Una volta giunto il sabato il
suo umore non si è per niente risollevato. La sua mente
tornava alla sua casa in Germania e sul come avrebbe dovuto farci
ritorno al più presto. Non riusciva a trovare niente che
potesse fargli tornare il buonumore, e per un momento aveva pure
considerato di disdire l’appuntamento con Feliciano,
pentendosi subito dopo di un simile pensiero. Aveva preso
quell’impegno e doveva portarlo a compimento.
Feliciano comunque
continuava a mantenere il segreto sulla loro meta, stuzzicando almeno
un po’ il suo interesse. Non passava giorno che non lasciasse
qualche piccolo indizio che coglieva la sua curiosità, ma
non abbastanza da farlo giungere a qualsiasi tipo di conclusione. Era
stato tentato di parlargli del proprio lutto ma aveva desistito, non
voleva appesantire altre persone con un suo problema personale.
Non aveva incrociato
Feliciano quella mattina, e ora che era arrivata la sera non aveva idea
di cosa mettersi. Certo non aveva chissà quale scelta, ma
voleva comunque dare una buona impressione. Alla porta bussano,
spingendolo ad andare ad aprirla. Era Feliciano, che in un attimo
l’aveva squadrato da capo a piedi. Si sente improvvisamente
nudo.
« Certo la
scelta è audace, ma credo potrebbe ugualmente andare.
» commenta, facendolo arrossire.
« No, non
sono ancora pronto! Sono ancora le sette. » esclama.
Feliciano allora sgrana gli occhi, indietreggiando di un passo.
« Scusa.
» sussurra, imbarazzato. « É
che sono tanto contento di uscire, poi il posto dove andiamo
è un sacco particolare, me l’ha consigliato un mio
amico, e dobbiamo andarci in metro quindi- » lui alza una
mano per bloccare il fiume di parole, scostandosi per invitarlo a
entrare.
« Non ti
preoccupare. » replica, vedendo l’altro tremare,
probabilmente dal nervoso. « Anzi, apprezzo che tu sia in
anticipo. » Feliciano si volta verso di lui, ancora
visibilmente nervoso. Con un gesto lo invita ad accomodarsi, nella
speranza di cavargli il genere di locale in cui sarebbero andati.
Doveva anche controllare di avere abbastanza soldi nel portafoglio.
« Io vado a
cambiarmi. » gli dice, per poi prendere la strada verso la
propria stanza e chiudere la porta dietro di sè. Si sentiva
improvvisamente agitato all’idea di spogliarsi con un altro
uomo a pochi metri di distanza da lui. Non era certo la prima volta che
gli succedeva, anche con un uomo nella sua stessa stanza, ma sembrava
aver completamente dimenticato quella sensazione di imbarazzo e
tensione che faceva tendere ogni cellula del suo corpo.
Il suo armadio ora gli
appariva come un temibile avversario, e qualsiasi capo
d’abbigliamento che possedeva gli sembrava inadatto.
Dopo diverse prove
aveva optato per un vestiario semplice, non troppo formale e
possibilmente comodo. La serata per lui sarebbe stata lunga.
Una volta riaperta la
porta cerca con lo sguardo Feliciano, che si trovava davanti al ripiano
dove teneva le sue foto di famiglia. O meglio, le fotografie di Gilbert
e dei loro cani. L’altro uomo sembrava molto preso dalla sua
osservazione, tanto che fa un balzo sorpreso quando lo sente
avvicinarsi.
«
É tuo fratello? » gli chiede, indicando
l’unico essere umano presente in tutte quelle fotografie.
«
Sì. »
« E tutti
questi cani? »
« Sono quelli
che abbiamo adottato o che abbiamo avuto in affidamento. »
« Sono tanti.
» ora che le guardava, la figura di Axel spiccava tra gli
altri. Probabilmente perché gli mancava. Entrambi rimangono
in silenzio, almeno finché Feliciano non gli tira la manica.
« Sei pronto
ad andare? » chiede, sorridendo.
« Mi metto le
scarpe e lo sono. » l’altro sembra compiaciuto
dalla sua risposta e lo precede all’entrata. Ludwig lo segue,
si assicura di chiudere la porta e si affida completamente alla sua
guida. Era strano prendere i mezzi senza avere una meta specifica, e
non aveva mai dimenticato la sensazione di smarrimento provata quando
per la prima volta il suo autobus aveva preso una deviazione senza
alcun tipo di avviso. Ora che aveva Feliciano vicino, però,
temeva un simile risvolto un po’ di meno.
La sua mente durante
tutto il tragitto era stata distratta da Feliciano, che aveva ripreso a
parlare, tanto che era sicuro che non sarebbe mai stato in grado di
ripercorrere quella strada alla stessa maniera. L’altro
però sembrava così sicuro di quello che stava
facendo da trasmettergli un vago senso di sicurezza.
Una volta fuori dalla
metro e dopo due autobus il percorso si era fatto più
tortuoso tra le vie del centro, almeno finché non erano
giunti ad una piccola piazza nel centro storico che sembrava sfuggire
all’occhio comune. Era tentato di cercare quel posto sulla
mappa ed era certo che non sarebbe stato in grado di trovarlo.
C’era una
piccola fontana su uno dei lati della piazza, circondata da un qualche
tipo di pianta rampicante che sembrava emettere un lieve bagliore alla
luce fioca dei lampioni. C’erano poche persone, e la maggior
parte di loro si stava dirigendo verso la loro stessa meta. Una piccola
e discreta enoteca.
« Certo, so
che preferisci la birra, ma hai detto che ti piace anche il vino quindi
credo il posto che ti piacerà. »
« Mi fido.
» gli risponde, ottenendo un sorriso raggiante. Una volta
entrati Feliciano si dirige subito verso un cameriere, che non tarda a
farli accomodare al più presto.
« Ho fatto
bene a prenotare. » gli dice, indicando con un cenno del capo
la breve fila di persone a cui era stato detto di attendere.
« Sarebbe stato imbarazzante portarti qui e farti rimanere in
piedi. »
Si sentiva riempito di
premura, e non riesce a smettere di sorridere debolmente nemmeno quando
il cameriere porta loro il menù. Feliciano ci impiega
un’infinità a scegliere cosa mangiare, ma entrambi
optano per la stessa bottiglia di vino e la loro cena può
finalmente iniziare.
« Sono
contento che il posto ti piaccia. » dice allora Feliciano,
appoggiandosi su una mano e piegando la testa di lato.
«
É molto… caratteristico. »
dice, dopo una ricerca della parola più adatta. La posizione
appartata del tavolo, la loro sistemazione uno di fronte
all’altro, la luce soffusa. Tutto lo faceva pensare a un
appuntamento in piena regola. Probabilmente era quello che desiderava.
« Nemmeno io
ci sono mai stato. » ammette l’altro, sorridendo.
« Ho passato l’intera serata a leggermi le
recensioni di questo posto. »
« Ne
è valsa la pena? »
« Lo sapremo
una volta aperto il vino. » a quelle parole arriva il
cameriere, portando loro la loro scelta, aprendola e elogiandone le
qualità. In effetti, mentre lo sorseggiava, Ludwig ammetteva
che fosse piuttosto buono. Feliciano fa lo stesso, rivolgendosi al
cameriere e facendosi lasciare la bottiglia.
Erano nuovamente soli.
«
É un po’ che non ci vediamo. »
esordisce Feliciano, sorridendo. « É
successo qualcosa? » la sua mente va subito alla chiamata
avuta col fratello, ma scaccia quel pensiero. Non doveva appesantire la
serata.
« Roderich ha
cambiato repertorio, è passato a suonare Haydn alle due di
notte. »
« Ed
è un bene? »
« Per quanto
ne so è il preferito di Elizaveta. »
«
É molto romantico. » dice Feliciano.
« Intendo, che lui suoni simili pezzi per lei. »
Ludwig torna a respirare, annuendo. Si sentiva messo sotto esame per
ogni parola o movimento.
« Quelli che
abitano sopra di te non sembrano apprezzare. Una volta ho sentito
Francis urlare di suonare almeno Debussy. » Feliciano
sorride, divertito.
« Lo ha
fatto? »
« Elizaveta
ha replicato che il marito non accettava commissioni. »
« Non sono
sorpreso. Sembrano molto affiatati. »
« Lo sono.
» vede l’altro assottigliare lo sguardo, prima di
assumere un’aria più curiosa.
« Come fai a
dirlo? »
« Non lo so.
É una sensazione. » Feliciano davanti a
lui torna a rilassarsi, e sorride al cameriere che appoggia gli
antipasti e li lascia nuovamente da soli. « Un matrimonio
così mi da l’impressione di essere felice.
»
« Non tutti
hanno questa fortuna. » dice allora Feliciano, guardando nel
suo calice di vino e prendendone un sorso.
« Lo penso
anch’io. » dice, imitandolo. « Pensavo
fossi un tipo più romantico. »
« Lo sono!
» esclama Feliciano. « Sono un vero esperto
dell’amore. Se hai problemi con la tua fidanzata puoi
rivolgerti a me! » Ludwig sorride, e prende un sorso di vino.
Era improbabile che si sarebbe mai rivolto a Feliciano per problemi di
cuore con le donne, ma non era certo di volerglielo dire. Apprezzava
però la buona volontà.
« Per ora non
credo ce ne sia alcun bisogno. » replica. « Non
sono fidanzato. »
« Come no?
Credevo che per come sei fatto fossi già prossimo al
metterti l’anello al dito. »
« Hai una
tale pessima immagine di me? » Feliciano emette una risatina.
« Comunque sono sempre stato troppo focalizzato sul mio
lavoro. »
« Ti capisco.
Quando lavoro non sento nemmeno quando qualcuno mi rivolge la parola.
» lo vede arrossire. « Forse sto esagerando.
»
« No, lo
capisco. » l’altro uomo appare più
sereno. « Quello che fai richiede certamente tanta passione e
anche più concentrazione. »
« Mi
lusinghi. Lovino non fa altro che ripetere che il mio lavoro
è inutile. »
« Restaurare
opere d’arte è un lavoro fondamentale. Senza
l’arte non saremmo diversi dagli animali. »
«
É un concetto piuttosto severo. »
« Forse lo
è. Ma voleva essere un complimento. »
«
L’avevo capito. »
Feliciano continuava a
stupirlo, a coglierlo di sorpresa. Se fino a poco prima lo aveva sempre
pensato come un vicino di casa spensierato e rilassato, la luce di
quella sera glielo presentava come un uomo completamente diverso.
Appassionato del suo lavoro e consapevole di ciò che amava.
« Comunque
è ammirevole che sei riuscito a trovare lavoro subito dopo
l’università. » dice, cercando di darsi
una calmata.
« Che
intendi? »
« Insomma,
sei molto giovane e già ti dedichi a lavori importanti.
Qualcuno avrà notato il tuo talento. » a quel
punto Feliciano scoppia a ridere, e cerca di coprirsi la bocca per non
alzare la voce e non farsi notare. Ludwig lo osserva per un
po’, chiedendosi cosa avesse detto di sbagliato.
« Se non
sapessi come sei fatto penserei che ci stai provando con me.
»
« Che
intendi? »
« Ludwig, io
ho passato la trentina d’anni da un po’.
» il vino che stava bevendo per poco non gli va di traverso.
« Stai
scherzando. » dice, cercando di non tossire.
« No.
»
« Mi stai
davvero dicendo che sei più grande di me? »
Feliciano inarca un sopracciglio, cercando di trattenere
un’altra risata.
« A quanto
pare sì. » una simile rivelazione lo aveva colto
di sorpresa. Feliciano sembrava essere nel pieno dei
vent’anni eppure ora scopriva che aveva una decade in
più. Certamente non li dimostrava. Certamente non sembrava
essere più grande di lui, eppure era così.
« Mi sembri sconvolto. »
« Solo, mi
sembri così giovane. »
«
É di famiglia. Persino nonno è arrivato
fino ai sessant’anni senza un capello bianco. Spero di avere
la stessa fortuna. »
« Sono sicuro
di sì. » è nuovamente il turno del
cameriere di interromperli, l’uomo appoggia i loro piatti e
dopo una breve presentazioni li lascia di nuovo da soli. La sua scelta
si era rivelata molto buona, tanto da destare persino la
curiosità di Feliciano.
« Me lo fai
assaggiare? » lui annuisce, allungandogli la forchetta quasi
senza pensare. Vede Feliciano arrossire, il che lo fa irrigidire. Aveva
agito d’impulso, come se fosse stato a casa con Gilbert, e
ora non sapeva se proseguire o ritrattare la sua azione. Feliciano,
comunque, allunga il suo corpo in direzione della posata e assaggia il
contenuto, per poi ritirarsi.
«
É buono. Vuoi sentire il mio? » non
aveva idea di cosa rispondere, e l’altro sembra intuire il
suo disagio, prendendo l’iniziativa e mettendo una piccola
parte sul suo piatto. Gli sorride, ancora pieno di imbarazzo, e lo
assaggia. Rimangono in silenzio fino al termine della pietanza, e lui
inizia a percepire nuovamente il disagio del silenzio.
« Mi avevi
detto che tu e tuo fratello avevate dei cani. »
«
Sì, un paio. »
« Mi
è sembrata più una dozzina dalle foto.
»
« Facevo
volontariato in un canile, mio fratello lo fa ancora. »
« Deve essere
stato bello. » commenta Feliciano.
« Non quando
Gilbert, la mattina presto, li sguinzaglia in giardino al ritmo di
“who let the dogs out”. Non ridere, il vicinato ci
odia abbastanza per questo motivo. » Feliciano si copre la
bocca, ma è visibilmente divertito.
« Non ti
sarai mai annoiato. »
« Con mio
fratello? Credo che sia impossibile, ovunque vada succede qualcosa.
É l’unico che ha mai avuto il coraggio di
infastidire Elizaveta, e pure quello che è finito per ben
due volte in pronto soccorso a causa di concussione da padellata. Ha
persino battuto il record di Francis, lui si era fermato a una.
»
« Mio nonno
mi aveva accennato di questo, ma ho sempre pensato che avesse
esagerato. Ora inizierò a pensare che pure la storia del
pony nell’ascensore sia vera. »
« No, quella
penso sia davvero la storia romanzata dell’ascensore rotto.
Non ci ho mai creduto. »
«
Sì, in effetti dubito che nell’ascensore del
condominio potesse davvero trovarsi un pony maritato con una senatrice.
» entrambi sospirano, vittime del racconti di Romolo.
Quell’uomo ne aveva sempre una da raccontare. «
Sarebbe davvero assurdo. »
« Il signor
Romolo aveva tanta fantasia. »
« Dillo a me.
Da bambino ha convinto Lovino che fossero gli scoiattoli a fare la
pipì nel letto, e lui ci ha creduto fino alle elementari.
Magari questo non dirgli che te l’ho detto. »
Ludwig si passa il pollice e l’indice sulle labbra, per
fargli capire che il suo segreto era al sicuro con lui.
La serata stava andando
piuttosto bene, nonostante le sue ansie. La bottiglia di vino stava
finendo e avevano iniziato a consumare il secondo.
« Ora che ci
ripenso, ogni giorno con mio nonno era un’avventura. Non ho
mai avuto la percezione che fosse un uomo anziano. »
Feliciano sembrava parlare più a se stesso che a lui, ma poi
lo vede sollevare il viso e sorridergli. « Di certo non posso
dire di essermi annoiato quando ero bambino. »
« Sono sicuro
che hai dei ottimi ricordi di lui. » il sorriso di Feliciano
si trasforma, diventa un po’ più malinconico.
«
Sì, è così, ma preferisco pensare a
questa cena e fare in modo che anche questa sera diventi un bellissimo
ricordo. » ormai non riusciva a capire se era sincero
imbarazzo a farlo arrossire oppure era il vino, ma arrivato a quel
punto della cena non gli importava più di tanto. Era
consapevole del fatto che ogni volta che Feliciano piegava la testa, o
si aggiustava i capelli, o incurvava le labbra all’angolo
destro la sua mente li percepiva come flirt. Non gli rimaneva altro da
capire se non che fossero volontari o meno.
« Sono sicuro
che lo sarà. » Feliciano apre bocca, appare
confuso, ma riprende la sua aria spensierata e allunga la mano verso il
calice, portandolo accanto al suo bicchiere e picchiettandolo
leggermente contro il suo.
« A questa
serata allora. » si trova ad annuire e finisce di bere la sua
parte, sentendosi più rilassato. Seguono racconti
d’infanzia, quei pochi che Feliciano ammetteva di ricordare
insieme al fratello, lui aggiunge i propri insieme a Gilbert, ridono
della propria ingenuità infantile.
Le risate terminano
quando si tratta di pagare il conto, che per una volta riesce a vincere
lui nonostante le proteste di Feliciano a riguardo.
« Allora io
offro il gelato. » esclama, aggrappandosi al suo braccio una
volta che sono usciti all’aria. Nonostante fosse notte
inoltrata nell’aria si sentiva ancora il calore estivo che
permeava la città. Era certo che per tornare indietro
avrebbero dovuto prendere un taxi.
«
D’accordo. » si trova a dargli retta, convincendosi
che ormai tanto valeva farlo. Feliciano lo porta in un luogo che sembra
conoscere bene. Anche in quel caso l’altro impiega tanto
tempo per scegliere i sapori che gli piacciono di più, ma
alla fine riescono ad uscire dalla gelateria, sistemandosi seduti su un
muretto lungo la strada.
« Mamma mia,
il gelato di qui mi era mancato così tanto. »
« Come mai?
»
« Non lo so.
Quando sono al nord non ne ho mai trovato di così buono.
Forse è perché ha lo stesso sapore della mia
infanzia. »
«
Cioè? » gli chiede lui, abbozzando una risata.
« Non so come
spiegarlo. » risponde Feliciano, prendendo un’altra
leccata dal suo cono. « É più
buono. »
Lui non inquisisce
oltre, cercando di non guardarlo in maniera troppo avida. La luce del
lampione illuminava Feliciano in maniera particolare, rendendolo come
una figura immortalata in una fotografia. Non sembrava nemmeno un
essere umano.
Era rimasto comunque a
fissarlo più del dovuto. « …vevo detto
che dovevi prendere la nocciola. » lo sente dire, e batte un
paio di volte le ciglia. Feliciano allunga il cono nella sua direzione.
« Avanti, assaggia. » un simile gesto lo coglie di
sorpresa, se fosse nelle sue condizioni normali avrebbe gentilmente
declinato, ma ormai aveva trascorso la serata con Feliciano, avevano
già condiviso il cibo, e mettere bocca dove fino a poco
c’era stata la sua non gli sembrava più
così inadeguato.
Con calma lecca uno
strato del gelato, portandosi una mano sulla bocca. «
É buono. » risponde, facendolo
sorridere. Feliciano riavvicina il gelato a sé, riprendendo
a mangiarlo proprio dal punto in cui lui l’aveva toccato.
Aveva un qualcosa di erotico con quel gesto. Non se lo spiegava.
Non si dicono
più niente, nonostante riesca a percepire lo sguardo
dell’altro su di sé, ma non si sente a disagio.
Era da tanto tempo che non riusciva a godersi serenamente una serata
estiva, e finalmente grazie a Feliciano ci stava riuscendo.
L’aria calda della notte lo faceva sentire bene, e
così anche la presenza di Feliciano al suo fianco.
Finiscono il gelato, e
con calma si avviano verso la strada principale alla ricerca di un
taxi. Feliciano estrae il telefono dalla tasca, impallidendo.
« Tutto ok? » lui annuisce, nonostante il visibile
nervosismo.
«
É Lovino. Mi sono scordato di dirgli quando tornavo.
» lo osserva armeggiare con il cellulare, concentrandosi
sulle sue dita sottili. Non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. E
non era certo colpa del vino. Doveva concentrarsi per cercare un taxi,
più che altro.
Per fortuna non ci
impiegano così tanto come avevano temuto, e il viaggio di
ritorno trascorre in completo silenzio. Nemmeno il tassista era di
troppe parole. Una volta arrivati Feliciano insiste a pagare, e lui si
sente improvvisamente troppo stanco per mettersi a discutere con lui.
Con calma apre il cancello, facendo passare l’altro.
C’era odore di bagnato, probabilmente Antonio aveva
innaffiato la siepe. Feliciano si trascina fino al portone del palazzo,
aspettando che sia lui ad aprire anche quella porta. La serratura
scatta, permettendo loro di entrare nell’atrio. Erano ormai
le tre di notte, quindi tentando di fare il meno rumore possibile
salgono le scale, Feliciano inciampa costringendolo a sorreggerlo per
il resto della salita. Sembrava improvvisamente più stanco
di lui.
« Lasciami
qui, Lud. Posso dormire sul pavimento. » roteando gli occhi
passa una mano sul suo fianco, spingendolo a camminare insieme a lui.
«Davvero, in questo momento mi sembra tanto comodo.
»
« Credo che
il tuo letto in questo caso lo sia di più. »
« Lo sarebbe
se ci fossi dentro anche tu. »
« Non
scherzare. »
« Non
scherzo. Mi dai l’idea di essere un enorme, caldo peluche.
»
« Fa
già caldo di suo, che ti servo io? » Feliciano lo
fissa con lo sguardo annebbiato, come se cercasse una risposta senza
trovarla.
« Soffro di
freddo. » dice, assumendo un tono fintamente serio.
« E io
soffrirò le urla di tuo fratello domattina se non ti riporto
a casa. » Feliciano corruccia le labbra, con contento di
simile risposta, ma non protesta più, facendosi accompagnare
per le scale. Quando raggiungono il loro piano sembra passata
un’eternità e gli sembra di aver svegliato tutto
il condominio facendo rumore. Feliciano è ancora appoggiato
al suo fianco, ma sembra più lucido rispetto a quando
stavano salendo.
« Hai le
chiavi? » l’altro le prende dalla tasca,
sventolandole.
« Ovvio.
»
« Allora
buonanotte. » Feliciano sembra sul punto di dire qualcosa, ma
finisce con l’avvicinarsi e lo abbraccia con improvviso
trasporto. Lui si irrigidisce, non sapendo come rispondere a
quell’inaspettata manifestazione d’affetto.
«
É stata una bella serata. Mi sono divertito tanto.
» Ludwig si sente felice, e riesce a ricambiare la sua
stretta. Feliciano emette una lieve risata, ma non da alcun cenno di
volersi togliere. Lui si sente bene, per la prima volta in quei giorni.
Feliciano era riuscito a fargli dimenticare le sue preoccupazioni e i
suoi problemi, anche se solo per una serata. Aveva un dono.
« Feliciano?
»
«
Sì? »
« Credo sia
meglio che tu torni a casa. »
«
Perché? »
« Ho
l’impressione che se continui così ti
addormenterai in piedi. » l’altro uomo emette uno
sbuffo, apparentemente divertito.
« Non
è colpa mia se sei comodo. » non trova niente da
replicare, ma lo accompagna comunque fino alla sua porta, guardandolo
maneggiare le chiavi e infilarle nella toppa, per poi girare il
chiavistello. Questa fa un suono meccanico, e finalmente la porta si
apre.
« Allora
buonanotte. » gli dice, togliendo l’ultimo contatto
fisico che avevano. Lui sente improvvisamente freddo, ma non se ne
lamenta, guardando Feliciano fino all’ultimo istante e solo
dopo che la porta si è chiusa si dirige verso la propria.
Una volta dentro prende
dei lunghi respiri, infilandosi sotto la doccia e cercando di mettere
in ordine i pensieri. Era stata una bella serata, forse addirittura un
po’ troppo per lui. Feliciano era stato affascinante,
ammaliante, piuttosto seducente nei suoi confronti. Non sapeva dire se
fosse un qualcosa di naturale o volontariamente diretto a lui.
Doveva solo chiedersi
se fosse quello ciò che voleva. Dentro di sé
sapeva la risposta. Lui voleva che Feliciano fosse interessato a lui.
Era un qualcosa che la sua razionalità aveva tentato di
reprimere, ma arrivato a quel punto doveva ammettere a se stesso che
l’interesse che provava non era per niente amichevole.
Avrebbe dovuto fare un
passo in avanti, ma un vago timore di aver frainteso la situazione si
annidava in un angolo della sua mente. D’altronde lui aveva
una maniera di approcciarsi completamente diversa, forse per
l’altro era la normalità.
Getta la testa sotto il
getto d’acqua, cercando di rifletterci in maniera
più chiara possibile. Voleva capire cosa fare, ma ormai
dovevano essere le quattro di mattina e lui sapeva che non avrebbe
cavato fuori nessuna buona idea. Sapeva solo che doveva fare un
tentativo, il come e il dove erano ancora una grande incognita.
Una volta uscito dalla
doccia si infila a letto, prendendo in mano il libro nella disperata
ricerca del sonno, ma non riesce nemmeno a vedere il testo davanti a
sé. La sua mente ripercorre la serata, analizza ogni
dettaglio, maledice di essere stata deviata con del buon vino. Non
poteva pensare in maniera lucida.
Sentendosi stanco
appoggia il libro sul comodino e spegne la luce, infilandosi sotto le
lenzuola. Dalla finestra proveniva una lieve brezza, ma nemmeno quella
riusciva a togliere la sua attenzione dalla serata e da Feliciano.
Continua a pensare al suo sorriso, alle sue dita sottili, a quel gelato
condiviso e ai loro ultimi istanti insieme. No, non c’era
niente di fraintendibile in quello.
Non poteva rimanere
passivo di fronte a tali provocazioni. Doveva provare, vincere o
fallire nel tentativo. Rimanere fermo non l’avrebbe portato
da nessuna parte, se rimanere così non avrebbe mai saputo
come sarebbe stato baciare l’altro. Simile pensiero lo fa
arrossire, facendolo tornare come quando aveva dato il suo primo bacio,
ed è allora che finalmente riesce a sprofondare in un breve
e disturbato sonno.
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