Capitolo 1My Destiny
Correvo a più non posso, non m’interessava dove stavo
andando, era buio, pioveva a dirotto e faceva freddo.
Gli abiti attaccati al mio corpo, mi facevano da seconda
pelle, i capelli schiacciati contro il mio viso.
Mi bruciavano gli occhi, forse per il troppo pianto, forse
per il vento che imperterrito mi entrava dentro, provocandomi altri brividi, ma
io non mi fermavo, le parole dei dottori impresse a fuoco nella mia mente…
“Signor Billy Black?”
“Si…”.
“Ci rincresce dovergli comunicare questa notizia, abbiamo
fatto tutto il possibile…”.
“Ma… come… mio figlio, Jacob… no, no, NO! Non può essere
vero!!”
Non avevo detto nulla, ero rimasta ferma, immobile dietro al
padre del mio ragazzo, avevo ascoltato il chirurgo in rigoroso silenzio,
assimilando ogni parola, ogni sillaba, lasciando che mi entrasse nell’anima che
m’infiammasse il cuore.
Ero uscita dall’ospedale, spingendo chiunque incontrassi sul
mio cammino, avevo cominciato a correre.
Non sapevo quanto tempo fosse passato, i polmoni mi
bruciavano, la milza doleva, ma io continuavo a correre, senza una meta, senza
un motivo, senza pensieri.
Imboccai un piccolo sentiero, era buio e stretto, lì dentro
sembrava che facesse ancora più freddo, arrivata al fondo della via, vidi che
c’era un muro, era una strada chiusa.
Solo allora mi fermai e lasciai che le forze mi
abbandonassero.
Ero caduta in una specie di trans, la testa mi scoppiava, il
mio corpo, scosso da tremiti di freddo, era a contatto con il suolo umido e
bagnato, desideravo solo morire, raggiungere Jacob.
Non poteva essere successo, non era vero, stavamo per
sposarci tutto era pronto e invece… quegli esseri immondi me l’avevano portato
via, strappando la mia anima, per me non c’era più niente in quel mondo, ero
rimasta sola, senza di lui, vivere non aveva senso.
“Ti accontento subito”.
Sobbalzai al suono di quella voce divina, alzai gli occhi
per incrociare quelli di un angelo, era forse venuto a prendermi?
“Ch-chi se-i?” Avevo la gola secca e non riuscivo a parlare.
“Colui che metterà fine a questa tua sofferenza”.
Come faceva a sapere? Forse lo stato in cui ero parlava da
se.
La sua voce era strana, sembrava intrisa di pura follia, ma
alle mie orecchie restava sublime.
Fu veloce, non mi accorsi quasi di nulla, mi afferrò per le
spalle, e senza esitazioni affondò i suoi denti nel mio collo, mi trafisse con
una facilità estrema, come se io fossi burro e lui un coltello affilato.
Cominciò a succhiare via il mio sangue, ero terrorizzata ma
felice, finalmente avrei rivisto Jake, smettendo per sempre di soffrire, mi
dispiaceva un po’ per i miei genitori, sapevo che per loro sarebbe stato un
duro colpo, ma continuare a vivere senza la persona che più amavo al mondo,
sarebbe stato impossibile.
Sentivo le forze abbandonarmi per sempre, chiusi gli occhi,
nemmeno provai a liberarmi dalla sua presa così fredda.
“Edward! No!”.
Un gran fracasso seguì a quell’urlo, cosa stava succedendo?
“Vieni via subito!”.
“No, Jasper lasciami!”.
“Edward torna in te! Tu non sei un mostro!”.
“Portiamolo via da qui”.
“Si!”.
E poi… il nulla, una piacevole sensazione di calore
m’invase, partì dal collo, divulgandosi fino alle braccia, poi gli arti
inferiori, il busto, tutto divenne appannato e… troppo caldo!
Che succedeva? Perché non ero morta? Il dolore era insopportabile,
le fiamme m’inghiottirono ed io strinsi i denti per non mettermi a urlare, non
volevo di certo attirare l’attenzione di qualcuno!
Soffrivo, era un dolore terribile, sentivo la testa
esplodere, le vene pulsare, come se il mio corpo non potesse sopportare tutto
quel calore, era straziante e il tempo sembrava non passare mai.
Mi accorgevo di quando si faceva giorno e di quanto le
tenebre tornavano a riavvolgere le mura di Seattle, nonostante avessi gli occhi
chiusi, un leggero riverbero di luce filtrava attraverso le mie palpebre e
tante voci, troppe per essere in un vicolo cieco, mi arrivavano alle orecchie.
Tutte quelle persone vicino a me, e nessuna mi vedeva?
Nessuna mi soccorreva?
Non pensavo fosse possibile, ma il dolore s’intensifico
ulteriormente, arrivò al mio cuore che, frenetico, sembrava voler battere tutti
i colpi di un’intera vita, non ce la facevo più, stavo per mettermi a gridare
quando due braccia forti, mi raccolsero da terra.
“Shhh, ancora pochi minuti e sarà tutto finito, sta calma”.
Quella voce, era calda, confortevole, non sapevo chi mi
avesse preso, non riuscivo ad aprire gli occhi, ma sentii chiaramente il vento
scompigliarmi i capelli, stavamo correndo a una velocità disumana!
Passò ancora un’ora, o forse due, non sapevo con esattezza,
aprii gli occhi lentamente, il riverbero della luce per un attimo mi accecò,
costringendomi a serrare le palpebre.
Sentivo molte voci attorno a me, mischiate dai rumori della
foresta e dello stridere degli pneumatici sulla strada, ma, dove mi trovavo? E
soprattutto come potevo udire tutti quei suoni?
Decisi di riprovare ad aprire gli occhi, e ci riuscì.
Mi ci volle poco più di un secondo per registrare tutti i
dettagli, ero stessa su un divano bianco, sette persone erano sparse per
l’immensa sala, mi guardavano tutti, chi incuriosito, chi truce.
“Bella, sono Carlisle, dovresti avvertire un forte bruciore
alla gola, ma non ti agitare, a breve ti spiegherò tutto”.
A quelle parole scattai in piedi portandomi le mani al
collo, prima che me lo dicesse, nemmeno mi ero accorta di quel particolare, era
un bruciore assurdo, quasi doloroso.
“Che mi avete fatto?!”
Gridai in preda al panico, due colossi mi afferrano e
immobilizzarono al muro, uno alto e moro, l’altro un po’ più basso e biondo.
Istintivamente mi divincolai da quella presa di ferro, non
capii come, ma riuscii a togliermi di dosso il più piccolo dei due, dalla mia
gola usci un ringhio d’avvertimento. Avevo ringhiato?
“Calma ragazzi, così la spaventate!”.
Girai la testa per vedere chi, avesse pronunciato quelle
sacrosante parole.
Una donna, dai lineamenti dolci, il viso incorniciato da
morbidi capelli color caramello, mi scrutava con un sorriso rassicurante sulle
labbra, era davvero bella.
“Stai tranquilla cara, nessuno qui vuole farti del male”.
Non so perché, ma credetti a quelle parole e mi rilassai, i
due colossi avevano mollato la presa su di me, ma continuavano a tenermi
d’occhio.
A mio agio mi sedetti sul divano.
“Bene, voglio sapere cosa mi è successo”. Non ammettevo
repliche.
“Bella” fu Carlisle a iniziare, colui che mi aveva rivolto
la parola per primo.
“Ti ho portato io qui, ti trovi a casa nostra, noi siamo i
Cullen e questa è la mia famiglia.”
Si fermò un attimo, valutando la mia reazione, quando vide
che rimanevo in silenzio continuò:
“Lei è mia moglie Esme” disse indicando la donna che fin da
subito mi era parsa molto dolce e gentile.
“Loro sono i miei figli, Emmett, Jasper, Rosalie, Alice e
Edward”, indicò ognuno di loro a mano a mano che li nominava.
Scoprì così, che coloro che mi avevano immobilizzato al muro
erano Emmett, il più grosso e Jasper.
Li guardai tutti, Rosalie, sembrava una barbie, fisico mozza
fiato, lunghi capelli biondi, e un espressione sul viso degna di un killer,
Alice invece, era decisamente più piccola, i capelli erano neri e sparati
ovunque, sembrava quasi una pazza, in fine, Edward, quel nome mi ricordava
qualcosa, ma non riuscivo a capire cosa.
Era il più bello di tutti, alto, i capelli color del rame e
i suoi occhi erano di uno strano colore, sembravano dorati ma se si osservava
con più attenzione, si potevano scorgere delle sfumature color… cremisi? Quel
particolare m’incuriosì, era l’unico a possedere quella strana tonalità di
colore, il resto della sua famiglia aveva gli occhi dorati, senza alcun tipo di
sfumatura.
Avevo fatto tutte quelle considerazioni in meno di un
secondo, non capivo come ma la mia mente sembra elaborare concetti e registrare
dettagli in modo molto più efficiente.
“Ed io cosa c’entro in tutto questo?”. Chiesi curiosa.
“Carlisle, non credi che prima sarebbe meglio portarla a
caccia? Sento che è calma, ma resta pur sempre una neonata”, fu Jasper a
interrompere la nostra “chiacchierata”.
“A caccia?”
“Forse Jasper ha ragione, ma prima devi sapere. I dettagli
te li darò più tardi”.
Lo fissai incuriosita, ma di cosa stava parlando? Lo vidi
scambiarsi sguardi d’intesa con Edward, così l’aveva chiamato.
“Non lo so Carlisle, non riesco a leggere nella sua mente”
disse fissandomi intensamente.
Quelle parole mi misero ancora più confusione.
“Scusa?” Chiesi.
Carlisle scosse la testa.
“Bella, noi siamo vampiri, ed ora, anche tu sei una di noi.
Abbiamo doti in più rispetto agli umani, siamo molto forti, velocissimi,
riusciamo a vedere e sentire molto chiaramente, anche a chilometri di distanza
e… siamo immortali. Non siamo come tutti gli altri non ci nutriamo di sangue
umano, traiamo forza e nutrimento dagli animali”.
Vampiri? Sangue umano, animale? IMMORTALI?!
Quella spiegazione, riportò alla memoria tutte le cose
accadute, Jacob era morto, i medici dell’ospedale erano venuti a riferircelo,
ero scappata, e poi… la pioggia, il viale stretto, la strada chiusa e… lui
Edward, mi stava per uccidere, succhiava via il mio sangue, si stava avidamente
nutrendo di me, e ora? Ero qui, viva e dannata per l’eternità a vivere nel mio
dolore, a nutrirmi di sangue animale, il tutto per causa sua.
“Tu?!” Urlai con tutto il fiato che avevo in corpo prima di
fiondarmi su di lui.
Edward si mise in posizione di difesa, ma il resto della
famiglia intervenne bloccandomi la strada.
Emmet e Jasper mi trattennero per le braccia, Carlisle mi si
parò davanti poggiandomi le mani sulle spalle.
Esme, Alice e Rosalie si misero davanti a Edward.
Ero fuori di me dalla rabbia, fendevo l’aria con i denti, mi
dibattevo e divincolavo, ma per quanto fossi forte, non potevo tener testa a
tre vampiri adulti.
“Bella calmati! Jasper fa qualcosa!” Gridò Carlisle.
“Ci sto provando, ma è fuori di se, portiamola nel bosco,
con la caccia si sfogherà”.
Mi strattonarono fuori dalla sala, ero adirata, il mio ragazzo,
non che futuro marito, era morto ed io ero diventata un mostro!
Appena mi lasciarono cominciai a correre, mi accorsi di
poter raggiungere velocità inaudite, cercavo di concentrare tutta la mia rabbia
sulle gambe, in modo da dare più spinta e scappare da coloro che continuavano a
seguirmi.
Minuto dopo minuto, mi accorgevo delle nuove e straordinarie
doti fisiche che avevo acquisito, ero velocissima, molto forte, i miei sensi si
erano centuplicati e, non mi stancavo mai.
Volevo solo scappare, fuggire lontano da loro… da tutto.