Hayato continuava a camminare nervosamente avanti e indietro per lo
studio, Tsunayoshi seduto alla scrivania fingeva di battere a computer
alcuni documenti annoiato, ma in realtà era nello stesso
stato.
"Basta, io la chiamo!" esclamò Hayato permettendo alle
parole rimaste schiacciate sul suo petto di esplodere.
"Non puoi" ribatte immediatamente Tsunayoshi alzando il viso dallo
schermo per incontrare i suoi occhi.
In quel momento sembrò non ci fosse bisogno di altre parole,
ma il giovane boss le disse ugualmente.
"Gli insegnanti non sanno che le hai dato un cellulare..."
Hayato sapeva come si sarebbe conclusa la frase e la
anticipò.
"Rischierei di farla punire... lo so..."
Tsunayoshi sospirò, si abbandonò alla grande
poltrona comoda su cui era seduto e per la prima volta gli parve di
marmo.
"Ascoltami, dobbiamo solo distrarci..." gli disse sentendo il cuore
pesante e fin troppi pensieri affollare la sua mente.
"Distrarci..." ripetè Hayato senza rendersi conto di avere
accelerato i suoi passi.
"Come?" domandò dopo aver scartato qualunque opzione che gli
era giunta come suggerimento carico di ansia e preoccupazione.
"Questo non lo so ancora, ma non possiamo continuare
così...non ci arriviamo a domani" rispose Tsunayoshi
cercando di mantenere un tono stabile.
"Quindi la posso chiamare? Ne va delle nostre vite!" incalzò
la giovane tempesta.
"Hayato, no! Non devi cedere!" ribadì Tsunayoshi.
"Dobbiamo solo trovare qualcosa che ci tenga occupati, tipo potresti
rileggere la saga di Star Wars..." iniziò a dire, ma fu
subito interrotto.
"La sua preferita... e poi il personaggio di Rey, me la ricorda
così tanto..." mormorò Hayato facendosi
più vicino fino a portarsi dietro alla poltrona.
"Già..." sospirò Tsunayoshi.
"È così coraggiosa e poi è sensibile,
ma non tende a mostrarlo apertamente..." aggiunse con aria sognante.
"È perfetta..." sospirò Gokudera.
"E mi manca già così tanto..."
Tsunayoshi guardò l'orologio, erano passate solo cinque ore
e avevano davanti una settimana ancora. Come sarebbero sopravvissuti?
"Focus, Hayato! Dobbiamo distrarci!"
"Signor sì, Juudaime!" scattò Gokudera
sull'attenti.
Dopo molteplici tentativi entrambi si arresero perché ogni
pensiero conduceva sempre alla stessa direzione, persino quello che
sembrava più distante dall'argomento.
"Okay, basta..." sussurrò Hayato, nonostante la voce flebile
Tsunayoshi ne percepì tutta la determinazione.
"Che vuoi fare?" gli domandò immediatamente.
Hayato superò la poltrona mettendosi a digitare a computer
comodamente appoggiato sulle sue gambe.
"Sì, cazzo!" esclamò trionfante.
Tsunayoshi lo guardò interrogativo.
"Biglietti di sola andata Palermo-Firenze" esultò l'altro.
"No...non ci pensare neanche" disse Tsunayoshi.
Hayato continuò a fissarlo con occhi dolci e tentatori.
"Ho detto di no, non comportarti come un bambino..."
"Eddai... Tsuna..." quasi piagnucolò Hayato.
"Quanto costano?" domandò il giovane boss con un sospiro
carico di interesse.
"150 a persona, però per quanto guadagnamo ce lo possiamo
permettere..." rispose subito Hayato supplicandolo con un tono molto
dolce.
"Trovaci un albergo" disse Tsunayoshi senza battere ciglio accennando
un sorriso.
"Che cosa?" domandò Hayato sorpreso.
"Da qualche parte dovremo pure dormire" rispose Tsunayoshi addolcito.
"Quindi andiamo davvero?"
Tsunayoshi annuì, non ne poteva più di portare
avanti quella messa in scena.
"Sto diventando pazzo senza sapere come sta..."
Qualche minuto più tardi davanti alle porte della magione
dei Vongola apparvero due valige, due trolley di dimensione piuttosto
piccole.
"Quelle di un bagaglio a mano" constatò Reborn.
"Sì..." sussultò Tsunayoshi che aveva sperato
davvero per un istante di essere sfuggito a quello che per anni era
stato il suo mentore.
"Dove pensate di andare?" incalzò immediatamente il tutor.
"Domani avete un meeting importante e non tollererò un altro
ritardo."
Tsunayoshi iniziò a muovere nervosamente le mani, Hayato a
guardare ovunque tranne che in direzione del tutor, ci mancava solo che
si mettessero a fischiettare e sarebbero stati il ritratto dei colti in
flagrante.
"Non siete per niente sospetti, no davvero..." sospirò
l'assassino professionista rassegnato.
"È che siamo preoccupati per Kamy, Reborn-san" rispose
finalmente Gokudera.
Reborn scosse la testa, fu tentato di tirare entrambi per un orecchio,
ma si impose di resistere.
"Io mi preoccuperei per voi piuttosto... avete trenta anni a testa e
devo starvi ancora dietro..."
Tsunayoshi agitò le mani rapidamente davanti al viso del suo
ex tutor.
"No, Reborn. Non è come pensi, noi non stiamo andando a
prenderla..."
L'ex arcobaleno rimase interdetto a guardarli, indeciso su come agire.
Tsunayoshi si era forse dimenticato che la sua mente era un libro
aperto? Hayato credeva davvero di poterlo ingannare mentre scuoteva la
testa a conferma di ciò che aveva detto Tsuna.
"Lo so, lo so che non state andando a prenderla" disse incredulo della
conversazione che stavano avendo.
"Esatto!" dissero entrambi all'unisono confermando.
"State andando solo casualmente..." disse rimarcando l'avverbio "nello
stesso posto dove si tiene il campo scuola così da poterla
osservare... e questo è anche peggio."
I due rimasero in silenzio per una manciata di secondi, il tempo
necessario per Reborn per riflettere.
Che ne potessero dire non era mai stato un tipo avventato, i suoi
discorsi per quanto rapidi potessero sembrare erano sempre il frutto di
profonde riflessioni analitiche.
Doveva ammetterlo, lui non aveva mai avuto un figlio -anche se in un
angolo del suo cuore aveva pensato più volte a Tsuna come
tale- e questo era sicuramente un punto a favore di Tsunayoshi e Hayato.
Inoltre c'era da dire che in sette anni quella era la prima volta che
si separavano dalla loro bambina per un tempo così
prolungato.
E questo era un altro punto per loro.
Kamy però, aveva già dieci anni, era giunto il
momento che facesse le sue prime esperienze da sola, senza sempre i
genitori dietro, anzi addosso.
E questo era sicuramente un punto per Reborn.
In più Tsunayoshi e Hayato erano davvero dei genitori
opprimenti, avrebbero dovuto riconoscere che il motivo per cui la
bambina aveva esultato tanto al pensiero di una settimana fuori con la
scuola era fortemente legato alla conquista della propria
libertà.
Ed ecco un altro punto per l'assassino.
Senza contare che un giorno avrebbe ereditato la famiglia -su questo
punto lui e Tsunayoshi si scontravano quotidianamente- quindi doveva
sapere come affrontare i problemi contando solo su se stessa.
Un altro punto a favore.
Reborn ne trovò molti altri nel giro di pochi secondi, come
il fatto che poi sicuramente Kamy avrebbe raccontato le sue esperienze
condividendole, quanto si sarebbe divertita, il brivido di sentirsi
più grande e il primo compleanno senza la famiglia.
Ah ecco, probabilmente se non ci fosse stata quella data di mezzo i due
genitori iperprotettivi non avrebbero svalvolato in questo modo. O
forse non sarebbe cambiato niente.
"Io non vi fermo, mi sembra ridicolo doverlo fare, ma sappiate che la
vostra è una scelta stupida" disse e senza aggiungere altro
rientrò all'interno dell'imponente struttura.
Tsunayoshi e Hayato si scambiarono un'occhiata veloce, una di quelle in
cui ogni parola era superflua perché tutti quegli anni
insieme li avevano davvero resi telepatici.
Credi che dovremmo ripensarci?
Ma ormai ho preso i biglietti?
Però Reborn ha detto che...
Controlliamo solo che stia bene e torniamo
Avrà paura del campeggio?
No, è coraggiosa e poi tu non hai mai visto le zone boscose
della Toscana
Quindi è deciso?
Non stiamo facendo niente di male
Niente di male
In un attimo si ritrovarono al check-in senza più dubbi in
testa e qualche istante dopo erano seduti in aereo.
Il viaggio durò circa un'oretta, un'offerta last minute con
i fiocchi.
Una volta atterrati Hayato guardò attentamente sulla
circolare scolastica di cui aveva la foto sul cellulare l'indirizzo del
campeggio e chiamò un taxi che li portasse all'albero
più vicino doveva aveva prenotato.
Una volta giunti depositò le valige in camera e riscese
immediatamente a cercare il bosco dove era stato allestito il campeggio.
Okay, il grosso era fatto.
Ora rimaneva la domanda da un milione di dollari: come infiltrarsi in
una scolaresca delle elementari passando inosservati.
La fortuna volle che poco distante dal campeggio ci fossero delle
bancarelle che davano sulla strada e avevano una parvenza
più civile del bosco fitto dove erano state alloggiate le
tende.
Fingendosi dei turisti che poi a conti fatti erano, Tsunayoshi e Hayato
riconobbero la divisa della scuola privata a cui avevano iscritto la
loro figlia e immediatamente iniziarono a pedinarla passando da
bancarella a bancarella nascondendosi dietro qualunque oggetto che
potesse mascherarli.
"Kamy" improvvisamente la sentirono chiamare. I due genitori guardarono
la scena, un bambino molto più alto si stava avvicinando
alla loro stella.
Hayato era già pronto a partire in quarta, Tsunayoshi temeva
il peggio.
"Ti è caduto questo" disse il bambino porgendole il ciondolo
a forma di stella che portava al bracciale che non toglieva mai.
"Grazie mille" sentirono la sua melodiosa voce e rimasero incantati ad
ascoltare.
"Cazzo mi sparerei se lo perdessi, è un regalo dei miei
genitori."
Tsunayoshi e Hayato si strinsero avvicinandosi un po' di
più, senza dirselo sapevano che stavano condividendo lo
stesso flashback.
I ricordi andarono inevitabilmente al giorno in cui l'avevano
incontrata nell'orfanotrofio dove avevano deciso di fare una donazione
in seguito all'aver accidentalmente danneggiato la porta del condominio.
Ovviamente, neanche a dirlo, la colpa era stata più di
Hayato che ancora faticava a tenere a bada la propria dinamite, ma
Tsunayoshi si era subito schierato a supporto.
Kamy era corsa verso di loro, tenendo in mano il peluche di una stella,
in realtà era corsa verso il proprietario chiedendogli
ancora una volta quando sarebbero arrivati i suoi genitori.
Tsunayoshi sentì una morsa al cuore e gli bastò
guardare Hayato per sapere che stavano provando la stessa cosa.
Poi più tardi il discorso era stato intavolato, proprio
prima di spegnere le luci e andare a dormire.
Ne avevano parlato per settimane, scontrandosi con quelle che erano le
loro insicurezze sia personali, sia relative alla coppia.
Poi erano andati a prenderla e quel giorno avevano deciso di portarle
un gioiello piccolo, ma in oro, per convincere il proprietario
dell'orfanotrofio che non le avrebbero fatto mancare niente.
La bambina aveva sorriso, un sorriso così grande e puro che
ogni paura dei due neogenitori era scomparsa. Lo aveva fatto non quando
le avevano detto di essere stata adottata, finalmente, ma quando le
persone che l'avevano scelta le avevano fatto un piccolo inchino per
presentarsi.
Tsunayoshi si era accovacciato alla sua altezza e le aveva consegnato
il pacchettino con dentro il bracciale.
"È per te" aveva detto amorevolmente.
Kamy da quel giorno non se lo era mai tolto.
Entrambi non potevano togliersi dalla mente quegli occhi marroni
ridenti e il modo il cui aveva fatto ondeggiare la lunga treccia
castana saltando sul posto.
Prima ancora che lo sapessero tutto aveva iniziato a ruotare intorno a
lei, ogni pensiero era indirizzato a quella bambina, ogni azione era
fatta per lei, per la loro figlia.
Il nome Kamy non lo avevano scelto loro, la bambina lo aveva
già, forse se lo era dato da sola o almeno così
sosteneva.
Essendo già troppo grande per non avere ricordi entrambi
optarono per non cambiarlo e Hayato fece tutte le ricerche possibili su
un eventuale significato o simbolo che potesse associare.
Alla fine trovò due informazioni interessanti: quel nome era
usato nel gergo inglese tra ragazzi per parlare di una persona
adorabile e affettuosa e Kamilla in tedesco significava persona libera,
del resto derivava da Camillus latino, quindi non poteva che avere un
significato analogo.
Rimase poi a riflettere sul fatto che "kami" significava dio in
giapponese.
In sostanza si abituò presto a pensare che sua figlia fosse
una dea, adorabile, affettuosa e libera, era un concetto che gli
piaceva decisamente e che Tsuna non ne poteva più di sentire.
Il rossore sulle gote della loro piccola li riportò alla
realtà.
"Guarda, sei tutta rossa!" la stuzzicò una compagna di
classe.
"E perché Roberto le ha rivolto la parola"
incalzò un'altra.
Tsunayoshi le guardò attentamente, riconobbe Martina, lei
sicuramente era venuta più volte a dormire e quella alla
destra era Eleonora.
Hayato prese invece nota di uccidere Roberto cercando di passare
inosservato. Che intenzioni aveva con la sua bambina?
"Dovresti dirglielo che ti piace!" ribatté un'altra ancora.
Quella doveva essere Sofia, Tsunayoshi ricordava di averle tenuto
compagnia per tutta la notte dal momento che non riusciva a dormire,
non era più venuta a casa loro.
Chissà come avrebbe vissuto il campeggio.
"Tanto si è capito che gli piaci anche tu."
E quell'altra bambina invece era senza dubbio Beatrice, tra le amiche
di sua figlia forse la più sfacciata.
Hayato strinse i pugni, o meglio strinse un pugno e la mano di
Tsunayoshi assicurandosi un'occhiataccia.
Come osava quel Roberto pensare alla sua bambina? E perché
sua figlia aveva una cotta di cui lui non sapeva assolutamente nulla?
Tsunayoshi sorrise, cercò di farlo rilassare.
Si focalizzò sull'immagine di sua figlia circondata dalle
sue migliori amiche, felice e spensierata, circondata dall'affetto.
Martina la teneva per mano, Eleonora le teneva l'altra mano, Sofia e
Beatrice le stavano praticamente addosso da dietro giocando con le sue
trecce, segno distintivo che si era rifiutata di cambiare.
"Eddai, state zitte..." la sentirono ribattere, un po' sommessamente,
un po' più come se volesse semplicemente parlare a bassa
voce per non farsi sentire.
Le bambine la spintonarono amichevolmente e poi tutte e cinque
scoppiarono a ridere continuando a camminare.
I genitori apprensivi continuarono a spiarla di nascosto
finché non videro la scolaresca girare il cavallo e fare
rotta verso il campeggio.
Di certo non si poteva dire che fosse una classe poco confusionaria, ma
le insegnanti non erano poi così infastidite come volevano
far sembrare dopo aver chiamato la fila per due.
"E non per cinque, Gokudera-Sawada."
Kamy si scusò, ma le piccole si misero ugualmente tutte
vicine continuando a fare finta di niente finché non furono
riprese di nuovo.
"Non posso credere che tu sia la migliore della classe e nonostante
ciò ti ostini a non rispettare le regole" disse una delle
insegnanti rivolta verso Kamy.
"In questo ha preso da te" disse Tsunayoshi dando una leggera gomitata
ad Hayato che era invece impegnato a trattenere le lacrime
perché il suono dei loro cognomi insieme sembrava ancora un
sogno nonostante fossero passati tanti anni.
In un attimo gli fu tutto chiaro, si rese conto di quanto fosse tutto
così lampante e quanto cieco fosse stato.
"Reborn aveva ragione..."
"Cosa?" domandò Tsunayoshi.
"È per noi che dovremmo preoccuparci... anzi di noi..."
rispose Hayato.
Tsunayoshi alzò un sopracciglio confuso.
"A che ti riferisci?"
"Non siamo preoccupati, siamo invidiosi o meglio i nostri pensieri
erano basati su di noi, su quella che è stata la nostra
infanzia..." disse in quello che fu quasi un sussurro.
"Non ti seguo..." disse Tsunayoshi spaesato.
"Guardala" disse Hayato indicando la bambina con un sorriso ampio.
"È così felice" annuì.
"Ha l'infanzia che noi non abbiamo mai avuto..."
Quelle parole furono come lame nel cuore di Tsunayoshi e in un attimo
gli fu tutto chiaro.
A dieci anni Hayato era scappato di casa e già viveva per
strada da un po' cercando di farsi un nome, guadagnandosi da vivere
facendo qua e là qualche misfatto in cambio di qualche
spicciolo per mangiare, sua madre era morta, suo padre lo aveva
completamente dimenticato o almeno non aveva neanche provato a
riportarlo a casa.
Hayato viveva di rimpianti e un odio viscerale verso quel pianoforte
che spingeva tutti a rifiutarlo perché non servivano le
femminucce nella famiglia.
Tsunayoshi? Tsunayoshi andava male a scuola, i compagni gli davano il
tormento e la sua unica consolazione era l'unica bambina che gli
sorrideva, Kyoko.
Sua madre era assente, emotivamente incapace di supportarlo, suo padre
era assente, fisicamente e forse era meglio, perché quando
c'era invece faceva solo danni.
"Ha due genitori super attenti..."
"Anche troppo" intervenne Tsuna.
"Che la amano e si preoccupano per lei. L'abbiamo sempre lasciata
libera di scegliere e abbiamo assecondato le sue inclinazioni. Mio
padre mi odiava perché per mezza volta avevo giocato con le
bambole di mia sorella il tuo cercava di plasmarti a suo piacimento,
non ha mai saputo apprezzare né valorizzare la tua
unicità."
Tsunayoshi rimase in silenzio, fece una carezza tra i capelli di Hayato
e gli posò un bacio sulla guancia.
"Tu invece lo hai sempre fatto" disse con un sorriso dolce.
Gokudera si sciolse e per non inciampare nelle sue stesse parole
riprese il discorso.
"Va bene a scuola, ha un mondo d'amore intorno. Vanta una
quantità di parenti, di zie e zii improponibile, persino
Xanxus impazzisce per lei. Ha tutte queste amiche sincere che si
prendono cura di lei, ha una personalità forte e tutto
questo... questo è merito nostro, Tsuna."
Tsunayoshi sorrise, ora era lui a trattenere a stento le lacrime.
"Abbiamo dato a un altro ciò che avremmo voluto noi..."
mormorò mentre il sorriso diventava più ampio.
"Sì, nessuno dovrà salvarla. Sarà lei
a salvare le persone e anche se vorrei che non soffrisse mai
è un essere umano e sarà inevitabile, ma
l'abbiamo resa così sicura, così stabile che
saprà come fare fronte a ogni ostacolo..."
Tsunayoshi lo abbracciò, era quasi sul punto di mettersi a
singhiozzare.
"Siamo stati così stupidi, così stupidi a
preoccuparci. Siamo noi quelli che hanno bisogno del suo aiuto, non il
contrario."
Hayato annuì.
"Lei avrà sempre bisogno di noi, ma senza dipenderne e noi,
noi impareremo da lei come si fa" disse rassicurandolo accarezzandogli
i capelli.
"Non la staremo viziando troppo? Non cediamo subito a ogni sua
richiesta né le facciamo indossare cose troppo costose, ma
mi viene il dubbio..." domandò Tsunayoshi tenendo la fronte
premuta contro una spalla di Hayato.
"In un mondo in cui posso dare tutto a mia figlia, voglio darle tutto"
rispose Hayato.
Tsunayoshi si lasciò sfuggire una risata, sollevò
la testa quel tanto che bastava per poter strofinare una guancia contro
quella di Hayato.
"Lei ha già tutto, ha persino un ragazzo che la ricambia."
"Eh no, eh!" tuonò Hayato.
"Nessun ragazzo, sono piccoli!"
Tsunayoshi rise di gusto.
"Sta per compiere undici anni, oramai non è più
una bambina."
Hayato lo guardò sconvolto come se Tsuna avesse appena
offeso tutti gli UMA al mondo.
"Stai scherzando, spero..." ribatté.
"Dovresti arrenderti all'evidenza. Non ho detto che è
diventata adulta, sto solo dicendo che dovremmo smetterla di trattarla
come una bambina piccola e iniziare a pensare a lei più come
a una ragazza."
"E quindi lei e quel Roberto...??"
Tsunayoshi fermò la frase sul nascere.
"Santo cielo, no. Hayato hanno solo undici anni, neanche le conoscono
queste cose."
"Mi sa che sei rimasto indietro, i bambini oggi giorno sono davvero
precoci..." tremò Hayato.
"Non rimandiamoci tutto, okay? Noi abbiamo fiducia in nostra figlia"
ribadì Tsunayoshi.
"Okay, ma non farmici pensare...non ricordarmi quel tizio..."
Tsunayoshi sorrise e lo prese per mano.
"Dai torniamo in albergo, almeno daremo un senso alla nostra presenza
qui, anche se sono felice che ci siamo venuti, senza non avremmo mai
capito."
Hayato annuì, il suo sorriso si aggiunse a quello di Tsuna
rendendolo più luminoso mentre iniziarono a camminare.
"Nostra figlia è felice e sta per festeggiare il suo primo
compleanno da bambina grande, con le sue amiche e senza quei
rompiscatole dei suoi genitori. Quindi dovresti smetterla di fissare il
cellulare e sperare che squilli le faremo gli auguri quando
tornerà."
Hayato annuì.
"Stavo solo guardando l'orario" disse guardando lo schermo.
"È mezzanotte, la nostra piccola è già
grande."
Qualche ora più tardi il suono quasi impercettibile della
vibrazione fece sussultare i due morbidamente dormienti abbracciati.
Hayato allungò un braccio verso il comodino e
recuperò immediatamente il suo cellulare.
"Pronto?" domandò con la voce assonnata.
"Papà? Sono io" sentì dire dall'altro lato della
cornetta.
Tsunayoshi sussultò e schiacciò il tasto del
vivavoce immediatamente.
"Kamy!" urlarono entrambi.
"Santo cielo, abbassate la voce che qui dormono tutti!" si
lamentò la bambina.
"È tutto a posto?" chiesero immediatamente di nuovo in coro.
"Sì sì" li rassicurò lei.
"Volevo solo augurarvi la buonanotte e dirvi che mi mancate."
"Ci manchi anche tu" risposero di nuovo insieme.
"Okay... iniziate a farmi paura..." sospirò Kamy.
"Non volevo svegliarvi, pensavo non fosse così tardi. Che
ore sono da voi?"
Hayato alzò un sopracciglio.
"Siamo dove sei tu, che ore vuoi che siano?" domandò.
Tsunayoshi sudò freddo e afferrò immediatamente
il telefono.
"Papà intende dire che sei sempre in Italia, è lo
stesso fuso orario. Non è come quando chiamiamo la nonna a
Namimori."
Kamy annuì.
"Allora state diventando vecchi che andate w dormire alle dieci?" li
stuzzicò.
Hayato fece schioccare la lingua, avrebbe quasi voluto dirle che
trascorrere la giornata a preoccuparsi per lei, lavorare, rimediare un
biglietto last minute, prendere un volo, comportarsi quasi come un
agente segreto, venire invaso da forti emozioni, arrangiare una cena e
concludere facendo l'amore non era esattamente stato una passeggiata.
Tsunayoshi aveva tutti altri pensieri.
"Noi vecchi e tu grande. Buon compleanno, Kamy."
"Auguri!!!" si aggiunse immediatamente Hayato quasi urlando.
"Grazie" ridacchiò la bambina.
"Che cosa vuoi? Dirò a Giada di farti il tuo piatto
preferito quando torni e poi ti organizzeremo una grande festa..."
Hayato fu troncato da un sospiro dall'altro lato.
"Ma papà non serve, io ho già tutto quello che mi
rende felice e il campeggio è così bello. Il
cielo è pieno di stelle, mi fanno pensare a voi, pensate che
oggi ho perso il mio ciondolo, ma per fortuna l'ho ritrovato subito."
Hayato e Tsunayoshi si scambiarono un'occhiata di intesa. Kamy non
sapeva e non doveva sapere che loro erano lì, non potevano
tradirsi.
"Però qualcosa te la dovremo anche regalare"
ripetè Tsunayoshi.
"Allora voglio l'ultimo volume del fumetto degli Avengers. Oh cazzo sta
arrivando la maestra, chiudo. Notte."
Hayato e Tsunayoshi rimasero col telefono in mano a guardare lo schermo
sorridendo.
"Domani chiamo tutte le fumetterie d'Italia, anzi del mondo"
mormorò Gokudera rimettendosi comodo a dormire ora che era
davvero tranquillo.
Tsunayoshi lo seguì portandosi un suo braccio intorno alla
vita, accoccolandosi contro di lui.
"Io volevo dire che nostra figlia dice un po' troppe parolacce per i
miei gusti, ma credo che rimanderò questa conversazione."
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