Disclaimers: i personaggi (tutti eccetto Keriko)
appartengono a Charles Eglee e James
Cameron.
Note: la prima parte si basa sulla puntata della seconda
serie “Missione segreta”.
^_^
^_^ Buona lettura ^_^
^_^
TRA PASSATO E FUTURO
La cena si stava svolgendo piuttosto tranquillamente. Almeno
finché Alec non chiese a Max di passarle del ketchup e lei lo aveva preso in
giro.
Il commento della ragazza aveva fatto ulteriormente
peggiorare l’umore già nero di Alec.
Alzandosi seccato, si scusò e si diresse in cantina.
Si spostò per la stanza e notò un pianoforte. Lo liberò dal
telo che lo ricopriva e rimase ad osservarlo.
In quel momento Keriko entrò nella cantina. Stava per
parlargli, quando Alec iniziò a suonare il pianoforte.
Si appoggiò ad una colonna alle spalle del ragazzo e lo
osservò suonare. Guardava la sua schiena. Non seppe nemmeno lei da cosa riuscì
a capirlo, forse dalla musica, forse per istinto, ma sentiva chiaramente che
Alec aveva un dolore dentro di sé. Avrebbe voluto essere capace di dire parole che
lo facessero stare meglio, di compiere un gesto che cancellasse il suo dolore. Fosse anche per assorbirlo lei stessa. Però,
sapeva di non esserne in grado. Rimase, quindi, immobile a guardarlo.
Mentre suonava, alla mente del
ragazzo si affacciarono dei ricordi. Ricordi di una vecchia
missione forzatamente dimenticata, ma che ora con prepotenza stava riaffiorando.
Ricordi di una ragazza. Una ragazza che aveva significato
tanto per lui. Forse tutto.
Alec smise di suonare, ma rimase immobile seduto davanti al
pianoforte.
Keriko gli si avvicinò. “Tutto bene?” chiese, posandogli una
mano sulla spalla.
A quel contatto inatteso Alec reagì. Alzandosi e voltandosi
di scatto l’afferrò al collo con una mano e la spinse contro una colonna.
Keriko lo guardò stupita dal gesto. Nei suoi occhi non c’era
paura, solo confusione. “Che
succede?” chiese con un filo di voce.
Alec la guardò. Inizialmente non la vide, ma poi si rese
conto di ciò che stava facendo. Allontanò la mano dalla ragazza e guardandola
stupito lui stesso per la sua reazione, disse: “Scusa. Mi dispiace.”
“Non preoccuparti. Non mi hai fatto male. Cos’hai? Sembri stravolto.” Disse Keriko.
Alec si allontanò di alcuni passi
dicendo un “Sto bene.” che, però, non convinse molto
la ragazza.
Mentre lui si allontanava, Keriko
vide qualcosa cadergli da una tasca. Lo raccolse. Era una collana con un
ciondolo d’argento a forma di cuore.
“Ti è caduto questo.” Gli disse.
Alec si voltò e rimase a fissare l’oggetto tra le mani di
Keriko. Lentamente lo prese. Subito dopo, mormorando un “Devo andare.” si diresse all’uscita.
Pensando a ciò che era appena successo, Keriko tornò in
salotto dagli altri.
“C’è qualcosa che non va?” le chiese Max.
“No.” ripose. ‘Almeno spero.’ Aggiunse
mentalmente.
Alec nel frattempo si era diretto a casa sua. Si tolse la
giacca e si diresse al ripiano dove teneva le bottiglie di liquori.
Ne aprì una e si riempì il
bicchiere. Mentre stava bevendo, il suo cellulare
iniziò a squillare.
Rispose. “Sì?”
Dall’altro capo della linea non rispose nessuno. Soltanto
una musica suonata con il pianoforte lo raggiunse.
Una musica che Alec conosceva bene.
La musica che aveva sentito spesso suonare da Rachel, la ragazza dei suoi
ricordi.
Pochi minuti dopo Alec era nel giardino di una villa. Quella
doveva abitava Rachel.
Altri ricordi presero il sopravvento sulla sua mente.
Ricordi di un invito della ragazza a cena. Della reazione dei suoi capi a
Menticore. Della serata in cui aveva baciato per la prima
volta Rachel. Ricordi confusi di ciò che accadde dopo.
Improvvisamente, ad una finestra vide la sagoma di una
ragazza. Pensò che fosse Rachel.
Decise di allontanarsi dalla villa, ma non se la sentiva di
tornare a casa, perciò decise di andare al Crash a bere qualcosa. Ne aveva bisogno.
Il giorno seguente Keriko si recò alla villa dove il giorno
precedente aveva fatto una consegna con Alec. Doveva farsi mettere una firma
sul modulo di ricezione merce.
Mentre attendeva la governante, che
era andata dal padrone di casa per far apporre la firma, si ritrovò a pensare
che il comportamento strano di Alec era iniziato proprio mentre stavano facendo
quella consegna.
Vide un quadro. Si avvicinò un po’ per vederlo meglio.
Ritraeva una donna, un uomo e una bambina. Al collo della donna c’era il
ciondolo che Keriko aveva visto la sera precedente.
Quando la governante tornò, osservò
il modulo e chiese per conferma: “Cosa c’è scritto? R. Berrisford?”
La governante annuì.
Keriko ringraziò e se ne andò.
Nel frattempo Alec era a casa sua seduto sulla poltrona.
Osservava il ciondolo, mentre alla mente riaffioravano altri ricordi di lui che
stava copiando dei file dal computer del padre di
Rachel. Subito dopo la ragazza entrò nell’ufficio chiedendogli cosa ci facesse
lì. Alec inventò una scusa e poco dopo i due si baciarono. Quando
il bacio, finì Rachel gli disse di amarlo.
Alec, o meglio Simon, visto che la
ragazza lo conosceva con questo nome, non si aspettava una confessione del
genere. Le mani iniziarono a tremargli e lei lo notò. Lui le disse di essere felice.
I flash di ricordi si interruppero.
Il ragazzo si alzò dalla poltrona e andò in bagno a
sciacquarsi il viso. Mentre osservava il suo riflesso
nello specchio, vide l’immagine di Rachel alle sue spalle. Si voltò, ma non
c’era nessuno. La visione lo sconvolse. Con tutta la rabbia in corpo colpì lo
specchio, rompendolo in numerosi pezzi.
Keriko nel frattempo era andata da Logan per chiedergli di
procurargli informazioni su Berrisford.
Alcune ore dopo Alec si trovava al Crash. Era passato un po’
di tempo dal suo arrivo ed aveva perso il conto dei bicchieri di whisky bevuti.
Maledisse mentalmente Menticore per aver fatto in modo
che non potesse ubriacarsi.
Keriko lo vide al bancone del bar. Vide
anche Max ed Original Cindy sedute ad un tavolo. Le raggiunse.
“Che succede al tuo amico?” stava
chiedendo Original Cindy a Max.
“Non è mio amico. E non lo so.” rispose la ragazza.
“Tu Keriko, ne hai idea? Non l’ho mai visto così. È
angosciato, cupo, distrutto…”
“Non lo so. Ma ho tutta
l’intenzione di scoprirlo.” Disse raggiungendolo. “Sarò matta, ma ho la
sensazione che tu sia nei guai.” Gli disse.
“Va bene. Sei matta.” Rispose il ragazzo.
“Che mi dici del ciondolo?” Keriko notò lo sguardo sorpreso di Alec e spiegò. “Sono tornata nella villa di ieri per la
firma e ho visto il ciondolo in un ritratto.”
“Sta’ fuori dai miei affari.” Disse
Alec in tono duro.
“Bene.” Keriko stava per andarsene, ma ci ripensò. “Sai, non
sempre noi due andiamo d’accordo…”
“Questo è poco ma sicuro.”
La ragazza fece finta di non averlo sentito e proseguì. “Ma
se sei nei guai e ti occorre aiuto, sarebbe meglio che me lo dicessi.”
Mentre la ragazza parlava, Alec
ordinò un altro whisky.
“Grazie, per l’offerta. Ma non sai
di cosa stai parlando.” Le disse il ragazzo.
“Allora spiegamelo tu.”
“Non capiresti. Tu non sei stata a Menticore.” Rimase zitto
alcuni secondi, poi riprese a parlare. “Facevamo quello che andava fatto e poi
cercavamo di dimenticare. Quando non ci riuscivamo, facevano in modo che non ci importasse.”
Keriko poté solo immaginare ciò che aveva passato il
ragazzo. “Mi dispiace.” Disse, mentre allungava una mano per posargliela sulla
spalla.
Come Alec si sentì sfiorare si allontanò e puntandole contro
il dito disse: “Non voglio la tua pietà! Voglio che tu te ne vada.”
Keriko lo osservò alcuni istanti. Era abituata ai loro
diverbi e battibecchi. Ma mai si era sentita tanto ferita
per una sua frase come in quel momento.
Lentamente annuì e disse: “Come vuoi. Me ne vado.” E si allontanò.
Subito dopo Alec pagò il conto ed uscì dal locale.
Fuori due uomini lo videro e seguendolo gli chiesero: “Simon
Lehen?”
Alec si volse.
Uno dei due gli stava puntando contro una pistola.
Con una mossa fulminea lo disarmò e attaccò anche il
secondo.
Mentre lottavano, il primo lo colpì
con un elettrodo.
Keriko stava uscendo proprio in quel momento dal locale e
vide la scena. Si guardò intorno e notò un pezzo di legno piuttosto lungo. Lo
prese e con esso colpì l’uomo con l’elettrodo. L’uomo
sorpreso, lo fece cadere. Alec riprese a lottare con l’altro aggressore, mentre
Keriko colpiva nuovamente il suo avversario facendogli perdere i sensi.
Si girò a guardare Alec e lo vide sconvolto, mentre
infieriva sul malcapitato. Lo raggiunse e lo allontanò. “Alec! Basta!”
Il ragazzo la guardò. Poco dopo le
disse: “Sta’ lontana da me. Capito?” dopodiché si allontanò.
Keriko lo osservò andare via.
Mentre camminava senza meta, il cellulare di
Alec suonò.
Rispose e sentì nuovamente la musica suonata con il
pianoforte. Altri flash lo assalirono. Ricordi di quando gli era
stato ordinato di uccidere Berrisford e la figlia
Rachel.
Chiuse la comunicazione e con un moto di rabbia gettò il
telefono.
Intanto Logan aveva trovato le
informazione richieste da Keriko e la chiamò per riferirgliele.
Nello stesso momento Alec si apprestava ad entrare nella
villa, ma nuovi ricordi lo sorpresero.
Si ricordò di quando il padre di Rachel lo aveva informato
che non avevano più bisogno dei suoi servigi.
Di quando aveva proposto ai suoi capi di Menticore di
risparmiare Rachel e loro non avevano apprezzato l’idea.
Di quando stava preparando la bomba da installare sulla
macchina del sig. Berrisford.
Di quando la stava posizionando e
vide da una finestra Rachel e si accorse che lei non gli era troppo
indifferente.
Di quando stava per andarsene, ma decise di ritornare
indietro per raggiungere Rachel e confessarle di aver ricevuto una missione che
consisteva nell’uccidere lei e suo padre. Lei sentendosi tradita lo aveva
schiaffeggiato ed era scappata. Lui aveva cercato di fermarla ma si era
ritrovato in mano soltanto il suo ciondolo. Rachel, intanto aveva raggiunto il
padre che era in auto. Alec la stava seguendo, ma fu bloccato per alcuni
secondi da una delle guardie personali della famiglia. Quando
la raggiunse era ormai troppo tardi. La macchina stava esplodendo. Subito dopo
gli uomini di Menticore lo raggiunsero e lo trascinarono via. In seguito gli
fecero il lavaggio del cervello per cancellargli i ricordi.
I flash finirono. Alec si diresse alla porta della villa e
la sfondò. Lottò contro alcuni uomini e raggiunse la stanza con il pianoforte.
Vide una ragazza di spalle. Pensava e sperò con tutto il cuore che fosse Rachel, ma, quando questa si voltò, le sue speranze
andarono in frantumi. Non era lei.
Un uomo alle sue spalle gli puntò contro una pistola. Era il
padre di Rachel.
L’uomo lo legò e gli fece sapere che la ragazza quel giorno
fatidico era riuscita a salvarlo, ma lei era rimasta
ferita ed era entrata in coma. E lo era ancora.
Nel frattempo Keriko era arrivata davanti alla villa. Notò
la porta principale aperta ed entrò. Vide diversi uomini stesi a terra, privi
di sensi. Con circospezione si mosse per la casa, finché non udì delle voci e
le raggiunse.
Vide un uomo che stava per sparare e sentì Alec chiedergli
di ucciderlo.
Keriko intervenne e colpì l’uomo. Subito dopo liberò il ragazzo.
Alec per tutta risposta le disse: “Ti avevo detto di
lasciarmi in pace.” Dopodiché si diresse verso una
stanza. La camera di Rachel.
Dentro c’era la ragazza attaccata a delle macchine.
Il ragazzo si sedette di fianco al letto e, osservandola, le
disse: “Avrei dovuto fare qualcosa, Rachel. Avrei dovuto oppormi.” Dai suoi
occhi cadde una lacrima. “Ma non avevo ancora capito…
Non avevo capito quanto ti amavo…” Le mise in una mano il suo ciondolo. Subito
dopo l’abbracciò iniziando a piangere sommessamente.
Keriko dalla porta osservò la scena. Dentro di sé sentiva un
enorme dolore. Soffriva per ciò che Alec aveva dovuto passare in vita sua,
soffriva per il dolore che provava Alec vedendo la ragazza che amava in coma…
Soffriva perché ormai aveva capito che nel cuore del ragazzo non ci sarebbe mai
stato posto per lei e soffriva anche perché era certa che nel suo cuore,
invece, non ci sarebbe mai stato posto per nessun altro che non fosse Alec.
Mentre una lacrima solitaria le
rigava una guancia, Keriko si girò e lasciò Alec da solo con l’amore della sua
vita.
Un paio di giorni dopo, Keriko e Max erano
da Logan. L’uomo mostrò loro un articolo di giornale in cui veniva
annunciato il funerale di Rachel per quella stessa giornata.
“Almeno ha potuto dirle addio.” Disse Max.
“Gli importava veramente di lei?” chiese Logan.
“Lui l’amava.” Mormorò Keriko.
“Passerà un gran brutto periodo.” Constatò
Logan.
Keriko era al lavoro. Vide Alec che si stava mettendo la
giacca dopo aver finito il suo turno e gli si avvicinò.
“Ciao.” lo salutò.
“Ehi, Keriko.”
“Vuoi parlare?”
“E di cosa?”
Keriko non rispose.
“Ascolta… Grazie per avermi salvato.” Disse Alec.
“Figurati. Stai bene?”
Lui volse un attimo lo sguardo, poi la
guardò negli occhi. Rimasero in silenzio alcuni
secondi, poi rispose accennando un sorriso. “Io sto sempre bene.” dicendo questo, la sorpassò e se ne andò.
Circa un’ora dopo, Keriko era davanti alla tomba di Rachel.
Non sapeva nemmeno lei perché era andata lì. Uscita dal
Jam Pony aveva iniziato a camminare senza meta e si
era ritrovata in quel posto senza nemmeno essersene accorta.
Osservò a lungo e in silenzio la lapide.
Poi disse: “Veglia su di lui.” subito
dopo si girò. Fece due passi a testa bassa. Quando
alzò lo sguardo, vide Alec.
“Che ci fai qui?” domandò il ragazzo.
“Una passeggiata.”
“Al cimitero?”
Keriko fece spallucce.
“Mi stavi cercando?” chiese il ragazzo.
“No. Ma forse è meglio che io inizi a cercare me stessa.”
Si guardarono negli occhi per pochi secondi. Keriko non
riusciva a reggere il suo sguardo. Facendosi coraggio si obbligò a guardarlo di
nuovo. Gli si avvicinò e alzandosi sulle punte dei piedi gli diede un bacio
sulla guancia.
Alec fu sorpreso dal gesto.
Con le labbra vicino al suo orecchio, Keriko disse: “Buona
fortuna, Alec.” Dopodiché si allontanò velocemente.
Senza nemmeno dare il tempo ad Alec di dire qualcosa.
Keriko salì sulla sua macchina e partì.
Dopo pochi metri dai suoi occhi presero a scorrere lacrime.
Arrivò ad uno svincolo. Casa sua si trovava a sinistra. A
destra un cartello segnava l’entrata per diverse autostrade.
Keriko si fermò allo svincolo e osservò le due strade.
Mormorando: “Addio, Alec.” Prese la strada di destra.
Afferrò il suo cellulare e chiamò Normal.
“Pronto…”
“Sono Keriko. Volevo avvisarti che mi licenzio.”
“Cosa?”
La ragazza non sentì altro perché chiuse la comunicazione.
La sua mente tornò ad Alec.
Ricordò quando si erano conosciuti. Il loro primo dialogo
era stato un litigio. Sorrise al ricordo.
Dopo quello ce n’erano stati molti
altri di litigi. Per una qualche strana ragione, non erano mai riusciti a
conversare pacificamente. Finivano sempre per litigare. Ma
Keriko non avrebbe cambiato nemmeno un istante di quella vita. Per quanto
avesse sofferto, per quanto fosse stata male, non avrebbe mai voluto
dimenticare nemmeno un istante passato con Alec. Anche se
adesso aveva deciso di cambiare vita. Forse era stata precipitosa, ma
sapeva di non poter più restare. Vederlo avrebbe solo evitato al suo cuore di
smettere di sanguinare.
Per quanto impulsiva fosse stata, era convinta che fosse la
scelta migliore quella di andarsene. Pensò a dove dirigersi. Le venne in mente
una sua vecchia amica che si era sposata da qualche anno e si era trasferita da
Seattle. Decise di raggiungerla.
Keriko arrivò a destinazione il giorno seguente a mezzogiorno
passato. Aveva guidato tutta la notte ed era distrutta. Suonò il campanello
della villetta. Venne ad aprirle l’amica che come la vide l’abbracciò
calorosamente.
“Keriko! Che sorpresa! Che ci fai qui?”
“Ciao Sammy. Sono venuta a trovarti.”
Sammy la fece accomodare.
“Tuo marito?” chiese Keriko, notando che in casa non c’era
nessun altro.
“È ad un pranzo di lavoro.” Si accomodarono in salotto. “Allora,
Keriko. Raccontami tutto.”
“Non c’è molto da raccontare. In verità avrei da chiederti
un favore.”
“Chiedi pure.”
“Potresti ospitarmi finché non trovo un appartamento?”
“Allora conti di trasferirti qui in città?”
“Già.”
“Come mai? Ero convinta che ti trovassi bene a Seattle. O
almeno mi pareva dall’ultima lettera che mi hai spedito.”
“Sì, ma… Non potevo più rimanere lì.”
Sammy la guardò con sguardo confuso. “Si tratta del ragazzo
di cui mi hai scritto?”
“Diciamo solo che mi sono innamorata della persona
sbagliata. Però, non ne voglio parlare.”
Sammy annuì e le mostrò la stanza che avrebbe usato.
Alec arrivò al lavoro. Il suo umore non era
dei migliori. Inoltre non aveva dormito per
niente quella notte. Continuava a ripensare all’incontro con Keriko.
Vide Max e Original Cindy parlare tra di
loro. Sembravano piuttosto contrariate e giù di morale.
“Che succede?” chiese loro.
“Keriko…” iniziò a dire Original Cindy.
“Che le è successo?” domandò
preoccupato.
“Pare che ieri sera abbia telefonato a Normal
e gli abbia detto che si licenziava.” Disse Max.
“State scherzando?” Alec era incredulo.
Raggiunse Normal e gli chiese
conferma.
“Sì, infatti. Si è licenziata e ci ha lasciati
con un turno scoperto.”
“A che ora ti ha chiamato?” domandò Alec.
“Erano circa le undici.”
Alec calcolò che Keriko doveva aver
chiamato subito dopo il loro incontro.
“Allora, il suo era un addio.” Mormorò. Ma Original Cindy e Max
avevano sentito.
“Di che stai parlando?” chiese Max.
“Ieri sera ci siamo incontrati per caso. Abbiamo parlato per
pochi minuti, ma prima di andarsene lei mi è sembrata strana.”
“Cosa ti ha detto?”
“Non è tanto per quello che mi ha detto. Era il suo modo di
fare. Dovevo capirlo subito.” Disse scuotendo la testa. “Vado a casa sua!”
“Vengo con te.” disse Max.
“Anch’io.” Concordò Original Cindy.
Provarono a suonare diverse volte, ma sembrava che non fosse
in casa.
Max sapeva dove Keriko teneva la chiave di riserva. La prese
ed aprì la porta.
Le sue cose erano ancora tutte lì.
“Dove sarà?” si chiese Original
Cindy.
Alec notò che la spia dei messaggi della segreteria era
accesa. L’azionò.
“Che fai? Non dovresti ascoltare i
suoi messaggi.” Lo redarguì Max.
Lui non rispose.
Il messaggio registrato partì.
“Sono Keriko. Credo che prima o poi
qualcuno azionerà la segreteria e sentirà questo messaggio. Non cercatemi.
Sarebbe inutile. Ho deciso di lasciare la città. Non potevo più rimanere.
Chissà, forse un giorno ci rivedremo. Ma per ora ho
solo bisogno di ricominciare a vivere. Ciao ragazzi.”
I tre ragazzi rimasero immobili. Troppo sorpresi per dire o
fare qualunque cosa.
“Non ci credo che se ne sia andata.” Disse Original Cindy dopo
un po’.
“Già.” Commentò Max.
Alec non disse niente.
Poco dopo le due ragazze decisero di tornare al lavoro.
Stavano per uscire, quando Max notò che Alec rimaneva fermo.
“Tu non vieni?” gli chiese.
“Arrivo tra poco.”
“Tutto bene?”
“Sì. Certo. Voi iniziate pure ad andare. Io vi raggiungo tra
poco.”
Quando rimase solo, Alec azionò
nuovamente la segreteria telefonica.
Dalla fuga di Keriko da Seattle, perché indubbiamente di
fuga si trattava, era passato circa un mese.
La ragazza aveva affittato un appartamentino ed aveva
trovato lavoro come cameriera. Molte volte aveva provato l’impulso di tornare
indietro o almeno di chiamare Alec per sentire la sua voce. Ed
ogni volta si era convinta a non farlo.
La sua vita procedeva piuttosto bene. Aveva degli amici, un buon stipendio. L’unica cosa che non andava era che non
aveva dimenticato Alec. Nonostante la lontananza, non
poteva impedirsi di continuare ad amarlo.
Una sera era uscita con un ragazzo che aveva conosciuto.
Erano diventati amici e lui l’aveva invitata fuori a cena. Lei aveva accettato.
John era simpatico e con lui si trovava bene.
“Ormai è un mese che ci conosciamo, Keriko.”
“Già.”
“Tra di noi stiamo bene, infatti,
siamo usciti spesso e passiamo la maggior parte del nostro tempo libero
insieme.”
“John, dove vuoi andare a parare?”
“Mi chiedevo se ti andasse di metterti con me. Perché tu…”
non riuscì a finire la frase perché Keriko lo interruppe.
“John. Non continuare ti prego.”
“Significa che non ti interesso?”
“Significa che come amico ti trovo fantastico, ma una
relazione tra di noi non potrebbe funzionare.”
“Perché?”
“Perché amo un altro ragazzo.” Keriko
notò la faccia abbattuta di John. “Mi dispiace farti
soffrire. Credimi è l’ultima cosa che vorrei fare.”
“Posso solo sapere chi è questo ragazzo? Lo conosco?”
“No. L’ho conosciuto quando abitavo a Seattle.”
“Quindi avete una relazione a
distanza.” Suppose.
“No. Non credo sappia ciò che provo per lui. È un amore
unilaterale.” Disse con un sorriso triste. “Tra me e lui non potrà mai esserci
niente. Lui ha nel cuore qualcun'altra. È per questo che
ho cambiato città.”
“Sembra di essere in un circolo vizioso.”
“Un triste circolo, direi.”
“Perché non tentiamo lo stesso? Forse
potresti imparare ad amarmi.”
“Non sarebbe giusto. Finirei solo per farti soffrire John. E non voglio.”
John si appoggiò allo schienale.
“Beh, ho voluto tentare. Purtroppo mi è andata male.”
“Mi dispiace.”
“Me ne farò una ragione.”
Calò il silenzio tra di loro. Poi John disse: “Deve essere un vero idiota per preferire
un’altra ragazza a te.”
Keriko gli sorrise con gratitudine.
Alec era nell’appartamento di Keriko già da un po’, quando
arrivò Max.
“Ero certa che ti avrei trovato qui.” Disse la ragazza.
“Che vuoi?”
“Capire perché vieni sempre a rifugiarti qui.”
“Questo appartamento è migliore del
mio.”
“Se è così, perché non ti sei
trasferito qui?”
Alec non rispose.
“Non ritornerà. È inutile che l’aspetti.”
In quel momento entrò in casa una donna piuttosto anziana
che si sorprese di vederli lì.
“Chi siete voi? Cosa ci fate qui?”
“Siamo amici di Keriko.” Disse Max. “Lei chi è, scusi?”
“Sono la padrona di casa. Ho ricevuto una telefonata di Keriko.
Mi ha chiesto di aspettare la ditta di traslochi assunta per svuotare
l’appartamento.”
“Quando dovrebbe arrivare?” chiese
Alec.
“A breve.”
Alec decise di aspettarli. Quando arrivarono, chiese al
caposquadra l’indirizzo a cui dovevano recapitare le
cose.
“Ci è stato detto di mettere tutto
in un magazzino.”
Alec e Max osservarono gli uomini della
ditta di traslochi, mentre smantellavano ogni cosa nell’appartamento.
Dopo poche ore, nelle stanze non c’era più niente.
“È triste vedere l’appartamento vuoto.” Disse Max.
Alec non rispose.
Stavano uscendo, quando incrociarono la padrona di casa.
“È già andata via l’impresa di traslochi?”
“Poco fa. Qualche problema?”
“Beh, sì. Mi ero scordata di controllare nella cassetta
della posta e ho trovato questa lettera. Contavo di
dargliela da mettere con tutto il resto.”
“Se vuole posso fare un salto alla sede e farla portare nel
magazzino.” Si offrì Alec.
“Sarebbe molto gentile, da parte tua giovanotto.”
Il ragazzo prese la lettera e la osservò. Il timbro era del
giorno in cui Keriko era partita. Poco dopo uscì seguito da Max.
La ragazza vide che Alec aprì la lettera.
“Ehi, ma che fai? Non lo sai che aprire la posta degli altri
è violazione della privacy?” disse Max.
“Non rompere.”
Iniziò a leggere e si bloccò di colpo. Max per poco non gli
finì addosso.
“Che ti prende?” domandò la
ragazza.
Alec non rispose e finì di leggere la lettera. Poi la passò
a Max. Anche lei lesse.
Ciao Keriko, come va?
Io sto bene. Di novità
da raccontarti non ne ho. La vita qui è piuttosto monotona. Però
mi piace. Ho appena finito di leggere la tua lettera. Mi spiace che il ragazzo
che ami non si accorga di te. (Ma siamo sicuri che ci
veda?) Immagino quanto sia dura doverci lavorare
insieme tutti i giorni e reprimere i tuoi sentimenti. Purtroppo non ho nemmeno
consigli da darti. Anche perché se ti dicessi di
lasciarlo perdere, so che non ti sarebbe possibile. Direi che se tu potessi
cancellare i tuoi sentimenti con un colpo di spugna, a quest’ora lo avresti già
fatto da un pezzo per non soffrire più. Mi sbaglio?
Ora devo andare.
Ti faccio un in bocca
al lupo per il tuo Alec.
Ciao
Sammy
P.
S. = Spero che per le prossime vacanze verrai a trovarmi. Ciao.
Max lo guardò. Era visibilmente sconvolto.
“Alec?” lo chiamò.
“Io non mi ero accorto di niente. Possibile
che sia stato così cieco?”
“Lo mascherava bene.”
Il ragazzo parve riflettere alcuni istanti. “No. Non è vero.
Se ripenso ai nostri discorsi e ai momenti passati insieme…
Ogni cosa mi sembra assumere un aspetto diverso. E molti comportamenti
che prima non capivo ora mi appaiono chiari.” Gli
tornò alla mente il loro ultimo incontro. “È a causa mia che se n’è andata.”
“Adesso ti comporti da egocentrico.”
“Ti sbagli. Keriko deve essere partita subito dopo il nostro
incontro.” Disse allontanandosi.
“Dove vai?” gli chiese
raggiungendolo.
“Dove sarei dovuto andare un mese
fa.”
Poco dopo Alec e Max erano a casa
di Logan.
“Vuoi che la rintracci? Ma non aveva
lasciato un messaggio dicendo che non voleva essere rintracciata?” chiese il
padrone di casa.
“Sì. Ma tu fallo lo stesso.” rispose Alec
“Come vuoi. Però, potrebbe volerci
qualche giorno.”
“Basta che la trovi.”
“Cosa farai dopo averla
rintracciata?” domandò Max ad Alec.
“Che domande. Vado da lei e la
riporto qui.”
“Sei sicuro che sia la cosa giusta da fare?”
“Che vuoi dire?”
“Se tu andassi da lei, potresti darle delle speranze
riguardo al fatto che tra di voi ci possa essere
qualcosa. Perciò ti do un consiglio: pensaci bene. Soprattutto
per il bene di Keriko. Se pensi di poter ricambiare il
suo amore, va da lei. Ma se hai anche solo un minimo dubbio, allora lasciala
stare.”
Logan ci mise poco a trovare il nuovo indirizzo di Keriko e
lo comunicò ad Alec.
Il ragazzo decise di seguire il consiglio di Max e riflesse
a lungo.
Andò al cimitero davanti alla lapide di Rachel. Ripensò ai
momenti passati con lei. Era stata molto importante per lui. Era
stata il suo primo amore e l’avrebbe amata per sempre. D’altra parte non
sarebbe più tornata.
Ripensò anche ai momenti con Keriko. Dal loro primo incontro
non avevano fatto altro che litigare. Ad essere sincero, però, lui sapeva bene
che il motivo del suo comportamento non era insofferenza nei suoi riguardi. Era
paura. Una paura inconscia di legarsi ad un’altra persona. Inoltre doveva
ammettere che in quel mese Keriko gli era mancata
profondamente. Andava nel suo appartamento tutti i
giorni. L’aveva messo sottosopra più volte sperando di trovare un indizio sul
posto in cui poteva essere, ma non aveva voluto che qualcuno sapesse che le
mancava. E invece era così. Le mancava immensamente.
La sua risata, la sua voce, il suo sorriso impertinente, il suo vizio di
toccarsi il lobo destro quando era imbarazzata, il suo arrossire per la rabbia
quando nei loro battibecchi lui aveva la meglio, i suoi occhi… I suoi occhi
quando si posavano su di lui… Si chiese come avesse fatto a non accorgersi del
modo in cui lo guardava. Nei suoi occhi c’era sempre una dolcezza infinita che
ultimamente era diventata profonda tristezza. Probabilmente rassegnazione.
Ripensò al suo bacio sulla guancia, al suo augurio e al
significato recondito di quelle parole. Un addio. Lei aveva deciso di non
soffrire più.
Si chiese se ci fosse riuscita. Se davvero
la lontananza le era servita per cancellare i suoi sentimenti per lui. Se nel frattempo si fosse innamorata di qualcun altro. La
immaginò tra le braccia di un altro ragazzo. Il pensiero gli bloccò il respiro.
E in quel momento capì ciò che doveva fare.
Erano le otto di sera. Keriko aveva invitato a casa sua i
suoi migliori amici per festeggiare il suo compleanno.
Il campanello suonò. “Chi altri hai invitato?” domandò
Sammy.
“Veramente, solo voi.” Disse, mentre andava ad aprire.
Tutti videro il nuovo arrivato. Era un bel ragazzo che però
non si accorse minimamente di loro. I suoi occhi e tutto il suo stesso essere
erano impegnati nella contemplazione della ragazza di fronte a lui.
“Alec?!” mormorò con un filo di voce. “Che…
che ci fai qui?”
“Sono venuto per te.”
“Cosa?”
“Sono stato uno stupido, un perfetto idiota. Puoi
perdonarmi?”
“Ma di cosa stai parlando?”
Alec la guardò. Prendendole il viso tra le mani disse: “Di
questo.” Subito dopo la
baciò.
Keriko fu stupita e confusa dal gesto, ma ricambiò il bacio
che da tempo sognava di poter dare e ricevere.
Alec fece scivolare le mani fino alla vita di Keriko
stringendola più saldamente a sé, mentre lei lo abbracciava al collo e passava
una mano tra i suoi capelli all’altezza della nuca.
Quando separarono i loro visi per
riprendere fiato, Keriko, rimanendo abbracciata ad Alec, chiese: “Ma che
significa tutto questo?”
“Significa che ho capito quanto io sia stato cieco a non accorgermi
di ciò che provavi per me. E ciò che io provo per te.”
“E cosa provi?” chiese, mentre una
lacrima le solcava la guancia.
“Ti amo Keriko.”
“E Rachel?”
“Lei è stata il mio primo amore e
avrà sempre un posto speciale in me. Però, ho capito anche che lei è il mio
passato. Tu, vorrei che fossi il mio presente ed il mio futuro. È troppo tardi
per chiedertelo, Keriko?”
Mentre Alec parlava, altre lacrime
avevano iniziato a scorrere sul viso di Keriko. Sorridendo, scosse la testa.
“Sei arrivato giusto in tempo.”
Alec sorrise e la baciò di nuovo.
“Direi che a questo punto, i nostri regali perdono valore.” Disse Sammy.
Alec si accorse solo allora delle altre persone e Keriko si
ricordò della loro presenza.
Prendendo per mano il ragazzo, si avvicinò agli altri e fece
le presentazioni.
Più tardi quella sera, Keriko ed Alec erano
abbracciati nel letto della ragazza.
Lei si alzò su un gomito e lo osservò in silenzio.
“Che c’è?” chiese Alec.
“Mi sembra ancora incredibile che tu sia qui.”
“Credo che dovrai fartene una ragione.”
Si scambiarono un bacio.
“Cosa pensi di fare?” domandò il
ragazzo.
“A che proposito?”
“Pensi di restare in questa città?”
Keriko ci riflesse sopra alcuni secondi. “Tornerò a Seattle.
Spero che la padrona di casa non abbia ancora affittato il mio appartamento.”
“Anche se l’ha già affittato non vedo il problema.”
“Come non lo vedi? Dovrei cercarmi un altro posto per
vivere.”
Lui la guardò negli occhi. “Potresti venire a vivere da me.”
Keriko non si aspettava una proposta del genere. “Mi stai
chiedendo di coabitare con te?”
“No. Ti sto chiedendo di convivere con me.”
Keriko sorrise e lo baciò con passione.
“Lo devo prendere come un sì?” chiese sorridendo Alec.
“Direi di sì.”
Entrambi risero.
“Keriko…”
“Sì?”
“Buon compleanno.”
La mattina seguente Alec si svegliò per primo. Rimase ad
osservare il viso di Keriko che dormiva tra le sue braccia. Nella sua vita
aveva passato momenti difficili e mai avrebbe pensato
di poter essere felice come in quel momento. E tutto
grazie a lei. Grazie al fatto che esisteva e lo amava.
Le accarezzò il viso e a quel movimento, Keriko si svegliò.
La prima cosa che vide fu il viso di un ragazzo innamorato.
Un viso che lei amava con tutta sé stessa.
Quello fu l’inizio del loro futuro.
FINE
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