La
luce di una lampada a neon, appesa al soffitto, illuminava la sala di
lettura della biblioteca della base dei Cavalieri dello Spazio.
Seduto
su una sedia, la testa china, Richard sfiorava le pagine di un libro.
Ad
un tratto, con un gesto deciso, il giovane alzò la testa e
chiuse il volume.
Con
un sospiro frustrato, reclinò la testa all’indietro e
chiuse gli occhi. Aveva letto poche righe, ne era certo.
Ma
la sua mente non riusciva a concentrarsi sulle parole.
Esse
galleggiavano nel biancore della pagina, come semi liquefatti.
La
sua mente, contro la sua volontà, ripercorreva gli eventi di
due mesi prima.
Ancora
non riesco a crederci…, pensò.
Sei mesi prima, gli era stata data una notizia dirompente, che aveva
distrutto l’intero suo mondo.
Suo
padre non era morto in battaglia, come era stato detto.
Era
stato ferito ed era precipitato in uno stato vegetativo permanente.
Per
cinque, lunghi anni era stato imprigionato in un sonno privo di
risveglio.
Lui,
un uomo forte, roccioso e coraggioso, era stato condannato ad una
infinita agonia, priva di scopo.
Un
singhiozzo si spezzò nel suo petto e le lacrime tremarono nei
suoi occhi. Come avevano potuto costringerlo a quell’esistenza
priva di scopo?
Suo
padre non avrebbe mai desiderato un simile, crudele destino.
Pur
avendo rispettato la volontà di sua madre, malata di cancro al
seno, per lui non bramava una tale, orrenda sorte.
In
una tale eventualità, avrebbe desiderato la morte.
–
Papà…
Mi manchi… – balbettò, amareggiato. L’affetto
e il sostegno degli altri non erano mancati, eppure non era felice.
Avvertiva
una straziante nostalgia di suo padre e del suo affetto schivo e
contenuto.
E,
ad essa, si mescolava un devastante senso di colpa.
Ne
era cosciente, quel sentimento era insensato, ma tale consapevolezza
non diminuiva il suo rammarico.
Quel
sentimento, tanto a lungo combattuto, era esploso e lo aveva portato
a compiere un errore stupido.
A
volte, lui stesso non riusciva a credere a quanto fosse accaduto!
Per
poco, non era morto!
Il
sovradosaggio dei sonniferi lo aveva condotto sull’abisso tra
vita e morte.
E
i suoi compagni, per questo, si erano preoccupati.
Un
tremito sfiorò le sue membra. Quando si era ripreso, aveva
scorto Nick accanto a sé.
E
i suoi occhi verdi erano accesi dall’ansia e dal timore.
Questo
lo aveva turbato.
Come
poteva Nick essere preoccupato per lui?
Eppure,
gli era rimasto accanto, durante il suo sonno.
Grazie.,
pensò. Non gli aveva
posto domande superflue e, con delicatezza, aveva espresso il suo
dispiacere per quanto fosse accaduto.
Quella
sobria sincerità era stata un tenue balsamo per il suo cuore,
da troppo tempo dilaniato dal dolore.
Accennò
ad un mesto sorriso. Nemmeno le sue parole, colme di amarezza,
avevano allontanato Nick dal suo letto.
Anzi,
lo aveva stretto tra le sue braccia.
E,
in quel momento, avvolto da quel calore, il suo autocontrollo si era
infranto.
Si
era abbandonato alle lacrime, che, da troppo tempo, premevano nel suo
cuore.
Ma
non solo lui gli era stato accanto…
Star,
Maggie, Mack, Balzac, Tina e il comandante Nemo…
Gli
avevano fatto sentire il calore di una famiglia e non l’avevano
mai colpevolizzato per la sua cupezza, così lontana dalla sua
solita indole.
Anzi,
il comandante Nemo gli aveva domandato le sue scuse…
La
porta della biblioteca, ad un tratto, si aprì con uno scatto.
Richard,
brusco, si alzò dalla sedia, ma un accesso di nausea lo
sopraffece e barcollò.
Con
un tonfo, il libro cadde sul pavimento.
Si
appoggiò al tavolo della sala e, per alcuni istanti, rimase
immobile, il volto madido di sudore e il respiro affannoso.
Due
braccia forti circondarono le sue spalle e il giovane pilota,
d’istinto, appoggiò la testa su un torace muscoloso.
– Non
dovresti alzarti così bruscamente. Non ti sei ancora ripreso
del tutto. – mormorò una voce calma e gentile.
Richard
alzò la testa e i suoi occhi blu si specchiarono nelle iridi
smeraldine di Nick.
Un
brivido percorse la sua schiena. Poteva sentire la forza di quelle
braccia cingergli le spalle…
Ma
non era solo un vigore fisico straordinario.
L’energia
di quella stretta forte, seppur tanto tranquilla, proveniva da un
animo sereno, libero da qualsiasi turbamento
Sono
felice che tu ti sia ripreso., I
lunghi anni di terapia erano valsi a qualcosa.
Nick,
come una fenice, era risorto dalle ceneri del Teknoman.
Il
suo fisico si era rafforzato e la sua anima, grazie al sostegno dei
medici e degli amici, si era liberata dalle indecisioni e dai dubbi.
E
di questo lui non poteva non essere felice.
Con
gesti apparentemente calmi, Nick aiutò l’amico a sedersi
e, per alcuni istanti, i due giovani rimasero silenziosi.
L’ex
Teknoman, di scatto, abbassò la testa e fissò il
volume, che era a terra.
Accennò
ad un sorriso. Ringo, pur cercando la solitudine e il raccoglimento,
non restava inoperoso.
Desiderava
occupare il suo tempo e di non pensare.
Un
debole frammento del suo carattere volitivo era rimasto.
Tentava
di svagare la sua mente.
Forse,
non riusciva del tutto nel suo scopo, ma era un inizio.
Ringo
cercava di emergere dalla sua depressione e questo era un segno di
speranza.
– Hai
bisogno di qualcosa? – domandò ad un tratto il pilota.
Non sapeva perché, ma, in quel momento, tra di loro, era sceso
un greve imbarazzo.
– Sì.
Cercavo un libro, ma ho dimenticato il titolo. – rispose l’ex
Teknoman, pronto.
Richard
gli lanciò uno sguardo interrogativo.
– La
tua memoria ha ancora qualche problema? – chiese, preoccupato.
– No,
non preoccuparti. Mi è passato di mente, quando ti ho visto
barcollare. Ho avuto paura che tu cadessi. – lo rassicurò.
Lo
sguardo ceruleo del pilota, sentendo queste parole, si oscurò
e la sua testa si reclinò.
– Mi
dispiace di averti fatto preoccupare… – si scusò,
il tono pieno di vergogna.
Nick
si avvicinò alla sedia e gli appoggiò le mani sulle
spalle.
–
Non
hai nulla di cui vergognarti. Con quello che hai passato, è un
miracolo che tu ti sia ripreso così
dopo
un mese. – lo tranquillizzò.
Richard
chiuse gli occhi e il suo corpo, sotto il tocco dell’amico, si
rilassò. Quel tocco leggero, ma deciso, gli dava un senso di
quiete…
–
Grazie,
Nick. –
–
Ringo…
– mormorò ad un tratto Nick, la voce incrinata
dall’amarezza.
Il
giovane, sentendosi chiamare, aprì gli occhi.
– Cosa
c’è? – domandò.
Per
alcuni istanti, l’ex Teknoman esitò. Voleva chiedergli
tante cose, ma avvertiva il peso della sua indole riservata.
–
Non
fare il mio stesso errore. Quando stai male, non nasconderti dietro
una maschera di forza fasulla. Io… Io so che lo hai fatto per
noi, ma… –
Si
interruppe e, per alcuni istanti, tacque. Davanti ai suoi occhi, si
spiegavano i ricordi di quegli istanti di incubo…
Le
ore scorrevano, lente, in un silenzio spettrale, interrotte dai loro
respiri affannosi.
Temevano
le notizie. Eppure, bramavano sapere.
Ringo
sarebbe sopravvissuto? Oppure sarebbe morto?
E
non comprendere la vera ragione del suo crollo aggiungeva senso di
colpa alla disperazione.
Quale
pena l’aveva condotto ad un simile abisso?
Strinse
la presa delle sue mani sulle ampie spalle dell’altro e un
sospiro sgorgò dalle sue labbra.
– Ti
ringrazio per la tua premura, credimi… Ma avrei preferito
sostenerti nel tuo dolore che preoccuparmi per la tua vita. E questo
vale anche per gli altri. – spiegò, la voce incrinata
dal rammarico.
Richard
sbarrò gli occhi, velati di lacrime, e strinse la sua mano
attorno a quella dell’amico. Quelle parole, colme di dolcezza,
spandevano sul suo cuore un debole balsamo…
Una
flebile serenità si irradiava nel suo animo, da tempo
straziato dal dolore.
Poteva
contare sui suoi amici e sul loro sostegno.
– Ci
proverò amico mio… Ti prometto che ci proverò. –
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