Il
litigio tra Squalo e Dino
Squalo
si sfilò il braccio prostetico e lo lasciò cadere
sul comodino, aveva le dita della mano sana intirizzite dal freddo e le
muoveva a fatica. Si allontanò i corti capelli argentei dal
viso e sospirò, sedendosi sul letto.
Alzò
lo sguardo vedendo Dino e si alzò in piedi.
“Avevi
detto che oggi non tornavi” disse.
Cavallone
incrociò le braccia al petto e diede un calcio al proprio
armadio, al cui intero, sotto i vestiti appesi, brillarono dei cocci di
vetro alla luce della lampada sul comodino.
“Voooi,
cos’è quella faccia da funerale. Hai detto tu che
posso usare il letto quando non ci sei” borbottò
Squalo, coprendosi con il lenzuolo candido. Il suo pigiama color fumo
gli aderiva al corpo pallido e sottile, seguendone perfettamente le
curve.
Dino
avanzò con passo cadenzato e si sedette sul bordo del letto,
fissandolo intensamente con gli occhi color oro, aveva il viso segnato
da delle profonde rughe.
“Hai
di nuovo visto Xanxus, vero? Lo sai che ti ho proibito di frequentarlo.
Quel tipo ti contaminerà con le sue assurde idee”
ringhiò.
Squalo
si massaggiò la spalla e sorrise, mostrando i denti aguzzi.
“Eh
eh. Tra i due quello marcio sono io. Rischia di essere contaminato dai
miei morsi da squalo” ribatté.
Dino
chiuse gli occhi e si passò le mani tra i capelli,
sospirando pesantemente.
“Possibile
che tu non riesca a prenderla sul serio? Questo non è un
gioco, lui è feroce, la vergogna del Nono.
Noi
Cavallone siamo fedeli al Nono, a quello che i Vongola realmente
rappresentano. Lui metterà a rischio la pace di colui che
serviamo, ricordati che tu fai parte della mia famiglia ed un giorno
sarà il Capitano dei Varia di Timoteo.
Questo
è un grande onor…”. Iniziò a
dire con voce stanca.
Squalo
scansò il lenzuolo e si alzò in piedi, un lampo
brillò nei suoi occhi.
“Perché
tu hai rinunciato ai tuoi sogni per illuderti che fare il lecchino
salverà i tuoi uomini, quando ogni giorno ne fai ammazzare a
decine dicendo che sono un sacrificio necessario…
Perché ‘tu’ hai tradito i tuoi amici, ed
ora sei pronto a seviziare i Bovino, nascondendoti dietro
l’ipnosi di Reborn…” enumerò
ringhiando.
“Pier…”
biascicò Cavallone.
“Sei
il primo a chiamarmi Squalo di solito. Va benissimo quel nome!
Se
tu hai fatto tutto questo non vuol dire che lo debba fare io! Sono
stufo di dover lavare il corpo rugoso di quel vecchio pervertito!
Xanxus vale venti volte Timoteo e tu lo sai!”
gridò Squalo. Si rimise la protesi, infilò i suoi
stivali senza i calzini, e si diresse alla finestra con passo pesante,
premendo con i tacchi sulle mattonelle.
“Xanxus
era un figo, ma ha perso la testa, il potere…”
biascicò Dino.
Squalo
raggiunse la finestra e la spalancò.
“Nemmeno
tu hai più continuato con quelle sciocchezze di una nuova
monarchia. Ora ti comporti tranquillamente da Capitano dei Varia.
Vedi?
Xanxus ti annebbia la testa, ti rende un ipocrita e un
assassino” disse Dino.
“Voooi!
Tu sei solo geloso che lui porti a letto me e non te”
ribatté Squalo, salendo sul davanzale.
“Oh,
che io valga più di una doll non è
così difficile da capire” sibilò Dino,
dando un calcio al comodino.
“Sai
che ti dico? Vaffanculo!
Da
oggi non osare più considerarmi un Cavallone. Sono un Varia
a tutti gli effetti, seguirò il ‘mio’
Boss” ringhiò Squalo, saltando dalla finestra.
Dino
fece schioccare la sua frusta.
“Visto?
Avevo ragione, ti aveva contagiato il pensiero con le sue sbagliate
credenze. Solo che non immaginavo che quel cielo nero ti avesse ormai
inglobato del tutto nei suoi fumi venefici” sibilò.
La
finestra sbatté mossa dal vento, lo stesso che sferzava il
viso di Superbi.
Squalo
corse nel giardino e scavalcò il muro di cinta, i suoi denti
battevano e la sua pelle pallida si era arrossata. Starnutì
rumorosamente e si passò le mani sulle braccia, il freddo
filtrava attraverso la stoffa leggera del suo pigiama.
<
Non mi sono portato niente, neanche i vestiti… Come se fosse
il momento adatto. Ho tutti i dati in subbuglio, mi ricordo poco
persino della mia vita, ho l’identità in
frantumi…
Cazzo,
fa così freddo che potrei cadere a terra e morire assiderato
in qualsiasi momento >. Il suo naso arrossato era umido di muco,
i suoi occhi erano arrossati; i suoi tremori si facevano sempre
più forti e le sue labbra divennero bluastre. < Beh,
lo dicevano che la Superbia precede la caduta >
ironizzò mentalmente.
Passò
un teletrasportatore sulla parete ed avanzò, con gli occhi
chiusi. La temperatura era ancora più bassa ed avanzava
nella neve, mentre il fiato si condensava davanti al suo viso, cadde
carponi.
“Feccia,
che diamine ci fai nel mio giardino di notte?”
ringhiò Xanxus, raggiungendolo in corsa.
“T-tu…
cosa ci f…f-fai…” farfugliò
Squalo, tossendo.
Xanxus
si sfilò la casacca e ce lo avvolse, prendendolo in braccio.
“Io
ci abito, spazzatura” brontolò, poggiandoselo
contro il petto.
“Non
dovresti essere a letto?” biascicò Squalo.
“Ora
ci vado e tu vieni con me, visto che sei già in
tenuta” brontolò Xanxus, portandolo dentro.
<
Meno male che stavo tornando dalle missioni del Nono proprio ora. Fossi
arrivato qualche ora in ritardo, questo idiota sarebbe diventato uno
squalo surgelato! > pensò, scuotendo il capo, facendo
ondeggiare i capelli mori e la coda di procione che li decorava.
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