Ste:
vediamo se indovini il mio paring... ahahahah
Cathy:Sticazzi,
conoscendoti potrebbe essere qualsiasi cosa, persino una Mito/Fukuda
Vorrei
sentire la tua voce gridare, tentare, sbagliare
Non sopporto più
di vederti morire ogni giorno, innocuo e banale
[Linea
77 feat. Tiziano Ferro – Sogni risplendono]
Da
quando ho ricominciato a giocare seriamente mi capita raramente di
giocare al parco, ho poco tempo e Taoka pretende da me il doppio
dell’impegno che ci mettono gli altri, sono una testa calda,
sono
uscito da quella palestra in un pomeriggio d’agosto, e mi
sono
ripresentato in primavera, per giocare ancora, per poter fare
canestro, per sentirmi vivo. Sto inseguendo il mio sogno, il basket
professionistico, non punto in alto “se voli basso prendi
tutto”
ha detto un mio amico, un ragazzo contro cui ho giocato molte volte,
con il mare come sfondo, e l’odore di salsedine nelle narici.
Poco
lontano c’è una panchina su cui è
seduto un ragazzo dai capelli
lucenti, e non so perché ma mi ricorda me lo scorso anno,
è di
nuovo agosto, e mi sto preparando per il campionato invernale
raddoppiando i miei sforzi, sono tornato al parco determinato a
battere lo Shohoku, determinato a battere il Kainan e tutti quelli
che si metteranno sulla mia strada, non riesco a togliere gli occhi
da quella
figura in gakuran*. Non so che mi prende e mi avvicino, non lo
conosco, non mi sembra del giro del basket, ma non posso fare a meno
di sedermi poco lontano da lui, mentre nel campo ora si affollano un
gruppo di ragazzi che organizza una partita con scommesse annesse. Il
ragazzo sbuffa mentre io ne fisso i lineamenti, ha uno zigomo viola e
quando guardo le sue mani vedo le nocche spellate. Non sembra uno che
fa parte di una banda, non mi da questa idea. Sento provenire da lui
una tristezza infinita, e dietro di lui è parcheggiato un
motorino
scassato. Sospira e sembra perso nei propri pensieri e questo mi fa
cercare il suo profilo così armonioso, e simmetrico. Sento
la sua
frustrazione, ma non riesco a vedere i suoi occhi che sono chiuse, ma
sono convinto che sappia che lo sto osservando, la sua postura
è
cambiata quando mi sono avvicinato, si è irrigidito, ed io
sono
impazzito del tutto, azzero le distanze e lo bacio, bacio uno
sconosciuto in un luogo pubblico, e nemmeno dei più
edificanti,
siamo in un quartiere non proprio dei migliori. Mi becco un pugno
nello stomaco da primato, questo ragazzino secco sa come menare le
mani, ma io non sono da meno, e ci picchiamo senza risparmiare colpi,
e adesso la sensazione sconsolata che emanava prima riesco a
percepirla come mia, e non so perché, non sono mai stato
tanto
sensibile agli altri. Passiamo un tempo infinito a picchiarci,
nessuno si intromette, qua nessuno vede, qua nessuno sente e nessuno
parla per paura della Yakusa, ma soprattutto dei piccoli malviventi,
quelli pazzi e pericolosi. Il sole è calato sulla nostra
rissa, ma
era vicino al tramonto quindi non capisco quanto tempo sia passato,
ma dopo un debole destro allo zigomo la sua mano si apre
appoggiandosi alla guancia contusa e adesso è lui a
baciarmi, e non
posso fare a meno di rispondere, è un bacio violento e
pretenzioso,
lui cerca con forza la mia lingua e comincia una specie di guerra a
cui partecipo con piacere, mi trascina in un posto appartato e
continuiamo a baciarci, per un po’ quando si stacca per
riprendere
fiato mi presento “Kitchō” e lui risponde
“Yohei” si
presenta a sua volta.
Sono
passati dei giorni da quando ho conosciuto Yohei e lo trovo
bellissimo e pieno di interessi, ma non ha la forza di seguire i suoi
sogni, e io voglio diventare colui che lo aiuterà
perché ho ripreso
in mano la mia vita quando ho ricominciato a giocare, mi trovo seduto
su una sedia elegante in un ristorante normale, non ne parlano a giro
in nessuno modo. Arriva il cameriere, che non pensava avessi il
coraggio di presentarmi sul suo posto di lavoro. Lo vedo sfoggiare la
sua maschera sorridente e gentile ma so che lui non è
così, il suo
cuore non arde per il lavoro al ristorante. “Vorrei il
menù dove
tu mi inviti a casa tua quando stacchi” gli dico piano
“voglio
che tu sia il mio dolce” lo vedo trasalire e arrossire e gli
sorrido mentre me lo sto mangiando con gli occhi “Non
cambiarti”
aggiungo e lui cerca di fare il suo lavoro in maniera più
professionale possibile e io cerco di metterlo in imbarazzo ogni
volta, mi piace, perde la sua maschera indifferente, sveste il suo
ruolo di eterna spalla per il rosso di merda, l’ho scoperto
che è
il suo migliore amico.
Quando
finisce il turno mi trascina a casa sua prendendomi forte per un
polso e appena chiusa la porta mi ci sbatte contro “Tutta la
sera a
fare allusioni, ne pagherai il prezzo Kitchō” la sua voce
è
arrochita, sono eccitato e spero lo sia anche lui che mi dice con un
fare perentorio “Spogliati” e come se fossi guidato
dalle sue
mani mi tolgo i vestiti con lentezza rimanendo completamente nudo ai
suoi occhi che sembrano brillare, si spoglia a sua volta e dopo
avermi preparato mi prende con foga, e non posso fare a meno di
assecondare il suo volere, sono rimasto incatenato alla sua figura
quel giorno al campetto. Ricadiamo spossati, e stropicciati sul suo
futon, e solo adesso mi posso permettere di abbracciarlo, non me lo
concede solitamente, mi respinge, ma mai dopo aver fatto quello che
per me non è solo del sesso occasionale.
“Yohei” invoco il suo
nome mentre ricomincia a massaggiare le natiche “Dovresti
seguire
la tua passione, dovresti darti alla pasticceria, sei così
bravo,
sei così appassionato. Io sarei nel tuo negozio ad
ingrassare,
perché i tuoi dolci sono divini. “Ma devo lavorare,
devo…” lo interrompo con un bacio che sa di
rabbia, che sa di
disperazione. “Voglio vederti vivo e vitale, provare,
sbagliare,
farti il culo per quello che ami fare” gli urlo in faccia
dopo
essermi staccato. Siamo ancora nudi e lui mi colpisce al volto, e
parte una nuova rissa e quando ci quietiamo gli sorrido
“così va
meglio, ce la faremo, riusciremo a conquistare il mondo e a far
avverare i nostri sogni devi usare questa rabbia. Lui mi si lancia
addosso e piange contro la mia spalla, piange di rabbia, piange di
dolore, piange la sua disperazione, e il senso di inadeguatezza che
ci accompagna. “Io sarò accanto a te.
Sarò qua, o sarò
dall’altra parte del Giappone a giocare, ma tu sarai
sicuramente
qua” mi indico il cuore e lui sembra calmarsi
“Saremo insieme in
questa guerra, accompagnami nella mia, combatterò la tua,
con te e
per te”. Prendo un foglio da una tasca dei miei jeans che
giacciono
in mezzo al cumulo di vestiti che abbiamo lanciato con urgenza quando
siamo arrivati a casa sua glielo porgo. Lui scuote la testa
“leggi
tu” annuisco “Gentile signor Mito, vorremmo
invitarla al nostro
Workshop per l’assegnazione di borse di studio per
l’anno
prossimo per la nostra scuola di pasticceria, abbiamo ricevuto la sua
richiesta e il suo dolce, e la riteniamo tra i migliori candidati,
dovrà superare un ulteriore prova.” seguono
l’indirizzo e la da
data e lui mi guarda stupito “non ho mandato
niente” scuoto la
testa “Ho mandato tutto io, con la mia torta di compleanno
che ti
ho fatto rifare” riparte la rissa, con meno foga di prima, e
ci
ritroviamo abbracciati, i corpi allacciati in un’unica
figura, mi
bacia e adesso c’è passione, e lo sento fremere,
non mi sembra più
innocuo e banale, il mio Yohei è pronto a brillare.
Parole
Sparse
*Gakuran:
Divisa scolastica maschile con la giacca abbottonata e il collo
stondato (quella dello Shohoku per intendersi)
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