Non si erano più
parlati dopo quel giorno. In realtà Ludwig non aveva nemmeno
idea se Feliciano abitasse ancora nella casa accanto oppure fosse
già partito. C’era un silenzio assordante anche
dall’altro lato del muro, e lui cercava di non pensarci in
alcuna maniera, di divagare, aveva persino ripreso a leggere da capo il
thriller che aveva iniziato all’inizio di
quell’estate, mettendolo quindi da parte perché
persino quello lo faceva pensare a Feliciano.
Le sue
giornate sembravano improvvisamente vuote, ma non si dava troppa pena.
Gli era una sensazione familiare. Doveva solo trovare il modo di
riempire il suo tempo in attesa che il suo dolore sparisse.
Il sabato
mattina, però, sente suonare alla porta. Con calma va fino
ad essa, aprendola e trovando davanti Lovino. Era una visita insolita.
L’uomo di fronte a lui aveva le braccia incrociate e
l’espressione corrucciata.
«
Beh, perché non gli stai correndo dietro? »
«
Prego? »
«
A Feliciano. » dice, acuendo la sua perplessità.
« Perché non stai andando a fermarlo? »
«
Continuo a non capire, Lovino. »
«
Parte oggi. É già andato alla stazione, ma
dovresti essere in grado di raggiungerlo. »
«
Io non sapevo nemmeno che partisse oggi. Io e lui ci siamo lasciati.
» simile frase pare infastidire ancora di più
l’altro uomo, che batte un piede per terra.
«
“Lasciati” un par di palle! » esclama.
« Feliciano ha aspettato fino all’ultimo che tu
venissi a dirgli di non partire! » lui inarca un
sopracciglio, confuso.
«
Cosa? »
«
Non fare il finto tonto. Sono io che me lo sono sorbito quando piangeva
di notte, a causa tua ovviamente. »
«
Se è così perché dovrei andare-
»
«
Tu non mi piaci. » lo interrompe Lovino. Vorrebbe replicare
di ricambiare il suo sentimento, ma l’altro non vuole
lasciargli alcuno spazio per replicare. « Te lo dico
così non ti fai strane idee. Ma rendi Feliciano contento. Io
non l’ho mai visto felice, lui non è mai stato
davvero felice con me. Ma con te è diverso. Non sono un
esperto dell’amore, ma lo vedo quanto lui sia innamorato di
te. Ed è pure strano se penso che vi conoscete da
così poco tempo. »
Si
acciglia, continuando a guardare Lovino davanti a sé.
« Quindi tu ora vai a prenderlo, gli dici qualche cavolata
melensa da film e lo riporti qui. »
«
Non posso. Sono io che gli ho detto di partire. »
«
Appunto per questo, idiota. Motivo in più per andare a
prenderlo. Altrimenti te ne pentirai. » c’era un
lieve fuoco dentro di lui che stava crescendo.
«
Quando è il suo treno? » chiede, tremando con
improvvisa anticipazione.
«
É quello delle una e trentadue. Va direttamente a Milano.
Non puoi sbagliarti. »
«
Grazie Lovino. » l’altro uomo rotea gli occhi,
scostandosi dalla porta.
«
Basta che non fai tardi. » replica, e sparisce dalla sua
vista. Lui si infila le scarpe in fretta, quasi incespicando sui piedi,
e si getta fuori dall’appartamento, pensando alla via
più veloce per arrivare alla stazione. Probabilmente ad
usare i mezzi non avrebbe fatto in tempo, ed è con una certa
urgenza che chiama un taxi, attendendolo con parecchia tensione in
corpo. Il suo tragitto fino alla stazione dura
un’infinità, ma una volta arrivati paga il
tassista con una certa urgenza e si getta all’interno, in
cerca del tabellone di orari.
Una volta
trovato cerca febbrilmente il treno, e il suo sangue si gela. Non
c’era nessun treno che corrispondere alla descrizione di
Lovino a quell’orario. Cerca di calmarsi, pensando alla
conversazione che aveva avuto. Forse ricordava male, eppure no, i suoi
ricordi erano ancora più vivi con l’adrenalina in
corpo. Forse Lovino si era sbagliato, oppure il treno di Feliciano era
già partito e lui era arrivato tardi. Un simile pensiero lo
faceva sentire peggio, tanto che controlla nuovamente il tabellone in
cerca del treno, sperando di esserselo fatto sfuggire nella foga. Non
si era sbagliato, non c’era. Si dà
dell’idiota per non aver nemmeno chiesto il numero, e di
certo non poteva chiamare Lovino. Si sentiva sconfitto.
Forse
c’era ancora la possibilità, magari Feliciano era
sui binari. Con una rinnovata speranza prende la strada verso quelli,
trovandoli però sbarrati. C’era bisogno del
biglietto per potervi accedere. Forse sarebbe riuscito a
passare per un breve momento, o lo spera, spingendosi verso i binari
dedicati ai treni dell’alta velocità.
«
Biglietto, per favore. » gli dice il controllore
all’ingresso.
«
No, mi scusi, un mio amico- »
«
Ha il biglietto? »
«
No. »
«
Allora per favore si sposti e non blocchi la fila. » il tono
dell’uomo era definitivo. Non l’avrebbe lasciato
passare. Con una certa disperazione si tende in direzione delle
banchine, nella speranza di avvistare Feliciano. Non lo vedeva. Forse
avrebbe dovuto tentare nuovamente di passare, ma l’occhiata
del controllore non sembra una delle più concilianti nei
suoi confronti.
Non aveva
molte opzioni.
Con un
certo sconforto Ludwig si toglie dalla fila, allontanandosi dai binari.
Aveva perso la sua occasione. Feliciano sarebbe partito, se
già così non era, e lui non l’avrebbe
visto più. La rottura in quel caso diventava definitiva.
Chiamarlo al telefono quando sarebbe tornato a casa per parlarne di
certo non avrebbe avuto lo stesso impatto. Con un certo sconforto si
appoggia ad una colonna, guardando il passaggio della gente.
Non aveva
idea di cosa fare, la sua mente era improvvisamente vuota e stanca.
Aveva tentato, e aveva fallito. Era una magra consolazione, si era
lasciato sfuggire l’uomo che amava dalle dita. Non lo avrebbe
potuto rivedere mai più probabilmente. Feliciano sarebbe
rimasto dove stava, avrebbe fatto faville, forse si sarebbe innamorato
di un altro uomo e lui lo avrebbe sicuramente saputo da Lovino, o da
Elizaveta, o da Feliciano stesso. Sarebbe stato crudele ma era la
giusta punizione per lui, lo sapeva.
Sentiva
nuovamente il bisogno di piangere, ma non ci riusciva. Il suo orgoglio
teneva a freno ogni sua lacrima, anche se moriva dalla voglia di
versarne. Era finita, per sempre, e lui non aveva fatto del suo meglio.
La sensazione aveva un sapore particolarmente amaro in bocca.
«
Ludwig? » si trova a battere più volte le ciglia,
cercando di capire se avesse sentito davvero una persona rivolgersi a
lui. Con un vago sconforto si gira nella direzione della voce, trovando
Feliciano davanti a sé. Batte ancora un paio di volte gli
occhi, confuso.
«
Che ci fai qui? »
«
Questo dovrei chiedertelo io. » risponde l’altro,
abbozzando un sorriso. Feliciano era davvero lì, di fronte a
lui. Non sembrava un’allucinazione della sua mente.
«
Io- » ancora una volta non sapeva cosa dire. Nella vita vera
non venivano mai le parole giuste in momenti come quelli. «
Tu non sei partito? »
«
Il mio treno è tra almeno cinquanta minuti. » dice
Feliciano, tornando serio. « Ho preso l’abitudine
di venire qui con largo anticipo perché ho già
perso il treno più di una volta a causa dei mezzi pubblici.
»
«
Capisco. » c’era una fioca speranza che si era
accesa dentro di lui. « Io ho bisogno di parlarti. »
«
Prima andiamo a sederci da qualche parte. » propone
Feliciano, maneggiando la sua valigia. « Non mi va di dare
spettacolo. » lui si trova ad annuire, e insieme cercano il
luogo migliore dove potersi finalmente parlare. Feliciano non gli aveva
più rivolto la parola per tutto il tragitto, mentre la sua
mente cercava di mettere in piedi un discorso che potesse risultare
almeno convincente. Non ci stava riuscendo.
Una volta
al tavolino Feliciano si appoggia allo schienale della sedia,
incrociandole braccia al corpo. « Perché sei qui,
Ludwig? » gli chiede, scrutandolo. Lui guarda in basso,
tergiversando.
«
Non sono qui per impedirti di partire. » gli dice.
« Tutt’altro. »
«
D’accordo, mi fa piacere che tu sia venuto a salutarmi
allora. »
«
Non si tratta di questo. Mi rendo conto di non essere un ottimo
oratore, e non è facile trovare le parole giuste per un
simile momento. » Feliciano inarca un sopracciglio, ma non lo
interrompe. « Mi rendo conto di non essere stato chiaro
l’ultima volta che ci siamo parlati. »
«
Sei stato chiarissimo. » replica Feliciano. Il suo sguardo
era piuttosto rigido, e quasi gelido.
«
No, non è vero. » gli dice allora lui, sostenendo
il suo sguardo. Feliciano tiene il suo fisso su di lui, ma dopo qualche
momento cede e lo sposta di lato.
«
Ludwig, se sei venuto qui per ripetere le stesse parole di ieri, ti
prego, torna a casa e dimentichiamo questa faccenda. Io ci sono stato
davvero male. » simili parole sono come una stilettata nel
petto, ma lui cerca di non soffrire troppo il colpo. I suoi sensi di
colpa per ciò che aveva fatto provare a Feliciano non si
sarebbero affievoliti tanto presto, o forse non se ne sarebbero mai
andati se il loro dialogo fosse proseguito in quella maniera.
« Mi rendo conto che non ci conosciamo da molto, e siamo
stati insieme per così poco che- » Feliciano si
blocca, portandosi una mano alla bocca.
«
Continua. »
«
Noi due stiamo stati insieme. » dice allora a bassa voce,
guardandolo negli occhi. C’è un sincero dolore
nella sua espressione. Lui muore dal desiderio di poterlo stringere a
sé, tentare di togliere ogni sentimento di
infelicità dal cuore dell’altro uomo, ma deve
attendere che lui dica tutto ciò che pensava. Voleva capire
ciò che provava Feliciano nei suoi confronti, e confermare i
suoi stessi sentimenti.
«
Sì. » dice, anche lui a bassa voce.
«
É la mia relazione più breve, nonostante pensassi
che sarebbe durata a lungo. Mi hai reso una persona felice, Ludwig. Per
poco tempo, vero, ma non credo potrò mai dimenticarlo.
» c’era un sapore amaro in ciò che
l’altro diceva. « Non sono nemmeno riuscito ad
arrivare al momento in cui ti avrei detto che ti amavo. »
Feliciano
arrossisce a simile confessione, e probabilmente lui rispecchia appieno
la sua espressione.
«
Nemmeno io. » gli dice, ottenendo un sorriso un po’
sarcastico.
«
Quel treno è stato perso, a quanto pare. »
Feliciano sospira, cercando di ritornare al suo discorso. «
Credo dovrei ringraziarti per tutto, Ludwig. I sentimenti che provo per
te non credo se ne andranno mai, rimarranno sempre in fondo al mio
cuore, insieme a quel bacio che mi hai dato quando eravamo bambini.
Sì, non ho mai dimenticato nemmeno quello. »
C’era
un’altra aria intorno a Feliciano. L’uomo sembrava
aver dismesso il suo atteggiamento spensierato e felice, ammantandosi
in uno più malinconico e amaro. Non gli dava torto. Era la
prima volta che lo vedeva in quella maniera. Probabilmente quella era
un’altra cosa che non avrebbe dimenticato di lui.
«
Vorrei dire di non avere rimpianti di alcun tipo, ma ne ho. Ne ho
così tanti che continuerò a portarmeli dietro per
chissà quanto tempo. Conviverò anche con questo
dolore. »
Lo
percepiva estremamente sofferente, ma anche terribilmente sincero.
Aveva di fronte a sé la parte più spontanea e
vera dell’uomo che amava, e si tratteneva dal toccarla, per
paura che si infrangesse al minimo soffio di vento. Feliciano, davanti
a lui, era certo un uomo vivace e spontaneo, ma era anche pieno di
dolore, rimpianti e chissà quante altre cose che ancora non
aveva avuto occasione di vedere. Certo era una sensazione che lui
ricambiava. Nemmeno lui si era aperto appieno all’altro, e
arrivato a quel momento un po’ se ne pentiva. Entrambi erano
sinceri in ciò che provavano, ma finalmente lui poteva dire
che ciò che provava era vero.
«
Sei silenzioso. » dice allora Feliciano, guardandolo.
«
Ti sto ascoltando. » Feliciano si stringe su se stesso,
inarcando leggermente la schiena.
«
Finora ho parlato solo io. Vorrei sapere cosa hai da dire tu su questa
faccenda. » si trova a deglutire. Nuovamente, non era
riuscito a prendere per sé le parole giuste, ma di certo era
arrivato il suo momento per essere sincero. Non era facile. Aveva
già ferito Feliciano, e ogni parola che diceva poteva
ferirlo ancora di più.
«
Sono comunque convinto che tu debba accettare una simile esperienza.
» l’espressione di Feliciano si incrina, ma lo vede
prendere un lungo respiro, e spera che sia in grado di continuare.
« Sono sempre cresciuto nell’idea che tutti noi
dobbiamo fare esperienze che ci fanno crescere. » Feliciano
sospira, abbassando lo sguardo. « Io ci ho pensato tanto alla
tua reazione di quanto hai ricevuto il lavoro. Eri entusiasta.
»
«
Lo ero. »
«
Probabilmente lo sei ancora adesso, anche se per colpa mia non lo stai
vivendo appieno. » Feliciano allora si acciglia, alzando lo
sguardo. « Io sono un disastro nel capire le emozioni degli
altri. Ho sempre avuto pochi amici, e poche relazioni, ma ogni volta
che ti avevo accanto i suoi sentimenti erano sempre cristallini, anche
se io negavo a me stesso la comprensione. » ora è
il suo turno di respirare, cercare altre parole per ciò che
voleva dire. « Voglio dire che capisco i tuoi sentimenti per
questo lavoro. Tu stai facendo ciò che ami, e ora ti sta
portando in un altro luogo, lontano da qui. »
«
Per questo non mi stai fermando. »
«
Non voglio che tu continui a fraintendermi. Io voglio che tu rimanga
qui, con me. Io credo di essere davvero innamorato di te, Feliciano. Ma
la tua felicità è anche nel tuo lavoro, e io non
voglio essere un ostacolo per esso. Non voglio che tu rimanga qui e un
giorno ti penta di non essere andato. »
Finalmente
le parole che cercava stavano fluendo, più che dalla sua
mente, dal suo cuore. Una volta che aveva iniziato a dirle non era
più riuscito a fermarle in alcun modo. « Con le
mie parole e azioni non voglio dire che valuto il nostro rapporto, e la
nostra relazione, come un qualcosa di inferiore, ma di certo voglio
mettere la tua felicità sopra i miei desideri. »
Feliciano,
davanti a lui, si era portato una mano sulla bocca. Era rosso in viso,
e per un attimo teme che sia la rabbia nei suoi confronti. Le lacrime
si affacciano sugli angoli degli occhi, ma Feliciano le scaccia. Lo
stava facendo piangere un’altra volta. Il suo senso di colpa
si acuisce.
«
Davvero? » gli chiede, con voce stridula. Lui annuisce,
abbassando lo sguardo.
«
E so di non essere nessuno per chiederti una cosa simile,
ma… » si ferma, guardando l’uomo che
aveva davanti a sé. « Una volta che avrai compiuto
ciò che devi fare, e raggiunto la tua felicità,
ti prego di tornare qui da me. »
Era una
richiesta egoista, lo sapeva. Non era davvero nessuno per poter fare
una simile richiesta. Feliciano, invece porta una mano avanti, toccando
il suo braccio e cercando la sua mano, che lui si lascia stringere.
L’uomo davanti a lui non piangeva più, anche se
era ancora rosso in viso.
«
Grazie, Ludwig. » gli dice, con voce spezzata. Lui si trova a
sorridere debolmente. Era sceso nuovamente il silenzio tra di loro, ma
finalmente non era colmo di disagio.
Continua a
tenere la mano di Feliciano, sorridendogli, cercando di imprimere nella
propria mente ogni dettaglio del viso dell’altro uomo. Ora la
consapevolezza di non poterlo più vedere ogni giorno era
diventata pesante, ma non si sentiva angosciato da essa. In quel
momento non temeva per niente l’eventuale distanza che li
avrebbe separati per quel periodo di tempo.
«
In realtà non credevo saresti venuto davvero. »
mormora allora Feliciano, attirando la sua attenzione.
«
Che vuoi dire? » gli chiede, cercando il suo sguardo.
L’altro sembra arrossire, e sfugge con gli occhi.
«
Gilbert è venuto a parlarmi prima di partire. »
lui si trova a inarcare un sopracciglio, confuso. « In
realtà ero ancora arrabbiato per tutta la situazione tra di
noi, ma lui mi ha detto che anche se sei un pezzo di granito a riguardo
dei rapporti, saresti ugualmente venuto a cercarmi. »
Si scopre
ad arrossire imbarazzato. « E io, preso dall’ansia,
sono venuto a cercare prima te. Non è andata proprio bene.
» aggiunge quindi Feliciano, sorridendogli. Lui lo osserva,
da una lieve stretta alla sua mano.
«
Mi dispiace non essere chiaro nelle mie parole. »
«
Ludwig, anche questo fa parte del tuo fascino. » replica
Feliciano.
«
Preferiresti che io non parlassi? » l’altro scoppia
in una breve risata.
«
Non ho detto questo. » lui si scopre a lanciargli
un’occhiata fintamente infastidita, che pare divertire ancora
di più l’altro uomo.
«
Cercherò di essere più chiaro d’ora in
poi. »
«
Quindi mi dirai finalmente che mi ami? » si sente arrossire
con una certa violenza, e si percepisce andare a fuoco, sempre sotto le
risate di Feliciano, sempre terribilmente divertito da quella
situazione. La sua mente continua ad andare in escandescenze,
facendogli quasi sentire odore di bruciato, come se un rivolo di fumo
uscisse davvero dalla sua mente. A quel punto Feliciano pare
sinceramente allarmato dalla sua condizione, tanto che si allunga sul
tavolo, toccandogli una guancia e chiamandolo più volte. Lui
si focalizza sul suo viso, sulla sua bocca che parlava anche se non gli
giungeva il suono, e lentamente si calma. « A saperlo prima,
non avrei detto una cosa simile. » mormora Feliciano,
passandogli una mano tra i capelli.
«
É una cosa privata! » sbotta allora lui, ottenendo
un’espressione sorpresa da parte dell’altro uomo.
«
Anche baciarmi sul pianerottolo di casa lo è, ma con quello
non ti sei fatto molti problemi. » la sua mente riprende a
vorticare con sempre più furia, ma questa volta Feliciano
gli prende il viso tra le mani, fermando qualsiasi suo tentativo di
auto-combustione. « D’accordo, va bene, non
scherzerò su questi argomenti. » borbotta, mentre
lui riprendeva a respirare in maniera più tranquilla. Certo,
aveva ammesso a se stesso di amare Feliciano, mai simile concessione fu
facile per lui, ma dirlo ad alta voce all’uomo che aveva di
fronte improvvisamente sembrava così intimo e speciale da
non riuscire a spiccicare parola.
Forse
avrebbe dovuto dirglielo, ma qualcosa in gola glielo impediva. No, non
aveva alcuna fretta. Avrebbe certamente avuto altre occasioni, migliori
di quella, per dirglielo. Non serviva che glielo dicesse in maniera
affrettata, nel mezzo di una stazione, senza alcuna atmosfera.
Feliciano meritava di meglio, questo lo sapeva.
L’uomo
davanti a lui toglie finalmente le mani dal suo viso, e torna a sedersi
in maniera più tranquilla. Ha un’aria
completamente diversa. Più dolce e affettuosa,
più morbida.
Con calma
entrambi guardano l’ora, non era nemmeno uscito il binario
del treno di Feliciano. Questo sorride, riprendendogli la mano, e anche
lui cerca di godersi appieno quel momento.
«
Mi mancherai. » dice allora Feliciano. « Ti
chiamerò ogni giorno e andrò in paranoia se non
mi risponderai per almeno due ore ai miei messaggi. » lui si
trova a sorridere, ma vedendo l’espressione seria
dell’uomo desiste dal fare una battuta.
«
Cercherò di fare del mio meglio. » risponde.
«
Avrei preferito un “certo che sarò attaccato
sempre al telefono aspettando i tuoi messaggi, Feliciano” ma
non riusciresti a mentire nemmeno per farmi contento. » lui
arrossisce, imbarazzato. « É un complimento.
» gli sussurra quindi l’altro uomo.
«
Mi mancherà passare il tempo con te. » gli dice,
ottenendo una reazione sorpresa. « La casa sarà
molto vuota ora che non ci sei più. »
«
Puoi sempre chiedere a Lovino di venire per ravvivare
l’ambiente. Pure lui sarà parecchio depresso.
»
«
Sarà anche arrabbiato a morte con me, dato che mi ha chiesto
di riportarti indietro. » Feliciano alza leggermente le
spalle, simulando indifferenza.
«
Sarà parecchio arrabbiato. Se vuoi un consiglio, procurati
dei pomodori da dargli prima che inizi a sbraitarti contro. »
lui inarca un sopracciglio, confuso. « É una
tecnica brevettata da Antonio, ma posso assicurarti che funziona a
meraviglia. »
Lui ha
tante domande a riguardo, ma non ne fa nessuna. In quel momento
c’erano lui e Feliciano, e lì voleva rimanere.
Ormai lo considerava una tale parte della sua quotidianità
che non sapeva immaginare come sarebbe stato trascorrere una giornata
senza di lui. Certo il pensiero che sarebbe tornato era confortante, ma
non sarebbe bastato per levigare la sua sensazione di solitudine.
«
Oh, hanno messo il binario. » dice allora Feliciano,
guardando in direzione del tabellone. Lui fa lo stesso, percependo il
loro tempo arrivare fino alle ultime gocce. Si alzano entrambi, e lui
prende la valigia di Feliciano, ottenendo commenti sulla sua galanteria
ai quali risponde con un imbarazzato rossore di guance. Con calma si
avvicinano al posto di blocco che faceva accedere ai binari. Ludwig
sapeva di non poter seguire Feliciano fino a lì, e che
quindi quello era il loro ultimo saluto. Vede l’uomo accanto
a lui armeggiare con il telefono, probabilmente in cerca del biglietto,
e pensa già a ciò che vuole dirgli prima di
vederlo partire.
Feliciano
sembra trovare ciò che cerca, e finalmente si volta nella
sua direzione.
«
Credo sia ora di andare. » mormora, e lui annuisce. Feliciano
allunga la sua mano verso la valigia, e torna a guardarlo. Per una
volta anche lui sembra a corto di parole. Si guardano a lungo, e lui
stenta a lasciarlo andare. In preda all’impulso, allora, lo
stringe a sé. Feliciano emette un verso di sorpresa, ma
ricambia il suo abbraccio. Lui gli bacia i capelli, e poi passa alla
fronte. Feliciano sembra apprezzare, e gli sorride. Si danno un veloce
bacio sulle labbra, e poi lui da una veloce occhiata per vedere se
qualcuno li avesse notati. Non era il caso, tutti erano troppo presi da
se stessi per vederli. Feliciano gli bacia la guancia, allora, e lui lo
stringe in un ulteriore abbraccio.
Questo dura
più a lungo, e Ludwig non vuole lasciarlo, cercando di
imprimersi nella mente la forza del suo corpo, l’odore della
sua pelle, il suo respiro contro la propria pelle. Non voleva
tralasciare alcun dettaglio. Sente la mano di Feliciano nuovamente tra
i capelli, e si rilassa al suo tocco.
«
Ti prego, non esagerare con il lavoro mentre non ci sono. »
mormora Feliciano, e lui annuisce.
«
Non innamorarti di qualche quadro mentre sei lontano. »
Feliciano sorride, divertito, e gli prende il viso tra le mani,
facendosi più vicino.
«
Ti amo da quando ho undici anni, Ludwig, non smetterò certo
adesso. » simili parole lo fanno arrossire, ma non
può fare niente a riguardo, perché Feliciano gli
da un altro veloce bacio, e gli rivolge un ultimo saluto, afferrando la
propria valigia e sfuggendogli di mano. Quando si volta nella sua
direzione per salutarlo ancora, prima di farsi controllare il
biglietto, Ludwig nota le sue guance arrossate, e lo saluta
un’ultima volta con la mano, guardandolo sparire dietro il
muro di plastica e strisce.
Feliciano
non era più visibile, ma lui rimane ugualmente a guardare
nella direzione in cui era scomparso. Si sentiva triste, ma dentro di
sé non lo era più di quanto avesse voluto.
Feliciano gli aveva promesso che sarebbe tornato, e lui gli credeva.
Sorride
leggermente, e guarda in direzione del tabellone che segnava le
partenze. Attende fino a quando il treno di Feliciano non scompare
dalla lista, e solo allora decide di tornare a casa. Lo attendeva il
silenzio e la solitudine, ma nel suo cuore sapeva che non sarebbe stata
definitiva.
Feliciano
sarebbe tornato, ne era sicuro. E lui lo avrebbe atteso, per quella
volta e molte ancora.
Ed eccoci qui,
al termine di questa trimestrale avventura.
Non avevo
pianificato questo capitolo il 24, ma ecco a voi questo ultimo regalo
di Natale.
Ci ho
impiegato un mese per scrivere questa storia, tre a pubblicarla. A
conti fatti, credo sia una sorta di pietra miliare del mio percorso e
ogni volta che ci penso, provo tanto affetto a riguardo. Spero che la
narrazione abbia coinvolto, e che il finale asiatico sia soddisfacente.
L'ho volutamente lasciato aperto, cercando di darci un realismo
speranzoso sul come andrà il rapporto tra loro due. Le
speculazioni al lettore, io vi ho portati fino a qui.
Voglio
ringraziare DrFox, AngelDeath e mughetto
nella neve
per aver recensito questa storia, e mughetto
nella neve,
__Dreamer97, Lady
Itasil
e Roberta
0401
per averla inserite nelle preferite/seguite.
Dulcis in
fundo, è stato un piacere passare di qui.
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