-King Regis ha fatto quello che ha
fatto per il futuro.
Grazie
a lui, c'è ancora speranza per le nostre case.-
Nyx
Ulric.
-Speranza
(Hope...)-
Titus Drautos.
31 anni prima...
Cavaugh.
La casa del piccolo villaggio costiero era invasa dalle urla di una
donna dolorante. La notte aveva spazzato via le poche nuvole minacciose
e, alla mattina, il sole faceva il suo ingresso nella timida giornata
di fine inverno. Un giovane uomo entrava ed usciva dalla casa,
camminando nervosamente avanti ed indietro, passandosi di
tanto
in tanto le grandi mani fra i capelli castani.
Era insolito vedere l'uomo preso dai sentimenti; ligio al lavoro e
dispinibile all'aiuto, in quella mattina sembrava un animale in gabbia.
Le urla continuavano ad uscire dalla casa facendo sempre fermare il
cuore all'uomo.
-Fatemi andare da lei.-
Un ringhio più che una richiesta rivolto alle donne che
sembravano sbarrargli la strada verso la camera.
-La pazienza è virtù. Stai calmo giovane uomo,
andrà tutto bene, ci siamo quasi.-
No, non andava bene, e quelle risposte non facevano altro che aumentare
la sua ansia.
Urla più forti, poi il silenzio.
L'uomo si bloccò, il panico dell'ignoto che gli artigliava
il petto.
Sarebbe entrato, fanculo quelle vecchie megere, ma metre avanzava per
imporre il suo volere, la levatrice uscì dalla camera e,
sorridendogli, gli fece cenno di entrare.
Il pianto del neonato gli riempì le orecchie facendogli
disconnettere il cervello.
Avanzò, l'uomo, incerto e vulnerabile chiudendosi la porta
alle spalle.
La sua giovane moglie era stesa nel letto, i capelli inzuppati di
sudore, il viso sconvolto ma con un sorriso felice, un bambino che si
nutriva beato sul suo seno.
L'uomo pensò di non aver mai visto una cosa più
divina in vita sua.
-Titus puoi avvicinarti...-
-Cos...?-
Non si ricordava come camminare, impietrito dal quel sentimento che gli
riempiva il cuore.
Mosse qualche passo incerto, cercando con una mano una sedia che sapeva
essere nella stanza ma, cazzo, dov'era andata a finire?!
Le delicate risate di sua moglie lo riportarono alla realtà;
la
donna allungò la mano libera per incontrare quella del
marito
per avvicinarlo al letto dove quest'ultimo si sedette.
-Titus Drautos... Un uomo alto quasi due metri e grosso quanto uno
scoglio in stato confusionale... Serviva proprio un parto per ridurti
in queste condizioni?-
Era così sua moglie, riusciva a strappargli un sorriso.
Anche dopo aver passato dieci ore di travaglio. Lei.
-Prendi in braccio tua figlia.- Disse poco dopo mettendogli con cura il
fagottino fra le grandi braccia.
-Bambina?-
Titus accolse il fagotto fra le braccia, tenendolo come inconsciamente
ogni padre tiene il proprio figlio: come il tesoro più
grande.
Guardò le piccole mani stendere e chiudere le dita, la bocca
a
cuore fare buffe smorfie ed infine uno sbadiglio. Osservò la
testa quasi priva di capelli e gli occhi ancora mezzi chiusi per la
luce della vita.
-Ciao bambina mia...-
Disegnò dei piccoli cerchi sulle spalle della bambina
lasciate
scoperte dalla copertina ricamata. Com'era piccola, pensò,
rispetto alle sue dita.
Giurò di proteggerla, sui sei dei e su tutti gli Dei del
mare.
Si avvicinò a sua moglie posandole un bacio sulla testa. La
guardò, con gli occhi di un uomo innamorato, cullando
dolcemente
la figlia.
La sua famiglia.
-Questa bambina ha bisogno di un nome, non lo abbiamo mai scelto in
nove mesi.-
Sua moglie sorrise nella stanchezza ma mentre stava per aprire
nuovamente bocca uno scioccho risuonò dal cielo.
Fu un rumore sordo ed intenso che durò un solo attimo. Poi
il rumore di vetri frantumati.
Il tetto della loro casa raccolse la polvere del loro sgomento.
Titus si alzò dal letto, con la bambina stretta fra le
braccia, avvicinandosi alla finestra.
I suoi occhi si spalancarono, la bocca si seccò.
-Il Re ha ritirato la Barriera-
Non c'era emozione nella sua voce tanta era l'incredulità
dalla situazione.
Come aveva potuto il Re ritirare la Barriera con Niflheim che cercava
di avanzare?!
Guardò sua figlia, nata da meno di un ora e già
esposta
alla guerra. La strinse al petto, chinandosi per baciarle la testolina,
svegliandola dal suo sonno in un pianto affamato.
Titus tornò da sua moglie pasandole la bambina, lo sgomento
ancora leggibile suo suo volto.
Osservò sua figlia addormentarsi in silenzio sul seno della
madre, giurando di nuovo a se stesso di proteggerle, entrambe, da
qualsiasi cosa riservasse il futuro.
-Hope-
La voce di sua moglie lo riportò alla realtà.
La guardò, fiera anche se stanca dal parto, gli occhi
nocciola intrisi di determinazione.
-Nostra figlia si chiamerà Hope-
Titus Drautos carezzò i capelli di sua moglie, osservando la
sua Speranza con gli occhi di un padre.
27 anni prima...
-Papà!-
Una bambina dai capelli castani e grandi occhi azzurri come il mare
correva sul ghiaiottolo della strada principale del villaggio verso
l'imponente figura che si avvicinava.
Si lnciò in un salto sapendo che non sarebbe caduta, suo
padre l'avrebbe sempre presa.
-Papà sei tornato! Fammi toccare il cielo!-
Titus Drautos alzò sua figlia all'altezza del volto,
baciandola sulla guancia prima di metersela sulle spalle.
L'uomo si beò delle urla felici di sua figlia, alzando lo
sguardo per vedere le sue braccia rivolte verso il cielo.
-Guarda papà anche i gabbiani ti salutano!-
-Mi sei mancata anche tu scricciolo mio-
Prese la sacca che aveva precedentemente fatto cadere in terra e si
avviò verso la sua casa.
Sua moglie si fece trovare appoggiata allo stipide della porta, gli
occhi castani accesi di felicità mentre si sistemava i
capelli
biondi dietro le orecchie.
Tornare a casa gli riempiva sempre il cuore di quella gioia potente che
ti fa mettere un passo dietro l'altro. Quella gioia che ti fa credere
nel futuro.
L'odore di salmastro che gli pizzicava le narici, facendolo respirare a
pieni polmoni. Il grido dei gabbiano in cerca di cibo. Le onde in
lontananza che si infrangevano sugli scogli, quando furiose quando
timide.
Baciò sua moglie, passandole una mano dietro il collo,
mentre loro figlia rideva divertita.
-Papà fammi scendere non passiamo dalla porta sei troppo
alto!-
-Credevo di essere il tuo gigante, scricciolo...-
Rise suo padre mentre la poggiava a terra.
Scricciolo, la chiamava così.
Sua figlia era alta per la sua età ma manteneva un fisico
asciutto che le permetteva di correre veloce come il vento.
Titus si riempì gli occhi della vista della sua famiglia.
-No papà, tu sei il mio drago!-
Titus scompigliò i capelli a sua figlia mentre entravano in
casa
ed un profumo di pesce arrosto gli metteva l'acquolina in bocca.
Arrivò il pomeriggio, al mare con sua figlia mentre gli
raccontava dei pesci che aveva scoperto e chiedeva a suo padre di farle
qualche nodo strano con una corda.
Arrivò la sera, l'amore con sua moglie con le finestre
aperte ed il rumore del mare in sottofondo.
-Come vanno le cose nella capitale Titus?-
Ruppe il silenzio sua moglie mentre gli carezzava il petto.
L'uomo abbracciò stretto la donna, baciandole i capelli e la
pelle che ancora sapeva di sesso.
L'avrebbe amata di nuovo prima del sorgere del sole.
-La Guardia Reale esige dei soldati forti e addestrati a dovere. Il
fatto che abbia sempre pescato a rete con le mani ha sempre influito
sulla mia forza e questo è un vantaggio. Fra un mese ci
saranno
altre selezioni di soldati e molto probabilmente mi
candiderò
per le strasferte estere per poter difendere Cavaugh anche se non credo
permetteranno un trasferimento così veloce senza minacce
imminenti. Gli allenamenti non sono così pesanti, non come
la
vostra mancanza.-
Non aveva intenzione di parlare di Insomnia, non con sua moglie ancora
calda accanto a se.
Fece forza sulle braccia sovrastando delicatamente sua moglie prima di
baciarla sulle labbra.
Amava baciare sua moglie, le sue labbra sapevano di mare.
Le assaporò chiededo con la lingua il permesso di qualcosa
di più profondo che non mancò ad arrivare.
Titus si perse fra i soffici capelli di sua moglie; le baciò
il
collo ad ogni spinta, si riempì le orecchie di ogni suo
delicato
gemito.
Morse la pelle perchè i baci non erano più
abbastanza.
Toccò la pelle calda imperlata di sudore come se potesse
portarla con se nelle settimane a venire.
Si prese tutto il tempo per venerare sua moglie, mordendosi le labbra
per prolungare quel piacere da tanto sognato.
I loro gemiti sommessi riempirono la piccola stanza mentre la loro
figlia dormiva beata ed innocente nella camera di fianco.
26 anni prima...
-Papà come ti sei fatto quella cicatrice sulle labbra?-
Titus aveva avuto un congedo di due settimane per stare finalmente con
la sua famiglia.
Erano passati sei mesi dall'ultima volta che era tornato a casa.
Ed ogni volta che tornava su quelle scogliere vedeva sua figlia
cresciuta, gli occhi del suo stesso colore ma con la
vitalità di
sua moglie.
Lancià l'amo in acqua, seduto sul di uno scoglio accanto a
sua figlia.
-Vedi Hope, quando avevo poco più della tua età
caddi
proprio su questo scoglio. Tuo nonno e altri pescatori mi tirarono in
salvo prendomi per le caviglie. me la cavai con lividi e questa bella
cicatrice che mi ricordava ogni giorno che sugli scogli non si corre.-
Sua figlia gli passò le dita sulle labbra osservando attenta
la loro forma.
-deve aver fatto male.-
-Oh sicuro scricciolo perchè...-
Ma non finì mi la frase. In lontananza il rombo delle
navette di Niflheim facevano rombare il cielo.
Titus si alzò di scatto, portando protettivo sua figlia
dietro di lui.
-Corri casa Hope, Avverti gli abitanti del villaggio di stare
pronti a scappare-
-Perchè papà...-
-CORRI HO DETTO!-
Sua figlia scattà, veloce come il vento, mentre le navicelle
sterzavano da lontano per cambiare rotta.
-Mio Signore chiedo il permesso di una squadra per difendere i
territori di Cavaugh in quanto meno di una settimana fa sono state
avvistate delle navicelle nemiche in avvicinamento, molto probabilmente
in ricognizione.-
Titus Drautos era inginocchiato ai pedi delle scale dell sala del trono.
Il suo collo rischiava di spezzarsi dalla solennità della
posizione.
Era partito pochi giorni dopo l'avvistamento della flotta nemica per
avvertire il Re.
Doveva fare qualcosa, avrebbe sicuramente difeso i suoi cittadini.
-Le navicelle hanno cambiato rotta a quanta distanza dalla costa
soldato?-
A parlare era stato il generale della Corona nonchè Scudo
del Re.
-Circa cinquanta migli nautici signore.-
Titus era sicuro che fosse stato una ricognizione da parte del nemico,
sentiva il sospetto strisciargli sotto la pelle.
- Le coste di Cavaugh non costituiscono una postazione strategica per
il nemico, sei sicuro che semplicemente non abbiano virato per Galahad?-
Questa era la voce del nuovo Re, in carica da poco dopo l'ingresso di
Titus come militare. Era giovane ma con una certa determinazione.
-Non ne ho la certezza Altezza ma non si sono mai avvicinati
così tanto alle coste.-
-Cosa sei venuto a chiedere Drautos?-
-Generale chiedo il permesso di guidare un gruppo di soldati a scopo
preventivo sulle coste della regione onde evitare attacchi nemici.-
-Non abbiamo la certezza di futuri attacchi ed in più molti
soldati sono poco più che gavette mentre la Guardia Reale
è confinata alla difesa di Insimnia.- Claurus Amiticia aveva
la
voce ferma mentre sputava la sua sentenza. - Il Re valuterà
la
situazione nelle prossime settimane. Sei congedato soldato.-
25 anni prima....
Titus Drautos correva come mai aveva corso nella sua vita, neppure
quella volta quando aveva accidentalmente tagliato le reti da pesca di
suo padre con un coltellino.
Correva fra i pini, i suoi piedi sicuri e veloci nello scansare radici.
Correva lasciando indietro gli altri soldati prtiti con lui. Correva
veloce incurante dei richiami degli uomini ormai troppo lontani per
seguirlo. Correva talmente tanto che i suoi polmoni andavano avanti per
mera disperazione.
Correva fino a sentire le urla provenienti dal villaggio. Correva
mentre sentiva la disperazione salire insieme al fumo che ormai vedeva
davanti agli occhi.
Correva fino a che le onde del mare in tempesta non lo accolsero a
ciò che rimaneva della sua casa.
-HOPE!!! LILY!!!!-
Corrreva e gridava, saltando cadaveri di persone che conosceva.
Correva mentre l'odore del sangue gli pizzicava le narici.
Correva mentre davanti ai suoi occhi ciò che rimaneva della
sua casa lo aspettava.
Spostò sassi e travi di legno, chiamò sua moglie
e sua
figlia. Le sue dita sanguinavano mentre continuava disperato a scavare.
Piangeva mentre scopriva i corpi ormai senza vita di coloro che aveva
giurato di proteggere.
scavò come un disperato, cullando i corpi ormai senza vita
quando riuscì a liberarli.
Urlò anche se le sue orecchie non riuscirono a sentirlo.
Maledisse i Sei, maledisse se stesso. Urlò come il mare che
si
infrangeva sugli scogli di quella che aveva chiamato casa.
Perchè fu in quel giorno che la sua Speranza morì.
24 anni prima....
-Titus Drautos. 26 anni. Trauma cranico, lesioni multiple aggravate,
trovato in status confusionale.
Prognosi riservata di 40 giorni.-
Titus cercò di aprire gli occhi al nuovo giorno. Sapeva dove
si trovava e perchè. Il Re in persona si era presentato al
suo capezzale per ringraziarlo del servizio al paese e per le
condoglianze sulle sventura della sua gente.
Un vero dramma, un vero massacro.
Titus Drautos ascoltava apatico le parole di quell'uomo che, poco a
poco, si trasformava ai suoi occhi un buffone.
Diceva che Niflheim aveva tolto un grosso pezzo di cuore a Insomnia ma
che quel sacrificio non sarebbe stato vano.
Titus Drautos sapeva chi accusare oltre se stesso.
Lasciato solo nella sua stanza di ospedale l'uomo chiuse gli occhi. Non
era tanta la rabbia per coloro che avevano preso la sua casa, ma era
inquantificabile il disprezzo per colui che aveva permesso che
ciò accadesse.
Erano passati due mesi da quel giorno.
Titus Drautos stava dritto ed immobile davanti allo Scudo del Re mentre
questi gli appuntava una medaglia al petto.
Qualcuno applaudì all'uomo che, da solo, aveva ucciso mezzo
squadrone nemico nella ritirata da Cavaugh.
Alcuni osservavano la cicatrice rossa ed ancora infiammata che gli
solcava l guancia ed il naso.
Ma nessuno riuscì a vedere l'odio che l'uomo covava dentro.
Tre mesi di riposo per potersi riprendere dal trauma.
Ma dove poteva andare? La sua casa era bruciata, la sua famiglia morta,
il suo futuro ormai nero.
Una notte decise di partire. Lasciò le sue serate in
compagnia dell'alcol per viaggiare verso le coste.
Non sapeva cosa avrebbe fatto una volta arrivato la; se gli
insediamenti Nif gli avrebbero sbarrato la strada, se gli avrebbe
uccisi tutti, e se si sarebbe buttatos emplicemente da una scogliera.
Non gli importava. La sua mente annebbiata da alcol e disperata
solitudine, gli suggerì che quella era la scelta giusta da
fare: partire e vivere il momento.
Viaggiò in auto e poi a piedi. Dormì in rifugi
nel nulla e, quando aveva fame, si fermava dove poteva.
Cavaugh era uno scenario di guerra. Dove i villaggi erano riusciti a
rimanere illesi la apopolazione viveva nel terrore; alcuni migravano a
Insomnia avvelendosi del foglio profughi di guerra, altri erano o
troppo vecchi o troppo testardi per abbandonare ciò che
avevano costruito.
La il suo villaggio era un cumulo di pietre e legna. Solo un faro poco
lontno era sfuggito alla devastante distruzione.
Titus pensò che fosse un segno: la sua casa non sarebbe mai
morta. sarebbe arrivato il giorno in cui lui sarebbe tornato ed avrebbe
ricostruito tutto.
Nella sua follia rivide le reti dei pescatori e sentì il
profumo del pesce appena cucinato. Chiuse gli occhi, combattendo contro
i ricordi di venire a galla. Ma erano li con lui, intorno a lui.
Sentiva le voci felici dei suoi ex compaesani, le canzoni
dell'equinozio e del solstizio.
-Papà!-
Titus aprì gli occhi di scatto voltandosi dove era sicuro
provenisse la voce di sua figlia.
-Hope!-
Il lato razionale di lui le urlava che ormai era perduta ,a quella
voce... La sua coscienza si aggrappava disperata a quell'illusione.
Corse fino all'inizio delle scogliere guardando il mare calmo. I
gabbiani banchettavano incuranti del suo tormento.
A Titus mancò il fiato.
Sua figlia era morta. Sua moglie era morta. Lui stesso aveva versato le
loro ceneri in mare come usanza della sua gente. Cadde in ginocchio
artigliandosi il petto, cercando l'aria che non sembrava arrivare ai
suoi polmoni. La testa gli prese fuoco e le mani andarono ad
artigliarsi ai capelli.
Erano morti.
Ed era tutta colpa di quel codardo bastardo rintanato dietro quella
fottuta barriera.
-amico mio tutto bene?-
Titus alzò gli occhi alla voce, il respiro corto, le mani
ancora affondate nei capelli.
Osservò lo strano tipo avvicinarsi con nonchalance a lui e
accucciarsi piano.
Osservò i suoi occhi e gli parvero spaventosamente troppo
gialli.
Osservò, ritrovando la lucidità, quello guardo
troppo famelico per i suoi gusti.
-Chi cazzo sei?-
-Oh ma che scortese...-
Lo sconosciuto si alzò piano, sistemandosi il cappello in
testa e facendo un mezzo inchino.
-Ardyn Izunia, al suo servizio.-
Alzò lo sguardo, quello che Titus pensò essere
troppo inquietante per appartenere ad un essere umano.
-L'Impero avrebbe una proposta da farti.-
23 anni prima...
Era legato con spesse funi ad un lettino ospedaliero che riusciva a
malapena a contenere la sua stazza.
Verstael Besithia gli girava intorno
come un gatto che osserva il suo topo preferito ormai in trappola.
"Che nome del cazzo" pensò Titus mentre il dottore usciva
ridacchiando da una porta specchiata.
Era stato informato del programma, il Cancelliere gli aveva spiegato
ciò che avrebbero fatto se avesse accettato la sua proposta.
-cosa sei
disposto a fare per veder cadere Insimnia ed il suo Re?-
Il cancelliere rideva mentre gli porgeva la domanda.
-Qualsiasi cosa-
Fu il ringhio di risposta.
Gli aghi bucarono la sua pelle, conficcandosi nelle ossa
per sparare quel liquido dal nome impronunciabile.
A Titus non importava; non aveva nulla da perdere e,
soprattutto, la sua determinazione a veder crollare il Re l'avrebbe
tenuto in vita.
Strinse i denti a quel pensiero mentre il liquindo nero gli bruciava
l'anima ed il corpo.
Potere.
Richiamare l'armatura fu doloroso i primi tempi ma, col giusto
allenamento, il dolore si trasformò in un leggero fastidio.
Sentiva strisciare come un serpente il liquindo fuori da lui, dai pori
della pelle, per compattarsi tutto intorno in una solida armatura
grigio/magenta. Sentiva il potere dei dispositivi di Niflheim dargli
ancor più forza e potenza mentre maneggiava la lunga e
spessa spada che avevano creato solo per lui.
Si osservò le braccia, il metallo solido modellato come
tendini su di lui, saggiò la potenza delle gambe avvolte in
quella fibra leggera.
Avrebbe ucciso il Re. Nella sua testa, mentre faceva volteggiare
facilmente il grande spadone in una mano, quella frase era diventata un
mantra.
-Generale! Speravo di trovarla! Oh spero di non aver disturbato!-
Titus odiava quel bastardo con i capelli mogano ma sapeva anche che
dietro quella sua finta sdolcinatezza arrogante, si nascondeva qualcosa
di più insidioso.
-Cosa vuole Niflheim da me?-
Diretto, feroce, la calma prima della tempesta.
Nei due mesi di permanenza nei territori Imperiali aveva incrociato gli
sguardi spaventati dei suoi nuovi sottoposti ogni volta che si
presentava davanti a loro.
La sua figura e la sua spietatezza erano ormai famosi nelle terre
confinanti.
-Oh niente di che generale! Solo una domanda... Non potremo di certo
chiamarti generale Drautos mentre farai il doppio gioco a Imsomnia...
Cioè sarebbe davvero imbarazzante... Quindi mi chiedevo,
come possiamo chiamarti?-
Il cancelliere aspettava con quel futtuto sorrisetto sulle labbra.
Titus avrebbe tanto voluto tagliargli la testa con la sua spada. Ma non
era lui il suo bersaglio, non era lui il sangue che doveva macchiare di
gioia la sua spada.
Si voltò verso uno specchio osservando la sua nuova e
maestosa figura.
-Glauca. Verrò chiamato col nome di Generale Glauca-
La sua voce, dall'elmetto, risultata distorta e graffiante.
-Il nome di un drago! Decisione azzeccata visto l'elmetto che porta.-
Il cancelliere uscì dalla porta lasciando il nuovo generale
col suo mcigno sul cuore.
22 anni prima...
Applausi... Medaglie sul suo petto ed al suo collo.
Il bastardo che gli stava davanti gli sorrideva orgoglioso e
soddisfatto.
Avrebbe voluto ucciderlo li, davanti ai fotografi ed alle telecamere.
Tirare fuori la spada ed infilzarlo.
Non sarebbero servito neppure chiamare il Generale Glauca.
Sarebbe stato un lavoro pulito e veloce.
Ma doveva aspettare. Il momento non era ancora giunto.
La pazienza è la virtù di un uomo.
L'ultima volta l'aveva sentito dire da colei che aveva fatto nascere
sua figlia.
abbassò la testa chiudendo gli occhi; il momento sarebbe
giunto.
-Diamo il benvenuto al nuovo reggimento di Insomnia! Il
Kingsglaive con a capo il Capitano Titus Drautos!-
Oggi...
Sentiva la vita scorregli via dal corpo. Doveva avere un taglio in
fronte perchè da un occhio vedere maledettamente sfuocato.
Il pezzo mancante del suo elmetto gli permetteva di sentire il vento e
la polvere alzata dalla battaglia.
Aveva ucciso il Re. Aveva urlato quando lo aveva fatto. Aveva urlato
tutto l'odio che aveva in corpo lasciandolo finalmente uscire dopo 31
lunghi anni.
aveva risparmiato Ulric nella battaglia e, alla fine, la battaglia si
stava prendendo entrambi.
Steso sul terreno poco rialzato poteva vedere il giovane mettersi
seduto per guardare il sorgere del nuovo giorno.
Titus sentiva il sangue colargli dalla ferita sotto al cuore.
-....C'è
ancora speranza per le nostre case.-
Sentì quelle ultime parole da parte del suo angone ed i
ricordi gli uscirono dal cuore.
-Hope...-
Avrebbe avuto 31 anni.
Titus chiuse gli occhi e, mentre la morte pian piano prendeva
ciò che era suo, vide sua figlia sulla cima di una scogliera.
I capelli lunghi che le sfioravano le spalle per poi alzarsi al vento
portato dal mare.
La vide voltarsi verso di lui regalandole quel sorriso pieno di gioia.
-Bentornato a casa papà!-
-Non è il
peggior modo di andarsene...-
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Questa fic è uscita dopo aver visto varie volte il film
Kingsglaive.
Ormai il mio amore per i personaggi drammatici di final fantasy
è risaputo... E non potevo non rendere un po' di giustizia
ad un personaggio come Titus Drautos.
Ho cercato di dare un passato ed un motivo alle azioni di un uomo, a
mio parere, distrutto dal dolore.
Spero di aver fatto un buon lavoro.
Alcuni personaggi, così come le frasi in grassetto, sono
presi dal film Kingsglaive, prequel cinematografico di FFXV.