Questa
storia partecipa alla Fables Challenge indetta dal gruppo facebook Il
Giardino di Efp.
Buongiorno ragazzi, eccomi
tornata con una oneshot davvero singolare e completamente fuori dai
miei canoni abituali. Ho deciso, per la prima volta, di partecipare
ad una challenge indetta sul gruppo facebook sopracitato. Tra i
tantissimi prompt segnalati ho scelto la storia di Pollicino, forse
una delle meno conosciute tra le tante inserite in elenco.
Rating capitolo:
verde
Personaggi capitolo:
Takeru, tutti i digiprescelti, Ogremon, Leomon
Coppie capitolo:
nessuna
POLLICINO
C'era
una volta un lontano mondo perduto, simile a quello che noi oggi
conosciamo come Terra. Il pianeta conosciuto oggi come Digiworld, non
era altro che una fedele riproduzione del nostro mondo, tutto
fuorché
reale. Parliamo di un ammasso di dati e dettagli digitali, nulla a
che vedere con la composizione organica ed inorganica del nostro
pianeta.
Tale
mondo era abitato da strane creature dall'aspetto tutto
fuorché
umano, fatta eccezione per alcuni esemplari più evoluti. I
digimon,
così venivano definiti questi mostri, regnavano indiscussi
su quel
pianeta, distinguendosi per dimensione, genere e tipologia. Un po'
come il vecchio mondo giurassico che conosciamo, vi erano zone
abitate da mostri più feroci, altre, al contrario, da
digimon dalle
fattezze vagamenti simile ai nostri animali domestici.
In
cima al monte Mugen si ereggeva maestoso il castello di Myotismon,
abitato da un anziano ometto di nome Gennai e da un gruppetto di otto
giovani amici, gli unici esseri umani ad abitare quello strano mondo.
Questi ragazzi erano conosciuti come i digiprescelti, coloro che
erano stati predestinati sin dall'infanzia ad una vita di sacrifici e
di responsabilità. Si mormorava in giro che fossero loro i
sovrani
di Digiworld, nonostante alcuni Digimon fossero in disaccordo con
queste voci. In effetti i ragazzi erano stati cresciuti da Gennai
secondo regole piuttosto rigide. Il loro unico scopo era quello di
proteggere l'integrità di quel mondo e di tutti i suoi
abitanti
digitali.
Gli
otto amici vivevano una vita serena, seppur molto povera. Gennai
aveva da subito insistito nel renderli indipendenti ed autonomi. Quel
mondo non era certo per tutti e l'unico modo per poter sopravvivere
era rimboccandosi le maniche e lavorando sodo. Purtroppo l'anziano
nonnino non era immortale, perciò fu costretto a metterli
alla prova
per il bene proprio e per quello dei ragazzi, sicuro che un indomani
avrebbe potuto lasciar loro in eredità il mondo digitale.
Confidando
nella complicità e nel silenzio della luna, una notte
rivelò al
cielo stellato il suo piano. Raccontò alla pallida sfera
incantata
di voler portare i suoi digiprescelti nella giungla tropicale,
proprio al di là del fiume che divideva quella landa
dall'isola di
File. L'uomo era più che sicuro che ognuno degli otto
ragazzi
avrebbe sostenuto la prova con coraggio e forza. L'unico a
preoccuparlo veramente era il più piccolo del gruppo,
Takeru,
soprannominato pollicino, proprio per il suo delicato stato di salute
e le sue fattezze piccole e minuscole. Gennai era poco convinto delle
capacità di questo ottavo membro del gruppo,
poiché tendeva spesso
ad isolarsi dal gruppo e a mormorare agli alberi piuttosto che
intercalarsi in discorsi più vivaci con i suoi amici. Al
contrario,
però, Takeru era un giovane molto sensibile e perspicace.
Gennai
non poteva certo saperlo, ma quella sera Takeru ascoltò il
suo
lamento al cielo e si fermò per un istante in modo da poter
escogitare un piano per prepararsi a ciò che l'indomani
sarebbe
successo. Andò nel giardino del loro castello e raccolse
quanti più
sassolini bianchi riuscì a trovare e li nascose nella
propria
saccoccia sotto il letto.
Il
giorno seguente Gennai svegliò i propri ragazzi e li
radunò in
giardino per, a detta sua, un allenamento speciale. Il vecchietto
camminava ormai da diverse ore per le rupi scoscese del monte Mugen
fino a raggiungere il confine con la giunga tropicale.
Invitò i
ragazzi ad addentrarsi in quella fitta rete di alberi, mentre l'uomo
-almeno questo era ciò che voleva fargli credere- sarebbe
andato a
raccogliere scorte di acqua presso il fiume che si affacciava
sull'isola di File.
Taichi,
il leader indiscusso del gruppo, scortò i suoi giovani amici
tra la
selvaggia flora del luogo finendo per perdere di vista l'oceano.
Decisero di accamparsi nell'unico spiazzo di terra libero da
qualsiasi pianta. Grazie alla conoscenza e all'abilità
manuale di
Koushiro, riuscirono ad accendere un piccolo fuocherello e attesero
con estrema calma l'arrivo di Gennai. L'uomo, al contrario, era
tornato sui suoi passi e si era barricato nella propria dimora dove,
con grande sofferenza, pregava per i suoi otto prescelti.
Come
previsto da Takeru, il loro anziano custode non fece ritorno da loro.
Yamato si sedette sopra un tronco di albero mozzato ed estrasse dalla
propria tasca una vecchia fisarmonica. Guardò il cielo
tingersi di
rosso e fare il proprio benvenuto alla notte. Iniziò a
suonare una
dolce melodia che riecheggiò e rimbalcò in tutte
le direzioni,
propagandosi anche al di là dell'oceano. Gli otto giovani
ragazzi si
erano tutti riuniti intorno al focalio appiccato poco prima e si
stringevano l'uno accanto all'altro alla ricerca di un po' di caldo e
conforto. Takeru si accostò alla più giovane del
gruppo, Hikari e
tentò di confortarla con un candido sorriso. Yamato
suonò
imperterrito la propria melodia accompagnando dolcemente i proprio
amici tra le braccia di morfeo e trasformando la sua musica in una
dolce ninna nanna.
Il
mattino seguente le prime a svegliarsi furono Sora e Mimi, le uniche
ragazze del gruppo insieme alla più piccolina, che ora
dormiva beata
tra le braccia di Takeru. Sora notò con grande amarezza che
Gennai
non aveva fatto ritorno. Mimi cadde subito nello sconforto e nel
panico ed iniziò a piangere animatamente temendo di non
essere
pronta a spiccare il volo da sola. Il pianto isterico e incontrollato
della giovane fece svegliare anche il resto del gruppo. Il
più
grande, Joe, si sentì subito in dovere di intervenire e
tentò di
placare l'animo scosso della ragazza, confortandola tra le sue
braccia.
Taichi,
da buon leader, cercò da subito di fare il punto della
situazione.
Si guardò intorno ed estrasse dal proprio taschino un
binocolo.
Cercò un qualsiasi punto di riferimento, ma la vegetazione
era
troppo fitta e non lasciava spazio all'immaginazione.
Solo
Takeru sembrava tranquillo -non temete amici miei- disse ad un tratto
-sono sicuro che Gennai non ci ha abbandonati!-.
La
sua vocina immatura e altisonante richiamò subito tutti
all'attenzione -abbiate speranza e venite con me, vi devo mostrare
una cosa-.
Il
giovane scortò l'intero gruppo tra la fitta giungla,
addentrandosi
nella vegetazione senza alcun indugio.
-Ma
come hai fatto?- domandò Taichi una volta giunti ai piedi
del monte
Mugen.
Takeru
sorrise all'amico e indicò i candidi sassolini lasciati a
terra il
giorno prima -ho creato una pista con questi sassolini-.
Il
gruppo di digiprescelti rincasò al castello dopo solo mezza
giornata
di cammino. Gennai era sorpreso e stupito. Non si aspettava certo di
ritrovarli alla porta così presto. Avrebbe preferito far
vivere loro
la giusta avventura di cui necessitavano. Lo scopo di quel viaggio
doveva essere quello di addentrarsi nella natura più
profonda di
quel mondo digitale, fino ad incrociarsi con le loro paure
più
profonde e superarle con i giusti sentimenti e insegnamenti che aveva
dato loro negli anni. Quella stessa notte Gennai confidò
nuovamente
al cielo di voler rimettere ancora alla prova i giovani. Ancora una
volta il giovane Takeru ascoltò il piano del vecchietto e si
procurò
del pane secco dalla dispensa così da ricreare lo stesso
percorso di
salvezza del giorno precedente.
Come
previsto, Gennai scortò ancora una volta i ragazzi lontano
dal
castello. Questa volta optò per una discesa più
ripida dal monte
Mugen, fino a raggiungere il confine con il Bosco Brumoso.
Abbandonò
ancora una volta i giovani con la scusa di andare a raccogliere
legna.
Yamato
scoppiò di rabbia -come abbiamo fatto a cascarci ancora una
volta!-
imprecò gettando un pugno al tronco più vicino.
-Ti
prego Yamato, non fare così- lo supplicò Sora
avvicinandosi a lui
-non lo vedi che stai spaventando Mimi?-.
Il
biondo si voltò velocemente verso la castana, ormai
accucciata a
terra e tremante dalla paura. Fu proprio la più piccola del
gruppo
ad avvicinarsi all'amica e a tentare di consolarla -non temere, sono
sicura che anche questa volta il nostro Takeru ha una soluzione per
tutto-.
Il
piccolo pollicino del gruppo sorrise all'amica e annuì
timidamente
-forza, per di qua- disse facendo un cenno con la mano e invitandoli
a seguirlo.
Il
gruppo di digiprescelti camminò per un tempo indefinito, per
alcuni
parve un'eternità, per altri molto meno. Ad un tratto il
giovane
Takeru si immobilizzò e si guardò intorno confuso
-non capisco...-.
Il
suo sussurro fu udito dall'intero gruppo. Yamato si avvicinò
a lui e
gli appoggiò una mano sulla spalla -va tutto bene?-.
Il
ragazzo scosse il capo e si voltò verso gli amici -qualche
digimon
deve aver mangiato la mollica di pane che ho lasciato a terra questa
mattina-.
Joe
si impanicò all'istante -non torneremo mai più a
casa, me lo sento-
urlò sconsolato scuotendo il capo.
-Ecco,
lo sapevo io- aggiunse Mimi in coda al gruppo -non avremmo dovuto
seguire Takeru, lui è... così piccolo!-.
Yamato
scosse il capo -Takeru per lo meno ha fatto qualcosa-.
-Meglio
di te che te ne resti lì a piangere e dimenarti come
un'isterica-
aggiunse Taichi.
La
notte calò prepotentemente su di loro e i digiprescelti
furono
costretti ad accamparsi in una radura sterrata. Yamato ancora una
volta cullò i suoi amici nel sonno grazie alla triste
melodia che
fuoriusciva dalla sua fisarmonica.
Il
giorno seguente Koushiro, il più saggio del gruppo, prese
coraggio e
indicò un punto indefinito verso la foresta -se
laggiù sorge il
sole e- si voltò dalla parte opposta -qua cala, significa
che il
monte Mugen si trova da quella parte-.
Il
suo dito puntava lontano nello spazio. Takeru subito stortò
il naso:
non era convinto di quella deduzione. Digiworld era sì
simile al
mondo terrestre, ma non possedeva le stesse nozioni fisiche della
Terra e di conseguenza non era soggetto alle medesime leggi.
Il
gruppo, in ogni caso, decise di seguire il più saggio e
intraprese
la via da lui indicata.
-Mi
pare di vedere una luce, laggiù- disse Joe indicando oltre
la
collina. Il sole stava iniziando nuovamente a tingersi di rosso, il
che significava che i ragazzi avevano vagato per quella landa ricca
di vegetazione per quasi una giornata intera.
-La
vedo anche io!- rispose entusiasta Mimi sventolando le mani all'aria
emozionatissima.
Gli
otto amici raggiunsero una maestosa casa di campagna. A dirla tutta
appariva un po' come una piccola cittadina in rovina.Taichi prese
coraggio e bussò all'abitazione facendo riecheggiare il suo
tocco in
tutta l'area circostante.
Un
digimon dall'aspetto felino aprì la porta presentandosi
-Sono Leomon
e voi chi siete bambini?-.
-Ci
siamo persi nel bosco e non sappiamo come tornare a casa- rispose
Takeru facendosi strada verso il digimon -vi prego, lasciateci
entrare o rischiamo di venir divorati da qualche digimon notturno-.
Leomon
appariva piuttosto titubante, ma aprì loro ugualmente la
porta e li
invitò ad entrare.
-Potete
dormire nel granaio sul retro e rifocillarvi, ma domattina dovrete
alzare le tende e tornare sui vostri passi- disse loro poco convinto
-sapete, qui vive Ogremon, un digimon orco di livello campione, noto
per il suo appetito insaziabile-.
Mimi
impallidì e si strinse forte a Yamato il quale non
lasciò trapelare
il proprio timore neanche in quell'occasione. Joe spalancò
gli occhi
e raggiunse subito l'amico Koushiro, il quale tremava sull'uscio
della porta proprio come una foglia.
Taichi
guardò il gruppo di amici ma non trovò alcuna
parola di conforto
per loro. Fu allora che Takeru prese l'iniziativa e
ringraziò Leomon
per la sua ospitalità accettando suo malgrado di passare la
notte in
quell'abitazione -non credo ci siano alternative migliori per il
momento-.
Il
gruppo di amici lo seguì e si scaldò con un
piatto di minestra e
una tazza di thé calda. Leomon nascose poi il gruppo di
digiprescelti sul retro del casolare e preparò la cena per
l'amico
Ogremon nella speranza di saziare il suo gigantesco stomaco.
Non
ci volle molto prima che il digimon dalle sembianze di un orco
rincasò. Leomon lo accolse con calore accompagnandolo subito
verso
la sua cena e abbondando con le razioni. Ma Ogremon, per quanto fosse
stolto, annusò subito un odorino singolare nell'aria -questo
profumino... da dove arriva?- domandò all'amico.
-Sarà
l'odore di lardo, l'ho messo sulla brace poco fa- spiegò
l'altro
digimon divagando.
-Assolutamente
no! Il mio naso non mi inganna. Ciò che sento è
odore di.. di
qualcosa che mi solletica il palato!- rispose il digimon con un
grigno prima di allontanarsi dalla stanza.
Ogremon
raggiunse come una furia il granaio scovando senza grosse
difficoltà
il gruppo di ragazzini impauriti -volevi fregarmi!- urlò
contro
Leomon con gli occhi accesi dalla rabbia.
I
ragazzini uscirono dal proprio nascondiglio e si inginocchiarono
davanti all'orco temendo da subito il peggio.
-Vi
supplico, risparmiate la nostra vita!- disse Mimi in preda ad una
crisi di nervi -siamo tutti pelle ed ossa e per di più
abbiamo un
cattivissimo sapore-.
-Leomon,
sbrigati e prepara subito un pentolone di acqua bollente, voglio
vedere questi ragazzini cotti entro un paio di ore- grugnì
Ogremon
non facendosi impietosire dalle parole della giovane.
-Ma
amico mio, sul tavolo c'è già ogni tipo di
bontà possibile, vorrai
mica farmi buttare tutto?- domandò l'altro digimon cercando
di
convincere il primo.
Ogremon
tentennò un paio di minuti prima di guardare sott'occhi i
ragazzi
-in effetti sarebbe un peccato...- aggiunse -rimpinzali ancora come
si deve, così per domattina saranno già ben che
farciti-.
Gli
otto digiprescelti vennero accompagnati da Leomon nelle proprie
stanze dove trovarono otto lettini pronti ad accoglierli.
-Mi
spiace...- sussurrò Leomon prima di lasciarli soli nella
stanza.
Takeru
attese che tutti i suoi amici si fossero addormentati prima di
alzarsi dal proprio giaciglio e uscire dall'uscio fino a raggiungere
la stanza affianco alla loro.
-Se
non ho visto male...- sussurrò aprendo la porta. Ed in
effetti non
aveva visto male. All'interno della stanza trovò otto
digimon allo
stadio primario, i quali indossavano otto coroncine d'oro. Takeru
giocò d'astuzia e raccolse le otto coroncine per poi
poggiarle sul
capo degli amici e sul proprio -giusto per sicurezza nel caso in cui
a Ogremon venga un ripensamento durante la notte-.
E
così in effetti fu. Il digimon durante la notte
sentì la necessità
di terminare ciò che aveva lasciato in sospeso.
Afferrò il coltello
più affilato che aveva e si insinuò nella stanza
dei ragazzi.
Arrancò al buio della stanza fino a raggiungere uno dei
giovani e
toccare sulla sua testa la coroncina -oh caspita, stavo per uccidere
i miei pupilli anzichè quei saporiti ragazzini!-.
Fu
così che uscì dalla stanza e sgozzò
inconsapevolmente i propri
digimon. Lo scambio delle coroncine fu un successo.
Con
il sorgere dei primi raggi, Takeru svegliò velocemente gli
amici e
li invitò a lasciare il prima possibile quel luogo tanto
nefasto. I
digiprescelti ancora una volta si trovarono a vagare nell'ignoto,
senza un tetto sulla testa e nulla da poter infilare nello stomaco.
L'unica sicurezza che avevano, ora come ora, era quella di essere
scampati alla furia inaudita di Ogremon e di essere lontani miglia
dal suo casolare. Nel frattempo quest'ultimo si era svegliato di buon
umore, con la macabra idea di potersi fare uno spuntino mattutino a
base di digiprescelti. Inaudito e devastante fu invece lo scenario
che gli si parò davanti: i suoi otto digimon preferiti
sgozzati nel
sonno.
Leomon
puntò subito il dito contro l'amico incolpandolo di
ciò che era
accaduto. Ogremon carico di rabbia si allontanò a grandi
falcate
dalla sua abitazione fino a raggiungere Seraphimon, un digimon di
tipo volatile, che gli permise di raggiungere facilmente i ragazzi.
Ad aiutarlo fu anche il suo eccellente olfatto che lo confusse
presumibilmente nel luogo in cui i ragazzi si erano rifugiati. I
digiprescelti si erano, infatti, rintanati nella palude dei Gekomon.
Quando
Ogremon raggiunse quella landa puzzolente, i Gekomon avevano aiutato
i digiprescelti a nascondersi dietro una grande quercia. Takeru e i
suoi amici controllavano ogni mossa del digimon nemico pronti ad
un'eventuale fuga qualora si fosse reso necessario. Per fortuna
l'orco pareva piuttosto stanco a causa del viaggio intrapreso, tanto
da addormentarsi beatamente in una pozza di fango.
Takeru
ebbe subito un'idea e, raggiunto il nemico, invitò
Seraphimon ad
aiutarlo nel suo intento. Fu il suo cuore puro a convincerlo. Il
digimon angelico venne investito dalla carica di speranza che quel
giovane portava nell'anima. Con l'aiuto del suo nuovo amico, Takeru
volò nuovamente nella città dei giocattoli dove
trovò Leomon
distrutto per la perdita subita nella notte.
-Leomon!-
urlò ancora sul dorso di Seraphimon -Ogremon ha bisogno del
tuo
aiuto!-.
Il
grande digimon felino accolse la richiesta del ragazzo senza
esitazione, ancora troppo assorto nel suo lutto -cosa posso fare per
te giovane digiprescelto?-.
-Ho
bisogno dei digivice che possedete- rispose Takeru senza esitazioni
-ho visto che li custodite nella stanza delle digiuova-.
Vista
la titubanza del digimon, il ragazzo fu costretto a mentire una
seconda volta -solo così potremo liberare Ogremon dai
Gekomon-.
-Ogremon
è stato preso prigioniero dai Gekomon?- domandò
Leomon senza
realmente interessarsi della risposta. Takeru annì, mentre
Leomon
non ebbe bisogno di sapere altro, voleva solo rimanere da solo per
poter rimpiangere le anime a lui care appena perdute. Diede al
giovane ciò di cui aveva bisogno e lo cacciò via
con un ruggito.
Takeru raggiunse gli amici e li scortò a casa distribuendo
loro i
digivice.
Una
volta destato dal proprio sonno, Ogremon tornò sconsolato a
casa non
trovando più né i digiprescelti né il
proprio digimon volatile. Al
suo rientro fu investito da mille sentimenti, rabbia, odio, disonore
e vergogna per aver fallito, per aver ucciso le proprie creature e
per essersi fatto fregare da un branco di mocciosi. Da quella notte
si narra che l'orco scappò dalle proprie terre per
nascondersi
nell'ignoto senza far mai più ritorno.
La
storia si conclude con la vittoria indiscussa dei digiprescelti sul
mondo digitale.
Gli
otto ragazzini fecero ritorno al castello di Gennai trionfanti,
reduci da un'avventura pazzesca. E tutto per merito del più
piccolo
del gruppo.
Grazie
ai loro digivice riuscirono ad addestrare i propri digimon e a
compiere grandi imprese. Ma, come già sapete, questa
è un'altra
storia!
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