Malattia Polmonare
PROMPT N°61 MALATTIA POLMONARE
Fandom: Starsky &Hutch
Personaggi: David Starsky/Ken
Hutchinson
Spoiler: Stagione 3 episodi 9-10
One shot partecipante all'Easter Advent Calendar Challenge 2020 indetto
dal gruppo "Hurt/Comfort Italia - Fanfiction&Fanart" https://www.facebook.com/groups/534054389951425/
“Sei uno stupido, Hutch…”
borbottò Starsky, allungando una tazza di tè caldo al suo socio, che la prese
con una mano tremante e con un cenno di ringraziamento, prima di berne un sorso
tra un colpo di tosse e l’altro. “Lo sai che non sei invincibile, vero?”
“Quante storie…” gli rispose il
collega biondo, tossendo di nuovo e sedendosi meglio sul divano. “Anche tu
avevi il fiatone quando ci siamo fermati”.
“Sì, è vero, ma io non ho
rischiato di sputare un polmone e non sono svenuto in un vicolo perché non
riuscivo a respirare”.
“Non sono svenuto, ho solo…”
“Schiacciato un pisolino in
servizio? Beh, chi sono io per giudicarti…”
La cosa positiva, pensò Starsky,
era che riuscivano ancora a battibeccare, il che significava che Hutch non
stava per morire da un momento all’altro. Sarebbe stata dura, però, farsi
passare il panico che aveva provato quando, alla fine dell’inseguimento compiuto
quel pomeriggio dietro all’ennesimo ladruncolo di strada, si era voltato e
aveva visto il suo collega accasciato a terra, alla disperata ricerca di
ossigeno. Aveva giusto avuto il tempo di raggiungerlo, prima che il biondo gli
collassasse tra le braccia privo di sensi, il respiro flebile e quasi assente.
Per fortuna, aveva ripreso i sensi quasi subito e, dopo aver consegnato il
malvivente ad alcuni agenti accorsi in loro aiuto, Starsky aveva portato Hutch
a casa per assicurarsi che stesse bene lo aveva fatto stendere su un divano,
gli aveva portato una coperta e un cuscino e gli aveva persino preparato una di
quelle brodaglie salutiste che aveva trovato nella dispensa del suo collega.
Era stato però impossibile non tornare con la mente a quei giorni orribili in
cui Hutch aveva rischiato di morire, contagiato da un virus per il quale non
c’era cura e che lo soffocava lentamente e inesorabilmente. La cosa peggiore
era stata che lui aveva dovuto guardare da lontano il deteriorarsi del suo
collega, perché le norme della quarantena gli avevano impedito di avvicinarsi,
se non per qualche minuto, protetto da camice, guanti e mascherina. Era stato
atroce sentirsi tanto impotenti, tanto incapaci di portare anche un minimo di
conforto ad Hutch in fin di vita. Si era buttato a capofitto nelle indagini e,
alla fine, tutto si era risolto per il meglio, ma sarebbe stato impossibile
dimenticarsi di quei giorni, soprattutto se quel pazzo non si fosse preso un
po’ di riposo degno di questo nome, invece di buttarsi dietro ai criminali di
Bay City.
“Ehi, Starsk… sto bene”.
La voce roca del suo compagno lo
riportò al presente e lo fece concentrare sul biondo, che nel frattempo aveva
finito il tè e gli stava porgendo la tazza vuota.
“Sì, beh, questo lo deciderò io e
ringrazia che non abbia chiamato l’ospedale dopo lo scherzetto che mi hai
fatto”. Gli rispose, prendendogli la tazza dalle mani e poggiandola a terra.
“Che vuoi che ti dica? Non
potevamo mica lasciarlo scappare quello” insistette il biondo, accomodandosi
meglio sul divano su cui era sdraiato.
“Allora, la prossima farai
l’inseguimento al volante della Torino, d’accordo?”
Nella stanza calò un silenzio
quasi inusuale dopo quel commento. Starsky, per un attimo, si illuse che
potesse essere dipendente dal fatto che il suo collega stava cercando di
riprendere fiato, ma quest’ultimo fu lesto a smentirlo.
“Mi lasceresti guidare il
pomodoro a strisce pur di non farmi affaticare? Starsk, mi farai commuovere
così” Gli disse infatti, colpendogli piano una spalla con la mano.
“Lo so, è una grande
dimostrazione di fiducia, che però dovrai meritarti. Intanto, questo fine
settimana, te ne starai a riposo, poi ci sarà un po’ di lavoro d’ufficio e, tra
un po’, potrai metterti al volante della mia macchina, ma solo se farai il
bravo”. Gli rispose, guadagnandosi uno sbuffo piuttosto plateale dal biondo.
“Va bene, mamma. Va bene”. Gli
disse infatti, tossendo piano. Prendendo la tazza tra le mani, Starsky si alzò
e gli sistemò meglio la coperta intorno al corpo, lasciandogli poi una carezza
sulla fronte.
“Il riposo comincia da ora.
Chiamo Dobey per dirgli che il suo rapporto dovrà aspettare un po’, poi torno
qui. Non ti muovere, mi raccomando”.
|