Il body painter
IL
BODY PAINTER -
ALLE PRESE CON LA VERNICE
Il campanello
suonò a lungo.
- Stef? Stef ti svegli?
Dai apriii! - suonò ancora.
Stefan,
dall’interno, si limitò ad aprire un occhio
sconsolato. Gli toccava proprio alzarsi.
Il richiamo al
campanello si fece alquanto insistente.
Sbuffando
buttò giù dal letto una gamba, poi
l’altra, poi con uno sforzo micidiale si mise a sedere. Si
guardò attorno perplesso. Dove si era svegliato quel giorno?
Vide un grosso specchio
di fronte al letto, un armadio in legno alla sua destra, tende bordeaux
tirate sulla luce del giorno. Era davvero a casa sua?
Guardò
l’ora, le dieci. Le stramaledette dieci di mattina e il suo
campanello di casa continuava a suonare.
Si alzò
disperato, in mutande, le occhiaie violacee e i capelli biondi
totalmente sconvolti.
Quando di nuovo il
trillo lo raggiunse ringhiò e aprì la porta sul
giorno. La luce lo colpì inaspettatamente quindi ci mise un
po’ prima di rendersi conto che, quel chiunque fosse
lì a rompergli quella mattina che gli era appena saltato al
collo abbracciandolo, fosse Brian Molko.
- Stramaledetto
cantante dei miei stivali, cazzo vuoi la mattina presto da me? -
- Oh Stef! Non sai cosa
ho scoperto! -
Brian saltò
giù dal collo di Stefan mostrandogli diverse buste di
plastica nel pianerottolo. Quindi le raccolse e le portò
dentro, posandole accanto al divano bianco. Il bassista si
limitò a chiudere la porta e a guardarlo assonnato.
- Stamattina presto
stavo riflettendo, no? -
- Bri è
ancora mattina presto, va’ a dormire. -
Stefan prese a
trascinarsi verso la sua camera di nuovo, pronto a continuare a
dormire. Brian lo seguì anche se conscio che
l’altro avrebbe tanto voluto essere lasciato in pace.
- Stavo riflettendo che
ancora non sapevo cosa volevo fare da grande. -
Stef si girò
a guardarlo con un sopracciglio alzato.
- Hai quasi trentasette
anni, Molko, sei già grande. E ora, fammi dormire di grazia.
-
Riprese a camminare e,
giunto al letto, vi si buttò sopra a peso morto chiudendo
gli occhi.
- Non dire sciocchezze,
carino, io sono ancora molto piccolo. - Brian entrò nella
stanza da letto sventolando una mano come per scacciare una mosca
molesta. Dunque si sedette ai piedi del letto, le gambe accavallate, i
gomiti poggiati sulle ginocchia.
- Beh insomma, dicevo
che ho riflettuto. E che sono giunto alla conclusione che.. -
Cercò di
creare un po’ di suspance ma Stef, entrato quasi in stato
catatonico, non lo degnava di un’occhiata o di un ascolto.
Indignato, proseguì comunque.
- ..che voglio fare il
pittore e il body painter. - sembrava soddisfatto di essere arrivato a
dirlo.
Stefan aprì
un occhio e lo fissò sull’amico.
- Il pittore. Tu. -
- E anche il body
painter, sì. -
- Tu. -
- Sì. -
- Ma non sai disegnare!
-
- Farò
l’astrattista. - Brian annuì convinto. - Beh
insomma, dammi fiducia! Se vuoi ti dimostro che sono bravo! Posso fare
sul serio il pittore! -
- No grazie, fammi solo
dormire in pace.. -
Il cantante lo
guardò perplesso.
- Stefan.. -
l’interpellato rispose con un mugugno. - Posso dipingerti la
schiena mentre dormi? -
Lo svedese
saltò a sedere nemmeno fosse esplosa la nuova guerra
mondiale.
- Scherzi? -
Il viso da angioletto
che gli fu rifilato però lo fece desistere da ogni altro
tentativo.
- Bri no.. Non
è cosa buona e giusta.. -
L’altro
cominciò a sbattere le ciglia con fare da cane bastonato.
- Guarda che non mi fai
pena, no ho detto e no rimane. -
E arrivarono anche gli
occhioni dolci.
Stefan si
alzò disperato dal letto, stropicciandosi un occhio e
dirigendosi in cucina. Brian gli corse dietro senza dire nemmeno una
parola, solo continuando a guardarlo con gli occhi angelici.
- Brian Molko, io
Stefan Olsdal dico NO ad ogni tuo tentativo di avvicinarti a casa mia
con della vernice. -
- Ma la vernice
è già in salone.. - azzardò Brian.
Il proprietario di casa
lo ignorò continuando a caricare la macchinetta del
caffè.
Bri allora, sentendosi
ignorato, lo abbracciò da dietro, passandogli le braccia
intorno alla vita e poggiando la guancia sulla sua schiena con
non-chalance.
- Pensa quante cose si
possono fare con un barattolo di vernice, Stef.. - Gli disse quindi con
voce bassa e sensuale, volutamente provocante. - Quanti.. giochetti.
Quanti.. lavori. -
La mano di Bri si
poggiò aperta sulla pancia piatta del bassista.
L’altra si fermò sul bordo dei boxer. volutamente
troppo vicina. Stef poggiò la macchinetta del
caffè sul bancone, incapace di pensare a come riempirla. Ma sapeva
bene come riempire Brian. E ci riusciva a pensare moolto meglio.
Si girò
verso Brian, guardandolo, gli occhi di chi ha già pensato a
quello che si può fare con della vernice.
Bri sorrise
attaccandogli le braccia dietro il collo e provando a raggiungere il
suo orecchio, complice del fatto che Stef si abbassò
volentieri per permetterglielo.
- Basta solo un..
sì. E avrai tutta la vernice di cui dispongo.. - gli
sussurrò all’orecchio mordendogli un lobo.
Stef reagì
senza pensare. - Sì ok, sì. -
Brian lo
guardò soddisfatto e gli chiese allontanandosi, prendendolo
per mano e tornando al suo solito tono di voce: - Letto o divano? -
Era passata
un’oretta da quando Brian Molko aveva volutamente provocato
Stefan Olsdal in casa sua alle dieci e trenta del mattino, e ora il
suddetto padrone di casa non era padrone proprio di nulla.
Era stato costretto,
con l’inganno, a denudarsi e sdraiarsi sul suo divano bianco.
Era stato costretto,
con l’inganno, a farsi bendare gli occhi e legare i polsi
sopra la testa.
Era stato costretto,
con l’inganno, a farsi dipingere il corpo da un diavolo
tentatore senza lamentela alcuna.
Era stato anche
costretto, con l’inganno ovviamente, a non ribattere,
qualunque cosa fosse successa.
Ovviamente
l’inganno stava nel fatto che Brian, divertendosi
immensamente, aveva tirato fuori pennelli e vernice dalle sue immense
buste di plastica e si divertiva ad usarlo come tela. E non gli stava
dando proprio niente di quello a cui aveva acconsentito il povero
torturato.
- Ho quasi finito eh,
dammi un attimo ancora.. -
- Bri sono quaranta
minuti che lo ripeti.. Non sento più le braccia! -
Un’altra
pennellata sulla pancia, una sulla coscia, una sul collo..
- FINITO! -
sbraitò il cantante in piena estasi cominciando a battersi
da solo le mani.
- Bene, contento di
questo, ma potresti di grazia slegarmi e sbendarmi? -
- Nah aspetta.. - Brian
trafficò ancora con le buste e tirò fuori una
macchinetta fotografica digitale. - Prima le foto ricordo! - E
cominciò a scattare, senza alcun ritegno.
Alcuni minuti, diverse
angolature e alcune bestemmie dopo, il bassista fu libero di guardarsi.
Fu messo di fronte al grande specchio della camera da letto, con sua
somma disperazione.
Brian evidentemente
aveva abilmente imparato a disegnare negli ultimi tre giorni, oppure si
era sempre ben nascosto dietro i suoi disegni da bambino. Fatto sta che
ora, disegnata egregiamente sul corpo di Stefan, stava sdraiata una
splendida ragazza completamente nuda (a cui il bassista aveva reagito
con un elegante “ew”) leggermente accovacciata sul
suo petto, con una mano che pareva stringere le sue nudità.
Lo svedese rimase
impalato alcuni minuti, immobile, senza proferir parola né
sguardo. Poi allungò un braccio di scatto afferrando Brian
dalla maglietta e trascinandoselo di fronte.
- BRIAN STRAMALEDETTO
MOLKO, TI PAREVA IL CASO? -
- Ma è
così carina.. - il cantante passò lo sguardo su
tutto il corpo dell’altro con sguardi languidi.
- BRIAN STRAMALEDETTO
MOLKO, IO SONO GAY! -
Brian alzò
lo sguardo perplesso. - E allora? -
Stefan lo
lasciò andare portandosi le mani alle tempie per non perdere
la calma.
- Ricapitolando. Tu mi
svegli alle dieci del mattino del mio unico giorno libero, mi dici che
a trentasette anni hai deciso cosa fare da grande, mi costringi a farmi
disegnare una donna EW nuda sul corpo e poi mi rispondi “e
allora”. - respirò profondamente e
continuò - Ora, hai due alternative. O mi dai la macchinetta
fotografica e mi dici come si cancella ‘sta vernice, oppure
mi dici come si cancella la vernice e la macchinetta me la prendo da
solo. Scegli. -
- La seconda! -
Stefan
sospirò e si diresse al salone, lanciando uno sguardo
disperato ai suoi mobili completamente coperti di schizzi di vernice,
dei colori più disparati.
- Comunque non lo so.
Non ne ho idea. - continuò Brian dietro di lui.
- Cosa? -
- Non ho veramente idea
di come si tolga, non l’ho ancora letto da nessuna parte. -
Stefan si
girò a guardarlo con uno sguardo di fuoco. Sinceramente, se
gli sguardi potessero uccidere, Brian sarebbe stato condannato al rogo
perenne.
- FUORI DA CASA MIA,
BRIAN MOLKO. FUORI. ORA. SUBITO. - indicò la porta di
ingresso con un dito, furioso con l’altro.
- Non volevi la
macchinetta fotografica? -
Stefan si
chinò sulle buste fin quando non la trovò. - E
ORA FUORI. -
Brian lo
salutò con un bacino da lontano raccogliendo le vernici ed i
pennelli, le buste e la propria giacca.
Una volta fuori, al
primo cassonetto buttò tutto il materiale, si mise la giacca
e cominciò a ridere da solo.
Fermò il
primo taxi e gli diede un indirizzo, casa di Steve Hewitt.
Venti minuti dopo, alleggerito di poche sterline e con il sorriso
stampato sul volto citofonò al batterista.
Di sopra
trovò tutta la band -a parte Stefan ovviamente- al gran
completo, Steve Forrest e diversi tecnici compresi. Hewitt gli
aprì la porta con aria curiosa.
- Allora, ce
l’hai fatta? -
Brian sorrise malevolo.
- Ne dubitavi? -
La folla
ridacchiò divertita.
- Vogliamo le foto! -
- Facci vedere, Bri! -
- Ti prego, dacci la
macchinetta! -
Brian salutò
come fosse la regina mentre passava fra la gente dirigendosi al pc.
- La macchinetta
purtroppo se l’è fregata.. Però! -
sorrise - Non disperate gente! -
..e dalla tasca interna
della giacca tirò fuori la memory card, entusiasta ed
esaltato.
- Steve, dimmi che
possiamo leggerla.. -
- Ho anche io una
digitale, Bri.. Cose che capitano. -
La folla sorrise
contenta accalcandosi accanto al computer del batterista.
[Dall’altro
lato della città un uomo disperato, con una donna sbiadita
disegnata addosso e tante goccioline d’acqua che correvano
giù per la sua schiena, apriva la macchinetta digitale del
suo cantante per scoprire.. ]
- CHE TU
SIA MALEDETTO, BRIAN MOLKO! -
THE END!
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