Lo
aveva promesso, essere a casa prima della raccolta del mais. Era
stato il suo mantra in quei lunghi mesi in incognito in Francia ed
ogni suo pensiero, ogni sua azione aveva il fine di accelerare e
concludere il prima possibile la missione di spia e tornare a casa,
da lei... E dai suoi bambini che, si rendeva conto, lasciava soli un
po' troppo spesso.
Galoppando
come un forsennato col sole negli occhi, a ridosso di quelle
scogliere che l'avevano visto nascere, crescere e diventare uomo e
padre, quelle scogliere che gli erano mancate come l'acqua a un
assetato nel deserto, si sentì orgoglioso di se stesso. I
campi di
grano erano ancora pieni dei loro frutti, al raccolto mancavano forse
ancora una decina di giorni e lui era già di ritorno. Non
all'ultimo
minuto, non correndo il rischio di arrivare troppo tardi. Era in
orario, in anticipo, come dovrebbe essere ogni padre assennato che si
rispetti! A meno che suo figlio o figlia non avesse scelto di nascere
molto prima del previsto giocandogli un brutto tiro, lui ci sarebbe
stato al suo primo vagito.
Era
partito mesi prima lasciando Demelza, la sua bellissima Demelza che
in quella mattina, complice il cielo sereno e la gravidanza che la
rendevano ancora più desiderabile ai suoi occhi, gli era
parsa
ancora più affascinante del solito, dopo mesi caotici e non
facili
né per lui, che aveva dovuto fingere andando contro al suo
cuore e
alla sua mente per proteggere chi amava, né per lei che
aveva
costretto, anche se ce n'erano motivi, a riprovare ancora una volta
sulla pelle il sospetto e il dolore di vedere il proprio uomo
prendere le distanze. Era stata una farsa e quando Demelza lo aveva
capito, fra loro non c'era stato bisogno di chiarimenti o musi
lunghi, lei lo conosceva, lo amava pur nei suoi mille difetti e senza
troppe parole aveva capito il perché delle sue azioni. E
come sempre
lo aveva accolto col sorriso, fra le sue braccia, fra quelle braccia
che a Ross erano mancate come l'aria. Così come i suoi baci,
le sue
risate, il suo corpo, al sua vicinanza, le lunghe chiacchierate, la
sua voce melodiosa di cui andava fiero, quando cantava per lui...
Cavalcando,
vide Nampara in lontananza. Ed era tutto un fermento...
Nell'aia
notò Prudie con delle fascine di fieno in mano che
ciabattava
borbottando rumorosamente e lamentandosi per il mal di schiena e
dietro a lei, che la seguivano divertiti, Garrick e i suoi bambini.
Il
cuore di Ross accelerò. Santo cielo, quanto erano
cresciuti...
Jeremy stava pian piano perdendo i tratti del viso più
infantili e
stava diventando un grazioso ragazzino, col sorriso gentile di sua
madre e il suo carattere buono e solare. E Clowance... La sua piccola
Clowance, la sua principessina bionda... Aveva i capelli ancora
più
lunghi che ormai le coprivano tutta la schiena, la sua solita
vivacità, la sua voce squillante che sembrava voler dettare
legge e
il fare allegro e vispo di sempre.
Pian
piano si avvicinò col cavallo, non vedeva l'ora di
abbracciarli e
vederli così sereni e intenti a ridere e giocare era un
balsamo per
i sensi di colpa che sentiva per quei lunghi mesi d'assenza.
Fu
Jeremy a vederlo per primo. “Papà!”.
Prudie
e Clowance si voltarono stupite e Garrick, nonostante la sua non
verdissima età, gli corse incontro con la
velocità di un cucciolo,
seguito dai bambini.
“Papà,
papààà!!!”.
Ross
li abbracciò, forte, prendendo in braccio Clowance e
scompigliando i
capelli di Jeremy. “Santo cielo, siete riusciti a crescere in
così
poco tempo!”.
Clowance
rise, poi lo abbracciò di nuovo. “Sei tornato! Mi
sei mancato,
papà!”.
“Anche
a me” - aggiunse Jeremy, abbracciandolo come la sorella.
Ross
li strinse a se, felice delle loro parole e grato che fossero come
Demelza, sempre pronti a manifestare senza paura i loro sentimenti
senza reprimerli come molto spesso, per orgoglio, aveva fatto lui.
“Dov'è la mamma?” - chiese Ross, notando
che Demelza non era nei
dintorni. Una strana ansia lo prese. “Sta bene?”.
Prudie
arrivò trafelata. “Signore, bentornato!”.
Ross
annuì. “Prudie! Come sta Demelza?
Dov'è?”.
La
donna sbuffò, guardando i bambini che ridacchiavano.
“La signora?
In giro! Nemmeno il pancione la riesce a tenere segregata a
letto!”.
Tirò
un sospiro di sollievo. Quindi stava bene, stava gironzolando come
sempre e il bambino non era ancora nato.
“Dov'è?”.
“In
spiaggia, a pescare!” - rispose Jeremy.
“Cosa?
Incinta, col pancione? Da sola??? PRUDIE!!!”. Santo cielo,
era uno
scherzo? Lo stava facendo davvero? DI NUOVO??? Il suo primo saluto
sarebbe stato una colossale ramanzina, come poteva averlo fatto? Con
lui lontano, col rischio di partorire da sola, col rischio di star
male, col rischio di... beh, qualsiasi cosa potesse decidere il
destino! Santo cielo, la amava, quel suo carattere di fuoco che non
le permetteva di star ferma era ciò che più lo
irretiva, ma... ma
almeno ora che era incinta!!! “Vado a prenderla!” -
tuonò.
“Che
Dio ci aiuti...” - borbottò Prudie.
“Tu
sei nei guai, dovevi impedirglielo!” - la
rimbrottò Ross.
La
donna si mise le mani sui fianchi. “Lo sapete bene che quando
si
mette in testa qualcosa, la signora è
irremovibile!”.
Ross
non la ascoltò nemmeno. Girò il cavallo e poi si
diresse verso la
loro spiaggia, meta di ricordi dolci di lunghe passeggiate, di
risate, di giochi coi bambini ma anche fatti dolorosi, collocati nel
periodo più buio del loro matrimonio.
Quando
giunse sulla sommità della collina, lasciò il
cavallo e scese a
piedi, a grandi falcate, verso la battigia. Si guardò in
giro, la
spiaggia sembrava deserta e in giro si vedevano solo bianchi gabbiani
che sfrecciavano sulle onde.
Si
diresse verso la grotta per controllare che lei non fosse
lì, ma
proprio quando stava per arrivare, dovette bloccarsi a bocca aperta.
Serafica,
bellissima coi lunghi capelli rossi al vento e un vestito del
medesimo colore che non poteva più nascondere il suo
pancione, lei
uscì dalla grotta dopo aver riportato la barca, con una
cesta di
pesce in mano, col viso stanco ma soddisfatto e la carnagione
leggermente abbronzata. Santo cielo, sembrava felice, contenta e in
forma mentre lui era quasi morto dalla preoccupazione.
“DEMELZA!”.
Lei
si bloccò presa alla sprovvista, lo guardò a
bocca aperta e poi con
l'aria della monella appena beccata con le mani nel barattolo di
marmellata e poi... e poi fece ciò che ci si sarebbe
aspettati dalla
donna a volte irrazionale ma assolutamente vera che era sempre stata:
lasciò cadere la cesta coi pesci in terra e poi gli corse
incontro,
incurante del suo sguardo minaccioso e della ramanzina che sapeva che
avrebbe preso. “Ross!”.
In
un attimo si ritrovò travolto da lei, dal suo abbraccio, dal
suo
corpo stretto fra le sue braccia, dai suoi lunghi capelli contro il
suo viso. Dalle sue labbra...
Fu
un bacio lungo, passionale. Che non l'avrebbe salvata dai suoi
rimproveri ma che tanto gli faceva bene al cuore dopo tanti mesi di
lontananza. “Amore mio...”.
Lui
finse di essere arrabbiato anche se non lo era più ed era
assolutamente evidente che lei fosse in assoluta forma.
“Questa
cosa che hai fatto oggi, l'abbiamo già vissuta! E non
è detto che
se è andata bene allora, poteva andar bene anche a questo
giro”.
Lei
sorrise, birichina. “Non vorrai sgridare la tua mogliettina
incinta
dopo mesi di lontananza, solo perché voleva cucinare pesce
per
cena?”.
“Non
farmi sentire in colpa! Sei una dannata incosciente! Col mio bambino
in grembo, poi...”.
“Nostro...”
- lo corresse lei.
Ross
la guardò. Santo cielo, la amava da impazzire e in quel
momento gli
sembrava bella come non mai e forse avrebbe potuto perdonarle tutto.
Forse... Il punto era che lo confondeva, accidenti a lei! La
gravidanza la rendeva così unica, affascinante, sexy...
Quelle curve
un po' arrotondate, quel pancione che sembrava voler esplodere da un
momento all'altro, il suo sorriso...
Le
accarezzò il viso in un gesto affettuoso, baciandola ancora.
Ne
aveva bisogno. “E' la prima volta che torno a casa e non ti
trovo
più magra di come ti avevo lasciata”.
“Ringrazia
la nostra piccola...”.
Ross
parve sorpreso. “Piccola? Come lo sai?”.
“Lo
so e basta! Ho raccontato tante cose di te in questi mesi, a
Isabella-Rose, è come se lei ti conoscesse già e
tu non te ne fossi
mai andato”.
“Cose
belle?”.
“Un
po' e un pò” - rispose lei, in tono divertito.
Ross
le accarezzò il ventre. “Isabella-Rose... Mi sono
ripetuto
talmente tante volte nella mente questo nome in questi mesi, che
forse persino io me lo sentivo che presto avrei avuto la casa invasa
da donne. Io e Jeremy dovremo costruirci barricate nelle giornate
tempestose, temo...”.
“Probabile...”
- rispose lei, con fare birichino. Poi lo baciò, senza
chiedere
nulla, senza domandare come mai fosse tornato in anticipo o cosa
avesse fatto in quei mesi dove aveva dovuto accontentarsi solo di
scarne lettere per non compromettere il suo ingaggio di spia. Era a
casa, a Demelza non importava altro. “Bentornato, amore mio!
Aspettavo te per partorire, non ci sarebbe stato alcun rischio oggi!
Io e Isabella-Rose abbiamo fatto un patto”.
“E
Isabella-Rose è ubbidiente?”.
Demelza
si accarezzò il pancione. “A quanto
pare...”.
Ross
la strinse a se, forte, imprimendosi nelle meningi il profumo dei
suoi capelli e la bellezza del suo viso. “Mi sei
mancata”.
“Nonostante
le donne francesi?”.
“Nonostante
le donne francesi...”.
“E
allora ti meriti un'ottima cena”.
Ross
le sorrise, la prese per mano e la attirò a se per baciarla
ancora e
ancora.
Il
pesce e la cesta rimasero a terra, dimenticati. Ma non importava,
sarebbe stata una serata perfetta lo stesso, a casa. Finalmente a
casa!
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