Ci sono fiori, fiori ovunque, lungo tutto il perimetro spiccano nella
loro inutilità a ricordare la fine. Altri fiori, tenuti tra
le mani, maldestramente, con estrema attenzione, fiori che sarebbero
appassiti, fiori come lui, appassito come loro.
Accade in un istante, quando i passi di uno continuano anche se l'altro
è fermo, pestano un ramoscello e lo spezzano. Allora lo
vedono, allora si vedono, ai lati della bara inginocchiati, ognuno con
il proprio mazzo di fiori ben stretto tra le mani, ognuno con il cuore
spezzato e la ragione nella stessa bara che accoglie una vita distrutta.
Lei ha gli occhi pieni di lacrime, i capelli martoriati, stringe tra le
mani un mazzo di fiori colorati, lui le fa da specchio, nella stessa
posizione, con gli stessi occhi, gli stessi capelli, tra le mani un
mazzo di rose bianche stavolta senza sangue.
È un attimo, il loro sguardo si incontra e lo sanno, sanno
che stanno soffrendo che il loro dolore è lo stesso e si
odiano perché non dovrebbero mostrarsi in questo modo, non
dovrebbero trascinarsi a fondo a vicenda, ma hanno perso tutto e non
c'è più ragione per rimanere in piedi.
È lui a rompere il silenzio, ad avvicinarsi, ad
abbracciarla. Lei sussulta perché è strano, sa
che lui non concede tenerezza facilmente, sa che il loro rapporto
è sempre stato piuttosto formale, sa che tutto
ciò non ha più alcuna importanza quando lo sente
singhiozzare e si abbandona a sua volta.
Lei lo stringe, lo stringe forte, illudendosi di poter trovare e dare
conforto, ma è solo dolore finché il suo profumo
non le penetra le narici e allora sorride.
"Hai il suo stesso profumo, Gokudera-kun" commenta lei, le lacrime
ancora scorrono, ma il suo tono è calmo.
Lui non sa che fare, che dire: che senso avrebbe rivelare proprio
adesso che quell'essenza è sempre stata sua? Che senso
avrebbe dire che era sempre stata loro? Non c'è freno alle
parole, non davanti a tutto questo.
"Al Decimo piaceva molto la mia colonia" dice finalmente, il cuore gli
si stringe in petto a sentirsi parlare usando un tempo passato
perché per lui non c'è più presente.
"Lo so. Tsuna...lui ti amava, Gokudera-kun".
Lui sussulta, è sorpreso, confuso, preoccupato.
Perché adesso? Che senso ha scoprire gli altarini proprio
ora? Ora che non c'è più nulla.
"Te lo ha detto lui?".
"No, ma l'ho sempre saputo. Quando era nervoso chiedeva sempre di te,
sembrava fossi l'unico a poterlo calmare. Il modo in cui gli si
illuminavano gli occhi quando ti nominava, quando mi diceva che ti
preoccupi per le cose più irrilevanti, che non sapeva come
avrebbe fatto senza di te e tanti piccoli altri fattori mi hanno fatto
capire che era amore".
Fa male, fa male sentire qualcosa che lo rendeva così felice
da chi non avrebbe mai voluto sapesse. Fa male ammettere che non
sarà mai più perché quella immensa
felicità ora gli lacera il cuore.
"Mi dispiace" è tutto ciò che riesce a dire,
mentre ancora stringe lei tra le sue braccia come mai aveva fatto con
nessuna. Vorrebbe sottrarsi, parlare sinceramente, ma non
può mentire perciò resta fermo.
È lei a sottrarsi, scuote la testa e sorride. Lo guarda
dolcemente mentre gli asciuga una lacrima, una delle lacrime che non
asciuga a se stessa.
"Non devi essere dispiaciuto, né scusarti. Credo che Tsuna
non me ne abbia mai parlato perché temesse che non potessi
capire, ma a me è stato sempre così chiaro".
Lui annuisce piano, si sforza di sorridere a sua volta, ma proprio non
è il tipo, non è così forte da
mostrare un sorriso quando si sente in quella bara senza mai esserci
entrato.
"Ti amava, Sasagawa-san. Ogni suo gesto era volto a renderti felice, a
proteggerti da un mondo troppo sporco per il tuo dolce animo. Ti voleva
al suo fianco per l'eternità, per questo ti ha chiesto di
sposarlo, per questo ti ha legata a sé".
Lei annuisce, sorride ancora: lo sa, sa tutto ciò che lui si
sforza di dire. Lo dice.
"Lo so. So quanto Tsuna mi amasse, so quanto il nostro amore fosse
forte. So che il nostro rapporto era speciale, sincero. Chi lo ha detto
che si possa amare una sola persona? Tsuna non ha mai saputo scegliere,
non ha voluto scegliere e davvero non poteva. Nessuno gli ha mai
imposto una scelta, semplicemente perché per quanto
difficile poteva sembrare a noi è sempre stato chiaro".
Lui non sa cosa dire, si trova a concordare e a sua volta riesce a
sorridere. È così, per quanto la gelosia a volte
abbia giocato il suo nessuno avrebbe mai potuto negare una parte o
l'altra, Tsuna apparteneva a loro e loro a Tsuna, che ora gli era
rimasto addosso, nei ricordi, nell'anima e li aveva lasciati
così che stare insieme era l'unico modo per riviverlo, per
rivederlo.
Si guardano, per la prima volta si riconoscono l'uno nell'altra, si
abbracciano di nuovo, stavolta senza piangere. Si stringono come se da
questo dipendesse la loro vita e in effetti è
così. Avevano limitato il loro contatto per tutta la vita,
si erano anche evitati inconsciamente da quando tutto era diventato
chiaro, ognuno col desiderio proibito di chiedergli di scegliere
perché no, non lo volevano condividere, ma avevano capito
che Tsuna non sarebbe mai stato felice se avesse rinunciato
perché era loro che voleva.
Sono così simili, anzi sono uguali, anime distrutte, il loro
stesso riflesso, separate dall'amore, unite dalla morte.
Lui le accarezza i capelli, si perde tra le lunghezze diverse e le
parti mancanti. È inevitabile chiedere.
"Cosa hai fatto ai tuoi capelli?".
Lei si tocca le punte più lunghe e si sforza di mantenere il
suo tono calmo.
"Quando mio fratello me lo ha detto ho perso il senno. A dire la
verità mi sono trovata con delle forbici in mano e prima di
rendermene conto..."
Non servono altre parole, lui lo sa, sa cosa è successo,
perché gli è successa la stessa cosa: il pensiero
che non li avrebbe più toccati, che non avrebbe
più giocato fargli delle treccine. Li aveva fatti crescere
solo per Tsuna, non aveva più ragione di tenerli.
"Eppure non avrei mai dovuto. Tsuna non faceva che ripetere quanto gli
piacessero i miei capelli lunghi".
Il tono di lei è incerto, lui sente una fitta al cuore,
anche lui ha fatto un torto a Tsuna, anche lui ha fatto a pezzi
qualcosa che Tsuna amava.
"È vero, lo diceva anche a me in continuazione, ma i capelli
ricrescono...".
I morti non risorgono si ferma prima che parole simili lo tradiscono.
Lei lo sa, lo nota, lui come lei, anche lui era troppo vicino a un paio
di forbici.
Parlare del passato non ha senso, eppure lui vuole parlarne,
perché nel passato c'è Tsuna e Tsuna è
l'unica vita che abbia conosciuto.
"Avrei dovuto...".
E lei lo interrompe, scuote la testa e gli da un bacio sulla guancia,
perché lei lo sa, suo fratello glielo ha detto, lei lo ha
solo saputo, lui lo ha visto, si è visto strappare davanti
ai suoi occhi quanto di più prezioso avesse.
"Il fratellone me lo ha detto, mi ha detto che nessuno di voi ha potuto
fare niente, mi ha detto che appena ti sei svegliato hai tentato di
addormentarti per sempre".
Lei è così delicata, persino per il suicidio ha
un termine alternativo che sembra quasi innocente.
"Volevo solo seguirlo, lo avrei seguito in capo al mondo...invece
è andato nell'unico posto dove non posso raggiungerlo..."
Lui annuisce, non può negare di sentirsi ancora in colpa, ma
non prova vergogna ad ammettere il suo dolore.
"Anche io ci ho provato appena sono rimasta da sola, ma poi dentro di
me ho sentito qualcosa che mi ha spinta ad andare avanti".
Lui sgrana gli occhi si domanda dove un'anima spezzata trovi la forza
di rialzarsi, in quale miracolo e perché lui stesso proprio
non abbia visto niente del genere, come lui stesso sia stato salvato da
possenti braccia che gli hanno impedito il gesto più estremo.
"Cosa?" domanda semplicemente.
Lei abbassa lo sguardo e si sfiora il ventre.
"Sono incinta".
Lui non crede alle sue orecchie, un tempo avrebbe odiato una simile
notizia, l'avrebbe vista come la fine di quello strano equilibrio, ma
ora ora non riesce a fare altro che sorridere.
"Non l'ho ancora detto a nessuno perché volevo fosse una
sorpresa. Non l'ho detto neanche a Tsuna perché volevo
dirglielo al suo rientro. Ora so che un pezzo di lui sta crescendo
dentro di me, è vivo ed è tutto ciò
che di lui mi resta, ma non voglio che non abbia un padre".
Lui si interisce, gli occhi si riempiono di lacrime, ma stavolta
è solo per la commozione. Coglie quella implicita richiesta
e annuisce, sa che farà del suo meglio per preservare
l'ultima scintilla vitale del suo amore perduto, sa che è
l'unico modo per sentirlo vicino, come se non se ne fosse mai andato.
"Tsuna diceva sempre di voler dare a un suo potenziale figlio o figlia
un nome significativo" dice lui. In un attimo parole gli attraversano
la mente vorticosamente.
"Yakusoku".
"Che cosa?".
"Il nome. Una promessa, come ciò che è stato
Tsuna per noi, come ciò che vogliamo essere noi per lui".
Lei sorride, lo abbraccia, lo stringe forte e annuisce.
"Sì, sarà così che si
chiamerà. Una promessa come quella che ci siamo fatti oggi:
non scivoleremo nell'abisso, ma risorgeremo insieme dalle ceneri".
Sorridono e lo sanno che Tsuna non potrà mai vederli, ma in
qualche modo amandoli entrambi ha fatto loro un regalo.
Questo pensano mentre si allontanano, mentre ognuno nel proprio letto
stringe al petto una sua foto: Tsuna non è capace di
abbandonarli. Non poteva benedirli con un dono migliore.
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