
prima o poi l’avrebbe saputo, non potevo tenerglielo nascosto
altrimenti si
sarebbe insospettito”.
“Non
puoi dirgli che non sto bene?”
“Non
funziona così con lui. Sicuramente
vuole tenere sotto controllo la situazione e vedere chi sei, e se sei
un
potenziale nemico. Lo conosco, quel maledetto…”
“E
se mi chiede da dove vengo?”
“Gli
diremo che vieni da Virgus, è un
lontano pianeta dove viveva una piccola comunità di
umani”.
“Perché
parli al passato… Che ne è stato
di loro?”
Ci
fu un attimo di stallo. “Non esistono
più.”
“Li
avete… distrutti voi?”
L’altro
non le rispose, ma la fissò oltre
la patina di vapore e Bulma intuì la risposta abbassando lo
sguardo.
“Vegeta,
io n…”
“Non
iniziare. Renditi presentabile e poi
vieni con me”.
Lei
si accarezzò il capo e sembrò
indugiare ancora mentre lui staccava la schiena dal muro per andarsene.
“Aspetta. Vieni un attimo. Devo dirti una cosa...”
Vegeta
ci pensò un istante prima di assecondare la sua richiesta ed
avanzare tra i vapori, e quando le fu abbastanza vicino da
scorgere il
colore dei suoi occhi maliziosi, si sentì chiedere: “Se
scendo così… Pensi che sia
presentabile?”
La
squadrò da capo a piedi, sinuosa e
nuda, e provocante come sempre. Si sentì gelosissimo di lei.
“Direi di sì…”
..
Il
cupo spettro dell’ombra gravava su un
trono freddo e spigoloso di una stanza gravida di oscurità.
A cento metri di
maiolicato lucido e asettico oltre l'imponente ingresso esagonale come
la galleria che lo precedeva, l'egemone dalla testa
glabra e dalla pelle di consistenza scivolosa e umida se ne stava
seduto
comodamente, picchiettando le dita su un bracciolo disseminato di tasti
e spie
di sicurezza. Freezer era dittatore tanto potente quanto spietato che
amava
tenere tutto sotto controllo in ogni momento e ovunque fosse, anche
mentre
stava ricevendo nella sala ed era circondato di guardie leali, che non
fidarsi
è sempre meglio - diceva.
Un
sorrisetto ambiguo rendeva la sua
espressione vagamente inquietante mentre metteva a fuoco gli uomini
scimmia e
la creatura assolutamente insolita che li affiancava: aveva mani e
piedi come
loro, ma un colore d'occhi assai diverso, come pietre brillanti,
capelli di
seta e ossa sacrali senza coda. Gli era arrivata voce, una voce che si
era
incanalata tra luoghi angusti ai confini della galassia dove i saiyan
facevano
la ronda alle province più ostinate, che il fortissimo
principe non solo era
tornato, ma adesso era affiancato da una compagna. Freezer aveva
disposto che
gli venisse presentata, poichè non aveva mai smesso di
temere Vegeta. Rispetto
gli altri saiyan, il principe non era solo molto forte, ma anche molto
acuto e
scaltro, e quando era stato dato per morto Freezer l'aveva fatto
cercare a lungo
solo per poter brindare al suo trapasso.
Ora,
ipocritamente, lo omaggiava.
"Principe
Vegeta... Che piacere
averti qui con la tua ultima conquista" esordì mellifluo,
puntando gli
occhi sulla donna. "Fremevo per conoscere la futura regina del tuo
popolo
bellicoso".
Vegeta
non era contento di essersi dovuto
presentare con lei, ma rifiutare l'invito sarebbe stata
un'imperdonabile
scortesia dal punto di vista del tiranno. Se si era presentato con sua
moglie,
era solo per mettere a tacere ogni sospetto su di lei.
Inclinò
leggermente le spalle, tenendo lo
sguardo alto e fisso su di lui, quasi a voler dimostrare che chinarsi
al
potente non era nella sua indole, e neppure riconoscere
superiori.
"Potente
Freezer".
"Avvicinatevi"
ordinò la
lucertola con voce particolarmente tranquilla.
La
scorta dei saiyan teneva sotto
controllo i movimenti delle guardie di Freezer, di cui nessuno si era
mai
davvero fidato. Vegeta si apprestò al trono accompagnato
dalla propria donna.
"Mi
è dispiaciuto che tu non sia
passato a presentarmela prima" ammise Freezer scendendo dal seggio. Si
avvicinò loro studiando la donna. Le porse la zampa a tre
unghie sotto lo
sguardo vigile di Vegeta che studiò
l’atteggiamento sospetto del dittatore. Lei
allungò la mano con titubanza e l'altro gliela strinse
facendola trasalire al
tocco gelido.
"Le
voci sulla sua bellezza sono vere
a quanto pare" affermò Freezer rivolgendosi alle proprie guardie che
vigilavano
ai margini della sala, come a voler sottolineare davanti al saiyan che di lei si era
parlato
parecchio tra di loro.
Vegeta
se ne infastidì moltissimo.
La
mancanza di rispetto di Freezer si
esternava anche in questi proforma su cui talvolta sorvolava con gusto.
Vegeta
se n'era visto bene dal far girare voce che ella avesse anche un'intelligenza
prodigiosa e aveva tassativamente
vietato ai suoi più vicini di parlarne.
"Dunque,
da dove
viene questa... affascinante creatura?" Indagò infierendo
coi complimenti
e tenendole ancora la mano. "É molto più debole
di te. Mi sarei aspettato
una guerriera, al tuo fianco".
"Viene
da Virgus, il
pianeta dell'acqua".
Lo
sguardo di Freezer
assunse un’espressione più sospettosa. "Ah..." La
studiò attentamente.
"E com'è non ero al corrente vi fossero simili bellezze?"
Ruotò
gli occhi su
Vegeta, il quale rimase impassibile. "Non ve ne erano, difatti. Lei
è una
delle superstiti."
"E
hai pensato bene
di sposartela..." aggiunse con un tono che tradì un fastidio
latente.
"Bene... Sono lieto di conoscerla. Il suo nome."
"Si
chiam..."
"Sh,
sh, sh, lascia
che lo dica lei".
Ci
fu un silenzio carico
di attesa. Bulma era visibilmente a disagio. La voce
conservò una traccia
di titubanza quando rispose.
"Mi
chiamo
Bulma".
"Bulma.
Un nome grazioso,
proprio come lei." La lucertola le lasciò la mano e
sembrò voler inserire
a lei il tarlo del dubbio, o solo inserirlo a Vegeta, del quale non si
fidava
ed era certo gli nascondesse qualcos'altro.
"Mi
chiedo come mai,
un uomo come Vegeta, che è sempre stato solito...
sterminare... le fanciulle
deboli come te, adesso ne abbia presa in moglie una".
Dopo
che lo ebbe detto
sorrise a entrambi. "Molto bene... Sono lieto di aver conosciuto questa
donna che senza dubbio... surclassa in bellezza le donne saiyan che ho
visto.
Vi auguro una fertile unione, e figli in abbondanza".
Quando
si furono
allontanati abbastanza da non essere uditi più da nessuno,
mentre imboccavano
le rampe di lancio in vetro infrangibile, uno dei saiyan della scorta
si
accostò a Vegeta.
"Principe,
prima o
poi Freezer scoprirà che sua moglie non è di
Virgus".
Lo
sguardo insondabile di
Vegeta si fece più torvo del solito. "Non lo
scoprirà a meno che qualcuno
apra bocca e gli dia fiato a vanvera. Al mio rientro vieterò
a tutti di fare
riferimenti al suo pianeta di origine".
L'altro
annuì abbassando
il capo.
Bulma,
turbata e
pensierosa, continuò a percepire la mano di Freezer tenere
la propria. Era così
gelida che aveva irradiato una strana e negativissima sensazione in
lei, come
se stesse toccando un morto che cammina.
Durante
tutto il tragitto
di ritorno Vegeta non aprì bocca, e Bulma intuì
che dietro il suo nervosismo
c'era qualcosa che in lui non aveva ancora mai visto. C'era paura.
Continua…
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