capitolo 1
Ciao
a tutti, io sono Sara, piacere.
Volevo
pubblicare questa storia, sperando che vi piaccia.
Mi
farebbe piacere che lasciaste qualche recensione, positiva o
negativa, non importa ^^.
Buona
lettura!
Prologo
Scappavo.
Non
avevo una meta.
Scappavo
e basta.
Via
da quella casa... Via da quella città...
Via
da quella vita...
Via..
Capitolo
1
Sentivo
la pelle tirarmi per il freddo. I denti battevano tra loro e io
tremavo come una foglia. Quando aprii gli occhi ancora non focalizzai
bene dove mi trovavo. Sapevo solo che il gelido inverno della
Germania non mi avrebbe aiutato in quelle condizioni. Raggomitolata
su una panchina, senza un giubbotto. Senza niente. Solamente con la
neve che scendeva e si accumulava sui miei capelli, sulle mie
braccia, sul mio corpo tremante. Vedevo offuscato. Dov'ero finita?
Non ne avevo idea. Certamente ero lontana da casa e quella era la
cosa più importante. Starnutii sentendomi la gola bruciare. Mi
alzai lentamente da quella panchina. Inizialmente barcollai un po' ma
riuscii a rimanere in equilibrio. La gente, intorno a me, mi guardava
come se fossi pazza. In effetti, forse, lo ero. Camminai lungo il
marciapiede alla ricerca di qualcosa a me sconosciuto. Poi trovai un
bar. Ci voleva proprio. Entrai e il tepore mi fece fare un sospiro di
sollievo. Non avevo neanche un soldo per comprarmi qualcosa di caldo
da bere. Semplicemente mi sedetti ad un tavolino e vi appoggiai la
testa chiudendo gli occhi.
-Signorina,
cosa le porto?- sentii una voce affianco a me. Io alzai lo sguardo e
i miei occhi incrociarono quelli della cameriera, una donna robusta e
di mezza età.
-Niente,
grazie- risposi io ingenuamente.
-Allora
le devo chiedere di alzarsi. Non può rimanere qua a dormire,
il tavolo mi serve per altri clienti- ribattè scorbuticamente
la donna.
-Chiedo
solo qualche minuto, non le farà perdere i suoi clienti-
insistetti io.
-No,
non ho tempo per queste cose, su, si alzi- concluse lei. Io feci come
mi aveva detto continuando a guardarla come a volerla sfidare.
Arrivai alla porta per uscire quando mi girai verso di lei.
-Se
perde i clienti è per il carattere di merda che si ritrova- le
dissi a bruciapelo. Lei spalancò gli occhi ma, prima che
potesse ribattere, io ero già fuori dal bar. Scossi la testa e
rabbrividii per lo sbalzo improvviso di temperatura. Stavo bene in
quel bar. Faceva un bel calduccio. Certo la compagnia non era delle
migliori. Vagai ancora a vuoto quando ad un tratto, un armadio a
cinque ante, nero, mi diede una spallata.
-Hey!
Che modi!- esclamai voltandomi verso di lui che invece stava di
schiena e continuava a camminare come se niente fosse. Dietro di lui
lo seguivano quattro persone, tutte imbacuccate, come se non si
volessero far riconoscere. Li seguii con lo sguardo e vidi che
raggiungevano una limousine. Io spalancai gli occhi e li seguii.
Certamente quelle erano delle star e avevano una villa da miliardi.
Lì dentro avrei trovato qualcosa da mangiare. Li vidi salire
nell'enorme auto e io subito mi aggrappai al retro di un pullman che
andava nella loro stessa direzione. Il viaggetto durò per un
bel po' fino a che non vidi la limousine fermarsi davanti ad una
villa. Proprio come immaginavo. Con un salto scesi dal pullman. Mi si
piegarono le ginocchia ma mi ritirai subito su. Ero troppo debole.
Dovevo mangiare qualcosa. Erano almeno due giorni che non mettevo in
bocca nulla. Seguii con passo “felpato” le quattro persone più
l'armadio e riuscii ad entrare in giardino senza farmi notare. Li
spiai da dietro la finestra e li vidi togliersi i cappucci e gli
occhiali da sole. Certo era un pò ambiguo portare gli occhiali
da sole d'inverno. In Germania poi. Sussurrai un “bah” mentre li
vedevo salire delle scale che forse portavano al piano di sopra.
Assicuratami che non ci fosse nessuno, aprii la finestra senza far
rumore. Scavalcai il davanzale ed entrai in cucina. Sapevo che quello
che stavo facendo era pericoloso ma la fame chiamava. Arrivai davanti
al frigorifero e lo aprii. I miei occhi brillarono quando videro al
suo interno tante cose buone da mangiare. Lo stomaco cominciò
a brontolarmi e subito allungai un braccio, pronta a prendere un
pezzo di grana.
-Hey,
che stai facendo?!- sentii urlare alle mie spalle. Il cuore mi salì
in gola, mi voltai di scatto facendo cadere il formaggio per terra.
Avevo gli occhi spalancati quando trovai davanti a me l'armadio a
cinque ante. -Sei una ladra eh?- mi chiese avvicinandosi. Io arretrai
tremando.
-No,
io...- balbettai.
-Come
sei entrata? Sei una fan?- chiese sempre arrabbiato e senza fermarsi.
Io mi trovai bloccata con la schiena alla credenza. Deglutii
rumorosamente.
-Mi,
mi dispiace, io... non sono una fan e neanche una ladra. Volevo solo
qualcosa da mangiare- spiegai con le lacrime agli occhi. Lui mi
guardò un attimo esterrefatto.
-Quanti
anni hai?- mi chiese.
-Diciassette-
risposi io.
-E
non hai una casa dove andare a mangiare?- mi domandò ancora.
Io abbassai tristemente lo sguardo. Cosa potevo rispondere? No, non
ce l'avevo una casa, vagavo a piedi per la Germania da due giorni
senza un soldo e senza nulla da mangiare. -Ho capito- sospirò
l'armadio chinandosi per riprendere il formaggio ancora avvolto nella
pellicola trasparente. -Tieni- mi disse porgendomelo. Io spalancai
leggermente gli occhi osservandolo e, senza farmelo ripetere, lo
presi timidamente.
-Grazie-
sussurrai senza guardarlo in faccia.
-Saki,
stai di nuovo mangiando senza di noi eh, vecchio ingordo- sentii poi
una voce maschile che proveniva dalle scale e dei passi che si
avvicinavano al “galoppo”. In cucina apparve un ragazzo con dei
cornrows neri tenuti in una fascia, dei vestiti da hip hop e un
piercing al labbro inferiore a sinistra. Quando mi vide si bloccò
all'istante osservandomi dalla testa ai piedi, cosa che mi irritò
parecchio.
-E
lei chi è?- chiese subito.
-Una
ragazza che è entrata di nascosto. Aveva fame. Non so, non mi
ha detto altro- rispose l'armadio. Quel ragazzo particolare mi si
avvicinò continuando a guardarmi.
-La
smetteresti di fissarmi come se fossi una cavia da laboratorio?-
sbottai infastidita. Lui dapprima mi guardò sorpreso, poi
sorrise malizioso.
-Che
caratterino- commentò compiaciuto.
-Senti,
ce l'hai una casa?- intervenne il così detto Saki. Io scossi
la testa tornando all'espressione triste che mi perseguitava da mesi
ormai. -I tuoi genitori?- continuò sorpreso.
-Io
non ho dei genitori- ribattei freddamente. Li odiavo con tutta me
stessa e non sarei tornata a vivere con loro per nessuna ragione al
mondo.
-Capisco,
ehm...- Saki cominciò a riflettere. -Quindi non hai nessun
posto dove andare- concluse. Io annuii continuando a pensare al
formaggio che avevo in mano e al fatto che non avrei resistito ancora
per molto.
-Scusa,
Saki, non può rimanere qua per qualche giorno?- propose il
ragazzo guardando l'omone. Vidi Saki riflettere qualche secondo
sospirando.
-Non
so se David la prenderà bene ma mi rincresce sbatterla fuori
in queste condizioni- rispose osservandomi impietosito con le braccia
incrociate al petto. Mi sentivo davvero una cavia da laboratorio in
quel momento. -Va bene, puoi restare per qualche giorno- mi disse
infine. Io feci un sospiro di sollievo.
-Grazie-
sussurrai. Poi guardai il pezzo di formaggio che avevo ancora tra le
mani.
-Puoi
mangiarlo- sorrise il ragazzo osservandomi divertito. -Mica ti
tagliamo le mani- continuò sarcastico. Già mi stava
antipatico quel tipo ma decisi di mantenere la calma se volevo
sopravvivere. Tutto d'un tratto provai vergogna. Forse per come mi
ero presentata lì dentro. Forse perchè veramente
sembravo una morta di fame che guardava un pezzo di formaggio come se
fosse oro. Ma non era colpa mia. Vidi Saki avvicinarmisi e prendermi
il formaggio dalle mani. Lo posò sul tavolo e lo liberò
dalla pellicola. Prese un coltello e tagliò tanti cubetti.
Poi, infine, me ne porse uno. Io lo accettai e lo misi in bocca. Mi
veniva da piangere. Finalmente qualcosa che non fosse solo aria,
entrava nella mia bocca. Quando lo mandai giù mi sentii come
rinascere. Alzai distrattamente lo sguardo sul ragazzo mentre
prendevo un secondo cubetto. Mi osservava sorridendo. Che aveva da
continuare a sorridere?
-Vado
a chiamare gli altri per spiegargli questa piccola novità-
annunciò Saki per poi salire su per le scale. In cucina
rimanemmo io e il ragazzo.
-Come
ti chiami?- mi chiese.
-Sara-
risposi mettendo in bocca un altro pezzo di grana.
-Io
sono Tom, piacere- mi sorrise sedendosi sulla sedia. -Siediti pure-
mi disse poi indicandomi la sedia a capo tavola, vicina a lui. Io
ubbidii continuando a mangiare. -Come mai non hai una casa?- mi
chiese poi.
-Non
sono affari tuoi- risposi netta.
-Beh,
scusami se mi interesso- ribattè lui per niente offeso. -Sei
sempre così simpatica con tutti?- mi chiese poi in tono
sarcastico.
-Solo
con quelli che dico io- risposi guardandolo negli occhi senza neanche
sbattere le palpebre. Le sfide le vincevo sempre io.
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