«Malattia di Hanahaki (花 吐 き 病)
: Vomitare fiori.
La
vittima tossisce petali di fiori
quando soffre di amore unilaterale. Più si avvicina a un
fiore sbocciato, più
ci si avvicina alla morte. Oltre al ricambio dei sentimenti da parte
dell’amato, non esiste una cura nota per questa malattia.»
Sasuke
alza lo sguardo dal testo polveroso e guarda Sakura, il suo volto
pallido e gli
occhi gonfi dal pianto, la cornea macchiata rosso.
“Non
esiste nulla del genere” dice.
Ma il mucchio di fiori che
gli porge con un singhiozzo
dice il contrario.
Ha
una
fitta al petto, un dolore che si mischia al senso di colpa e gli blocca
il
respiro. Perché vorrebbe, ma non può amare Sakura
come vuole lei, non ci
riesce.
“Sakura…”
Scuote
la testa, gli occhi umidi. “Non sono miei…”
Sono
di
Naruto.
Soffocato
1
Tulipano
giallo
“Ehi!”
Naruto
apre gli occhi e sorride, guarda la figura capovolta di Sakura contro
il cielo
e resta disteso sul prato smeraldo. Fa un movimento con la testa che
potrebbe
dire tutto e niente, ma Sakura capisce ugualmente e si stende accanto a
lui, le
spalle che si sfiorano, i capelli che si aprono come un ventaglio e
macchiano
l’erba di rosa.
Restano
in silenzio per alcuni minuti, il cuore le rimbomba nelle orecchie
mentre si
chiede come domandarlo. Forse non è il momento giusto, una
parte di lei non
vuole rompere questo pacifico silenzio di un qualsiasi pomeriggio di
primavera.
È così raro il silenzio attorno a Naruto che
sarebbe un crimine interromperlo.
Ma
ha
una missione. Deve farlo, Sasuke conta su di lei, è lei
l’unica che può farlo
ora.
“Naruto…”
inizia e si morde subito le labbra con gli incisivi.
Ma
ormai
ha fatto il danno e Naruto ronza con quieto mmh con
le bocca chiusa per
spronarla.
Con
le
dita si aggrappa ai fili d’erba e inizia a strapparli, in
gesti nervosi e
inconsci.
“Noi
due
siamo migliori amici, vero?”
Naruto
apre ancora gli occhi, ma questa volta sposta le iridi a fissare il suo
profilo
con una luce calda e affettuosa.
“Ma
certo, dattebayo!”
Fa
un
sorriso, tranquillizzata dall’espressione squillante che
riconduce alla loro
infanzia, quando erano genin imbranati e l’unica
preoccupazione era quel
maledetto gatto fuggitivo. Sakura è felice
dov’è ora, ma quei giorni
continueranno a mancarle per sempre.
Il
suo
sorriso trema mentre pensa a quello che deve dire. La presa sui
maltrattati
fili d’erba si fa più serrata, nervosa.
“E…
se
fossimo più che migliori amici?”
L’espressione
radiosa sfuma fino a corrucciarsi in esitazione e rammarico. Naruto non
ha da
dire altro mentre chiede scusa con lo sguardo e Sakura non
può intimamente che
sospirare di sollievo – non è lei che lo sta
uccidendo – che di paura – chi è?
“Ti…
c’è
qualcuno che ti piace?” chiede arginando l’angoscia
per tenere la voce
asciutta.
Naruto
la guarda triste. “Non mi piaci, Sakura” precisa.
“Lo
so”
replica suo malgrado stizzita, poi esita:
“Intendo… in generale”.
Ora
Naruto la guarda curioso, ma riesce a vedere anche il pizzico di
preoccupazione
che si muove tra le ombre degli occhi blu. Poi scuote la testa, un
nuovo
sorriso sulle labbra.
Sakura
conosce quel sorriso: è quello finto che odia con tutta se
stessa.
“No,
Sakura. Non c’è nessuno!”
La
voce
squillante viene interrotta bruscamente da un colpo di tosse. Naruto
strabuzza
gli occhi e si porta una mano alle labbra, la tosse che scuote tutto il
suo
corpo mentre si mette a sedere. Sakura lo segue nel movimento,
allarmata e
terrorizzata. Appoggia una mano sulla sua schiena e cerca di aiutarlo
in quel
movimento, la tosse sembra dolorosa. Lentamente diminuisce, fino a
diventare
solo piccoli colpi e rantoli soffocati. Apre gli occhi guardandola
esitante e
lentamente allontana la mano dalla bocca.
Sakura
sente il cuore riempirsi di sollievo quando vede che non ci sono
petali. Con il
pugno chiuso, Naruto si asciuga le labbra dalla saliva.
“Forse
è
meglio che vada” dice, la voce ancora strozzata e gli occhi
lucidi. Li strizza
un paio di volte mentre si alza. “Sì, direi di
sì. Kakashi-sensei mi aspetta”.
Sakura
prova a protestare, ma non riesce a dire nulla. I suoi occhi vengono
distratti
dal pugno chiuso di Naruto, ancora chiuso come se
trattenesse qualcosa.
“Naruto…”
lo chiama con il cuore in gola.
Ma
lui
si è già allontanato, tossendo ancora con forza a
ogni passo, piegato su se
stesso.
“Sto
bene, Sakura-chan” promette. “Mi è
andata solo della saliva di traverso”.
Gli
occhi
le cadono su un petalo viola, inzuppato di saliva, caduto sul prato. Lo
afferra
e il sollievo che provava fino a pochi minuti fa si annichilisce
nell’angoscia.
Quella
sera, dopo aver consultato dei libri, scopre che quel petalo viola
appartiene
alla digitalis purpurea, conosciuta comunemente
come digitale, e che nel
linguaggio dei fiori significa menzogna.
*
Naruto
continua a tossire petali. Di nascosto, senza dirlo a nessuno, ogni
volta che
un attacco di tosse lo coglie si allontana da tutti e sparisce dove lo
sanno
solo gli dei. Sakura sente la tosse soffocata da dietro le porte degli
uffici
del palazzo e trova i petali di camelia spiegazzati nascosti nei
cestini. A
volte può vedere le nuance sulle labbra, lì dove
i petali si sono premuti con
così tanta forza da rilasciare il loro colore, come un
rossetto sbavato in una
bocca che desidera essere baciata.
Naruto
è
molte cose, ma non è sottile, non è in grado di
nascondersi. Soprattutto non a
lei, che lo conosce così bene. Cerca di essere discreto,
fugge alle sue domande
insistenti con una risata e ha sempre una buona scusa per la tosse. Non
riesce
mai a fermarlo, a smuoverlo dal mutismo in cui si è
barricato.
“Sono
il
miglior medinin del continente”.
“Lo
so,
Sakura-chan”. E le sorride con orgoglio.
“Sono
il
medico della nostra squadra”.
Continua
a guardarla sorridendo.
“Se
hai
un problema… devi dirmelo!” insiste e si sente
sull’orlo del pianto.
Naruto
continua a sorridere sereno, lo sguardo più morbido e dolce.
“Certo
che te lo direi, se ci fosse un problema”.
“La
tua
tosse…”
“Non
c’è
niente di sbagliato in me” le assicura. “Ti prego,
credimi”.
Lei
gli
crede, perché non può fare altrimenti. Ma ogni
volta lascia sempre una scia di
petali che Sakura raccoglie con cura e conserva, appuntando il tipo e
il
significato di ognuno.
C’è
il
ciclamino per l’addio e la rassegnazione,
il garofano rosso per
l’ammirazione,
la calendula per
la crudeltà e la pena,
il nontiscordardime per la fedeltà
perpetua,
la
camelia del sacrificio, l’erica della solitudine,
la ruta per il rimpianto
e l’achillea per la guerra.
Ma
c’è
un fiore che ricorre più degli altri, dai petali lunghi e
sottili come le zampe
dei ragni che sembrano essere stati intrisi nel sangue. Sakura non ci
mette
molto a riconoscerli, non dopo tutti quelli che ha portato al cimitero
per
Sandaime-sama, per Asuma-sensei e Neji.
Sono
petali di higanbana.
Il
suo
nome specifico sarebbe lycoris radiata, ma i nomi più comuni
sono altri: giglio
ragno rosso per la morfologia atipica dei suoi petali, fiore
dell’equinozio poiché sboccia in
autunno o giglio uragano –come un
Uzumaki. Ma c’è un nome per cui è
molto più famoso, che le fa accapponare la pelle in un
presagio macabro e
terribile.
Quello
è
il fiore dei morti.
Il
fiore
che, secondo la leggenda, sboccia quando incontri una persona che sei
destinato
a non rivedere mai più.
*
Sasuke
è
più discreto nell’indagare.
C’è uno strato di persistente scetticismo nella
sua
mente, che gli impedisce di credere all’esistenza di quella
malattia che sembra
essere uscita da una delle fiaba che gli raccontava la mamma. Continua
a
ripetersi che Sakura si sbaglia, che quei petali che gli porta ogni
giorno sono
altro e non i sentimenti del suo migliore amico che hanno messo radici
nei suoi
polmoni per soffocarlo.
Deve
vederlo con i suoi occhi per crederci.
Una
notte in cui Naruto si è trattenuto con Kakashi fino a tardi
e per le strade
del villaggio non c’è nessuno, fatto per eccezione
delle pattuglie lungo le
mura. Sasuke lo segue a distanza, rendendo il proprio chakra
impercettibile.
Naruto fa solo pochi passi prima di piegarsi contro una casa e iniziare
a
tossire così forte che sembra stia per vomitare il suo
stesso cuore. I
singhiozzi echeggiano nella via vuota come rantoli di un moribondo.
Sasuke
guarda quelle spalle così forti – le spalle di
qualcuno che ha preso carico di
tutto il suo dolore – e desidera solo andare al suo fianco
per sostenerlo,
aiutarlo. Ma resta immobile nelle ombre, le ossa che stridono al ritmo
della
tosse.
Non
è
sorpreso come dovrebbe quando vede petali svolazzare a terra, uscire
direttamente dalle sue labbra umidi di saliva.
L’hanahaki
esiste davvero e sta uccidendo Naruto.
Il
suo
primo sospetto è che si tratti di Kakashi. Del resto si
trovava con lui appena
pochi minuti prima di essere colpito da quell’attacco di
tosse floreale. Ma la
scarta subito: se fosse Kakashi, Sakura se ne sarebbe accorta. Naruto
ha gli
occhi più espressivi che conosca, sarebbe impossibile per
lui nascondere il
desiderio nello sguardo. Se fosse Kakashi, chiunque stando nella stanza
con
loro se ne sarebbe accorto.
Ma
allora chi? Sakura si è fatta avanti inutilmente e Naruto ha
sempre chiarito di
non amare romanticamente Sasuke.
Continua
a seguirlo per scoprirlo. A differenza di Sakura, sa che Naruto
piuttosto che
ammettere il problema si lascerà soffocare da esso.
Vorrebbe
così tanto poterlo affrontare, costringerlo a sputare fuori
la verità come
sputa quei petali; vorrebbe che smettesse di immolarsi in quel modo per
non far
preoccupare gli altri. Ma, soprattutto, prova un odio sottopelle che
brucia le
sue vene, sobilla al pensiero di quella persona che ha rifiutato
l’amore
di Naruto. Desidera capire chi è stato così folle
da farlo, così crudele da
lasciarlo soffocare con fiori nei polmoni, solo per costringerlo a
ingoiare
quei petali uno a uno.
Comincia
a essere più attento al modo in cui Naruto si rapporta agli
altri, paragona i
suoi sorrisi a seconda di chi siano i destinatari. Ma non coglie
niente, non
trova quella persona che fa brillare gli occhi di Naruto di desiderio e
amore.
Anche attendere la delegazione di Suna con il Kazekage si rivela un
buco
nell’acqua.
O
Naruto
è diventato un esperto dissimulatore, o la persona che ama
non è tra quelle che
incontra abitualmente.
È
così
che capisce.
*
“So
chi
è”.
Sakura
sussulta e la cartella clinica quasi le scivola dalle dita. Si volta e
vede il
compagno di squadra guardarla in modo quasi febbrile.
“Sa…
Sasuke!” sibila a bassa voce. “Non puoi
teletrasportarti così in ospedale”.
Lui
non
l’ascolta nemmeno, preme solo la mano sulla sua spalla con
così tanta forza da
farle fare una smorfia.
“So
chi
è, Sakura” ripete, più incisivo.
“So chi è che ama”.
Ci
vogliono pochi secondi perché capisca e gli occhi verdi si
spalanchino di
meraviglia e sorpresa.
“Chi?”
sussurra.
Ha
quasi
paura a sapere la risposta. Si aggrappa alla cartella clinica con
forza, come
se fosse un’ancora di salvezza. Più secondi
passano nel silenzio più il cuore
le batte in gola. Chi è, che Sasuke è
così riluttante a dirlo?
Aumenta
la stretta sulla spalla.
“Adesso
è da lui, vieni”.
Dovrebbe
protestare, perché sta lavorando e ci sono medici alla sua
dipendenza che
aspettano ordini, ci sono pazienti che devono essere curati, shinobi
che
aspettano solo lei per poter uscire da lì. Ma tutto questo
impallidisce fino a
svanire, tutto viene inghiottito in secondo piano. In primo piano ci
sarà per
sempre e solo la sua squadra e non importa in quanti altri abbiano
bisogno di
lei.
Naruto
e
Sasuke vengono prima di tutto.
Sasuke
non aspetta che annuisca, con il rinnegan viaggia tra lo spazio
portando la
ragazza con sé.
Sakura
sbatte le palpebre quando si trova la luce del sole negli occhi. Le ci
vogliono
alcuni secondi di accecamento per riconoscere lo spazio aperto che ha
davanti.
Il luogo dove anni prima erano stati promossi a genin, lo spazio aperto
dove è
stato eretto il monumento commemorativo. Quello che Kakashi a guadava
mentre
dava loro la prima lezione, quella che ognuno di loro si porta ancora
dentro
come un mantra.
Naruto
è
davanti a esso, come molte altre volte. Naruto visita spesso quel luogo
per
salutare i suoi genitori, non capisce cosa ci sia di diverso questa
volta.
Finché
non inizia a tossire.
Inizialmente
è solo un colpo di bocca che diventa un crescendo e si piega
in se stesso, la
schiena curva e la testa china sotto quei colpi. Petali gialli escono
dalla
bocca aperta, la mano che si tiene il petto come se stesse soffrendo.
Sakura ultimamente
ha passato abbastanza tempo sui libri di botanica da riconoscere il
fiore a cui
appartengono.
Tulipano
giallo, amore disperato.
L’altra
mano resta aggrappata alla pietra commemorativa, i polpastrelli che
seguono un
nome inciso in una carezza ugualmente disperata.
Sasuke
sospira sconsolata e Sakura sente il cuore sanguinare.
Oh
no, Naruto…
Il
nome
che sta accarezzando mentre i petali continuano a vomitare dalle sue
labbra è
quello di Uchiha Obito.
Note
dell’autrice.
Immagino
che chi mi conosce sapeva che sarebbe finita con quel nome. Well,
fingerò comunque di avervi sorpreso.
Insomma,
vengo con questa nuova idea molto angst che, vi
avviso
subito, non finirà a rose e fiori (per restare in tema). Mi
è entrata in testa
due settimane fa e ho sentito l’impulso di scriverla, Rekichan
e Iky
hanno poi spinto perché la sviluppassi ed è
diventata una mini-long (sui
sei-sette capitoli. E questa volta lo dico sul serio perché
è praticamente
finita, devo vedere se mi servono ancora due capitoli o invece di uno
per
terminarla hahaha).
Spero
possa piacervi, l’hanahaki è
un trope che mi affascina
tantissimo e sarei molto felice se, per esempio, ispirasse qualcun
altro a
scriverci sopra c: perfavore.
Se
mi lascerete un commentino vi regalerò un biscotto <3
Hatta.
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