Sette peccati:
Gola
-Matilde,
santo cielo, smettila di rimpinzarti!- gridò la signora
Ester a sua figlia. La ragazza continuava ad ingurgitare ogni briciola
di cibo presente sul tavolo da cucina.
-Dai, ma'!- brontolò col suo vocione Matilde, riempiendosi
il piatto di pasta al sugo -Ho fame!-.
Non era vero. Matilde non aveva fame, da un po' di tempo non ne provava
più. Più o meno da quando i suoi genitori si
erano separati ed era stata costretta ad andare a vivere con sua madre,
che non faceva altro se non sgridarla tutto il giorno e prescriverle
diete per dimagrire.
E Matilde non ne seguiva mai una! Cioè, le iniziava con
tutta la buona volontà di portarle a termine, ma era
più forte di lei: doveva
mangiare! Che fosse per noia, per tristezza, per frustazione, per
amore... non importava. Lei sapeva solo che mangiare le piaceva e la
faceva sentire meglio quando stava male. E stava spesso male.
Matilde frequentava la seconda media; era bassa, con poco
seno, aveva i capelli a caschetto color castano chiaro, come gli occhi,
e gli occhiali tondi dalla montatura verde sul naso schiacciato. E un
corpo enorme. Odiava tutto del suo fisico, specialmente quei rotoli di
grasso sui suoi fianchi e gli accumuli di ciccia sul sedere e sulle
braccia, cosicchè, qundo le muoveva, sembravano fatte di
budino tanto ballonzolavano.
Ovviamente, i ragazzi suoi compagni di classe la prendevano in giro
gridandole "cicciona" o "balena". Le ragazze invece l'avevano presa in
simpatia, anche se riflettendoci su si capiva il motivo della loro
gentilezza. Matilde era sicura che dentro di loro pensassero "E'
così brutta, poverina! Perchè non dovrei esserle
amica visto che non può farmi nulla?!". Così il
suo senso di inadeguatezza aumentava e lei tornava a casa da scuola
sognando il budino o il gelato che stavano nel frigo.
Sua madre tentava in tutti i modi di farla smettere. Le aveva fatto
provare diversi tipi di sport, quali pallavolo, nuoto, judo, scherma e
danza moderna, ma Matilde si era arresa pochi giorni dopo ad ognuna di
queste discipline; l'aveva portata da quattro dietologhe diverse, ma
non c'era stato verso di farle seguire per più di due giorni
le diete prescritte; l'aveva portata da alcuni psicologi per capire
qual era il motivo di così tanta ingordigia, ma Matilde era
come una fortezza ed eludeva le domande degli psicologi con frasi
neutrali. La signora Ester sapeva che in parte era anche colpa sua,
della sua separazione col marito che, oltretutto, si limitava a dire
che era meglio avere una figlia grassa che un'anoressica. L'ex-moglie
sperava con tutto il cuore che avesse ragione.
Quella sera, dopo che Matilde ebbe mangiato tre piatti di pasta al
sugo, due bistecche impanate e un intero salame, la signora Ester
chiese alla figlia di venire con lei a portare giù il cane.
"Chissà che non smaltisca almeno un quarto della cena di
stasera..." pensava dentro di sè. Ma Matilde
rifiutò; la signora mise il guinzaglio a Briciola, una
piccola terrier nera, e si avviò sconsolata fuori dal
condominio.
"Finalmente!" gioì Matilde dentro di sè. Quando
sua madre la lasciava da sola poteva sfogarsi liberamente, senza darsi
un contegno. Aprì il frigorifero in cucina: la prima cosa
che le si stagliò davanti come una visione fu una
torta-gelato alla panna e fragole. La prese e l'appoggiò sul
tavolo, poi chiuse il frigo e ispezionò il resto della
cucina. Dopo qualche minuto di ricerca e valutazione, sul tavolo della
cucina erano disposti, oltre alla torta-gelato, tre budini alla
vaniglia, una crepe alla nutella e zucchero a velo pre-confezionata, un
intero barattolo di biscotti al miele, due focacce alle olive e un
contenitore pieno di glassa rosa.
Matilde si sedette... e diede sfogo ai suoi mali. Si avventò
sulla torta infilando la mano destra nella panna e portandosi la
"fetta" alla bocca; nello stesso tempo la mano sinistra prendeva una
focaccia e la portava alle labbra, dove i denti strapparono il pane e
le olive. Il dolce sapore della panna e fragole e quello dell'olio e
delle olive si confusero insieme mentre Matilde masticava e ingoiava il
tutto. Con una mano sporca di panna e l'altra unta di olio
aprì il barattolo dei biscotti, ne prese una manciata e se
li ficcò in bocca, masticandoli insieme ai rimasugli di
pizza e di fragole. Ebbe difficoltà ad aprire le confezioni
dei budini, ma alla finè ci riuscì e
usò la lingua per leccare il budino; la stessa sorte
toccò agli altri due. Con la bocca sporca di panna e
briciole, Matilde spremette la glassa rosa sulla focaccia rimasta e se
la mangiò in due bocconi.
Una fitta al cuore la colse, come se un piccolo coltello o un ago
glielo avesse
trafitto.
Da un po' di tempo le succedeva, ma lei ignorava. Tanto durava poco.
Infatti, anche stavolta ignorò e continuò a
mangiare.
Prese la crepe sporcando l'involucro trasparente di panna bianca e di
miele e le diede un morso. Con un suono gutturale sputò
subitò ciò che aveva sul tavolo. "Devo stare
attenta..." pensò mentre toglieva dall'impasto un pezzo di
carta. Per poco non se lo mangiava...
Dopo averla finita, prese il barattolo, ci spremette dentro il resto
della glassa, lo sollevò sulla propria testa e fece
scivolare nella sua bocca il resto dei biscotti.
Dolore. Un lama le frugò nella pancia, un coltello le
pugnalò il cuore. Un formicolio alla mano sinistra
risalì fino al braccio.
Matilde non aveva neanche la forza di urlare, le mancava il respiro. Si
portò la mano destra al braccio sinistro, sporcandoselo. Poi
sentì ancora più forte il dolore alla pancia e se
la tenne stretta. Sentì un conato di vomito salirle per la
gola. Chinò la schiena e vomitò.
Vomitò la torta-gelato, la crepe, le focacce, la glassa, i
biscotti... e infine, con un singulto, una roba viscosa giallognola e
nera. La sua bile. I suoi umori.
-Aaaah...- ansimò accasiandosi a terra, sui propri liquidi.
Il formicolio si era fatto più intenso, si portò
la mano destra tremante al petto.
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La
signora Ester tolse il guinzaglio a Briciola e aprì la porta
di casa con le chiavi. La cagnolina sgattaiolò
immediatamente in cucina, probabilmente per bere, mentre la donna si
tolse la giacca e l'attaccò all'appendiabiti all'entrata.
Tirò su col naso. La notte si stava facendo fresca... e
cos'era quell'odore? La signora Ester annusò uno strano
odore in casa sua. Era dolce e amaro, faceva storcere il naso e allo
stesso tempo ti veniva voglia di annusarlo ancora.
Fu
interrotta da un rumore disgustoso. Bricola aveva vomitato!
"Questi
cuccioli!" pensò la signora Ester mentre si avviava di
fretta in cucina "Chissà cos'avrà mangiato questa
sciocchina..."
Si
fermò sulla soglia. Odore acre nell'aria.
Non
si seppe dire su cosa si concentrò lo sguardo della donna.
Il fatto era che ogni cosa là dentro avrebbe fatto scappare
via dal disgusto o almeno chiudere gli occhi. Ma una madre è
una madre; non chiuse gli occhi, nè si voltò,
nè fece qualche altra azione che implicava disgusto. Non
c'era espessione in quel viso stanco.
Briciola
aveva vomitato la sua cena sul viso di Matilde. Era ovvio che aveva
assaggiato quella sostanza giallo-nera sul quale era stesa la ragazza;
le aveva sporcato gli occhiali e un occhio, ancora aperto e
terribilmente vitreo. C'erano altri liquidi oltre a quello giallo-nero,
sostanze che la signora avrebbe poi identificato come i dolci che
sporcavano il tavolo della cucina.
I
medici dissero che un infarto l'aveva stroncata. Certo che alla sua
età era un caso più unico che raro... Oltre
all'infarto, si scoprì che Matilde soffriva di diabete
potenziale ed era iperglicemica. I suoi valori arrivavano a 203. Il suo
colesterolo era alle stelle, quasi inumano.
Uno
dei medici fece una battuta di fronte ai genitori:
-Be',
non che ci volesse un esperto, si poteva benissimo supporre ad occhio!-
Il
padre di Matilde era un avvocato e il medico, dopo circa due mesi,
divenne uno dei barboni che girava per le strade del quartiere.
Stranamente,
da quella disgrazia, nacque un evento felice. Matilde lo avrebbe
apprezzato: i suoi genitori si rimisero insieme. ll loro era un male
comune e non poterono fare altro se non piangere insieme, alleviarsi il
dolore a vicenda, un po' per volta.
Ebbero
un bambino tempo dopo. Lo chiamarono Steven.
I
coniugi erano pazzi di lui.
Quando
mangiava era così uguale alla
loro povera Matilde...
Waaaa! La mia prima
horror!!! Be', diciamo che questa sembra più una splatter...
Comunque all'inizio non era previsto un lieto fine per i genitori, anzi
ci doveva essere un suicidio. Ma già ero abbastanza
disgustata mentre scrivevo e non avevo proprio voglia di piangere. Di
solito non metto qualcosa di me nelle mie fanfiction, ma qui
c'è. Questo non vuol dire che io sia super grassa o
iperglicemica, o che abbia gli occhiali e i capeli castani. Punto di
più sugli episodi di vita vissuta... Oh, bè, chi
vuole recensisca. Io penserò a un prossimo peccato.
Adieu.
Trilla.
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