Salve a tutti ^_^
Eccomi, come promesso,
con un nuovo capitolo di questa lunga avventura!
Prima di cominciare a
scrivere, questo capitolo avrebbe dovuto includere la tanto attesa
"svolta" che chi ha seguito questa storia sta aspettando da parecchio
tempo! :D
Ma, volendo
concentrarmi sull'azione, mi sono resa conto che stavo sforando la
lunghezza prefissata e così vi toccherà attendere
ancora un pochino :)
Intanto spero che la
chiusura che ho scelto vi lasci un po' sulle spine!XD
Ringrazio come sempre
quanti leggono, seguono e lasciano like, chi si affaccia a sbirciare e
chi ha avuto o avrà il coraggio di imbarcarsi nella lettura. La vostra presenza, anche silenziosa, mi stimola a continuare ^.^
Al prossimo approdo!)
XXX:
CAUGHT IN THE TRAP
Una miriade di isolotti puntellavano le calde acque cristalline dei
mari orientali, come meteoriti cadute dal cielo in un’epoca
arcaica, senza alcun ordine né scopo. In maggioranza si
trattava di ammassi rocciosi o sabbiosi, inospitali per la
sterilità e la scarsa estensione del suolo, che erano
perciò rimasti inabitati, non fornendo alcun appoggio o
risorsa di rilievo per l’impiantarsi di una
civiltà stabile.
Al contrario, il Regno dei Diamanti Blu, benedetto dalla ricchezza di
minerali e terreni fertili, si diceva avesse una popolazione in grado
di competere con quella di un pullulante formicaio, sebbene, col
passare dei decenni e l’impoverirsi dei giacimenti e degli
scambi commerciali, molti abitanti avessero abbandonato quella
località così piccola e remota.
Una fitta foschia aleggiava tra i massicci faraglioni che, al pari di
insormontabili guardiani di pietra, proteggevano i confini di quel
recondito reame sorto su di un arcipelago separato dal resto del mondo
frequentato e conosciuto. Le rocce calcaree, che sotto i raggi del sole
spandevano riflessi quasi accecanti, erano intarsiate da una capillare
venatura di scisto blu che conferiva a quelle scogliere il sembiante di
una corona di diamanti purissimi, rendendo facilmente comprensibile le
origini di quel nome.
Sembrava quasi un luogo irreale, fluttuante tra cielo e mare.
La sua fulminea comparsa, avvenuta dopo una serie di giorni trascorsi a
contemplare quella desolante vastità salata,
ridestò e sbalordì gli animi assopiti dei pirati,
causando scompiglio ed euforia.
Capitan Vegeta era stato piuttosto restio a dar credito ai testimoni
che avevano potuto interpellare durante il loro approssimarsi alla
meta. Ben sapeva che i racconti che viaggiavano di bocca in bocca erano
spesso tendenziosi, filtrati dalla rielaborazione personale di ciascun
narratore, e, nel caso provenissero da avventori di taverna, erano
quasi sempre annaffiati anche da una buona quantità
d’alcol o storpiati dalla diffusa tendenza dei marinai
all’esagerazione e a manie di protagonismo. Ciò
nonostante era consapevole che anche il minimo errore di valutazione
avrebbe potuto irrimediabilmente compromettere i suoi scrupolosi piani.
La Bloody Wench avanzava come uno squalo a caccia tra quella corolla di
scogli adamantini, accerchiati da una cortina di nebbia che ne
confondeva le forme e i contorni.
Per quel motivo, oltre ad aver imbracciato personalmente il timone,
aveva predisposto di far misurare con uno scandaglio i fondali che
andavano solcando, per evitare il rischio di incappare in qualche secca
in cui si sarebbero potuti arenare. Aveva sentito raccontare anche che
fosse così che l’autoproclamatosi imperatore di
quell’infimo regno si fosse arricchito: depredando i carichi
di navi affondate nel tentativo di penetrare in quel gorgo quasi
inaccessibile.
Un flebile alito di vento umido e afoso spirava tra quegli stretti,
quel tanto da portare le vele a gonfiarsi senza però
riuscire a spostare con sufficiente velocità il
considerevole peso del pur agile galeone. Perciò era stato
necessario supplire con quel nuovo marchingegno rotante, che in quella
circostanza si era rivelato di un’utilità davvero
indispensabile.
Lo sguardo accigliato di Vegeta ricercò quasi inconsciamente
la figura della stravagante femmina di cui forse era diventato, contro
ogni previsione, addirittura alleato.
Da che aveva memoria e consapevolezza di sé, era sempre
stato abituato a ordinare, non a condividere. Eppure da quando
l’aveva conosciuta, con suo gran rammarico e disgusto, stava
quasi cominciando a riconsiderare la sua visione cinica, egoista e
opportunista.
Al di sotto di un’esotica e spudorata avvenenza, quella
creatura serbava una volontà difficile da piegare. Aveva una
scorza dura quanto la sua e, seppure donna, era qualcuno con cui poter
discutere alla pari.
Dal loro approssimarsi a quei canali perniciosi e atri,
però, non aveva più emesso un fiato e,
riservandole una lunga e furtiva occhiata di sghembo, gli
sembrò insolitamente nervosa. Mentre si spostava da una
fiancata all’altra della nave, le suole dei suoi alti stivali
di cuoio sfioravano appena le assi del ponte, quasi volesse produrre il
minimo udibile scalpiccio, e non aveva smesso per un istante di
controllare col suo binocolo ogni anfratto riconoscibile nelle pareti
irregolari di quella falesia. Non capiva cosa mai potesse spaventarla
tanto, incosciente e incauta come si era dimostrata di essere, ma
neanche lo allettava darle adito di imbastire una discussione infinita,
se solo avesse azzardato a domandarglielo.
Avvertiva anche lui che qualcosa o qualcuno li stesse spiando, tuttavia
era più impensierito dall’atteggiamento di sfida
assunto da qualche giorno da Nappa e Radish. Li aveva sorpresi di tanto
in tanto a confabulare tra loro e a lanciargli sogghigni ambigui, al
punto che aveva cominciato a ipotizzare che quegli ingrati stessero
complottando per spodestarlo.
Il turbinare dei suoi frustranti grattacapi interiori fu spezzato dal
richiamo esagitato di un marinaio che, ritirata la sagola graduata,
comunicò loro la nuova misurazione della ridotta
profondità toccata in quel momento.
- Continuando ad addentrarci in questa fottuta gola, rischieremo di
rimanere incagliati! – sputacchiò aspramente il
quartiermastro, attirandosi il suo sguardo incollerito.
Stava perdendo il suo ascendente su di loro, proprio ora che erano
così vicini a conquistare l’ultimo pezzo del
tesoro, sebbene, per vincere del tutto, presto avrebbe dovuto fare i
conti anche con Freezer. Vegeta serrò rabbiosamente le dita
sulle maniglie del timone, ma preferì non rispondere a
quella futile provocazione, imponendosi di mantenere i nervi saldi e la
mente lucida.
Pochi minuti più tardi, calato nuovamente il piombo a fondo,
lo scandaglio questa volta raggiunse una profondità
maggiore, rassicurando blandamente la ciurma, poiché la
chiglia continuava ad urtare ripetutamente contro ostacoli sottomarini,
e quello scricchiolare stava diventando un suono sinistro e foriero di
cattive previsioni.
Sviata da una nuova incalzante preoccupazione, Bulma riappese al collo
lo strumento ottico, col quale non era riuscita ad individuare nulla di
particolarmente significativo o allarmante. Si adagiò sulla
convinzione che quei temuti quanto misteriosi esseri, presumibilmente
volanti, citati nell’enigma decifrato nelle Carte del
Supremo, potessero essere semplicemente dei rapaci, oppure pipistrelli
pescatori, animali innocui che vivevano in luoghi lagunari e che nel
peggiore dei casi si cibavano di pesci o granchi.
Ciò che invece la assillava era una sensazione da cui
raramente la sua inguaribile testardaggine si permetteva di essere
soggiogata. Cominciava a dubitare di aver sbagliato qualcosa.
Più precisamente di aver sbagliato ad interpretare alcune
parole di quel fuorviante indovinello.
- E se “tramonto” non si riferisse ad un momento
del giorno, quanto piuttosto ad un punto cardinale? –
tartagliò con una vocina appena udibile, ben diversa dal suo
solito tono deciso e squillante.
Il Capitano la fissò, più interdetto che
irritato, e a lei parve di riuscire a sentire i muti interrogativi che
lo stavano rimescolando, nel riesaminare le sue smozzicate parole.
Radish le si addossò, aggredendola verbalmente: - Cosa
vorresti dire? Che saremmo dovuti entrare dal lato opposto?
- Ci avete condannato! – gli fece eco un altrettanto polemico
Nappa, non esimendosi di rivolgere quell’accusa parimenti al
Capitano, il quale restava trincerato nella sua inquietante e
impassibile fissità, che tuttavia poteva celare un subitaneo
rovesciamento della situazione.
Bulma aveva stretto le palpebre e si era parata le braccia davanti,
temendo l’inizio di una feroce zuffa tra quei bricconi, in
cui inevitabilmente sarebbe rimasta coinvolta anche lei.
Capitan Vegeta impugnò contemporaneamente sciabola e
pistola: - Menagrami che non siete altro! Tappatevi quelle cloache e
cercate di restare concentrati – linciò con
intransigenza i sottoposti, per poi aggiungere in un sussurro
sibillino, guardandosi torvamente attorno – Ci osservano.
Senza abbassare le armi affilate e scintillanti si spostò al
centro della tolda, mentre un palpito di agitazione percorreva i
tendini degli altri bucanieri, che ammutolirono scrutando anche loro
quelle cavità ramificate nei costoni pietrosi, che ora,
essendo avvolte da ombre vaghe, parevano grotte senza fondo da cui
avrebbero potuto traboccare ineluttabilmente tutti i demoni confinati
nell’inferno.
Ugualmente scossa dall’inafferrabile sensazione di una
minaccia imminente, la Brief si sentì come calamitata dalla
necessità di rifugiarsi dietro le spalle nerborute del suo
collega, ma non arrivò a compiere che un paio di passi nella
sua direzione, prima che il serpeggiare di quel silenzio denso e
pesante venisse squarciato dalla deflagrazione a salve di un cannone,
il cui rombo echeggiò tetro tra i versanti di quella
muraglia rocciosa.
Tutti gli occhi si appiccarono, accusatori e furenti, su di lei che era
appena passata accanto a quell’obice: - Non è
possibile che il colpo sia partito da solo! Io non ho toccato niente!
– si discolpò con fervore, sventolando le mani
libere, a riprova della sua innocenza – Ho finito di
collaudare e revisionare ogni singolo falconetto e archibugio, proprio
ieri! – puntualizzò a scanso di equivoci, cercando
l’appoggio del Capitano per avvalorare
quell’asserzione e respingere le nascenti calunnie nei suoi
riguardi.
Qualsiasi discussione morì sul nascere.
Un frusciante frinire, simile a un rapido batter d’ali, si
abbatté fugace sulle loro teste e l’urlo straziato
della vedetta lacerò l’aria, diventando sempre
più distante e strozzato.
Nessuno riuscì a cogliere cosa fosse accaduto di preciso,
ognuno si affidò ai propri sensi e riflessi, oltre che alle
proprie armi, poco prima che scoppiasse il pandemonio.
Come uno sciame impazzito disturbato dall’intromissione di un
predatore, un’orda di grossi volatili dalla pelliccia fulva e
il muso zannuto si riversò fuori dagli antri occultati tra
le pareti cavernose, sfrecciando freneticamente attorno alla Bloody
Wench e prendendola in ostaggio insieme a tutti coloro che vi si
trovavano a bordo.
- Ecco, lo sapevo! È l’alato flagello!
– strillò istericamente Bulma, correndo a
nascondersi sotto le scalette del cassero, impallidita e terrorizzata.
Da lì continuò a sbirciare quelle mostruose
bestie volanti, che di certo non erano ancora state inserite in alcun
compendio di zoologia. Sembravano un orripilante incrocio tra vampiri
troppo cresciuti e scimmie carnivore, con enormi ali, iridi rotonde e
vermiglie e denti tremendamente aguzzi.
Ed erano maledettamente affamati.
Lanciando versi striduli e acuti che ferivano i timpani e stordivano le
percezioni, cominciarono a gettarsi in picchiata sugli uomini, cercando
di ghermirli tra i robusti artigli o direttamente nelle fauci, venendo
respinti alla meno peggio con colpi di lama e di schioppo, ma lo
scontro era impari e l’orrido stormo,
anziché disperdersi, divenne sempre più numeroso
e compatto.
- Siamo spacciati! – sentenziarono alcuni, chi tuffandosi in
acqua e chi rifugiandosi sottocoperta, mentre il panico si diffondeva a
macchia d’olio.
Capitan Vegeta, appollaiato su di una sartia, la sciabola
già imbrattata e la pistola fumante, inveì
severamente contro i suoi sfiduciati compagni: - Branco di molluschi!
Piantatela di crogiolarvi nella commiserazione! Datevi da fare, se non
volete trasformarvi in esche vive! – criticò il
loro intollerabile disfattismo – Ai posti di combattimento!
Preparate le bombe incendiarie! – si spolmonò per
essere udito al di sopra di tutto quel putiferio, esplodendo poi un
proiettile per difendersi dal rapido attacco di una di quelle bestie
che gli era piombata addosso, quasi silenziosa nel clamore predominante.
In un vortice di urla e garriti, polvere e sangue, Nappa, Radish e un
altro gruppetto di intrepidi si affrettarono a raggiungere i mortai,
caricandoli, così come aveva impartito il Capitano, con
palle di ferro riempite con una miscela di carbone, salnitro e solfuro,
tentando di abbattere quanti più volatili possibili, ma,
superato lo spavento, essi affinavano la tecnica di assalto, riuscendo
a schivare velocemente quelle lente raffiche e a trovare delle brecce
per avventarsi su quelle che per loro erano diventate succulente prede.
Bulma, che aveva continuato a guardare dal suo nascondiglio
improvvisato quei combattimenti indiavolati, si accorse allora di una
situazione sconcertante: in quel parapiglia tutti si erano
mobilitati a combattere per salvarsi la pelle e il timone era rimasto
privo di nocchiere. Il veliero stava procedendo per inerzia, e
nonostante l’alleggerimento cui era stata sottoposta la
stiva, aveva ripreso a raschiare su quel fondale insidioso, sbandando
contro le sponde frastagliate delle falesie.
Uno stridente concerto di pallottole e lame imperversava senza tregua,
pezzi di corpi maciullati si infrangevano sul ponte, che stava
diventando viscido e carminio.
La turchina consultò freneticamente le Carte, alla disperata
ricerca di qualche altro indizio sul come poter contrastare le bestiali
sentinelle che stavano impedendo loro di proseguire indenni. Lesse e
rilesse ogni scrittura indicata dalla lancetta della bussola, appurando
che disgraziatamente non era comparsa null’altra indicazione
da che si erano inoltrati lì.
Anche se l’istinto di conservazione le suggeriva di rimanere
al sicuro, la sua coscienza le imponeva di dare il suo contributo,
perciò racimolò quella stessa irragionevolezza
che l’aveva condotta ad imbarcarsi su quel vascello, e
procedette zigzagando a saltelli fino ad afferrare la ruota timoniera,
pregando di non attirare l’attenzione di quelle voraci
creature.
- Controbracciare e appoggiare la barra tutta! –
ordinò proprio in quell’istante Capitan Vegeta,
spostandosi in volo da una cima all’altra per cercare di
seminare gli aggressivi volatili che lo braccavano, colpendoli con le
granate di cui si era guarnita la fusciacca.
- Sì, Capitano!
Si sentì rispondere prontamente
dall’inconfondibile ugola della piratessa, che solo allora
notò essersi appropriata del comando della sua nave,
incurante delle conseguenze nell’essersi così
esposta al pericolo.
Avrebbe voluto urlarle qualcosa di stupido e potenzialmente compromettente come “Mettetevi
al riparo, mi servite tutta intera!”, ma si
trattenne, dovendo prendere la mira per tirare una pugnalata proprio a
uno di quei mostri volanti che minacciava di acciuffarlo.
La Bloody Wench intanto virò in prua, portandosi a prendere
il vento necessario a circumnavigare un faraglione solitario, contro
cui alcuni di quei flagelli alati, sospinti dalla forsennata foga di
inseguirli, andarono invece a sfracellarsi.
Con quella collisione a Vegeta sfuggì l’appiglio,
finendo per cozzare violentemente sulla plancia. Ricadde
sull’addome, urtando anche i gomiti e le ginocchia, i polmoni
faticarono ad espandersi per incamerare ossigeno, traumatizzati dal
forte impatto e intossicati dalla polvere pirica, così che
la sua vista si appannò per qualche secondo,
finché non distinse una figura minuta corrergli incontro,
chinandosi su di lui, stravolta e affannata: - Cercate di non farvi
ammazzare, mi servite tutto intero! – lo rimbrottò
sfiorandogli l’orecchio, sardonica ma intimamente preoccupata,
mettendogli un esile braccio sotto il petto per aiutarlo a
rigirarsi sulla schiena e a rialzarsi.
Un assordante strillo in rapido avvicinamento lo fece rinvenire del
tutto. La mano destra si allungò di scatto a impugnare lo
spadino che pendeva sul fianco della donna, scrollandola da
sé con una spallata, poi, con un formidabile colpo di reni,
saltò in piedi, si scagliò sul feroce demone
alato e gli tagliò di netto la gola, facendone schizzare
fuori un fluido viscoso e violaceo.
Dopo l’uccisione di quell’enorme esemplare, che
forse era una sorta di capobranco, il nugolo infernale si
elevò vorticando e per alcuni minuti parve allontanarsi da
loro, ma l’atmosfera continuava ad essere pervasa dalle
vibrazioni prodotte dai loro striduli richiami e dal brusio incessante
delle loro grandi ali.
- Quei dannatissimi ahool1
non sono ancora sazi. Si preparano a sferrare l’attacco
finale – ruggì lapidario Vegeta, sputacchiando e
strigliandosi i vestiti impiastricciati, esternando il timore degli uomini
che, feriti e allo stremo, attendevano di scoprire la sua prossima
mossa, malgrado perseverare in quell’intento sembrasse ormai
più che altro un suicidio, deliberato e dissennato.
- Capsule esplosive, bolle incendiarie e stelle volanti sono
più adatte a scontri ravvicinati –
parlò con moderata sollecitudine Bulma, riferendosi alle
speciali armi che si era portata dietro dal suo brigantino, proprio in
previsione di un loro provvidenziale futuro utilizzo in circostanze
simili.
Le dita del bucaniere tamburellarono per qualche secondo sui bicipiti
che aveva incrociato al petto, rimanendo assorto a studiare una qualche
strategia da mettere in atto per uscire da quella sgradevole impasse
che già gli stava facendo perdere tempo prezioso.
Finora soltanto la metà di quei mostri era stata
neutralizzata e il terribile attacco aereo non accennava a scemare con
metodi tradizionali.
Si avvide che la piratessa teneva ancora con sé le Carte e,
folgorato da una repentina intuizione, gliele strappò dalle
mani, scorrendo gli occhi sulla riga che gli interessava rileggere: -
Non c’è bisogno di niente di tutto ciò
– confutò con un sorriso scaltro, picchiettandovi
l’indice affinché anche lei potesse comprendere
quale locuzione sbrogliasse tutta quella matassa di congetture su cui
si erano lambiccati per giorni.
- Ma certo! “A
ritroso”2! – intuì difatti
istantaneamente la Brief, carezzandolo con uno sguardo ammirato e
raggiante.
Gli altri rimasero perplessi, in attesa di delucidazioni, pur non
osando intromettersi a spezzare la gomena invisibile che sembrava
essersi intrecciata tra i due capitani, accomunati da
un’identica propensione a sfidare la sorte con la loro
scaltrezza e audacia.
Al riecheggiare di acuti stridii e alla ricomparsa di sagome scure tra
le nuvole, Capitan Vegeta capì che doveva ragionare e agire
in fretta. Restituì burberamente le carte alla collega,
aizzando i suoi: - Sistemate tutte le catapulte con le reti a poppa e a
prua! Faremo cadere in trappola quel che resta di quei dannati obbrobri
e così li stermineremo una volta per tutte!
- Ben detto! Voi badate all’artiglieria. Qui ci penso io!
– approvò di rimando Bulma, la chioma azzurra che
svolazzava libera e ribelle mentre si apprestava a manovrare con
ostentata sicurezza di sé la ruota timoniera.
Il suo ardire e la sua bellezza folgorante lo contrariarono in maniera
prepotente e viscerale: - Non esiste! Ve lo proibisco! – si oppose
categorico, catapultandosi ad agguantare le maniglie; era un insulto
che il suo galeone potesse essere governato da una donna.
Quella sbatté le ciglia, provocante e civettuola: -
Orsù, non preoccupatevi per me. Me la cavo egregiamente, a
differenza dei vostri scagnozzi – lo bacchettò
sfrontata, ammiccando al pandemonio che stava scatenandosi tutto
attorno.
Era una situazione paradossale. Pur trafitto dalla tremenda voglia di
mozzarle la lingua con i suoi stessi denti, si limitò a
ringhiarle contro e mollò la presa, rigettandosi in quella
mischia strepitante per dare manforte e soprattutto un ordine razionale
a quelle operazioni tanto precipitose quanto infruttuose.
- Brutti babbei! Non sparpagliatevi e non restate in mezzo! Dobbiamo
far sì che finiscano dritti dentro le nasse! – li
incitò pressante, recuperando un fucile da un cadavere, e
sventando il primo tentativo di incursione da parte di una di quelle
bestie, centrandola in volo. Compiendo una rapida gincana,
andò ad abbarbicarsi sul bompresso, impartendo agli uomini
di concentrarsi alle due estremità opposte della nave,
così che anche gli attacchi dei mostri volanti si sarebbero
concentrati in due soli punti.
Il flagello alato formò una spirale di morte, roteando e
muovendosi come un unico corpo per sfondare con maggiore impeto quella
grandinata di proiettili, che erano scagliati ad un ritmo
già memorizzato. Bulma, che intanto aveva ottenuto
l’appoggio di un paio di marinai per dirigere le vele,
seguiva con spasmodica trepidazione le gesta spericolate del suo
alleato. In perfetto equilibrio su quell’asta traversa, le
pupille in febbrile osservazione dello spazio sopra di sé,
teneva il braccio destro sollevato e perpendicolare al corpo,
stringendo unicamente la sua sciabola. Non avrebbe saputo dire se il
suo fosse coraggio o presunzione, ma di certo quella sua mente furba e
strategica l’attizzava dannatamente.
- Catapulte in posizione, signore! – annunciò
impaziente Radish.
Il braccio del Capitano si abbassò e, in una sequenza di
gesti calibrati e inesorabili, tutti i verricelli furono attivati,
sparando nell’aria delle grandi reti metalliche che si
avvolsero sulle minacciose creature, tarpandone le ali.
L’imboccatura era stata in precedenza opportunamente
modificata, così che più prede entravano,
più le maglie si restringevano e per loro non
c’era più alcuna possibilità di fuga.
I bucanieri esultarono alla riuscita del trabocchetto, mentre Capitan
Vegeta non lasciò trapelare alcuna soddisfazione. Quei
nemici erano solo denti, muscoli e istinto predatorio, tutto sommato
facili da ingannare. Stava per ordinare di innescare i cannoni, quando
d’un tratto accadde qualcosa d’inaspettato.
Benché fossero ingabbiati in quelle reti asfissianti, con il
loro continuo strepitare e dibattersi, gli ahool riuscirono a deformare
le tramature e insistendo a muovere le loro robuste ali divennero come
abnormi aquiloni, cominciando a sollevare gradualmente il vascello sul
pelo dell’acqua.
Il terrore e lo sconforto attanagliarono anche i cuori più
intrepidi.
- Che accidenti state aspettando, fottuti smidollati? Fuoco dannazione!
Fuoco a iosa! Bruciateli tutti! – imprecò Capitan
Vegeta, saltando giù dal buttafuori e provvedendo lui stesso
ad accendere il primo stoppino.
Il colpo andò a segno, brandelli di carne sanguinolenta e
bruciacchiata piovvero sul ponte, altre raffiche esplosero, innescando
un’autentica carneficina, ma mentre si godeva quel cruento
spettacolo delle grinfie bitorzolute lo abbrancarono, trascinandolo
via, sempre più in alto.
1 Questa
volta ho voluto attingere ad una delle tante specie
di criptidi, ovvero animali di cui si hanno racconti e
testimonianze ma la cui reale esistenza non è mai stata
provata dalla scienza. Nello specifico gli ahool sono pseudo vampiri
giganti che si dice vengano avvistati nella giungla Indonesiana. Ho
pensato che Vegeta ne avesse sentito parlare e riconoscendoli e li
chiamasse perciò con il loro nome.
2 Il termine ritroso indica la
ripiegatura in dentro che vien fatta alla bocca di alcuni arnesi (di
rete metallica o di vimini) da pesca e da caccia, in modo che la preda,
una volta entrata, non possa più uscire.
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