Questa
storia rappresenta la terza parte della
serie Cosa
tiene accese le stelle. Si tratta di una What if? in cui
Harry è stato ucciso da Bellatrix. Sappiamo che, quando la
Mangiamorte sta
combattendo contro Ginny, Harry è nei paraggi e cerca di
dare una mano alla
ragazza, fino a quando non interviene Molly e uccide la Mangiamorte.
Beh, e se
invece fosse intervenuto lui? Bellatrix non aveva la bacchetta di
Sambuco e non
poteva essere salvato come accade invece nel vero scontro con
Voldemort. Morto
Potter, avendo vinto il Signore Oscuro, i membri dell’Ordine
sopravvissuti sono
dovuti scappare e sono finiti nuovamente in clandestinità.
Hanno organizzato un
tentativo di resistenza, più che altro sporadici attacchi
qua e là per uccidere
Mangiamorte o sventare i loro piani, e hanno nascosto i Nati Babbani in
vari
luoghi sotto il Fidelius, soprattutto i bambini. A questo punto devo
segnalare
che ho ucciso molta gente che la Rowling aveva risparmiato, e fatto
resuscitare
altri. Giusto perché alcune morti non mi sono mai andate
giù (leggasi Tonks,
Remus e Fred).
Di
vecchie
dissonanze e nuovi duetti
23
novembre 1998
Quando Bill aveva
fatto il suo ingresso nel cucinino affollato di Shell Cottage, dopo
aver
accompagnato alla porta gli altri capigruppo al termine della riunione
protrattasi per tutta la notte, Hermione si stava accomodando al tavolo
della
colazione tra Ron e Terry Boot, le occhiaie peste sotto gli occhi e uno
sbadiglio trattenuto a stento tra i denti. Alla vista del maggiore dei
fratelli
Weasley, che si era fermato alle spalle della moglie e schiarito la
voce
impastata, Hermione aveva abbandonato ogni proposito di servirsi le
uova
strapazzate, e aveva tirato una gomitata nelle costole a Ron
perché seguisse il
suo esempio e a propria volta trascurasse la colazione a favore di Bill.
La riunione appena
conclusa era la prima tenutasi dall’ultima missione finita
male
dell’Ordine – probabilmente un tempo
l’avrebbero definita una carneficina, ma
quello era stato prima della Battaglia di Hogwarts e la vittoria di
Voldemort –
e, date le ingenti perdite del gruppo irlandese di base a Galway,
sicuramente
dovevano esservi state prese importanti decisioni per il loro futuro.
Erano passate ormai
due settimane da quell’infausta notte, ma a ripensarci un
brivido correva
ancora lungo la schiena di Hermione: quando Rionach O’Neal
era rimasta ferita
in un attacco di Ghermidori, Ron era stato tra i volontari offertisi di
prenderne
il posto nella grande missione per eliminare Grayback e parte del suo
branco.
Alla fine era stato sorteggiato un certo Hugh McCarthy, di cui Hermione
non
sapeva molto oltre al nome, ed era stato lui a morire quella notte
insieme al
resto del gruppo partito dalla baia di Galway. Una parte di lei si
sentiva in
colpa per pensare sempre con una punta di sollievo alla missione e
soprattutto
allo sconosciuto signor McCarthy – di cui ricordava
chiaramente, però, moglie e
figli chini sulla tomba ai funerali –, l’altra le
ricordava pratica che avrebbe
potuto essere Ron e… beh, a conti fatti era meglio un nome
privo di volto,
ricordi e passato, piuttosto che Ron. Mille volte meglio.
In ogni caso si
aspettava comunicazioni importanti da parte di Bill o Neville, a sua
volta a
capo del loro gruppo della Cornovaglia, ma il secondo si era diretto
alla
credenza per prendere due tazze, mentre il primo aveva semplicemente
iniziato a
riportare loro i resoconti degli ultimi turni di guardia. Hermione si
era così
concessa la sua misera dose di uova, che apparivano proprio deliziose
dopo più
di un mese di colazioni a base di the slavato e gallette –
erano
particolarmente irritanti le Eccezioni alle Leggi di Gamp, quando
procurarsi i
viveri era tanto difficile –, mentre Bill continuava a
riferire le consuete
notizie di banchi sempre più densi di Dissennatori sparsi
per il Regno Unito e
nuovi arruolamenti nelle fila dei Mangiamorte – niente che
già non sapessero,
insomma. Negli ultimi sei mesi aveva imparato come l’uomo
fosse solito dare per
prime le novità spinose, se mai ce ne fossero state, e
almeno per il tempo di
una colazione una volta tanto decente aveva voluto crogiolarsi nel
piacevole
pensiero che non ve ne fossero proprio di novità.
Ma, ovviamente, non
potevano accumularsi tutte quella mattina le rare fortune che la guerra
riservava loro.
“Ci saranno anche
dei cambiamenti nei vari gruppi,” proruppe infatti alfine
Bill, facendo
risvegliare completamente tutti i presenti, compresi Anthony Goldstein
e
Romilda Vane che avevano avuto il turno a Hogwarts fino a
un’ora prima e
stavano caracollando sui propri piatti – nessuno voleva
rinunciare ad andare a
dormire con la pancia piena, una volta che si poteva.
Hermione bloccò la
tazza a mezz’aria e la posò nuovamente sul tavolo,
voltandosi guardinga in
direzione del capogruppo e scrutandolo impaziente: se aveva aspettato
che
fossero tutti ben sazi, qualcosa le assicurava che i cambiamenti non
sarebbero
piaciuti a nessuno di loro.
“Hannah,” continuò
Bill rivolto verso la giovane Abbot, “la vedova
O’Byrne ritiene tu sia
sufficientemente formata come Guaritrice. Intende quindi mandarti a
Port, per occuparti
del ricovero dei feriti e convalescenti che sono ospitati nel
villaggio. Il tuo
posto in infermeria verrà preso da Annabeth Bradley,
perché possa imparare a
sua volta.”
Hermione non aveva
ancora capito perché tutti si ostinassero a chiamare Melissa
Doherty con il
cognome, ben più famoso, del defunto marito –
l’Irlanda, diversamente dal Regno
Unito, aveva il pregio di permettere di tenere quello da nubili
–, e aveva il sospetto che
nel caso in cui la diretta interessata fosse venuta a saperlo non ne
sarebbe
stata particolarmente contenta; di certo sapeva che, per quanto il
villaggio di
Port fosse attualmente una delle zone più protette e sicure
esistenti, non
avrebbe particolarmente gradito il trasferimento nel caso fosse
capitato a lei.
Prima di prendere
l’Espresso a King’s Cross, Hermione si è
scrupolosamente documentata sul Mondo
Magico tramite tutti i libri che è riuscita a trovare al
Ghirigoro, motivo per
cui almeno sul piano teorico le è familiare il nome, a suo
giudizio affatto
magico, di Port. Situato in un punto non meglio definito lungo la costa
del
Donegal, Port è il corrispettivo irlandese di Hogsmeade: un
piccolo villaggio
interamente popolato da maghi risalente al XV secolo e gelosamente
custodito
dai propri abitanti, che non ne hanno mai voluto rivelare
l’esatta ubicazione,
proteggendolo con ogni sorta di incantesimo conosciuto. Nato da un
pungo di
casette di maghi più dediti alla pesca che agli incanti, si
è allargato in
seguito all’approvazione dello Statuto Internazionale di
Segretezza, e ad oggi
pare contare una ventina di famiglie o poco più. I suoi
volumi di Storia del
Mondo Magico inglese e irlandese non riferiscono molto altro, a parte
un elenco
dei più eminenti abitanti nel corso dei secoli, ed
è assai curiosa di scoprirne
di più una volta a scuola: un paese tutto magico deve essere
un sogno ad occhi
aperti, ne è certa.
Che cosa sia
realmente Port nella pratica ha occasione di scoprirlo ben presto una
volta a
Hogwarts, a partire dalla stessa cerimonia di Smistamento, quando al
nome Sean
McKinley si eleva un’allegra canzoncina di incitamento da
tutte quattro le
tavolate, così come un’infinita serie di applausi
e fischi quando il Cappello
Parlante lo Smista a Corvonero. Le pare anche di intravedere, tra i
Grifondoro
più grandi seduti poco distanti da lei, una ragazzina dai
penetranti occhi blu
che consegna scocciata un sacchetto di Cioccorane al proprio vicino,
borbottando qualcosa riguardo una scommessa persa e i McKinley che “sono
sempre stati Serpeverde”.
Ben presto le risulta
immediato riconoscere i ragazzi di Port – non che i diretti
interessati mettano
particolare impegno nel celare la propria provenienza.
Non è raro
vederli girare a gruppetti compatti per i corridoi
dell’antico castello, ben
attenti a passare velocemente al gaelico non appena qualcuno di
inopportuno si
avvicini troppo, bofonchiando a mezza voce con quel loro
incomprensibile
accento del nord, tanto stretto che anche Seamus, il quale qualcosa di
gaelico
mastica, giura di non afferrarne mezza parola. Nei finesettimana si
ritrovano
spesso nel parco o sotto qualche porticato a sfidarsi a scacchi e Spara Schiocco, talvolta a cantare e improvvisare
balletti
sulle note del violino di Fabian Gallagher, o molto più semplicemente a chiacchierare per ore. Ogni
diciassette marzo sfilano
tutti agghindati di verde e l’intera scolaresca è
al corrente, almeno per fama,
della festa clandestina che organizzano – Hermione non sa
dove e come –,
rinomata per essere una delle più divertenti e alcoliche a
cui partecipare a
Hogwarts, per quanto gli invitati esterni alla cerchia ristretta dei
“Ragazzi
di Port” siano ben pochi e per lo più tutti
irlandesi.
Separarli pare assai
difficile, cresciuti da sempre insieme, correndo, giocando e litigando
per le
stesse stradine, e a loro volta tendono a mettere da parte qualsiasi
rivalità
quando si trovano a fronteggiare “forestieri”
– meglio allearsi con un avversario conosciuto, sembrano
ritenere.
Quando per giunta
hanno la stessa età, talvolta sono più affiatati
che fratelli, avendo passato
l’intera esistenza a condividere ogni singolo istante, e a
quel punto
insinuarsi in amicizie tanto assodate è davvero impossibile.
Per Hermione sono
un mondo inaccessibile, un muro invalicabile che pare sforzarsi in ogni
modo di
esserlo.
Hannah annuì poco
convinta, per quanto Hermione non sapesse dire se la causa fosse la
destinazione, l’essere separata da Neville, o piuttosto il
timore di non essere
all’altezza come Guaritrice. Bill non le diede comunque modo
di approfondire ulteriormente
la questione, proseguendo con l’elenco di novità
– o disgrazie, Hermione
in seguito le avrebbe definite esattamente così.
“Date le ultime
perdite del gruppo di Galway, Ryan Sheridan è divenuto il
nuovo capogruppo,
prendendo il posto di Duff O’Byrne, e servirà
anche mandare nuovi membri.”
Hermione non osò
nemmeno immaginare come dovesse sentirsi il giovane, non solo divenuto
responsabile di un’intera cellula dell’Ordine e
Custode del Fidelius che
proteggeva la loro base, ma ritrovatosi a ricoprire quel ruolo in
seguito alla
morte dello zio. Secondo la ragazza, il primo fardello era sufficiente
senza
che vi si aggiungesse il peso della luttuosa circostanza. Lei era stata
ben
felice che quelle responsabilità non fossero gravate sulle
sue spalle, al
momento di riorganizzare l’intera resistenza:
all’epoca, con il viso esangue di
Harry fin troppo vivido davanti agli occhi, sarebbero state
semplicemente la
goccia di troppo che avrebbe fatto traboccare un vaso ormai
pericolosamente
colmo fino all’orlo.
“Abbiamo poi
ritenuto opportuno rimescolare tutte le coppie, sperando di farle il
più
equilibrate possibile, per cui molti di voi ci lasceranno a partire da
domani. So
che sarete un aiuto essenziale come lo siete stati qui.”
Hermione accennò un
lieve sorriso al tentativo un po’ maldestro e sbrigativo di
discorso
motivazionale improvvisato da Bill.
“Dennis, tu sei
stato assegnato alla Scozia, da Finnigan e Thomas, e la tua nuova
compagna di
missioni sarà Katie Bell.”
Il piccolo Creevey,
che stava meccanicamente rimescolando il caffè – acqua
sporca, lo
definiva più correttamente Ron –
dall’inizio del discorso, diede segno di
maggiore entusiasmo rispetto a Hannah, e Hermione non poté
evitare di augurarsi
che non capitombolasse nel Loch Ness vicino a cui si trovava il rifugio
dell’Ordine: questa volta non ci sarebbe stato Hagrid a
salvarlo dal mostro che
viveva tra i flutti.
“Romilda invece
andrà a Londra, con Angelina Johnson; Anthony e Terry a
Galway, in coppia con Aidan
Kelley e Rionach O’Neal, e al loro posto si trasferiranno qui
la Sheridan e...”
“Quale delle tante?”
domandò assonnato Anthony, reggendosi il capo con una mano
per non sprofondare
tra i fagioli e il pane tostato.
Le ragazze
Sheridan Hermione ha modo di conoscerle tutte e sei durante gli anni a
Hogwarts, e di condividere per giunta la Casa con tutte quante. Di suo
sa ben
poco a riguardo – i libri non parlano del loro clan
–, se non che Grifondoro ha
avuto anni prima un Prefetto che portava lo stesso cognome, e che nello
sgabuzzino di Gazza ci sono un’infinità di moduli
per punizioni compilati per
un certo Finn Sheridan, o così almeno assicurano i gemelli
Weasley,
probabilmente intenzionati a emularne le gesta e superarlo in
popolarità tra
gli scaffali polverosi del custode.
Ma, di nuovo, non
ci mette molto per imparare a individuarle e distinguerle tra loro,
aiutata
anche dai dettagliati resoconti di George che, almeno a parere di Ron,
è il
massimo esperto in materia.
La prima cosa da
sapere a riguardo, apprende, è che si dividono in due
categorie: le
“Sheridan-solo-Sheridan” e le
“Sheridan-mezze-O’Byrne”.
Della prima fanno
parte Maeve, Orla, Eithne ed Eilís, sorelle del fantomatico
Finn, facilissime
da riconoscere perché una la copia sputata
dell’altra, con gli enormi occhi blu
e i lunghissimi capelli neri, distinguibili tra loro per le diverse
altezze a
seconda dell’età – delle matrioske, ecco
cosa sembrano.
Per parte di
padre sono prime cugine delle restanti due Sheridan, le sorelle del
Prefetto, che
però possono vantare uno zio e una discendenza ben
più illustri da parte di
madre: chi sia l’ex Capo del Dipartimento Auror Duff
O’Byrne
è ben chiaro a Hermione senza bisogno di suggerimenti
esterni. Le due ragazze
però, a differenza delle cugine, non potrebbero essere
più diverse: una chiara
ed eterea, l’altra sgraziata e scura.
Aisling Sheridan è
al suo sesto anno all’arrivo di Hermione, ed è
nota a scuola per riscuotere un
discreto successo sia a lezione di Incantesimi – qualche
lingua maligna insinua
venga allenata dallo zio – sia tra i ragazzi, con i suoi
vaporosi boccoli
dorati e le lunghe gambe aggraziate. Sempre solare e cortese,
è al centro della
vita mondana di Hogwarts, ed è frequente vederla da Madama
Piediburro di volta
in volta con un diverso spasimante – “Un
appuntamento si concede a tutti”, pare
sostenere.
Di ben diverso
avviso è la sorella minore Charlotte, che pare ben decisa a
stare in disparte
in ogni situazione, nascosta dietro un libro, e a frequentare il minor
numero
possibile di persone. Probabilmente riuscirebbe anche a passare del
tutto inosservata
– non attira mai su di sé l’attenzione,
nemmeno per rispondere a lezione –, se
non fosse per la parentela e l’essere nominata ogni anno
migliore studentessa
della propria classe, con voti che non sono mai scesi sotto la O, e di
conseguenza Prefetto e Caposcuola. Ad ogni modo, quando solleva
infastidita gli
occhi affilati dalle pagine ingiallite dell’ennesimo tomo, ci
pensano la sua
freddezza e il sarcasmo pungente a far desistere ben presto chiunque
dall’avvicinarsi troppo, tranne George Weasley che si diverte a
stuzzicarla e
corteggiarla platealmente dal primo anno con scarsi risultati
– per il semplice
gusto di irritarla, reputa Hermione.
Le uniche persone
con cui Charlotte abbandona ogni ritrosia e l’espressione
seccata – quasi
altezzosa e sprezzante, sempre secondo l’opinione di Hermione
– sono in parte i
ragazzi di Port e soprattutto Fabian Gallagher e Nathaniel Ghisler, i
due
migliori amici da cui non si separa quasi mai. È assai
strano vederla ridere e
scherzare in loro compagnia, nonché parlare fino allo
sfinimento senza mai una
pausa per riprendere aria: si tratta di un’immagine
decisamente distante dalla
Caposcuola con cui Hermione ha a che fare in qualità di
Prefetto al proprio
quinto anno. La giovane Grifondoro si scontra spesso con il carattere
spigoloso
dell’altra, e ringrazia ancor più spesso Merlino
che la loro collaborazione
duri solo un breve anno.
Hermione si ritrovò
a sperare che non venisse pronunciato proprio quel nome,
al suo posto le
sarebbe andata bene anche la piccola Eilís non ancora
sufficientemente edotta
in Difesa Contro Le Arti Oscure. Ma, giustamente, Bill era di
tutt’altro
avviso: “Charlotte, e con lei anche Nathaniel Ghisler:
faranno coppia con
Hermione e Neville.”
“Io sono con
Ghisler, vero?” si ritrovò a chiedere Hermione
prima ancora di rendersene
conto, sperando vivamente che non fosse come temeva e aggrappandosi
alla tenue
speranza del mancato “rispettivamente”.
“No,” fu invece la
risposta di Neville, “pensiamo tu possa essere la
più adatta per fare coppia
con Charlotte. Secondo Ryan potreste andare molto
d’accordo.”
Ron per poco non si
strozzò a quelle parole, mentre Hermione provò a
ribattere: “Allora non conosce
bene o me o la sorella.”
“Ma se avete anche
già lavorato assieme, quando eravamo Prefetti,” si
accodò Anthony, a cui
Hermione rivolse un’eloquente occhiataccia desiderando
vivamente che si fosse
addormentato con il viso riverso nel piatto.
“Appunto, non è
stata una cooperazione particolarmente proficua, e poi dicono
che…” ma la
ragazza tacque sulle ultime parole, restia ad ammettere la scomoda
realtà. Dicevano
che la Sheridan avesse seguito la squadra che si sarebbe dovuta
occupare dei
mannari di Grayback, per quanto esclusa dalla missione, ma fosse giunta
in ritardo,
giusto in tempo per portare in salvo solo Malfoy e vedere il resto del
gruppo
massacrato. C’erano lo zio e soprattutto Fabian Gallagher,
tra di essi, e si
vociferava che la ragazza avesse perso la testa e provato a tornare
indietro
per affrontare l’intero branco da sola – che da
quel momento fosse come rotta
dentro. Quantomeno, aveva riflettuto cinicamente Terry Boot a quella
notizia,
aveva avuto la creanza di mettere a repentaglio solo la propria vita
con quella
sconsideratezza.
“Quello che dicono
non ha importanza,” liquidò sbrigativo Bill,
“Charlotte è una buona combattente
e noi siamo a corto di uomini. Ad ogni modo ti sei dimostrata una delle
streghe
più brillanti e lucide dell’Ordine, Hermione,
sapresti sicuramente tenerle
testa. E per quanto riguarda l’ultima missione… tu
poi capirla.”
Le mani di Hermione,
poggiate in grembo, tremarono a quelle parole e Ron allungò
le sue sotto il
tavolo per stringere quelle della fidanzata – Tu
puoi capirla…
“Siamo consapevoli
di chiederti molto,” proseguì Neville,
così serio e autoritario da sembrare
quasi un altro. “Se non te la senti, provvederemo a risolvere
in altro modo la
questione. Ma servirebbe saperlo subito per poter sistemare nuovamente
tutte le
coppie, altrimenti…”
“D’accordo,” annuì
secca la ragazza, “la mia era solo una perplessità
riguardo l’affermazione di
Ryan Sheridan.”
“Perfetto,” concluse
rapido Bill. “Per quanto riguarda il resto del gruppo,
invece, Ron farà coppia
con me e Fleur con…”
Hermione nascose
l’espressione ancora un po’ stizzita dietro alla
tazza di the che si portò alle
labbra, consapevole non si potesse sovvertire l’equilibrio
interno della resistenza
per mero capriccio personale, e più che intenzionata che
questo non avvenisse
mai per colpa propria.
“Alla fine si tratta
di condividere i turni di guardia,” le sussurrò
Ron per provare a risollevarla,
per quanto piuttosto goffamente, “non dovete diventare
amiche. Per il resto del
tempo puoi tranquillamente ignorarla e fingere che non esista, sono
sicuro che
gradirà.”
“Grazie tante,” bofonchiò
la ragazza in risposta, iniziando a contare le ore che la separavano
dall’arrivo dell’irlandese e che aveva ancora a
disposizione per abituarsi al
loro improponibile sodalizio – a lei che le faceva
da balia,
puntualizzò tra sé.
“La situazione piace
meno a me che a te, credimi, Granger,” furono le lapidarie
parole di saluto che
Charlotte le rivolse il giorno seguente, facendo il proprio ingresso a
Shell
Cottage.
“Buongiorno anche a
te, Sheridan,” le rispose Hermione ispirando a fondo nel
tentativo di mostrarsi
più conciliante possibile. “Puoi lasciare le tue
cose nella stanzetta qui al
piano terra appena svoltato l’angolo, il tuo letto
è il più vicino all’armadio.
Spero ti troverai bene con noi, io volevo…”
“Una sola parola su
quanto mi capisci, per la storia del migliore amico morto, e giuro che
ti
Schianto. Mio fratello mi ha riempito a sufficienza la testa di tali
scemenze,”
la interruppe l’altra, subito sulla difensiva, morsicandosi
nervosa l’interno
della guancia.
“Non ne avevo la
minima intenzione,” fu la risposta piccata di
Hermione, che si impose
la calma o la prima a Schiantare avrebbe potuto anche essere lei: la
clandestinità era sufficiente fonte di ansie e tensioni per
abbassare a
chiunque la soglia della sopportazione, Charlotte poteva solo
esasperare la
situazione.
L’altra non la degnò
di ulteriori attenzioni, sfregandosi rapidamente gli occhi con la
manica e superandola
mentre masticava tra i denti parole sconnesse in gaelico che Hermione
non
riuscì a comprendere.
Si preannunciava
decisamente un’ottima collaborazione, senza alcun dubbio.
NdA
Non mi sembra
nemmeno vero di essere finalmente riuscita a tornare a scrivere per
questa
serie, non dopo essermi bloccata due anni fa su un tentativo di
mini-long e
aver smesso poi di scrivere, complice anche lo studio. Da qualche mese
ho
ripreso in mano foglio e matita per tutt’altro fandom, e poi
ho tirato fuori
dal cassetto quella mini-long in sospeso, che ora è un
po’ meno mini e
finalmente conclusa almeno nella prima stesura.
Chi avesse mai letto
altre storie della serie avrà riconosciuto alcuni degli OC
presenti, che ai
tempi avevo però tratteggiato molto sommariamente (e
maldestramente temo,
soprattutto Charlotte e il suo rapporto con Hermione che lì
si vede già
assodato da tempo) e relegati in ruoli marginali. Tuttavia nella long
(che si
collocherà cronologicamente tra “Veglia” e
“Dove sono la gloria e il sogno?”,
giusto per avvisare gli eventuali nuovi lettori che vogliano evitare
possibili
spoiler) hanno preso il sopravvento, rivendicando molto più
spazio del solito,
e mi pareva doverosa una velocissima introduzione, per quanto filtrata
dal punto di vista di Hermione.
Mi rendo conto che
questa OS sia molto di passaggio e senza una vera trama, ma inserirla
come
primo capitolo della long andava a sbilanciarne la struttura e
così introduce
anche alle prime apparizioni della maggior parte dei personaggi in "Veglia". Questi
sono,
come immagino si sarà capito, gli abitanti di Port, in
particolare Charlotte
Sheridan, la sua famiglia (Ryan e Aisling, la nonna materna e Medimaga
dell’Ordine Melissa Doherty, zio Duff e la frotta di cugini
vari) e gli amici
(Nathaniel e Fabian su tutti, che qui sono relegati a un velocissimo
accenno).
So che l’ordine
cronologico all’interno di questa serie e la sua struttura
sono un po’ quel che
sono (prometto che d’ora in poi mi imporrò un
minimo di rigore in più – o
almeno ci proverò), così come le inevitabili
discrepanze di stile tra le varie
parti, avendole scritte ad anni di distanza, spero non risulti tutto
troppo
confusionario. E perdonate il titolo non particolarmente brillante, un
giorno imparerò a trovarne di decenti.
In ogni caso ringrazio chiunque sia giunto fin qui e abbia speso tempo per questa
serie, che
mi auguro sia stata di vostro gradimento.
Sperando di
revisionare e sistemare al più presto il primo capitolo
della mini-long, alla
prossima e grazie di cuore ancora,
Maqry
O questo
almeno è quanto sono riuscita a trovare, nel caso prendetela
come una
particolarità del Mondo Magico irlandese.
Sono
sempre stata convinta che Malocchio fosse stato Capo Auror, a quanto
pare non è
così e Scrimgeour è l’ultimo a ritroso
nel tempo di cui si abbia notizia
(Theseus Scamander a parte). Dalle poche notizie a riguardo pare che
Scrimgeour
lo sia diventato tra la fine della Prima Guerra Magica e gli inizi
degli anni
’90, per cui ho reso suo predecessore negli anni di guerra
proprio zio Duff (che
immagino abbia comunque continuato a collaborare ancora come Auror,
dopo il suo
ritiro come Capo del Dipartimento, diversamente dagli altri Capi
conosciuti che
lo hanno fatto per avanzamento di carriera).
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