Non
c’era mai molto da fare in bottega.
Soprattutto
il pomeriggio, a dir la verità.
Quando
il sole
iniziava a calare e i suoi raggi aranciati s’infrangevano
contro
i mobili del negozio, l’atmosfera diventava in un secondo
più solenne. Come se ogni cosa s’animasse di vita
propria,
sangue che pulsa ad una velocità impazzita in invisibili
arterie.
Anche
se, in
realtà, quasi tutto ciò che era presente
all’interno della bottega era già dotato di vita
propria.
Kageyama
sfogliò un’altra pagina del libro di rune. Quando
aveva
aperto la bottega non si era aspettato di avere successo e, in effetti,
era andata esattamente così. O meglio, aveva una sua
clientela,
ma non certo ampia come quella di alcuni bazar magici noti in tutto il
mondo. Ciononostante, per quanto cercasse di dare a vedere
all’esterno che di quell’impiego non si curasse poi
tanto,
aveva passato gli ultimi vent’anni della sua vita a dedicarsi
unicamente ad esso, investendo la sua intera anima nel curarlo. Reiji
era fatto così, dopotutto: detestava
l’approssimazione, e,
se decideva d’impegnarsi in qualcosa, sapeva che avrebbe
dovuto
farlo finché non fosse riuscito a primeggiarvi, di qualsiasi
attività si trattasse.
Così,
la
sua bottega era diventata un piccolo punto di riferimento per tutti i
maghi e le streghe di Tokyo, per quanto fosse restio ad ammetterlo.
Amava essere gratificato per il proprio operato, tuttavia preferiva che
le lusinghe fossero esternate senza essere indotte. Aveva cercato
sempre, nel suo piccolo, d’investire nella qualità
dei
prodotti, che, sebbene costassero un po’ di più,
arrivavano direttamente dai prestigiosi mercati di Rabat, e proprio il
loro pregio li faceva apprezzare maggiormente dai suoi clienti. Per
cui, se avesse dovuto individuare il segreto del suo successo,
l’avrebbe indicato in quello.
Tuttavia,
la comunità magica era da sempre una minoranza rispetto alla
popolazione globale.
Per
anni, lotte
intestine s’erano succedute, seppur lontane dai resoconti
bellici. A quanto pareva, gli umani non avevano mai nutrito simpatia
per quelli che vedevano come mostri. A Kageyama piaceva pensare che
l’ignoranza generasse paura e, da quella stessa paura, era
stata
scaturita la scintilla che per anni aveva ingenerato soprusi e
vessazioni ai danni di chi possedeva un potere da parte degli umani.
Probabilmente doveva essere difficile comprendere qualcosa che non si
possiede e che, potenzialmente, può costituire un pericolo.
Non
che la comunità magica avesse mai pensato di intraprendere
una
guerra contro gli umani, certo. Paradossalmente, invece, questo era
ciò che gli umani avevano invece fatto con loro:
perseguitati,
torturati, infine uccisi. Reiji aveva perso il conto di quanti aveva
visto perire.
Col
tempo,
tuttavia, comunità magica e genere umano erano arrivati ad
un
accordo: ciascuna delle due stirpi avrebbe dovuto continuare a vivere
in sintonia con l’altra, senza però immischiarsi
mai
più nelle faccende altrui. Quella grande tregua durava ormai
da
un centinaio di anni e, con grande sorpresa ma anche un immenso
sollievo, sembrava reggere.
Non
passava mai
nessuno a quell’ora della sera. La clientela di Kageyama era
composta principalmente da habitué e, pertanto, Reiji ne
conosceva ormai orari e abitudini. Sapeva quando sarebbero passati in
negozio, con quale frequenza si presentavano, perfino quali ingredienti
erano soliti acquistare. Probabilmente, vista dall’esterno,
la
sua vita appariva monotona e noiosa, tuttavia Reiji sapeva che non
avrebbe mai potuto chiedere niente di meglio: una vita tranquilla e
senza sorprese.
Almeno
fino a quel momento.
Mentre
si
soffermava su un incantesimo, tornando indietro a rileggerlo diverse
volte, aveva afferrato con nonchalance il manico della tazza che aveva
accanto a sé, portandoselo alle labbra e prendendo un
piccolo
sorso di tè. Probabilmente avrebbe dovuto chiudere, iniziava
a
farsi tardi.
Era
allora che era successo.
La
campanella
sopra alla porta d’ingresso della bottega aveva trillato,
annunciando l’arrivo di un nuovo cliente. Il che era
insolito,
perché Kageyama non aspettava nessuno, sul serio.
Aveva
capito
fin dal primo momento, proprio grazie all’orario, che non si
trattava di uno dei suoi clienti di fiducia. Non appena aveva posato lo
sguardo sul nuovo arrivato in negozio, poi, ne aveva avuto la conferma
definitiva.
Era
certo di non averlo mai visto prima di allora. Se così fosse
stato, se ne sarebbe senza ombra di dubbio ricordato.
Sapeva
di non
trovarsi di fronte a una persona comune. Tutto, nella figura esile che
s’era ritrovato davanti, sembrava gridarlo: gli abiti di seta
nera, dalla fattura evidentemente preziosa più di qualunque
introvabile ingrediente per pozioni Reiji potesse celare in negozio, il
lungo e pesante mantello purpureo, che ora strisciava con garbo sulle
vecchie assi di legno del pavimento della bottega. E poi quegli occhi.
Rossi come il sangue, come quelli di un demone.
Così
estremamente magnetici.
Reiji
non
avrebbe saputo dire per quanto tempo fosse rimasto a fissare quel cliente.
C’era qualcosa di misterioso in lui, potente, pericoloso. Lo
sapeva, lo percepiva.
Aveva
un’aura forte e definita, di un rosso brillante. Sembrava che
quest’ultima, col suo solo bagliore rubizzo, fosse in grado
di
uccidere chiunque, in maniera sprovveduta, ci si fosse avvicinato
troppo.
Forse
avrebbe
dovuto cacciarlo, dirgli di andare via, perché in fondo
stava
per chiudere il locale, ma c’era qualcosa di forte e sinistro
che
glielo impediva.
Lo
sconosciuto
teneva lo sguardo basso. S’aggirava furtivo tra gli scaffali,
cercando di non dare troppo nell’occhio, ma era evidente che
fosse impossibile, per lui.
«Ehm,
buonasera» aveva cercato di richiamare la sua attenzione
Kageyama. «C’è qualcosa che posso fare
per
lei…?»
L’altro
mago aveva inclinato la testa di lato, osservando Reiji di traverso.
Sotto quello sguardo rosso e inquisitore, Reiji non era riuscito a fare
a meno di deglutire, sentendosi a disagio. Era come se riuscisse a
leggere dentro di lui. Uhm, forse non avrebbe dovuto parlare…
Lo
sconosciuto aveva sospirato pesantemente, per poi abbassare le
palpebre. Sembrava… stanco.
«Sì,
forse farei prima a chiedere» aveva convenuto, raddrizzando
il
capo e facendo scrocchiare il collo, muovendolo con piccole rotazioni
che lo portavano a sfiorare le spalle.
Reiji
non
riusciva a togliergli gli occhi di dosso, sembrava come ipnotizzato da
quelle iridi rubizze. Non ne aveva mai viste di così belle e
particolari, era innegabile. Per di più, il suo misterioso
cliente sembrava irradiare fascino da ogni angolazione, e
ciò lo
portò a desiderare ancor di più di non perdersi
nemmeno
un minimo movimento dell’altro.
Camminava
in
modo sinuoso. Mentre si avvicinava al bancone, con calcolata lentezza,
Reiji riusciva a sentire ogni millimetro di stoffa del mantello
strisciare a terra.
Non
appena gli
fu davanti, Reiji si sentì quasi schiacciare da tutto il suo
potere. Sembrava un mago estremamente potente, possibile che non ne
avesse mai sentito parlare?
«Sto
cercando un cristallo»
La
voce del suo
interlocutore parve ridestare Reiji da una catarsi. Non s’era
neppure accorto d’essersi incantato ad osservare ancora una
volta
l’altro. Sembrava incredibilmente giovane, non gli avrebbe
dato
più di vent’anni. Come diavolo era possibile che
una magia
tanto potente risiedesse in un ragazzo così
giovane…?
Reiji
s’era portato un dito alla base del collo, grattandolo
nervosamente. «Che… che genere di
cristallo?»
«Per
un rituale»
La
risposta era
arrivata repentina, breve, secca. Spiazzante, in un certo senso: gli
aveva detto tutto, ma al tempo stesso niente.
Oh.
Più
i
minuti passavano, e più Kageyama si convinceva di avere a
che
fare con uno stregone estremamente potente. Nonostante ciò,
Reiji si limitò a voltarsi: alle sue spalle, infatti, si
trovavano diversi scaffali. Su ciascuno di essi, erano impilate decine
e decine di scatole, ognuna contenente materiali differenti: alcune
custodivano radici, altre ali di pipistrello, altre ancora piume di
corvi. Una, infine, conteneva i cristalli.
Ce
ne erano di
ogni tipo: lucidi, grezzi, opalescenti… possedevano ogni
tipo di
sfumatura di colore, dal blu profondo dei lapislazzuli al verde
smeraldo. C’era perfino il rosso rubino, così
simile alle
iridi della persona che gli stava davanti.
Quest’ultimo,
tuttavia, non sembrava interessato a nessuna delle pietre precedenti.
Poco
dopo,
infatti, aveva sollevato dalla scatola alcuni cristalli, dalle
dimensioni assai minute. Erano scuri, di un nero assai intenso.
Reiji
aveva
osservato con preoccupazione la merce: quelle erano pietre estremamente
rare, utilizzate solamente per un determinato tipo di magia.
«Questi
andranno bene» aveva mormorato lo sconosciuto, lasciandoli
cadere nel palmo di Reiji senza sfiorarlo.
Kageyama
avrebbe voluto chiedere. Avrebbe voluto informarlo… ma
sapeva
che, con ogni probabilità, sarebbe stato inutile. Se davvero
quel giovane mago era tanto potente quanto la sua aura prometteva,
allora era perfettamente conscio di ciò che aveva scelto.
E
Kageyama dubitava di sbagliarsi.
Si
era limitato
a preparargli una piccola confezione con i suoi cristalli, con carta
color sabbia, simile a quella che di solito si usava per ricoprire i
pacchi destinati alla spedizione, e corda sottile. Quando aveva
comunicato il prezzo al suo acquirente, decisamente dispendioso sia per
la qualità dell’artefatto sia per ciò
in cui
generalmente veniva adoperato, quest’ultimo non aveva battuto
ciglio, estraendo da una tasca del pantalone nero giusto le monete
d’oro che gli servivano per saldare il suo conto.
Intascato
l’importo, Reiji aveva porto il pacchetto al cliente.
Quest’ultimo l’aveva recuperato direttamente dal
palmo
della sua mano e, per un singolo e apparentemente insignificante
istante, le loro pelli si erano sfiorate.
La
sensazione che Reiji aveva provato era simile a una scossa elettrica.
Era intensa, quasi travolgente.
Era
quella la sua magia?
Gli
occhi di
Reiji erano subito saettati alla ricerca di quelli
dell’altro.
Sul volto del ragazzo aveva trovato l’accenno di un sorriso.
Divertito, sarcastico… malizioso?
«La
ringrazio» aveva concesso in conclusione, ossequioso. Si era
poi
voltato, cominciando a muoversi lento e sinuoso lungo il percorso che
aveva già solcato, in direzione dell’uscio,
seppure quella
volta a ritroso. Reiji stava quasi per lasciare andare un sospiro
– non s’era accorto d’aver trattenuto il
fiato fino a
quel momento –, ma il giovane si arrestò di colpo,
un
momento prima di uscire finalmente dal locale, la porta già
aperta.
«Negromanzia,
eh?»
Reiji
aveva finito per strozzarsi con il suo stesso respiro.
Nell’aria risuonava ancora il trillo della campanella.
«C-che…?»
«Il
libro. L’ho riconosciuto, so leggere il runico»
aveva
replicato il ragazzo, come se stesse constatando qualcosa di ovvio.
«Tutti…
tutti i maghi sanno farlo» gli aveva fatto notare Reiji.
«Già»
il ragazzo aveva sospirato, uscendo finalmente dalla bottega. Un
momento dopo, era già sparito nel nulla.
Il
tempo, che
era parso fermarsi nell’attimo in cui quel giovane misterioso
aveva messo piede all’interno del negozio, sembrò
riprendere a scorrere solo in quel momento.
Kageyama
non ne comprendeva ancora il motivo, ma aveva come
l’impressione che avrebbe rivisto molto presto quel ragazzo.
▬
note
L'avevo
detto che sarei tornata presto, lol.
Se qualche anno fa m'avessero detto che avrei scritto una long in meno
di una settimana probabilmente non c'avrei creduto. Dark Necessities
l'ho ultimata in sei mesi, il suo seguito giace marcescente
nell'archivio del mio pc da non so nemmeno io quanto tempo.
È
capitato, tuttavia, che lunedì scorso –
okay, era già martedì visto che era passata la
mezzanotte, ma dettagli
–, scorrendo la home di Facebook, m'imbattessi in un post
della pagina Fanwriter.it:
in esso, si annunciava che, dal 27 aprile al 3 maggio, si sarebbe
tenuto un evento, chiamato Writing
Week. In cosa consiste? È
presto detto: ogni giorno, durante questa settimana, si
dovrà postare una storia –
che sia essa una drabble, una flash, una os o il capitolo di una long –,
purché segua il tema di una delle sedici liste proposte. Per
ogni giorno, sono presenti due prompt, di cui ne va scelto solo uno e,
attorno ad esso, dovrà ruotare la trama della storia. La
lista,
infine, può essere personalizzabile, scegliendo un prompt a
giornata dalle diverse opzioni.
Per quanto mi riguarda, ho deciso di seguire la lista a tema Witchcraft.
I prompt tra cui scegliere oggi erano candela e cristallo, e io, come
credo che si evinca già abbastanza chiaramente dal testo, ho
optato per cristallo.
Era da un po' di tempo che l'idea di scrivere una witch!au –
o wizard!au
che dir si voglia –
mi solleticava. Quando ho visto la lista non c'ho pensato due volte,
sembrava un segno del destino. Fin dal primo momento le parole sono
fluite dalla mia mente al foglio di Word con una facilità
sorprendente, e ne sono lieta, perché è un
progetto a cui
tengo davvero tanto.
La cosa che mi diverte di più in tutto ciò
è che,
compresi prologo ed epilogo, questa storia ha sette capitoli,
esattamente come Dark Necessities. Allora è vero che sette è il numero
massimo di tutte le cose.
Pensavo avrei avuto più cose da dire, invece ho
già
finito. Dubito che qualcuno recensirà, ma nel caso in cui
aveste
delle perplessità non esitate a farmi domande!
E niente, ci si rivede all'incirca tra ventiquattr'ore, mi sa.
Aria
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