amore mio
AMORE
La mia prima ff, una Minato/Kushina che spero apprezziate :):)
Se mi chiedeste se vi è un "dove" vi direi che il
tutto ha luogo in un posto imprecisato, se mi chiedeste se vi
è un "quando", vi direi che il tutto si svolge in un momento
qualsiasi della vita.
Siate clementi, ve ne prego... :)
Un bacio *.*
PS Chiedo scusa se ho sbagliato qualcosa con il codice html, dovete
sapere che non capisco nulla di queste cose ://
Quella che mi accingo a narrare è una tragica storia ma,
anche se tragica, resta comunque una storia d'amore ...
Kushina e Minato
erano due splendidi giovani, prediletti dalla dea Fortuna,
così dicevano tutti. Dalla vita avevano ricevuto tutto
ciò che desideravano: bellezza, ma
non solo quella del corpo che così presto sfiorisce, anche
quella dell'anima, erano buoni, sinceri, onesti, altruisti, sempre desiderosi
di aiutare il prossimo, sempre allegri, sempre vivaci. Avevano avuto
successo nella vita e con il successo era sopraggiunta anche la
ricchezza, ma soprattutto avevano
trovato l'uno nell'altra ciò che molti cercano,
ciò che tutti desiderano, avevano trovato l' Amore, il
più puro, il più sincero, il più
nobile degli amori. Erano felici, la
felicità era un altro aspetto della vita che la Fortuna
aveva loro riservato, tuttavia si sentivano incompleti.
Si erano sposati giovani e freschi, i loro visi
erano gioviali ed allegri, i loro sorrisi luminosi, i loro occhi vivi.
Trascorsero anni ad amarsi come il primo giorno, come se il loro
sentimento fosse qualcosa di nuovo. Ogni giorno le loro labbra si
incontravano in una danza che conoscevano a memoria ma che, ogni volta,
sembrava arricchirsi di un nuovo passo e di una nuova nota. Ogni notte
si incontravano ed i loro corpi si univano, ma non vi era nulla di
volgare in questa unione, poichè i loro corpi non facevano
altro che da tramite ai loro cuori, che battevano all'unisono come se
fossero una sola entità. Conoscevano il corpo dell'altro in
ogni dettaglio, ma non erano mai stanchi di riscoprire quelle
particolarità che tanto apprezzavano. Ogni bacio era il
primo bacio ed ogni carezza la prima.
Kushina sentiva però che mancava qualcosa per raggiungere la
perfezione. Il suo cuore traboccava d'amore e sentiva di non poterlo
più contenere, il più lo riservava al marito
Minato, ma ne avanzava comunque una parte, che sentiva di dover
destinare a qualcun altro.
Un figlio era ciò che Kushina desiderava, il figlio
dell'uomo che amava, la prova concreta di un amore tanto intenso e
sincero.
Una mattina Minato e Kushina stavano seduti a tavola, intenti a fare
colazione. Entrambi sorridevano, ed i loro sorrisi erano
raggianti quanto la luce solare che filtrava prepotentemente
dalle finestre aperte. Uno di fronte all'altro, sorridenti e felici.
Sembrava un quadro di squisita fattura fatto da un artista dotato,
che, con mano esperta, si era curato dei dettagli ed aveva
sfumato quei meravigliosi colori. Il giallo dorato dei capelli di lui e
il blu intenso delle iridi, la chioma ramata di lei che faceva pensare
ad un fuoco scoppiettante, similitudine da attribuire anche al suo
carattere: esuberante e guerriero.
Quel gioco di colori e di luce rendevano quell'umano dipinto
eccezionale!
"C'è una cosa che devo dirti"interruppe il silenzio Kushina,
la voce tremante dall'emozione.
"Qualsiasi cosa, amore"
"E' successa una cosa straordinaria" gli occhi le brillavano e la
facevano apparire, agli occhi di lui, ancora più bella.
"Che cosa?"
"Aspetto un bambino" Kushina non riuscì a trattenere le
lacrime, che sgorgavano copiose rigandole le gote rosate.
"Questo è ... è ... " non trovava le parole
"fantastico. Speravo accadesse, non potevi darmi notizia più
lieta...ma non piangere!"
Si alzò e le si avvicinò, accarezzando quei folti
capelli ribelli sempre in disordine, sorridendo, sinceramente felice.
"Piango per la gioia"
"Se è così ... sono felice, amore mio, non puoi
neppure immaginare quanto!" le cinse le spalle e le baciò la
nuca.
"E' ciò che desideravo, ora siamo perfetti ... il figlio
dell'uomo che amo, TUO figlio"
Kushina si alzò e lo abbracciò, ora ridendo come
un bambino che corre festante in un prato.
"E di chi altri doveva essere?" scherzò Minato.
Kushina tirò indietro il capo e rise di nuovo,
perchè allegra, perchè divertita,
perchè un'ondata di emozioni l'invadeva, poi la risata si
spense e fu sostituita da un sorriso soddisfatto e compiaciuto, dettato
dalla consapevolezza di portare una creatura in grembo, la creatura che
con Minato aveva concepito.
Quel giorno fu in assoluto il giorno più felice della sua
vita, dentro il corpo di Kushina vi era il frutto del loro amore, della
loro passione, il frutto del seme di lui che nel grembo di lei cresceva
e sbocciava, testimonianza di una delle tante notti in cui i due
giovani si erano uniti ed amati.
Trascorsero i nove mesi. Per Kushina l'attesa fu snervante, troppa era
la voglia di stringere fra le braccia quel bèbè
che aveva così a lungo nutrito ed amato.
Impossibile descrivere la gioia dei primi calci e dei primi pugnetti,
ancor più impossibile descrivere l'ondata di emozioni
provate dalla donna quando potè finalmente vedere con i suoi
occhi quel neonato innocente e delicato, dalla pelle candida e
vellutata, con graziosi ciuffetti biondi che spuntavano dalla
testolina. Lo guardava come se fosse la più bella delle
meraviglie e lo stringeva a sè come il più
prezioso dei tesori. Era da quando aveva partorito e da quando era
stato lavato che non faceva altro che riempirlo di baci. Era entrato
poi Minato e le si era seduto accanto sul letto. Erano una famiglia.
Quel pittore dotato dovette aggiungere un terzo elemento al suo quadro,
che divenne ancora più mirabile!
"Come vuoi chiamarlo?" le chiese Minato. Era un maschio forte e robusto.
"Non ci ho ancora pensato"
"Davvero?" Minato era sorpreso.
"Si"
"Posso proporne uno?" azzardò.
"No" Kushina scosse il capo "Il bambino l'ho fatto io e sarò
io a completare l'opera" disse non ammettendo repliche.
Minato sorrise ed annuì, sapeva quanto testarda e dispotica
fosse la moglie e, comunque, l'amava così tanto da accettare
qualsiasi cosa e da concederle tutto ciò che chiedeva.
Questo era l'amore, accontentare l'altro e renderlo felice.
"NARUTO!" urlò all'improvviso Kushina.
"..."
"Naruto" disse a voce più bassa "sarà il suo
nome". Aveva deciso e nessuno le avrebbe fatto cambiare idea.
"Naruto...ehm...Naruto" Minato era pensieroso "mi piace"
dichiarò infine.
"Anche se non ti fosse piaciuto non avrebbe avuto alcuna importanza"
Kushina gli sorrise
"Lo so". Minato si chinò su di lei e la baciò con
amore e trasporto. Lei, la donna che amava, ora madre di suo figlio.
Da quel meraviglioso giorno ve ne furono molti altri, altrettanto
meravigliosi. I giorni, i mesi, gli anni passavano, Minato e Kushina
però rimanevano belli come sempre, e come sempre innamorati.
A guardarli sembrava che neppure un minuto fosse trascorso, l'unica
cosa che, per così dire, li tradiva, era il loro delizioso
figlioletto, Naruto.Si faceva sempre più alto,
più robusto e più bello.
Il giorno in cui compì cinque anni Kushina e Minato decisero
di andare tutti insieme a mangiare del ramen, il cibo che Naruto in
assoluto preferiva.
"Prendo la macchina?" chiese Minato.
"E perchè mai? E' una così bella giornata,
andiamo a piedi!" esclamò allegra Kushina.
Si avviarono e ben presto si trovarono a dover attraversare la piazza
gremita di persone e disseminata di negozi, fino a quando non
arrivarono all'incrocio.
Al di là della strada, attraversate le strisce pedonali,
c'era il negozio di ramen verso il quale erano diretti.
Scattò il verde luminoso del semaforo, Kushina e Minato
quindi furono pronti a passare, presero Naruto per mano e si
incamminarono a passo lento, adattandosi a quello del bambino.
Non fecero in tempo a vederla. Non videro la macchina che come una
saetta sfrecciava verso la loro direzione, nonostante il semaforo
imponesse alle auto di non muoversi.
Mi correggo, Minato e Kushina non videro l'auto in tempo
perchè LORO potessero salvarsi.
Appena sentì il rombo vicinissimo del motore Minato
afferrò il braccio di Naruto e, non preoccupandosi di essere
delicato o di fargli male, lo aveva scagliato dall'altra parte della
strada, dove le strisce terminavano, dove sapeva che sarebbe stato al
sicuro.
"MINATO" sentì urlare da Kushina.
Si frappose d'istinto tra lei e la macchina, almeno lei doveva
salvarsi, almeno a lei doveva essere data la possibilità di
vedere il figlio diventare uomo.
Naruto aveva bisogno di lei.
La macchina colpì Minato in piena schiena, l'impatto gli
ruppe la colonna vertebrale, morì sul colpo, aveva
però avuto il tempo di sorridere nel vedere Naruto vivo,
anche se in lacrime. L'impatto fu violento, devastante, Kushina fu
colpita indirettamente e scagliata al fianco del marito.
L'autista continuò a guidare senza fermarsi, senza prestare
i dovuti soccorsi. Non sarebbe servito comunque a nulla, neppure per
lei c'era speranza.
Una folla di curiosi aveva accerchiato la coppia. Kushina stringeva
debolmente la mano del marito, e pianse nel vedere i suoi occhi, un
tempo brillanti, ora vacui e spenti, privi di vita.
Le orecchie le fischiavano, i suoni divennero lontani, faticava a
distinguere addirittura le parole che udiva provenire dalla folla.
Riuscì a fatica a captare alcune frasi: " Chiamate
l'ambulanza" diceva qualcuno; "Ma che ambulanza, chiamate piuttosto
..." suggeriva qualche altro; " sta per morire, povera donna ... era
così giovane, almeno il bambino ...". Il bambino. Naruto.
Kushina riacquistò per un momento lucidità.
Dov'era Naruto? Come stava?
Provò a guardarsi intorno, ma la vista era sfuocata, non
vedeva altro che sagome indistinte di sconosciuti.
Si stava arrendendo quando udì la flebile voce di
un infante e un pianto trattenuto.
"MAMMA" sentì urlare. Era lui che cercava disperatamente di
raggiungerla.
"Sono qui" avrebbe voluto gridargli di rimando; "Sto bene" avrebbe
voluto rassicurarlo, ma non stava affatto bene, stava per morire, e lo
sapeva.
Pianse di nuovo. Non lo fece perchè temeva la morte, era
felice che il figlio fosse sopravvissuto e che lei avesse preso il
posto che la morte aveva riservato a lui, non piangeva più
per Minato, che sapeva avrebbe raggiunto presto, piangeva
perchè sapeva che non sarebbe potuta stare con suo figlio,
conosolarlo, dirgli che andava tutto bene. Invidiò per un
momento Minato, morto sul colpo, senza rimpianti, felice di essersi
sacrificato per le persone che amava, per la sua famiglia. Chiuse gli
occhi. All'improvviso sentì qualcosa pizzicargli il naso. Li
riaprì e vide una folta matassa bionda.
"N-n-aruto" sussurrò.
Il bambino la sentì ed alzò la testa per
guardarla. Il viso sempre giocondo ora sfigurato dalle lacrime e dalla
disperazione.
Piangeva senza sosta, molti avrebbero potuto credere che di
lì a poco avrebbe consumato tutte le lacrime.
Kushina provò a sorridere ma il dolore e lo sforzo
tramutarono il sorriso in una smorfia terribile.
"Mamma...oh...mamma" tirò su col naso"Non mi lasciare" la
pregò supplichevole.
"Non ti lascio" voleva dirgli, ma sarebbe stata una menzogna e lo
sapevano entrambi.
"Mi dispiace" riuscì a dire Kushina.
"Per cosa?" chiese Naruto, che le stringeva la mano e che da lei gli
veniva stretta, se pur debolmente.
"Per non essere riuscita a comprarti il ramen che ti piaceva tanto"Una
frase così lunga richiese non poco fiato. Kushina
tossì ed un liquido rosso e caldo le invase la
gola. Tra poco l'ora fatidica sarebbe scoccata e la vita di Kushina
sarebbe inesorabilmente giunta al termine.
Non sarebbe mai più andata a mangiare del ramen col figlio,
non lo avrebbe mai più visto sorridere. Se solo quella
mattina avessero preso la macchina come Minato aveva suggerito, questa
tragedia non sarebbe successa, sarebbero andati nel negozio di ramen a
comprare una ciotola per Naruto.
Quel negozio invece non lo raggiunsero mai e quel ramen non venne mai
consumato. Kushina si sentì in colpa, era colpa sua se erano
andati a piedi. No, non era colpa sua, lei non centrava nulla. Era
stato il destino, o la sfortuna.
"Prediletti dalla Fortuna" diceva chi li conosceva. Se li avessero
visti adesso. Kushina aveva sempre creduto nella fortuna, solo ora si
accorse di che errore avesse fatto facendovi affidamento.
"Non importa mamma. Ci andremo un'altra votla" si illudeva Naruto.
"Ti voglio bene" Kushina non poteva morire senza dirglielo.
Si girò verso il corpo esamine di Minato. "Finchè
morte non ci separi. Insieme nella vita e nella morte, così
ho promesso" sorrise debolmente e chiuse gli occhi. Smise di lottare e
decise di lasciarsi andare.
Naruto sentì la presa della mano della madre sempre
più debole, sino a quando non si trovò a
stringere fra le mani un arto morto.
"MAMMA" urlò ripetutamente, fino a quando le lacrime non
cessarono e sentì la gola bruciare.
Voleva andarsene via con mamma e papà, quel giorno aveva
perso tutto, ma non poteva arrendersi. I suoi genitori erano morti per
lui, perchè lui vivesse appieno la sua vita. Si
asciugò le lacrime e fissò i genitori. Erano
stesi a terra, morti. La morte però non era stata in grado
di lenire la loro bellezza, spezzare il loro amore e indebolire il loro
sorriso. Si tenevano per mano, sul volto l'ombra di un sorriso,
specchio di una vita felicemente vissuta.
Questo è l'amore vero, l'amore più forte, l'amore
che tutto può e tutto vince, persino la morte. Kushina e
Minato diedero la vita per il figlio che avevano tanto amato, non
è forse questo il genere di amore più
meraviglioso e sincero che esista? Non è forse questa la
più dolce e allo stesso tempo tragica storia d'amore che si
possa immaginare? Morire per amore è in assoluto la morte
più nobile alla quale si possa ambire, ed il sacrificio per
amore della propria famiglia è il gesto degno di un eroe.
"Minato e Kushina Uzumaki. Morti per salvare il figlio. Eroi
è l'unica parola che li possa descrivere" così
citava il titolo della prima pagina del quotidiano del mattino, che
aveva fedelmente riportato la vicenda, affinchè tutti
sapessero dove l'amore potesse arrivare!
|