Quando uno scontro si protrae troppo a lungo e non si ha niente per cui
combattere non importa quali motivazioni o forti emozioni possano aver
spinto all'inizio, non sembreranno più niente di
così importante, niente per cui sia valsa la pena aver
gettato tutto.
“Ma io non ho avuto la possibilità di scegliere di
buttare ciò che avevo, tu mi hai tolto tutto! Per te ne
è valsa la pena? Perchè hai fatto
questo?!” pensò Akira.
Ma il suo corpo da demone continuava a muoversi in preda alla rabbia
cieca e all'istinto continuando a combattere anche se la sua mente era
ormai stanca e priva di motivazione.
Talmente aveva perso la cognizione del tempo che potevano essere
passati fra le poche ore e i mesi, o addirittura gli anni, da quando lo
scontro era iniziato. Ormai tutti i demoni e i devilman erano morti,
sul campo di battaglia c'erano solo lui e... Ryo?
“No... lui non è Ryo... non più, non
può esserlo... Ma... ma chi era Ryo?”
Per un attimo vide il volto dell'alato essere pallido deformarsi in un
sogghigno, poi Akira subì un colpo e si ritrovò
spaccato in due parti.
Il volto dell'essere cambiò nuovamente, ma non era
più neanche lontanamente divertito.
Pur essendo un devilman la ferita era irrecuperabile. Restava poco
tempo prima che la sua coscienza cominciasse a spegnersi per
dirigersi... all'oblio? All'aldilà? Esisteva
l'aldilà? Satana avrebbe potuto saperlo... era troppo tardi
per chiederglielo?
C'era un'ultima cosa che gli occhi di Akira, registrarono... Quegli
occhi azzurri sgranati, quello sguardo sorpreso e... spaventato?
Durò un attimo, ma forse era realmente spavento quello che
scorse sul viso dell'angelo.
Il colpo che gli era stato inferto non voleva essere mortale,
quell'effetto era in un certo senso accidentale, non voleva ucciderlo...
“Che sciocco... se avessi voluto uccidermi davvero sarei
morto già molto prima... invece sei rimasto a temporeggiare,
mentre i tuoi demoni morivano. I sentimenti umani non ti sono mai
arrivati, non ti è arrivata neanche la mia rabbia. Non l'hai
ricambiata neanche per un istante, non è così?
Ucciso per sbaglio... che fine stupida... che assassino strano e
patetico è il mio...” Il suo assassino era Ryo...
Sì... Ryo aveva accumulato più conoscenze, era
migliorato nel non risultare così strano a chi non lo
conosceva bene, ma era rimasto sempre sé stesso... era il
bambino che Akira aveva trovato, il suo compagno di giochi, il migliore
amico. Non c'era realmente stato un momento in cui si era incattivito
ed era diventato un mostro, semplicemente non era maturato da un punto
di vista emotivo, si era ritrovato un piano da realizzare
inconsciamente e molto, troppo, potere tra le mani. Akira era stato
cieco, non se ne era accorto e non aveva fatto nulla per impedire che
le cose andassero a finire in quel modo...
“Forse è stupido credere che ci fosse qualcosa che
potessi fare...”
Era frustrante, sarà stata colpa della stanchezza che
offuscava la furia che l'aveva trascinato all'inizio del combattimento,
ma non riusciva ad odiare il bambino zuppo e spaventato che aveva
incontrato tanti anni addietro, per quanto non sapesse dire neanche se
e quanto gli voleva ancora bene.
La vita cominciò a scorrergli davanti gli occhi, con Ryo di
sottofondo che gli parlava come se non capisse la situazione.
“Proprio tu, così intelligente, normalmente
così insensibile davanti a chi ha un piede nella fossa, non
lo capisci? Sto morendo, Ryo...” Ma Ryo continuava a
parlargli con tono pacato, mentre la sua voce e i ricordi si
sovrapponevano. Era come se, per Ryo, la loro fosse una semplice lite
fra bambini e nonostante si fossero fatti del male ne avrebbero potuto
parlare e tutto si sarebbe sistemato, sarebbe tornato come doveva
essere...
“Già... una lite fra bambini... questo ricordo
forse mi aiuterà a odiarti...”
-Akira, togliti!- gli ripeteva, Ryo, sfoderando con una mano un
tagliacarte mentre con l'altra lo tirava per la maglia.
-No!- Akira non si spostava, rimaneva accovacciato sopra la scatola che
conteneva il malandato animaletto.
-Non sopravviverà, lascialo a me! Avanti! Lasciamelo
uccidere!- Akira continuava a non dare segnali di volersi alzare.
-Akira, non è abbastanza forte per sopravvivere.-
cercò di farlo ragionare.
-Non mi importa!- rispose, la frustrazione di Ryo poteva quasi
avvertirla, ma non capiva perchè fosse così
ostinato...
“Ero spaventato... esternavi in questo modo le tue
emozioni
raramente e chissà perchè erano sempre legate
alla rabbia e all'aggressività.
Mi chiedevo che strano rapporto con gli animali dovi aver avuto prima
che ti trovassi. Sembravi volerti approcciare a ciò che per
te era nuovo tramite tagliacarte e altri oggetti contundenti... Ero
sempre riuscito a fermarti quando sembravi intenzionato a ferire un
animale, ma quella volta c'era qualcosa di diverso, eri più
determinato del solito.
Non sapevo cosa fare, avevo paura.
Non riuscivo a spiegarmi il tuo desiderio di uccidere un animaletto
tanto indifeso come quel gattino. Forse non hai mai sopportato che
qualcuno di troppo debole per sopravvivere respirasse. Con gli uomini
hai fatto così, no?
...Ma, allora perchè hai cercato di risparmiarmi?”
All'ennesimo strattone di Ryo, Akira si girò e lo spinse...
fu stupito dal proprio gesto e per un attimo gli sembrò che
anche Ryo fosse disorientato, la cosa lo fece stare ancora
più male, ma decise di resistere.
-Vattene!- gli urlò. -Vattene via!- Ryo sembrò
ascoltarlo.
Ma nonostante quell'episodio, continuava a seguirlo dovunque andava
come se non fosse successo niente. Akira si sforzava di guardarlo di
traverso e ignorarlo, ma per quel bambino così pallido e
glaciale sembrava non essere cambiato niente.
“Non riuscivo a comunicarti i miei stati d'animo
neanche
allora...”
-Non ti importa quello che penso?- gli chiese Akira irritato, Ryo non
lo aveva mai sentito usare quel tono per rivolgersi a lui, era una
situazione nuova e sgradevole. -Sono arrabbiato con te, vuoi capirlo?-
era così stupido da avere bisogno di una spiegazione o forse
non gli importava? -Ma a te non fa alcuna differenza, vero?-
-Sì invece...- quella era in realtà una delle
poche situazioni in cui un esterno avrebbe potuto capire facilmente i
sentimenti di Ryo. -Hai cambiato comportamento e mi da fastidio, non
sembri più tu.- Akira era incredulo, Ryo sembrava incapace
di capire dove aveva sbagliato...
“Nulla di troppo diverso dal solito in
realtà...”
-Beh, è colpa tua...- Akira si voltò e
cercò di continuare a ignorarlo.
Ryo continuò a stargli dietro anche mentre andava a
controllare il gattino.
Akira inizialmente era un fascio di nervi, temeva che l'altro potesse
avere ancora cattive intenzioni nei confronti della bestiola, invece
Ryo rimaneva passivo a fargli compagnia mentre metteva del cibo al
gatto e gli versava dell'acqua dalla bottiglietta.
Il gattino mangiava poco e non sembrava particolarmente vivace, ma il
piccolo Akira si sentiva fiducioso, anche quando Ryo glielo fece notare
si limitò a rispondergli: -Anche tu mangi poco, eppure stai
bene.- Akira provò ad accarezzare il gatto, ma Ryo lo prese
per il polso.
-Potrebbe trasmetterti qualche malattia.- lo avvertì freddo.
Akira si liberò la mano e accarezzò il felino, lo
osservò mentre col nasino sporco gli annusava le dita. Era
così piccolo, eppure così solo... era triste, ma
provò a sorridere alla creaturina. -Akira.- lo
richiamò Ryo.
-Se si sente solo e abbandonato gli verrà più
difficile lottare per sopravvivere...- avrebbe voluto portare il
piccolo a casa, ma i genitori erano contrari. Anche loro dicevano che
doveva avere qualche malattia, inoltre non volevano che si affezionasse
a un gattino dato per spacciato...
“Forse anche tu eri preoccupato per lo stesso
motivo, ma non
ero sicuro di questa spiegazione allora e non lo sono neanche adesso.
Forse mi sto solo illudendo di scorgere qualcosa di umano in te... sono
sempre riuscito a capire i tuoi sentimenti meglio degli altri, ma
comprenderti rimaneva comunque difficile...
Chissà se tu questo l'hai mai capito, non ero stupido,
sapevo che il gatto sarebbe potuto morire a breve, ma anche
così non volevo che si sentisse solo, morire soli
è fra le cose più terribili che possano
capitare... e ora provo pena per entrambi, anche per te...”
Avrebbe voluto scuotere la testa e cancellare l'ultima cosa che aveva
pensato mentre la sua versione bambina accarezzava un'ultima volta il
gattino prima di alzarsi.
Ryo estrasse del disinfettante dallo zaino e glielo mise sulle mani poi
le sciacquò utilizzando la sua bottiglietta d'acqua.
-Grazie.- Akira gli sorrise, si sentiva molto più tranquillo
nei suoi confronti. Era ingenuamente sicuro che il fatto che Ryo non
avesse tentato nuovamente di aggredire il gatto doveva significare che
aveva capito che il suo comportamento era sbagliato, anche se sapeva
che non glielo avrebbe mai detto apertamente.
“Vorrei non pensarlo, ma non riesco a cancellare il
dubbio di
aver avuto ragione all'epoca, considerarti completamente un mostro e
odiarti, e odiarmi per essere stato così stupido, sarebbe
meno doloroso...”
Quel giorno era scoppiato un temporale e Akira era corso fuori casa per
andare a soccorrere il gattino. L'animale respirava a fatica e
rumorosamente. Akira, agitato, aveva coperto la scatola con proprio
ombrello.
-Akira, è inutile.-
“Eri comparso all'improvviso e su di me aveva smesso
di
piovere, non ci avevo fatto caso, ma mi stavi riparando col tuo
ombrello...
Perchè? Perchè eri venuto ad aiutarmi?
Perchè siamo stati amici? Perchè se non eri del
tutto un mostro hai voluto uccidere e distruggere gli esseri umani?! Se
davvero mi volevi bene perchè l'hai fatto?!”
-R-Ryo, c-che cosa dobbiamo fare?!- aveva balbettato smarrito sperando
che l'amico avesse qualche suggerimento per salvarlo.
“Nonostante tutto ti ho sempre ammirato... ho sempre
riposto
estrema fiducia in te e nelle tue abilità, ho sempre cercato
il tuo aiuto...”
Ma in pochi secondi, il gattino smise di respirare e non si riprese
più. Akira scoppiò a piangere.
-Sapevi che sarebbe successo, perchè piangi?-
domandò Ryo.
-Stai piangendo anche tu!-
-Non è vero!-
-Sei un bugiardo!-
-Akira, guardami!- lo sfidò. Akira si girò
singhiozzando.
-S-stai piangendo.-
“Stavi piangendo, ti ho sentito...”
-E' solo la pioggia!- esclamò scocciato. -Stare qui a
piangere non cambierà nulla. Dai, andiamo...- lo
esortò. Akira scosse la testa, non voleva sentire ragione.
-N-non è insensato...- protestò debolmente.
-Sì invece, piangere per la morte di qualcuno è
insensato, ancora di più se sapevi che sarebbe morto a
breve.- disse freddo.
-Vuoi dire che se io morissi non ti dispiacerebbe?!- Ryo ci mise un po'
per trovare una risposta.
-Preferirei evitare che ti capiti qualcosa... farei il possibile per
salvarti, però... a maggior ragione se sapessi che fossi
spacciato, non avrebbe senso piangere.- Akira non rispose,
rimase chino sulla scatola. -Rischi di ammalarti restando qui...- lo
avvertì Ryo.
-E tu? P-perchè te ne rimani qui a prendere freddo per
qualcuno per cui nemmeno piangeresti? P-perchè non te ne
vai?- Ryo non rispose, rimase fermo a ripararlo con l'ombrello. Akira
si rassegnò al suo silenzio e scavò una buca per
il suo piccolo amico, mentre Ryo lo seguiva aspettando. -Non ho bisogno
del tuo ombrello ho il mio...- disse con tono un po' acido, ma incerto.
“Avevo difficoltà a capirti, nonostante
ciò che mi dicevi a parole sei rimasto con me... Un altro
compagno di classe sarebbe stato meno freddo e mi avrebbe detto che gli
dispiaceva, poi però se ne sarebbe andato. Non sarebbe
rimasto con me a prendere freddo, anzi, non sarebbe nemmeno venuto da
me vedendomi sotto la pioggia. Sarebbe rimasto a casa al
calduccio...”
-Ryo...- lo chiamò mentre, sotto la pioggia, si
incamminavano verso casa. -Che cos'hai contro il mettersi a piangere?-
provò a domandare. -Non risolvi qualcosa... non sono
più piccolo. Lo so che se piangi i morti non ritornano in
vita e le cose non si risolvono...-
-Sei ancora piccolo...- precisò Ryo.
-M-ma non così tanto! E-e poi non stavamo parlando di
questo!- balbettò imbarazzato. -Ryo, anche se non risolve
niente, è n-normale e non c'è nulla di male nel
piangere...- cercò di spiegargli. -E poi, anche se i
problemi non svaniscono ci si sente un po' meglio dopo...- capiva di
non essere affatto convincente anche provando a puntare su vantaggi
pratici. -E-e e poi...-
-Non ti giudico male, puoi piangere quanto vuoi.- lo
rassicurò.
-N-non l'ho detto per questo!- non ci aveva neanche pensato.
“Perchè sapevo che ti piaceva stare con
me e che
anche se ai tuoi occhi e a quelli degli altri avevo un carattere
debole, non mi avresti mai preso in giro e maltrattato come facevano
gli altri bambini... eppure tu potevi capirmi meno di quanto riuscivano
a fare loro, eppure per te le altre persone deboli non hanno il diritto
di vivere, oppure ti ho frainteso?
Perchè parlo con qualcuno che non può
rispondermi? Perchè non riesco ad essere arrabbiato? Forse
sono davvero troppo stanco...”
-Tu... sembri voler nascondere tutto ciò che senti e non
capisco perchè...- confessò il piccolo Akira.
-Le emozioni sono illusioni, dipendono solo da reazioni chimiche. Gli
esseri umani ne hanno bisogno per motivarsi, ma le trovo un po'
superflue onestamente... dubito siano davvero così utili da
un punto di vista evolutivo... le sensazioni del gradevole e dello
sgradevole bastano, non sono necessarie altre sfumature.- disse
saccente.
-E-evo...- ripetè Akira un po' confuso. -P-punto di vista
e...evolutivo?- “Che cosa c'entra adesso?!”
-Se vuoi, provo a leggerti qualche paragrafo dal libro di
neurobiologia. È che pensavo non ti interessasse...- da
quando era arrivato aveva mostrato un'intelligenza fuori dal comune e
un bisogno di appropriarsi di conoscenze e informazioni quasi
ossessivo...
-A che ti serve studiare tutti quei libri?- domandò
infastidito Akira. -Perchè lo fai? Perchè ti
piace... vuol dire che provi delle emozioni anche tu!-
-Io... rientra nel gradevole...-
-Ma non ha comunque un senso! Ad un bambino la neurolo... la neu... Non
serve a un bambino! È una cosa che ti interessa senza una
motivazione logica!- insistette Akira. -E perchè stai con me
anche se dico e faccio cose che non ti piacciono?- domandò
determinato -Mi vuoi bene, è ovvio!-
-Sì, ma... è che...- Ryo rimase a pensarci,
sembrava infastidito anche se era un po' difficile distinguere la sua
espressione infastidita da quella annoiata o da quella normale. -Sei
come... un'estensione di me stesso. È per questo che sei
così importante per me.- sì, anche se era
sgradevole il fatto che cercasse di trovare ingenuamente delle
somiglianze fra i loro modi di pensare e le loro motivazioni, Akira era
una parte indispensabile del suo ambiente, era normale volerlo tutelare
e stagli accanto. Era un pezzo della sua esistenza e non se ne voleva
separare.
-Eh?- Akira non era per niente sicuro di averlo capito. -Ryo, io non
sono tuo e non sono te, non ci somigliamo neanche... io sono io... tu
sei tu...- disse un po' a disagio.
-E' che non sei abbastanza intelligente per capire ciò che
dico...- non accadeva spesso, ma aveva la sensazione che nemmeno Ryo
sapesse bene cosa voleva dire, ma, non volendo ammetterlo, lo stesse
raggirando sfruttando il fatto che fosse un bambino normale, a
differenza sua. Per un attimo ebbe voglia di tirargli contro qualcosa,
non gli era mai capitato prima.
“Perchè devi essere sempre così
bugiardo?” si limitò a sospirare e decise di
mettere in pratica un consiglio di sua madre.
-Devo essere paziente...- sussurrò mettendo giù
l'ombrello e avvicinandosi a Ryo. Gli accarezzò la testa.
-Sì, molto paziente...- Ryo in un primo momento lo
guardò perplesso, poi lo afferrò per gli
avambracci facendo cadere entrambi gli ombrelli.
Sembrava che stesse cercando di reggersi. -Ryo? Va... va tutto bene?-
domandò preoccupato, l'altro cominciava ad avere gli occhi
stranamente lucidi, era innaturale vederlo così.
-Sei... No... non sei abbastanza forte per trascinarmi fino a casa...-
constatò, ma perse i sensi lasciando Akira in preda al
panico ad cercare aiuto.
Ryo riprese conoscenza, nella stanza di Akira, sotto tre paia di
coperte. Ebbe appena il tempo di sollevare la schiena che Akira gli si
buttò addosso stringendolo.
-Mi dispiace!- esclamò. -Dovevo accorgermi che non stavi
bene e deliravi!- riuscì a insultarlo involontariamente. -Se
non ti avessi fatto rimanere sotto l'acqua per tutto il tempo...-
-Sto già meglio.- lo interruppe Ryo. Akira
cominciò a toccargli la faccia.
-Uh... prima eri febbricitante...- disse un po' perplesso. -Non mi vuoi
bene, ma ti fai venire la febbre a causa mia e ti preoccupi
più della mia salute che della tua...- gli fece notare.
-Non ho mai detto di non volerti bene. Volevo solo spiegartelo in modo
logico.- sospirò Ryo. -E poi tu ti ammali più
facilmente di me...- Nonostante il colorito poco salutare e lo scarso
appetito, Ryo sembrava godere di buona salute, ogni volta che gli
veniva qualcosa durava molto poco.
Akira lo abbracciò.
-Mi hai fatto spaventare...- gli sussurrò.
-L'ho notato...-
-E... i-il gatto...- singhiozzò riportandolo alla mente. Non
gli avevano dato un nome, gli aveva promesso che glielo avrebbe dato
quando si fosse ripreso...
-Non posso farci davvero niente, Akira...-
-Lo so!- obbiettò Akira continuando a piangere su di lui.
-Rimani con me, v-voglio solo questo...-
-Dove dovrei andare?- disse Ryo con un sorriso leggero.
“Forse avrei dovuto insistere per non lasciarti
andare...” pensò l'Akira morente mentre
i suoi
ricordi andavano all'addio col piccolo Ryo. “Ma
cosa avrei
potuto oltre a fare i capricci, piangere e buttarmi per terra? Non
c'era niente che potessi fare per impedirlo...”
Il piccolo Akira singhiozzava, per se stesso, ma anche per Ryo che
nascondeva il tutto, più o meno volontariamente, come al
solito.
-S-sono s-sicuro che sarà bello lì... i-in
America...- balbettò Akira singhiozzando. -T-troverai
a-altri bambini e-e diventeranno t-tuoi... amici e...- si interruppe,
la mano pallida di Ryo gli aveva afferrato la manica...
-Voglio rimanere con te. Non voglio altri bambini.- disse con voce
ferma, ma a discapito delle apparenza, la sua piccola mano tremava...
Akira doveva essere il più forte in quella situazione.
-N-non è la fine del mondo e... e poi... e poi... ci
scriveremo e potresti anche venirmi a trovare o v-verrò io
da t-te!- ma a giudicare dal modo in cui le sue lacrime non accennavano
a diminuire, per loro era realmente la fine del mondo... i genitori di
Akira salutarono Ryo e consolarono Akira. Gli Addii per i bambini
potevano essere una vera tragedia, lo sapevano, ma credevano fosse la
cosa giusta.
“Ma Ryo è rimasto Ryo... non è
cresciuto...” ripensò alla sua espressione dopo
avergli dato il colpo di grazia.
“Forse neanche io sono diventato tanto più
grande...
Nella morte riesci a monopolizzare me e i miei pensieri, forse ti
piacerebbe saperlo o forse non sarebbe una consolazione
sufficiente...” Una parte di lui gli diceva che l'averlo
ucciso l'avrebbe segnato molto di più quanto Ryo stesso,
quello che si credeva tanto razionale, poteva prevedere. L'altra parte
gli diceva che si stava ingannando se credeva ancora che Ryo potesse
avere dei sentimenti e che la sua morte non l'avrebbe minimamente
ferito.
“Voglio ferirlo? Non sarebbe sufficiente una vita per
chiarire i miei sentimenti su di lui, ad entrare nella mia vita
è stato letteralmente Satana...” non era giusto
che dovesse sentirsi così legato a quello che gli aveva
portato via tutto, la causa di tutte le sue sventure. Aveva teso la
mano alla creatura sbagliata.
“Ci sono davvero volte in cui tendere la mano è
sbagliato?” Quel bambino infreddolito e spaventato, solo e
senza niente al mondo. “Poteva scegliere di essere diverso?
...Avevamo davvero una scelta?” anche se non avesse scelto di
soccorrere il bambino che si sarebbe rivelato Satana, questo sarebbe
sopravvissuto e avrebbe realizzato i suoi progetti comunque. Anche se
non essere coinvolto direttamente e non affezionarsi al distruttore
della sua specie sarebbe stato certamente meno doloroso.
“Però... anche io mi sono divertito con te...
anche io ti volevo bene... è stato davvero tutto inutile e
da cancellare? Se avessi la possibilità di tornare indietro
e distruggerti quando eri ancora più o meno indifeso e
più debole, non ci riuscirei...”
L'anima di Akira era andata, lo sentiva.
Ma lo aveva avvertito, mettersi contro di lui voleva dire morire. Non
poteva essere triste per qualcuno che stava per morire a causa di una
sua scelta.
La morte di Akira era così poco importante
che poteva anche ignorarla e parlargli come se niente fosse.
La sua morte non cambiava niente, era solo un piccolo, vano, umano, non
poteva esserne davvero sconvolto...
“Akira, perchè non mi rispondi?”
Se non aveva davvero importanza, perchè aveva sacrificato il
suo demone più forte per tenere in vita il piccolo, debole,
inutile umano?
Perchè gli aveva lasciato sterminare i suoi demoni?
Perchè si ritrovava senza un esercito con cui combattere Dio?
Se non era importante l'umano... ma nemmeno la vittoria era
così importante, allora cosa... cosa l'aveva spinto a fare
tutto questo?
“Akira... Akira?” continuava a cercare di chiamarlo.
Era importante, se ne era accorto troppo tardi...
Le guance si bagnarono...
Nessuna lacrima versata per la sconfitta. Non era nemmeno sicuro che si
sarebbe opposto se avessero cercato di mettere fine alla sua esistenza.
Quella nuova sensazione era straziante e non sapeva se e quando se ne
sarebbe andata o come avrebbe fatto a conviverci.
Nessuna lacrima per i demoni che aveva perso, erano solo per il vuoto
che avvertiva e per ciò che una volta lo riempiva,
ora perso per sempre...
Angolo dell'autrice:
Questa cosa è un po' strana forse... spero non risulti
troppo confusa e che possa piacervi.
Spero che i personaggi non risultino eccessivamente OOC. E' una sorta
di esperimento, se avete qualche parere da esprimere a riguardo
sarò lieta di ascoltarlo.
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