Forgiveness
6:00
a.m.
Beep!Beep!
Il
suono incessante della sveglia svegliò Percy Weasley in quella
fredda mattina di metà novembre. Ancora assonnato allungò
una mano da sotto il tepore delle coperte e spense la sveglia che
aveva comprato in uno di quei mercatini babbani che tanto piacevano a
suo padre. Rimase qualche istante sotto le coperte e poi con un gesto
deciso le calciò via pronto ad affrontare l'ennesima grigia e
patetica giornata.
Se
c'era una cosa che Percy Weasley poteva affermare di amare era la sua
routine mattutina. Quei piccoli gesti quotidiani e ripetitivi lo
aiutavano ad allontare via il silenzio di quella piccola casa a cui
non si era ancora abituato- lui che era cresciuto in una casa sempre
affollata dove non poteva mai ritagliarsi uno spazio per sè.
Come
ogni mattina da quando era andato a vivere da solo, si gettò
sotto il getto freddo della doccia. Nonostante le temperature non
fossero mai state clementi durante l'inverno londinese aveva sempre
preferito fare la doccia fredda, quasi a voler incosciamente lavare
via quel senso di vergogna e di imbarazzo che pian piano gli si era
infilato sotto la pelle e che sembrava deciso a non abbandonarlo.
Ricordava
ancora quando era un ragazzino e aveva iniziato a frequentare
Hogwarts e sentiva più che vedere gli sguardi beffardi
dei suoi compagni posarsi sui suoi vestiti di seconda mano e i libri
malandati. L'unico modo con cui Percy era riuscito a sopportare
allora quel velo di imbarazzo che gli imporporava le guance in quei
momenti era stato impegnarsi ancora di più nello studio. Non
che la cosa gli dispiacesse, certo, era sempre stato un ragazzino
curioso e avido di conoscenza ed era perfettamente conscio che questo
fosse il suo migliore punto di forza (forse l'unico? ripetava anche
allora una certa vocina insistente). Del resto non possedeva il
carisma e l'intelligenza vivace di Bill o il talento sportivo di
Charlie né aveva la capacità di attirare a sé
folle di amici come erano invece soliti fare i gemelli.
In
seguito era riuscito nel suo intento: dodici G.U.F.O. e un impiego al
Ministero! All'epoca pensava che la vita gli stesse finalmente
sorridendo.
Ma
quando mai aveva avuto fortuna lui?
Gli
stessi sguardi ilari misti a pietà e le stesse risatine
beffarde lo avevano accompagnato nei corridoi di quello che era stato
senza ombra di dubbio il suo luogo preferito fin da bambino. Ora,
Percy amava la sua famiglia e sapeva di tutti i sacrifici che i suoi
genitori avevano compiuto per lui e i suoi fratelli ma possibile che
non avessero mai avuto il desiderio di migliorarsi? Di raggiungere
gradini più elevati rispetto a quelli a cui erano giunti?
La
risposta era molto semplice: suo padre adorava il suo lavoro e non lo
avrebbe lasciato per niente al mondo e non desiderava far carriera o
guadagnare di più. Del resto, era solito ripetere Arthur
Weasley ai suoi figli, non sono i soldi a tenerci uniti e a fare di
noi una famiglia.
Anche
Percy vi aveva creduto per un po' e aveva pensato che avrebbe potuto
continuare a credere agli insegnamenti dei suoi genitori aggiungendo
anche un po' di ambizione e desiderio di rivalsa che erano
tipicamente suoi. Si era impegnato, davvero, aveva cercato di dare il
meglio di sé come assistente personale del signor Crouch ed
era finito con il fallire miseramente.
Quel
giorno era tornato a casa con il volto ancora arrossato per
l'imbarazzo a cui era stato sottoposto durante l'inchiesta e le dita
della mani chiuse in un pugno di ferro. Forse quello era stato il
momento peggiore della sua vita perchè per una volta le
risatine beffarde che l'avevano accompagnato non erano state frutto
della povertà dei suoi genitori ma dei suoi errori, della sua
incapacità di riuscire in qualcosa.
Quella
notte aveva pianto per la prima volta da tanto tempo, reprimendo i
singhiozzi sul cuscino nel timore che, nonostante avesse
insonorizzato la stanza, qualcuno dei suoi fratelli potesse sentirlo.
Aveva
cercato di fare tutto nel modo migliore di tutti e alla fine era
riuscito solo a dimostrare a tutti che non era in grado di portare a
termine qualcosa, lui.
E
mentre piangeva i soliti pensieri negativi gli riempivano la mente,
sempre gli stessi da quando aveva memoria: non sei bello e
intelligente come Bill, non sei talentuoso e avventuriero come
Charlie, non sei divertente e ingegnoso come i gemelli, non sei leale
e buono come Ron, non sei forte e determinato come Ginny. E poi
di nuovo fino a quando era crollato sfinito dalle sue stesse lacrime.
Il
mattino dopo mentre cancellava le ultime tracce di pianto dal viso e
scendeva a fare colazione sentiva come aveva sempre sentito lo
sguardo preoccupato di sua madre che indecisa su come poterlo
consolare gli accarezzava teneramente il volto, sentiva le risatine a
stento trattenute dai gemelli, i quali del resto lo avevano sempre
considerato inutile.
Forse
perchè inutile lo sei davvero? ripetè la vocina
nella sua testa.
Probabilmente
fu colpa di quella vocina o di tutta la rabbia che Percy sapeva di
aver trattenuto per troppo tempo che litigò ferocemente poco
dopo con suo padre.
Niente
avrebbe dovuto impedirgli però di chiedere scusa e di tornare
a casa ma si sa, è più facile scappare che affrontare i
problemi anche se questo lo rendeva soltanto un vigliacco. Poteva
quasi sentire i commenti dei suoi fratelli alle sue spalle ma per una
volta decise di mettere a tacere tutte quelle vocine nella sua testa,
tutti gli scherni a cui era dovuto andare incontro e a concentrarsi
soltanto su di sé.
Scoprì
con sua grande sorpresa che era molto più semplice di quanto
avesse previsto: bastava mettere a tacere il senso di colpa, la
propria coscienza e seguire senza pensarci due volte ciò che
altri avevano deciso per lui. Da quel momento in poi non mise mai più
in discussione una parola del Ministero: ciò che gli veniva
chiesto di fare, lui faceva senza chiedere spiegazioni.
E
aveva funzionato. Stava facendo carriera, si stava costruendo un
nome; alcuni impiegati spesso lo fermavano in corridoio per
complimentarsi con lui o per chiedergli consigli.
A
lui! che fino a quel momento era sempre sempre stato considerato
noioso da tutti.
Erano
successe tante cose in quel periodo a cui lui non aveva preso parte e
di questo si pentiva profondamente: l'attacco a suo padre, il ritorno
di Colui-che-non-deve-essere-nominato, la morte di Silente, il
matrimonio di suo fratello maggiore, la caduta del Ministero e infine
l'avvento di una nuova politica aggressiva e crudele contro i Nati
Babbani
Mentre
pensava a tutti gli eventi drammatici a cui era stata sottoposta la
sua famiglia, uscì dalla doccia e si mise davanti allo
specchio leggermente scheggiato del bagno. Guardò il suo
riflesso notando come l'azzurro dei suoi occhi risultasse spento e su
quanto fossero marcate le sue occhiaie. Aveva poco più di
vent'anni e si sentiva come se tutta la sua vita fosse stata
sprecata.
Afferrò
con decisione i bordi del lavello e chiuse gli occhi tentando di
imporsi la calma respirando a fondo mentre avvertiva montare il
solito senso di nausea che lo accompagnava quando ripensava a tutto
ciò che si era perso in quei due anni dopo la sua scelta
scellerata.
Quando
aveva sentito la notizia che suo padre fosse stato attaccato si era
sentito morire. Aveva avvertito qualcosa rompersi dentro di lui e
tutto ciò che voleva fare era scappare via dall'aula di
tribunale in cui si trovava insieme al Ministro e correre via, vedere
la sua famiglia, stringere le mani di suo padre e farsi consolare da
lui come quando era bambino e rimaneva vittima di uno degli scherzi
dei gemelli. Aveva sempre ammirato suo padre, anche se non
gliel'aveva mai confessato, e pensare che lui stesse male e che lui
non fosse al suo fianco l'aveva distrutto più di quanto
chiunque avrebbe mai potuto immaginare.
Ma
sapeva di avere lo sguardo del Ministro e dei suoi fedeli su di lui,
intenti a studiare qualsiasi cambiamento nella sua espressione,
qualsiasi indizio potesse svelare la sua colpa. Così ricacciò
il groppo che gli era salito in gola e aveva dato la risposta che
tutti si aspettavano da lui.
Nessuno
avrebbe mai saputo che era andato a trovare di nascosto suo padre
ogni sera quando sapeva che non avrebbe potuto incontrare nessuno e
quando il padre era profondamente addormenatato. Aveva dovuto quasi
supplicare l'infermiera di non rivelare mai alla madre delle sue
visite ma ne era valsa la pena.
Poi
vi era stato l'attacco dei Mangiamorte nel cuore del Ministero e la
comparsa di Voldemort stesso. Ancora una volta il senso di vergogna
aveva tentato di sopraffarlo. Lui, che per un anno intero aveva
ripetuto la storiella da quattro soldi venduta dal Ministero della
Magia, che aveva denigrato il professor Silente per la sua guerra
costante contro di loro, che aveva tentato di convincere suo fratello
minore a prendere le distanze dal suo migliore amico il quale aveva
avuto soltanto la sfortuna di dire a tutti quanti la verità e
di essere ricambiato con ingiurie e derisioni. L'unica nota positiva
di quel periodo che assumeva sempre di più i contorni di un
incubo era stata la visita a Diagon Alley per osservare il negozio di
scherzi aperto dai suoi fratelli.
Lo
ammetteva, non credeva che quei due fossero in grado di combinare
qualcosa di così..beh, geniale. E redditizio a dirla tutta. A
diciassette anni, i suoi fratelli erano riusciti ad aprire
un'attività di tutto rispetto contando soltanto sulle proprie
idee e sul proprio talento. Avevano conquistato il loro angolo di
mondo. Qualcosa che lui aveva sempre sognato ma che ancora in realtà
non era esattamente successo.
Ma,
di nuovo, quando mai lui era riuscito in ciò che voleva?
Non
era riuscito ad entrare all'interno del negozio; aveva preferito
osservare da fuori i colori vivaci che animavano non solo le pareti
del negozio ma i visi dei suoi fratelli mentre illustravano la merce
ai clienti. Si era ritrovato a sorridere nonostante tutto con uno
strano senso di orgoglio che gli inondava il petto.
Era
così che sarebbe dovuto essere tra fratelli: essere orgogliosi
dei loro traguardi, prestare loro aiuto nel momento del bisogno e
asciugare le loro lacrime nel momento del fallimento. Il sorriso che
lo avevano rianimato per qualche istante era rapidamente sparito: lui
non era mai stato nessuna di queste cose; aveva sempre provato
invidia per gli sconfinati talenti di tutti i suoi fratelli. E sapeva
con certezza che nessuno di loro avesse mai provato orgoglio nei suoi
confronti. Lui era il traditore, colui che aveva preferito la
carriera prima della propria famiglia.
Ancora
immerso nel ricordo riaprì lentamente gli occhi: se avesse
continuato a distrarsi in quel modo, sarebbe arrivato in ritardo a
lavoro.
In
pochi istanti si lavò i denti, si rasò con cura le
guance e indossò uno dei suoi completi più nuovi. Non
si fermò neanche per bere una tazza di thè ed evitando
accuratamente di vedere il proprio riflesso nello specchio del
corridoio, decise di smaterializzarsi direttamente al Ministero.
Una
volta arrivato lì cercò di non guardarsi troppo
attorno: l'atmosfera tetra e cupa che si respirava al suo interno era
così diversa dai suoi ricordi di bambino da fare quasi male.
I
Mangiamorte credevano ormai di essere i padroni del posto,
camminavano nei corridoi con la consapevolezza di essere intoccabili
e invincibili e con la presunzione di essere migliori di tutti. Percy
cercava di evitarli per quanto era possibile.
Non
ricordava di essere stato tanto stanco da non voler andare a lavoro.
-Un
galeone per i tuoi pensieri!- esclamò una voce femminile
dietro di lui. Inconsapevolmente un piccolo sorriso comparve sul suo
viso prima di voltarsi per rispondere alla giovane.
-Se
fossi in te non sprecherei neanche uno zellino per i miei pensieri!-
replicò Percy.
La
ragazza rise leggermente, divertita. Si chiamava Audrey Light e
subito dopo i M.A.G.O. conseguiti l'estate precedente aveva ottenuto
un impiego nel suo stesso ufficio e stranamente i due avevano
iniziato quella che poteva essere definita come una timida amicizia,
anche se Percy sapeva che i sentimenti che iniziava a nutrire per lei
esulavano la semplice amicizia. Spesso, quando il lavoro diventava
semplicemente troppo noioso Percy si ritrovava ad osservare la figura
minuta di Audrey seduta nella scrivania accanto alla sua: si
concentrava soprattutto sui lisci capelli biondi che le ricoprivano
la schiena; su quelle ciglia chiarissime che vibravano leggermente
mentre era intenta a leggere qualche documento; sui movimenti sicuri
delle mani di porcellana mentre chiacchierava e si animava di vita.
Amava
perdersi soprattutto sui suoi chiari occhi verdi che sembravano
fissarlo sempre con dolcezza e con un pizzico di malizia. In quelle
pagliuzze leggermente dorate che adornavano il verde dei suoi occhi
Percy si sentiva al sicuro, amato, meritevole di una seconda
possibilità. Se solo avesse saputo che persona era realmente
Percy, i suoi occhi avrebbero tradito la delusione e non si sarebbero
più posati su di lui.
-Questo
lascialo decidere a me Percy- replicò la biondina
ricollegandosi al discorso di poco prima mentre Percy si concentrava
su come adorasse sentire il suono della sua voce mentre pronunciava
il suo nome. Si ritrovò a sorridere leggermente mentre la
seguiva verso gli ascensori.
-Davvero
Percy, va tutto bene?- gli chiese dolcemente mente attendevano di
arrivare al loro piano. Percy deglutì rapidamente; come poteva
rispondere sinceramente a quella ragazza sempre onesta e dolce?
Scelse di annuire leggermente nel timore che la propria voce potesse
tradirlo in qualche modo. Tuttavia Audrey doveva essersi accorta di
quella sorta di lotta interiore che Percy stava vivendo perchè
gli accarezzò brevemente la guancia prima di rispondere:- Lo
sai che non è mai troppo tardi, vero?-
Percy
la fissò stupito da tanta perspicacia.
-Lo
sai che nessuno è mai stato in grado di leggermi dentro,
vero?-
**
Erano
passati ormai dieci mesi da quella giornata al Ministero. Tante cose
erano cambiate da quel momento. Voldemort e i suoi Mangiamorte erano
stati definitivamente sconfitti durante la Seconda Guerra Magica.
Santo
cielo.. la guerra.
Non
aveva un ricordo ben chiaro di quel 2 maggio. Ricordava solo di
essere riuscito a chiedere perdono per tutti i suoi stupidi errori,
di aver abbracciato nuovamente la sua famiglia e poi di aver lottato
a lungo.
Nei
suoi ricordi frammentati e che spesso lo svegliavano nel cuore della
notte c'erano lampi di incantesimi, rumori assordanti, l'odore di
sangue e di paura e c'era Fred.
Non
ricordava una notte da quando era finita la guerra in cui non avesse
sognato suo fratello. Era con lui nel momento in cui era stato ucciso
e ricordava con esatta precisione le parole che aveva pensato in quel
momento: dovevo essere al suo posto.
Tutto
gli era sembrato ingiusto da quel momento in poi; avvertiva un dolore
sordo che gli impediva anche soltanto di respirare. Aveva avvertito,
sentito, il profondo dolore di George che lentamente stava
cercando di trovare un posto nel mondo senza aver Fred accanto a sé.
Aveva osservato i suoi genitori aggrapparsi l'uno all'altra per
superare la tragica morte del figlio e a continuare ad amare
incondizionatamente ognuno di loro.
Eppure
lui di quell'amore non si sentiva proprio degno. Che diritto aveva
lui di piangere quando era stato il primo a rinunciare a loro? Come
poteva aspettarsi che i suoi fratelli volessero consolarlo quando lui
non era stato presente quando loro avevano bisogno di essere
consolati?
Ancora
una volta, in realtà, era stata Audrey ad indicargli la via da
intraprendere. Lo aveva fissato con quei suoi meravigliosi occhi
verdi che non avevano perso tutta la loro dolcezza e gli aveva
sussurrato di avere coraggio. Poi aveva posato leggermente le labbra
sulle sue cercando di trasmettergli tutto il suo appoggio.
Sentire
che lei si fidava di lui nonostante tutto, nonostante gli errori
commessi l'aveva spinto a tornare a casa, a provare a rimediare anche
se in maniera impacciata e goffa.
Capì
di aver compiuto la scelta giusta specchiandosi negli occhi di sua
madre ancora troppo lucidi ma pieni di gioia del fatto che lui fosse
finalmente tornato; nei sorrisi mesti che gli rivolgeva Ron; nelle
carezze accennate di sua sorella tra i capelli mentre si scontravano
nei corridoi; nella stretta di suo fratello Charlie; nelle
espressioni rassicuranti di Bill e Fleur.
Sentiva
che loro l'avevano perdonato.
Era lui che non riusciva proprio a dimenticare il passato.
Capì
di aver compiuto la scelta giusta soprattutto grazie a George.
Dopo
la morte di Fred per giorni che erano diventate poi settimane, il
ragazzo si era barricato nella camera che aveva condiviso con Fred
rifiutandosi di mangiare, di scendere e stare in compagnia dei suoi
fratelli e degli amici che titubanti scrivevano per condividere con
lui il suo dolore. Nessuno di loro era riuscito a convincerlo a
reagire, a tentare di trovare un senso in questa nuova vita.
Percy
allora aveva deciso di pranzare con lui tutti i giorni; non cercava
di parlare o di forzarlo a compiere qualcosa per cui non si sentiva
ancora pronto.
Semplicemente
si sedeva sul pavimento accanto al letto del fratello e gli teneva
compagnia con la sua presenza silenziosa. All'inizio sembrava quasi
che il fratello non avesse notato il cambiamento, ma poi piano piano
aveva iniziato a mangiare con lui mantenendo il silenzio e solo dopo
qualche tempo l'avevano interrotto con qualche laconico commento.
Sempre
tenendo una mano silenziosa sulla sua spalla Percy era riuscito a
convincerlo a scendere in cucina a mangiare con tutta la famiglia con
l'aggiunta di Harry ed Hermione e timidamente George aveva iniziato
a vivere di nuovo.
Fu
così che quando Percy lo vide spuntare con l'accenno di un
ghigno divertito e chiedergli:-Ti va di fare il tour per vip al
negozio di scherzi?- seppe di essere stato perdonato.
**
-...
e davvero non pensavo che avessero creato tutte queste cose
fantastiche! E dire che la maggior parte delle idee hanno iniziato a
svilupparle quando avevano soltanto sedici anni!-
Percy
e Audrey erano sdraiati sul letto di lei e stavano condividendo i
dettagli della giornata: George aveva accompagnato Percy a fare un
giro nel suo negozio e ora quest'ultimo stava cercando di trasmettere
tutto il suo entusiasmo ad Audrey, la quale lo fissava divertita
accarezzandogli dolcemente i capelli.
-Sono
degli assoluti geni allora- concordò dolcemente con lui e
ridendo del cenno entusistico che ricevette in risposta.
-Mi
sento quasi in colpa della felicità che sto provando in questo
momento sapendo che Fred non potrà più esserlo- le
confessò quando l'ilarità scomparve. Audrey si limitò
a fissarlo spronandolo ad andare avanti consapevole del fatto che
avesse bisogno di sfogarsi con lei.
-Aveva
tutta la vita davanti, dei progetti, dei sogni, una famiglia da
costruire. E io... mi sento così in colpa. Da quando ho
riallacciato i rapporti con i miei genitori e i miei fratelli, mi
sento di nuovo completo e quando sto con te, sono l'uomo più
felice del mondo. Sei riuscita a riportare i colori nella mia vita e
Fred non potrà mai sperimentare un amore come quello che io
provo per te..-
-Percy...-
tentò di consolarlo la ragazza ma lui la sorprese con un
sorriso leggero:- No, ascoltami. È proprio per questo motivo
che io devo amarti due volte di più rispetto a quanto ti amo
ora. Perchè la vità è una e io ho già
perso fin troppo tempo! Ti amo Audrey Light, ti amo dal primo momento
in cui ti ho vista- le sussurrò infine con le guance
leggermente arrossate e nascoste in parte dal buio della stanza.
Il
sorriso che comparve sul sorriso di Audrey fu più eloquente di
qualsiasi parola.
Note:
Salve
a tutti! È passato molto tempo da quando ho deciso di scrivere
qualcosa ma oggi qualcosa mi si è smosso dentro e ho sentito
questo desiderio improvviso di scrivere!
So
che non tutti amano questo personaggio che effettivamente nella saga
si rivela spesso un o stupido a causa delle sue scelte ma io ho
sempre sospettato che ci fosse qualcosa in più dietro questa
facciata e ho provato a vedere oltre. Credo che fondamentalmente
Percy fosse molto insicuro e solo e a volte questi sentimenti possono
spingere anche il migliore tra noi a commettere errori. Non so se
sono riuscita nel mio intento o se è uscito soltanto un enorme
disastro! Seconda un'altra mia teoria un ruolo chiave viene svolto
dalla sua futura moglie Audrey che sarà in grado di riportarlo
sulla giusta strada e di guidarlo sempre.
Spero
che la storia sia comunque di vostro gradimento e sono ben accetti
consigli e critiche!
Grazie
per il vostro tempo,
Hoon21
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