Nec quod fuimusve sumusve, cras erimus

di VigilanzaCostante
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 Nec quod fuimusve sumusve, cras erimus

Rose non era niente, o almeno non era più niente. Lui l’aveva prosciugata, azzerata, finita. Ecco perché mentre le mani calde di uno sconosciuto seguivano le forme del suo corpo nudo, cercava di non pensare. A malapena ansimava, giusto per far credere a quell’uomo che stava godendo, che stava facendo tutto correttamente e non c’era niente che non andava – ma niente stava andando per il verso giusto.
 
“Rose ma mi stai ascoltando? È inutile che tiri fuori gli artigli, questa non sei tu”
“E chi sono, Albus, chi sono? Per colpa sua io a malapena esisto!”
 
Il letto cigolava con un rumore inquietante, mentre sentiva la pressione di quel corpo teso che sopra di lei arrivava al culmine. Lo sconosciuto dai capelli scuri e gli anonimi occhi marroni si buttò di peso al suo fianco, ma per Rose quella presenza era scomoda e fastidiosa.
– Sei venuta? –
– Sì. –
Ma non era vero.
 
“Ti butti sul lavoro e poi ogni sera in un locale diverso. Ma ti rendi conto che i tuoi genitori sono preoccupati?”
“Salutali da parte mia Albus.”
“Non ti riconosco nemmeno se usi quel tono glaciale”
 
Il respiro addormentato dell’uomo al suo fianco si infrangeva sulla sua pelle nuda. La teneva sveglia, con gli occhi sbarrati a fissare apaticamente il soffitto. Il giorno dopo avrebbe avuto segni inconfondibili di una notte di passione, ma lei non aveva sentito neanche un brivido di piacere. Il controllo, il potere, era quello che ora l’affascinava. Sentiva di essere in pieno possesso delle sue facoltà mentali, nessun sentimento ingombrante che alleggiava nell’aria rendendola pesante o viziata.
Le sue emozioni non avrebbero mai più preso il sopravvento su di lei, ora che non si faceva più abbindolare da lui.
 
“Se ti comporti come qualcuno che non sei, ben presto è ciò che diventerai”
 
 
Rose chiuse gli occhi e cercò per un secondo di imprimersi il ricordo dell’amore. C’era un tempo in cui pregava di essere toccata, bramava i baci caldi e la bocca di Scorpius sulla sua; urlava di piacere quando lui dentro di lei spingeva con una forza inaudita, fino al fatidico momento dell’amplesso. Poi si addormentavano abbracciati, i corpi nudi sudati e aggrovigliati, le mani strette in una morsa ferrea.
Poi lui se n’era andato.
L’aveva distrutta, tradita, ripugnata.
Si era voltato e le aveva dato le spalle, lasciandola a piangere seduta sul letto con solo un lenzuolo a coprire le sue debolezze.
Era stato crudele, e ora lei come in una metamorfosi ovidiana stava prendendo le sue sembianze.
 
“Albus non hai minimamente pensato che è proprio questo che voglio diventare?”







 
Nda:
Ho partecipato solo a una challenge prima di partecipare a questo contest, e ho fatto l'errore di non inserire delle note dell'autrice. Eccomi qui, quindi, a spiegarvi prima di tutto il titolo. 
Il titolo è una citazione delle Metamorfosi di Ovidio, per rimandare al finale in cui l'ho citato. 
Nec quod fuimusve sumusve, cras erimus = E non saremo domani quelli che fummo | né quelli che siamo.
Mi sembra abbastanza in linea con il concetto che voglio esprimere nella breve flashfic. 

Inoltre, la citazione che ho tratto dal contest e utilizzata all'interno della flashfic è "Se ti comporti come qualcuno che non sei, ben presto è ciò che diventerai”, per quello l'ho messa in grassetto all'interno del dialogo con Albus. 
Chi di noi non ha provato quella rabbia e quella voglia di diventare cinici nel momento in cui si viene feriti? Rose si butta sul lavoro e si dimentica di sè stessa tra le braccia di sconosciuti definiti da lei anonimi, perchè non sono Scorpius. 
Spero che questa breve flashfic vi sia piaciuta! 
Un bacio

VigilanzaCostante


 




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