Torno in sé giusto in tempo per vedere Kerkurot accompagnare Sina alla porta. All'improvviso capì da cosa era dovuto quel senso di solitudine che non l'aveva mai abbandonata nelle ultime ore: aveva perso il suo Osmi.
Da qualche parte dentro se stessa sentì una lama lacerarle il costato, una ferita invisibile agli occhi, ma insopportabile per l'anima che non sarebbe mai guarita. Era solo una metà, la metà umana di Enari, le mancava la metà lupa, la sua parte primitiva e selvaggia, quella che agiva sempre d'istinto e che le dava coraggio; senza di lei era solo un guscio vuoto.
Mentre tentava di farsi coraggio colse altri stralci di conversazione: a quanto pareva, Kerkurot aveva chiesto consiglio a Sina quando era entrata in quel ricordo; con tutta probabilità, l'anziana l'aveva rincuorato e per questo se ne stava andando senza aspettare il suo risveglio.
Molte cose le furono chiare, già il fatto stesso di riuscire a cogliere tutte quelle piccole sfumature della voce di gente che si trova in un'altra stanza avrebbe dovuto dirgliela lunga sul fatto di non essere una ragazza come le altre. Ripensò anche a tutti i lividi che le avevano fatto gli Hoteli; si tastò braccia e gambe, si accarezzò il ventre, ma non ne trovò traccia, segno anche questo che aveva una capacità di guarigione superiore al normale. L'uomo la trovò così, sveglia intenta a controllare ogni singola parte del suo corpo; Enari alzò gli occhi su di lui, due iridi spalancate dalla paura e lucide dalla consapevolezza di non aver più con sé la sua parte più importante.
— Kerkurot, so cos'è successo. So anche perché ho questo senso di solitudine... alla fine tutti si sentono soli. — disse, riferendosi al sentimento che avrebbe provato qualsiasi altro Samrarmas che avesse fatto la sua stessa scelta — Ho perso lei, l’unica che sapesse chi sono, chi non sono e chi vorrei essere. —
— Cos'è successo? — chiese lui con una lentezza disarmante, temendo la risposta.
— Lei mi ha lasciata andare; ha detto che si sarebbe fatta trovare non appena sarei stata al sicuro, come posso trovarla?
Ma non era questa la risposta che Kerkurot voleva, lui si riferiva agli Hoteli.
— Enari, dimmi cos'è successo... dopo quello.
— Ero debole e non pienamente cosciente. — rispose ripensando al suo risveglio nel bosco, raccontare quella parte non le costava fatica — Loro volevano il mio Osmi, è per questo che l'ho lasciata andare; ci hanno messo un po' per capire che non c'era più — si interruppe, il dolore delle frustate e del coltello era ancora vivido davanti ai suoi occhi; Kerkurot la esortò a continuare e lei raccontò il resto, mentre il suo compagno rabbrividiva al suo fianco. — Una candida lupa mia ha salvata, sono certa fosse lei, il mio Osmi. Non credo l'abbiano catturata, lo sentirei se fosse così, ma ora che so cosa mi manca ne ho bisogno più che mai; aiutami a ritrovarla.
— Cos'altro ricordi? — chiese ancora lui, prendendole il viso tra le mani e desiderando che anche i suoi ricordi antecedenti gli Hoteli fossero tornati.
— Non molto, ma piano piano mi è sempre tutto più chiaro; ora so di potermi fidare di te, prima non ne ero così certa, ma la consapevolezza di non avere più il mio Osmi... — insisté — sono così terrorizzata...
— La speranza e il dolore sono due facce della stessa medaglia. Inizia a sperare, vedrai che la paura ti abbandonerà. — A queste parole, Kerkurot si chinò su lei per posare le labbra sulle sue. Fu un piccolo, casto bacio, ma per Enari ebbe la potenza di un fiume in piena, il vortice di un tornado e la scarica primordiale di un terremoto. I suoi ricordi tornarono tutti insieme, investendola, quasi volessero scaraventarla via; caldo e freddo si mischiavano insieme alle sue memorie appena tornate, mentre l'ululare di una lupa li riscosse: fuori dalla casa, un animale argentato li stava aspettando.
Enari corse in strada con le lacrime agli occhi, mano nella mano col suo sposo, per ricongiungersi al suo Osmi. Il sole era ancora alto nel cielo, la giornata non era ancora finita e lei sarebbe potuta diventare una lupa se l'avesse voluto. Abbracciò la sua metà per un breve istante, prima che questa scomparisse e riprendesse posto nel suo animo; l'attimo dopo, Enari ululava felice in forma di animale.
E fu la notte.