Diciotto anni dalla scomparsa di
Voldemort…
30 Agosto 2017
Il rombo di una moto aveva interotto il monotono frinire delle cicale a
Privet Drive, Little Whinging.
La moto, un esemplare ben tenuto di Harley Davidson, era stata
parcheggiata di fronte al vialetto della casa di Dudley Dursley,
apprezzato vicino, avvocato di modesto successo, figlio del defunto
Vernon Dursley.
Vi era sceso un uomo, in giubbotto di pelle e jeans lisi. Joanna Steel,
dirimpettaia e vicina ficcanaso, la sera stessa avrebbe raccontato di
un aitante quarantenne con i capelli scompigliati dalla brezza estiva,
che aveva suonato alla porta dei Dursley. Si diceva fosse il cugino, un
certo Harry Porter, tipo strano, con un passato turbolento, da
teppista.
Dudley aveva aperto la porta. Quando aveva riconosciuto il visitatore,
a dispetto dei pettegolezzi locali, aveva tirato un sospiro di
sollievo.
“Harry, grazie al Cielo!”
“Scusate il ritardo, ma avevo degli affari da
sbrigare… è in giardino?”
“Non entra in casa da ieri sera. Le abbiamo provate tutte,
Robin ha persino tentato di avvicinarsi ma…”
Harry aveva corrugato le sopracciglia. “Spero
non…”
“No, no. Le ha solo detto di lasciarlo in pace.”
L’aveva guardato, sbuffando di nuovo attraverso le guance
piene. Era la fotocopia del padre, Dud, ma in quanto a carattere
dimostrava di saper cambiare. Opinione in generale e atteggiamento in
particolare.
“Meno male…”
“Ha ricevuto la lettera due giorni fa… ma lo
saprai.” Aveva schioccato la lingua “Sembrava
contento. Poi mi ha chiesto come mai Vern non l’avesse
ricevuta… e…”
“E hai pensato bene di dirgli la verità.
Cioè che non è vostro figlio.”
Dudley l’aveva guardato male. “Harry, cosa diavolo
avrei dovuto fare? Ormai è evidente che … beh,
che è diverso da noi. Prima o poi dovevamo affrontare il
discorso. Ho preferito farlo adesso.” Aveva concluso.
Sembrava imbarazzato e a disagio, ma non aveva potuto evitare di dirlo.
In fondo, non era forse la verità?
Harry aveva annuito, sospirando appena. “Potevi almeno
aspettare che ci fossi io… forse sarebbe stato meno
traumatico.”
Dudley aveva fatto una smorfia, facendogli cenno di entrare. Si erano
accomodati in salotto, nonostante l’altro uomo avesse sperato
di passare direttamente in giardino.
“Harry, undici anni fa, quando mi hai portato il ragazzo, io
e Robin abbiamo accettato di occuparcene… beh,
perché avevo un debito con te. I miei genitori non
l’hanno mai ammesso apertamente, ma ti siamo stati tutti
grati per averci salvato da… da…” aveva
esitato. Cinismo babbano contro fatti a cui aveva assistito con i suoi
occhi. “… da quelle
cose.” Si era acceso una sigaretta.
“L’abbiamo tirato su al meglio che abbiamo
potuto… nonostante a volte facesse cose che non
erano… normali.”
“Magiche.” Aveva corretto pazientemente Harry:
Dudley poteva essere cambiato, ma il suo odio per la Magia non era
stato granchè intaccato.
“Sentimi bene.” era infatti sbottato, irritato.
“Siamo passati sopra il vederlo apparire da un posto
all’altro della casa, e alle lampadine fulminate
…” aveva borbottato. “Ma davvero
Harry… Quanto pensavi che avrebbe potuto reggere questa
storia? Ce ne siamo occupati come se fosse nostro figlio
ma…”
“Ve ne siete occupati bene, tu e Robin…
decisamente meglio di quanto gli zii abbiano fatto con me.”
L’aveva blandito, con un mezzo sorriso. L’uomo si
era corrucciato.
“Non ti ho chiamato qui per parlar male dei miei
genitori.”
“Scusa, hai ragione… piuttosto. Lui come ha
reagito?”
“Mi ha ascoltato in silenzio, a dire il vero. Gli ho detto
che sarebbe sempre stato mio figlio, e che non sarebbe cambiato
nulla… che gli avremmo voluto bene lo stesso. Mi ha
ascoltato sì… e poi se n’è
andato in giardino, senza una parola. È lì da
ieri sera, e non vuole parlare con nessuno.”
Harry si era passato una mano trai capelli.
“Non l’ha presa
bene…”
“No, mi sembra evidente. Ma… penso che lo sapesse
già. E non lo dico per giustificarmi.” Aveva
aspirato una boccata dalla sigaretta, che quasi spariva tra le sue dita
grassocce. Harry l’aveva squadrato: era un
brav’uomo in fondo, non particolarmente acuto, ma aveva
sposato una donna intelligente, priva dei paraocchi dovuti
all’amore cieco per la propria famiglia che aveva invece
avuto Petunia Dursley.
“… Lo sapeva già?”
“Lo intuiva, forse, chi lo sa. Quel bambino è
dannatamente sveglio. Forse… a volte… un
po’ troppo.” Si era alzato pesantemente dalla
sedia. “Ma ora vorrai vederlo… è in
giardino. Robin è in cucina, sta preparando la merenda per
Vernon e Alice. Faccio portare qualcosa anche per voi?”
Harry aveva sorriso. “Sì, grazie.”
Era quindi uscito nel piccolo giardino. Si era avvicinato alla vecchia
altalena, una volta malandata, adesso riverniciata di un allegro color
rosso.
Vi era seduto un bambino, di circa undici anni, dai capelli lisci, neri
come ebano e l’incarnato pallidissimo, tipicamente
anglosassone. Indossava una maglietta a righe e un paio di pantaloni di
buona fattura. Erano vestiti nuovi, puliti, che dimostravano come non
ci fosse disparità di trattamento tra lui e i figli
legittimi della coppia.
Nonostante questo, Harry aveva avuto un violento flashback. Se stesso,
magro e arruffato, seduto sulla stessa altalena, in quello stesso
giardino, quasi trent’anni prima.
“Thomas…” aveva chiamato.
Il ragazzino aveva alzato la testa. Gli occhi blu erano inespressivi,
diffidenti.
Harry aveva sospirato.
“So che sei arrabbiato con me.” Si era seduto
sull’erba, di fronte a lui. Non aveva tentato di toccarlo,
né blandirlo. Alla sua età non avrebbe
sicuramente reagito bene alla condiscendenza di un adulto.
“Hai ragione ad esserlo. Ti ho nascosto delle cose. Molte
cose. Ma era necessario… per la tua sicurezza.”
Un altro flashback: lui, spaurito e pieno di domande, confuso, di
fronte a Silente, un mago adulto e potente.
Le sue spiegazioni sarebbero state all’altezza di quelle del
vecchio preside?
Lui
sarebbe stato all’altezza?
Il ragazzino aveva alzato lo sguardo verso il cielo, pensieroso.
“Per la mia sicurezza?”
“Sì, proprio così.”
Un breve silenzio.
“Sapevo di essere diverso.
Sapevo che avrei ricevuto la lettera, non come Alice o Vern.”
“Sì … sei diverso, questo è
vero, ma…”
“Quanto
diverso?” aveva concluso il ragazzino, fissandolo negli
occhi.
Harry aveva sospirato.
“E’ ora che ti racconti come ci siamo conosciuti io
e te,
Thomas.”
Note:
Come ho già scritto, questo è un prologo. Breve,
lo so, ma mi rifarò con il prossimo pezzo. :P
Che dire... è la prima fan-fic che scrivo su HP. Sono cresciuta con questo libro, l'ho letto ed
ho visto i film. Ed è proprio dall'ultimo film che il mio
amore per Tom Riddle è aumentato esponenzialmente ...
solo... cosa fare? E poi è praticamente il personaggio
più 'slash' in cui mi sia mai imbattuta.
Scrivere l'ennesima fic dove Harry e Tom si innamorano? Le adoro, ma
tutto ciò che di sensato c'era da scrivere su questa coppia
è già stato scritto (mi riferisco alla storie di
Lien e Mistress Lay, che hanno reso un'immagine di Tom Riddle ormai universalmente conosciuta su EFP e dintorni). Così ho provato un
approccio diverso. Sì, il settimo libro mi ha fatto schifo
(eufemismo) però una cosa buona l'ha lasciata... una marea
di personaggi di cui non si sa niente, spendibilissimi,tutti da
giocare. La cosidetta 'next generation'.
Unite queste due cose, è nata questa idea. Che dire, spero
vi piaccia. Commenti e critiche sono accettate e volutissime! (XD)
Le mie fonti di informazioni (perdonatemi, la mia conoscenza del
Potterverse è un po' arrugginita) sono HP Lexicon e HP Wiki. Per quanto riguarda i nomi, ho preferito lasciare la
versione italiana, per abitudine, così come gli incantesimi.
NB: Tutte le immagini usate,
linkate e manipolate non appartengono a me, ma le ho trovate sul web o su DeviantArt. Chiunque
le rivendicasse, è pregato di inviarmi un pm, sia se voglia
che le ritiri, sia che voglia essere creditato. Thanks ^^ Per quanto riguarda i volti dati ai personaggi ho cercato sul web, e presso forum di HP per avere un'idea generale di come il fandom immaginasse la Next Generation.
Le canzoni,
frasi e varie citazioni non appartengono a me, ma a chi le ha ideate.
E per finire,
l'impianto dell'intera storia, luoghi, personaggi etc appartengono a
mamma Row, Dio l'abbia in Gloria.
Dira.
|