懐かしい風に振り向けばいつでもあなたの声がするよ
Quando
mi volto verso
il vento nostalgico,
sento
sempre il suono
della tua voce
Il
ricordo di
quell'ultima mattina trascorsa insieme a lui gli rimase a
metà tra
la gola e il petto.
Sasuke,
addormentato
accanto a lui, morbido tra le sue braccia. I suoi capelli neri sparsi
sul cuscino, profumati e lucidi, attraversati da delicati riflessi
blu nella luce chiara dell'alba.
Naruto
si era
svegliato al sorgere del sole, e aveva visto lui. Aveva sentito il
suo petto che si alzava e si abbassava con il suo respiro, e il suo
cuore che batteva sotto il palmo della sua mano fasciata. Non ci
aveva creduto finché non aveva stretto appena la presa del
suo
braccio intorno alla vita di Sasuke, e quello di Sasuke si era posato
senza peso sul suo.
Il cuore
gli era
scoppiato nel petto.
Aveva
sperato in una
lunga, intrepida felicità. Aveva pregato che, al suo
risveglio,
avrebbe ritrovato Sasuke ancora lì, al suo fianco. In fondo,
aveva
dormito accanto a lui per già così tante notti.
Le loro
mani si
erano sfiorate, proprio in quel modo, in quell'esatto
modo,
già così tante volte.
E Naruto
era tornato
a dormire, avvolto dal profumo familiare della pelle di Sasuke e da
quella sensazione di pura, irripetibile gioia, che lo aveva
attraversato da capo a piedi.
Per poi
svegliarsi
qualche ora più tardi ed accorgersi che, rapido com'era
fuggito la
prima volta, Sasuke se n'era andato di nuovo.
Non in
un altro
villaggio; non da un'altra persona; ma da casa sua, una volta per
tutte, per chiudersi in una bolla irraggiungibile a cui Naruto non
sarebbe mai stato consentito l'accesso.
Che,
però, lui non
avrebbe mai smesso di tentare di ottenere.
Sasuke
sembrava essersi dissolto, svanito nell'aria e nello stesso silenzio
che aveva accompagnato ogni suo passo a Konoha dopo il suo ritorno al
villaggio. E, per quanto Naruto tentasse di riportarlo alla vita, di
riportarlo da lui, come era
riuscito a fare per quei primi mesi – Sasuke non
rispondeva
a nessuna delle sue parole, a nessuna delle sue lacrime, nonostante
Naruto tentasse con tutte le sue forze di celarle alla sua vista.
E
Naruto si impose, anche allora, di non piangere. Come quel mattino.
Come tutti i giorni a seguire.
Sasuke
era diventato un guscio vuoto dell'uomo che era.
Lo
fissava da quel punto da cui non si spostava mai, mentre Naruto
camminava a passo lento verso di lui e il vento soffiava leggero
intorno a loro. Si guardavano, sempre, reggendo l'uno lo sguardo
dell'altro; ma, dove Naruto si muoveva instancabile nonostante tutto,
Sasuke restava immobile tra l'erba e il cielo. Sordo a tutte le sue
parole, e insensibile a ogni cosa che non fosse il proprio rimpianto.
Senza
possibilità di salvezza.
Naruto
scacciò quei pensieri dalla mente, masticò
un'imprecazione tra i
denti, e si disse che doveva reagire. Che doveva far reagire anche
Sasuke, in qualche modo. Che doveva salvarlo, ancora e ancora, a
dispetto di tutte le sue paure, perché l'aveva fatto in
passato e
l'avrebbe fatto di nuovo. Anche quando Sasuke non avrebbe voluto.
“Sei
soddisfatto, Sas'ke?” chiese, arrestandosi dinanzi a lui, a
mascella quasi serrata. I suoi muscoli tremavano per lo sforzo,
mentre già si intimava di non lasciarsi scuotere da un solo
singulto. “Continuo a ripetertelo, l'hai combinata grossa. Ti
senti
in pace con te stesso? Pensi di aver preso la decisione
giusta?”
Era
già andato a trovarlo all'alba, e allora aveva sorriso e
tentato di
scherzare. La mancanza totale di reazioni da parte di Sasuke,
esattamente come allora, l'aveva portato ad andarsene prima di poter
piangere.
Naruto
sentì un ringhio, un ringhio vero,
gutturale e feroce,
risalirgli lungo la gola per liberarsi nell'aria fredda della notte.
“Parla, Sas'ke, maledizione!”
Sasuke
non rispose.
Naruto
si tirò indietro, in un gesto secco e rapido che gli fece
quasi
girare la testa, scostandosi fisicamente dallo sguardo spento di
Sasuke. O, perlomeno, di quello che restava di
Sasuke. Un paio
di occhi neri che apparivano già scoloriti, privi di alcuna
emozione. Che lo guardavano, soltanto, in perfetto silenzio.
Naruto
non poteva sopportarlo. Non poteva sopportare più niente, da quando otto mesi prima la guerra era finita.
“Sei
felice, eh, Sas'ke?!” continuò, determinato ad
urlare finché
Sasuke non lo avrebbe zittito. “Sei felice, adesso che
trascorri
notte e giorno in questo stupido posto?! E te ne freghi di me, di
Sakura-chan, di Kakashi-sensei e di tutto il resto?! Ti piace tanto,
startene qui tutto il tempo come un idiota?!”
Ancora,
Sasuke non disse una parola. Rimase lì, con lo sguardo
puntato su di
lui, steso accanto alla lapide simbolica che aveva eretto per suo
fratello. Come se davvero potesse bastargli quella insulsa lastra
commemorativa, per aiutare Itachi a ritrovare la pace. Per
restituirla anche a sé stesso.
Prima,
era solito tenerla luminosa e pulita, dedicare almeno alla sua cura
le sue giornate. Prima, almeno sembrava ancora considerare qualcosa
una valida ragione di vita.
Non
che fosse servito a niente.
Naruto
lanciò alla pietra sepolcrale, ai kanji scritti su essa, uno
sguardo
di indomabile odio. Spalancò la bocca per insultare Sasuke;
tentava
di non farlo, di avere un minimo di dolcezza da spartire ancora con
lui, ma in quel moemento proprio non riuscì a trattenersi.
“Ormai
non te ne frega più neanche di tuo fratello!”
Gli
parve che, nel buio, gli occhi di Sasuke si facessero ancora
più
scuri. Nemmeno quella frase era bastata per ottenere una sua
reazione.
Naruto
raccolse di nuovo il fiato, strinse i pugni e, finalmente, esplose in
un pianto disperato. “Forse avresti dovuto uccidere me,
invece che
lui!”
Sasuke
non rispose neanche a quell'urlo, e Naruto si sentì
veramente come
se gli avesse tolto la vita. Sasuke, in grado di ucciderlo anche
senza alzare un dito, anche in quello stato pietoso.
Naruto
emise un verso basso e senza respiro, e si portò le mani a
nascondere il viso bagnato e contorto in un'espressione di lancinante
dolore.
Forse,
pensava di tanto in tanto Naruto, a Sasuke piacevano le stelle.
Magari era per quello, che se ne stava lì disteso tutto il
tempo,
senza dare alcun segno di volersi mai sollevare dall'erba fresca
intorno a quella tomba. A volte Naruto era riuscito a strattonarlo
via da quella lapide, a fargli mangiare qualcosa e persino a dormire
per qualche ora in un posto che non fosse l'aperta pianura intorno
all'unico luogo in cui poteva ancora illudersi di far visita a
Itachi. Soltanto a volte.
All'inizio,
Naruto era persino riuscito a convincerlo a trascorrere qualche mese
a casa sua, a vivere con lui, almeno per riassestarsi dopo il suo
ritorno a Konoha. E, contrariamente a tutte le sue aspettative,
Sasuke gli era sembrato felice. Naruto aveva dormito al suo fianco, e
lo aveva stretto tra le sue braccia, e...
Eppure,
una volta abbandonato il suo appartamento quel maledetto mattino,
Sasuke era tornato sui suoi passi. Era andato dritto verso il
fratello, accanto al quale trascorreva ormai tutte le sue ore,
dimentico di tutto ciò che era accaduto in quegli ultimi
mesi.
Naruto
non poteva tollerarlo.
“È
una fortuna che tu sia in questo stato, Sas'ke”,
sussurrò tra i
denti, dandogli le spalle. Le lacrime continuavano a inseguirsi lungo
il suo volto. “Perché, credimi, non sopporteresti
di vederti così.
Neanche per un istante.”
Si
allontanò una volta per tutte, senza più voltarsi
indietro.
Per
un momento, un momento soltanto, gli parve di sentire Sasuke chiamare
il suo nome.
La
tua voce nel vento
風の中のあ
なたの声
C'era
del fango sul tatami di Kakashi, e dell'acqua sul volto di Naruto.
Forse era pioggia, o forse erano lacrime, come quelle sul viso di
Sakura.
“Non
puoi dire sul serio”, sussurrò lei.
C'era
ancora del terriccio sotto le sue unghie. Naruto non riusciva a
pensare ad altro che non fosse quel dettaglio e gli occhi spenti di
Sasuke, che lo avevano fissato vacui fino a solo qualche minuto
prima; a Sakura che trascorreva pomeriggio dopo pomeriggio insieme a
Sasuke, raccontandogli di questo e quell'altro con un sorriso sereno
sempre a curvarle le labbra, mentre manteneva in perfetto stato la
lapide di Itachi al posto suo e tentava disperatamente di colmare il
vuoto che lo pervadeva. Inutilmente. Che tornava a casa, poi,
distrutta da tanto dolore, al punto da dimenticarsi di togliersi
quella terra da sotto le unghie, e infine entrava senza essere stata
invitata nella casa triste e in disordine di Kakashi.
Come
se fosse stata in grado di accorgersi, da qualche parte dentro di
lei, che Naruto aveva bisogno del suo sostegno tanto quanto lei aveva
bisogno del suo.
E
aveva fatto bene, perché Naruto sapeva che era giunta la
fine. Di
Sasuke, di Sakura, di Kakashi stesso. E la sua. Perché, in
quel
modo, proprio non si poteva continuare. Perché avrebbe fatto
qualsiasi cosa, pur di invertire il corso degli eventi.
Qualunque
cosa.
“E
invece posso”, rispose all'amica, in tono basso, senza che la
sua
voce tremasse. Non più. “Devo.”
Kakashi
era sparito in cucina per qualche lungo istante, ma superò
la soglia
del salotto in quell'esatto momento. “Ti ho già
detto che non devi
fare proprio un bel niente”, ribattè secco,
posando una tazza di
tè caldo di fronte a Naruto e porgendone un'altra a Sakura.
Lei gli
rivolse uno sguardo che avrebbe dovuto essere tinto di gratitudine,
ma che invece ricordò a Naruto quello spento e vuoto e
terrificante
di Sasuke. Per un attimo temette di perdere anche lei. “Dammi
retta, Naruto. Torna a casa. Riposati.”
“Riposarmi
non cambierà nulla”, rispose, atono, Naruto. Si
sentiva fremere
dalla rabbia, dal dolore, dall'impotenza. Dalla paura.
“Domani mi
sveglierò, e lui sarà ancora lì.
Immobile.”
Puntò
gli occhi sulla tazza ancora piena dinanzi a lui, sentendosi
pervadere da un vuoto totale che non voleva saperne di abbandonarlo.
Si chiese, come da lontano, se anche Sasuke si sentisse ogni giorno
così; se fosse per quello, che non dava segni di potersi mai
risvegliare da quello stato.
Aveva
sperato, davvero fino all'ultimo istante, ogni singolo giorno, che
Sasuke potesse tornare a sé stesso. Non aveva cessato un
momento di
credere, dal profondo del suo cuore, che Sasuke potesse riuscire a
farlo. Perché era Sasuke, e lui era Naruto, e insieme
avevano già
ingannato la morte infinite volte.
“Non
c'è più possibilità di salvezza, per
lui”, mormorò, senza
provare alcuna emozione. “Non qui. Devo tornare indietro.
Salvarlo
prima che possa accadergli quello che gli è
successo.”
Kakashi
si mise seduto accanto a lui, silenzioso come Sasuke era sempre.
Riprese parola solo dopo qualche lunghissimo istante. “Non
sai
quello che dici. Il cambiamento di Sasuke non è una
motivazione
valida per intraprendere un viaggio nel tempo,
Naruto”, lo
rimproverò piano.
“Il
maestro ha ragione”, fece subito Sakura ad alta voce, prima
che
Naruto potesse rispondere. “Stai dando di matto! Non capisci
quanto
sia stupida la tua idea, Naruto?!”
Naruto
saltò in piedi. “Cosa vorresti che facessi, se
no?!” esclamò di
rimando. “Che me ne rimanessi qui con le mani in mano?! Che
rimanessi in silenzio a fissare Sasuke che non mi dice una parola,
che non si muove, che non è più lui?!
È questo ciò che dovrei –
”
“Se
sei sicuro”, disse Kakashi, zittendo entrambi all'istante.
“Se
sei sicuro di volerlo fare...”
Fu
come se avesse squarciato l'intera parete.
Sakura
fu la prima a reagire, dopo un brevissimo e tuttavia infinito,
pesante, silenzio. “Maestro, la prego, ragioni”,
replicò
concitata. “Almeno lei! Ne abbiamo già discusso
tantissime volte!
Non possiamo spedire Naruto a – a – ”
Scosse
la testa con forza, interrompendosi e ricominciando. “Non
possiamo
permetterlo! Ne abbiamo parlato! Lei è sempre stato
d'accordo con
me!”
Il
tè nella sua tazza si era rovesciato sul tatami, tanta era
stata la
foga dei suoi movimenti e delle sue parole. Si mischiò al
fango che
era rimasto attaccato alle suole delle scarpe di Naruto, che non si
era curato di strofinarle contro lo zerbino all'ingresso
dell'appartamento di Kakashi così come Sakura aveva
dimenticato di
togliersi il terriccio da sotto le unghie. “Maestro! Si
rammenti
delle sue stesse parole, la prego! Non gli dica si
sì!”
“Kakashi-sensei
ha detto che va bene, quindi va bene!” ribattè
Naruto, con una
luce nuova negli occhi che non sfuggì al suo maestro. Per la
prima
volta in interminabili mesi, un piccolo sorriso tremante iniziava ad
allargarsi sulle sue labbra. “Giusto?”
domandò, voltandosi verso
di lui con i pugni serrati dinanzi al petto per placare l'entusiasmo.
“Eh, maestro?”
Kakashi
rimase seduto sul tatami imbrattato di tè e di fango, con le
gambe
incrociate e gli occhi chiusi. Soffocando dentro di sé il
dolore che
precedette le sue parole.
“Naruto”,
lo chiamò, serio. “Sai che, se vai, non potrai
più tornare.”
Sakura
sbattè la tazza di tè sul tavolino dinanzi a lei,
facendo
sobbalzare Naruto con il suono improvviso e rumoroso che
seguì il
suo gesto. “Naruto, rifletti – ”
“Sakura-chan”,
la interruppe piano Naruto. Fu il leggero tremare della sua voce, la
delicatezza del suo tono e l'affetto che pervase ogni sillaba, che la
portò a fermare le proprie parole e a guardarlo soltanto, in
attesa
delle sue.
“Non
vorrei andarmene”, proseguì lentamente Naruto,
guardando il tatami
macchiato, “ma non posso lasciare che Sasuke si faccia
questo. Non
posso lasciare che si rovini la vita, se ho modo di evitare che
accada. Ti prego.”
Alzò
gli occhi chiari nei suoi, trovandoli verdi e già umidi,
sempre
luminosi a dispetto di tutto. “Ti prego, Sakura-chan, cerca
di
capire le mie ragioni”, mormorò. “E, se
non le capisci, almeno
accettale.”
Fu
lui a chiudere gli occhi, mentre Kakashi riapriva i propri.
“Fallo
per Sasuke.”
Sakura
fissò lo sguardo su di lui per qualche lungo, eterno attimo.
Infine
si sporse verso di lui sul tatami e afferrò la sua mano,
stringendola forte nella propria.
“Vuoi
farlo davvero?” sussurrò.
Naruto
annuì. “Più di qualsiasi altra
cosa.”
Kakashi
guardò i suoi allievi; cresciuti, terribilmente diversi
l'uno
dall'altra, eppure uniti dall'affetto reciproco e da quell'amore
sempre complicato che provavano per il loro compagno di squadra. Mise
di nuovo a tacere quella voce che lo supplicava di non accettare la
richiesta di Naruto, e si schiarì la gola per riportare lo
sguardo
azzurro di Naruto e quello verde di Sakura su di lui.
“Mi
sembra abbiate preso la vostra decisione”, disse soltanto.
“Sei
pronto, Naruto?”
Naruto
lo guardò, e per un attimo gli parve spaesato. Erano ancora
così
giovani. Non avevano nemmeno diciotto anni, eppure
erano già
stati così tanto messi alla prova dalla vita. Come,
d'altronde, era
successo anche a lui.
In
quel momento, la cicatrice che gli percorreva la parte sinistra del
volto gli bruciò più che mai sulla pelle.
Le
tenebre si dispersero sul volto di Naruto e il ragazzo
annuì, una
volta sola. Kakashi si alzò in piedi, e guardò i
suoi alunni
cresciuti sollevarsi dal tatami subito dopo di lui.
“Fingeremo
di seppellirti, domani”, disse Kakashi a Naruto, in tono
calmo.
“Diremo a tutti che sei morto in circostanze
misteriose.”
Sakura
si portò all'improvviso una mano sulla bocca, a fermare i
singulti
che già premevano per inseguirsi fuori dalla sua gola.
“Posso
riportarti solo in un punto del passato che ho vissuto anche
io”,
proseguì Kakashi, sistemandosi il coprifronte in un gesto
segretamente nervoso, “quindi ti rispedirò
indietro alla notte
precedente all'inizio della nostra prima missione, quando proteggemmo
Tazuna durante il suo viaggio di ritorno al Paese delle Onde.
Ricordi?”
“Come
se fosse successo ieri”, sorrise Naruto, sentendosi il cuore
più
leggero di quanto fosse stato negli ultimi mesi, e al tempo stesso
più pesante e dolente che mai. Sakura si premette
più forte la mano
contro le labbra, strizzando forte le palpebre per frenarsi dal
piangere ancora. Si asciugò le lacrime, poi, e si fece forza
per
incoraggiare anche lui.
Emise
un leggero colpo di tosse, per pulirsi la voce dalle tracce del
pianto, e sollevò gli angoli delle labbra tremanti.
“Eri un tale
idiota”, disse, rivolgendogli un piccolo sorriso di scherno,
un po'
storto.
Naruto
si indicò con un pollice, chiudendo gli occhi pieni di
lacrime e
aprendo la bocca per sorriderle di rimando. “Sono ancora un
idiota!” affermò sornione.
Sakura
lo travolse con una risata rotta e un abbraccio fortissimo.
Kakashi
cercò di deglutire anche attraverso il nodo che gli si era
formato
nella gola. Guardò Sakura emettere una risata umida mentre
portava
una mano al volto di Naruto, catturando una lacrima che già
gli
scendeva lungo una guancia. Naruto rise insieme a lei, e il sorriso
bagnato sulle sue labbra fu la goccia che fece traboccare il vaso in
cui Kakashi aveva rinchiuso le sue emozioni.
“Naruto”,
sospirò. “Vieni qui.”
Il
suo allievo lo guardò stupito, asciugandosi il volto, e si
mosse
solo quando Sakura gli diede uno spintone brusco affinché si
alzasse
dal tatami. Naruto gli si avvicinò fino a ritrovarsi in
piedi
dinanzi a lui, fissandolo ancora con sguardo sorpreso. Aprì
bocca
per parlare, ma Kakashi lo precedette.
“Prenditi
cura di te stesso”, gli disse il suo maestro, posando una
mano
sulla spalla e stringendo la stoffa della sua maglia per celare il
tremare delle sue dita. “E non soltanto di Sasuke, chiaro?
Vedi di
non fare idiozie, mi raccomando.”
Un
nuovo sorriso si aprì sulle labbra di Naruto, subito seguito
da una
risata spezzata. “Questo proprio non posso
prometterlo!” esclamò,
strizzandogli un occhio.
Kakashi
sorrise triste e nascosto, sentendosi investire da un'ondata di
affetto nei suoi confronti così forte da stordirlo per un
attimo.
Poi lasciò la presa sulla sua spalla, e si
preparò ad effettuare la
lunga sequenza di movimenti che gli avrebbe permesso di riportare
Naruto indietro nel tempo.
Chiuse
gli occhi e aprì la bocca. “Tecnica segreta della
– ”
Naruto
afferrò il suo gomito, fermandolo. Kakashi
risollevò le palpebre,
guardandolo confuso.
“Sensei”,
ridacchiò Naruto, indicando la fascia nera che gli celava
metà del
viso con un dito. “Non si deve togliere quella,
perché la sua
mossa funzioni?”
Kakashi
sgranò gli occhi, colto sul fatto. Anche Sakura rise piano,
e Naruto
si voltò a guardarla e a ridere con lei. Il loro maestro si
tirò
giù la maschera con una mano tremante, non visto, e quando i
due
tornarono a guardarlo sollevò gli occhi al cielo.
“Va
bene, va bene, vi siete presi gioco di me, ora torniamo a
noi”,
disse, con un finto sospiro di rassegnazione. Risollevò di
nuovo le
braccia. “Tecnica segreta della manipolazione del –
”
“Sensei”,
lo chiamò di nuovo Naruto, portandosi una mano tra i capelli
per
grattarsi la nuca. “Mi – mi scusi se la interrompo
di nuovo,
ma...”
Kakashi
lo guardò; aveva ancora le dita piegate a controllare il suo
chakra
e quello di Naruto, ma gli occhi fissi su di lui. Entrambi. Naruto
abbassò i propri, con aria insolitamente timida.
“Ecco,
Sensei... mi metterebbe un'ultima volta la mano sulla testa, per
favore?”
La
sua richiesta strappò una risata incredula anche a Kakashi.
Sakura
si asciugò di nuovo gli occhi, scuotendo la testa fra
sé e sé con
praticata pazienza e con un sorriso tremante sulle labbra.
“Ma
sì”, mormorò Kakashi, rilassando le
spalle tese e deglutendo
silenziosamente, sforzandosi di curvare verso l'alto gli angoli delle
sue labbra. “Mi sembra una richiesta lecita.”
Avrebbe
voluto farlo anche con Sasuke, se solo Sasuke si fosse potuto
risvegliare da quel suo sonno immobile.
Kakashi
affondò una mano tra i capelli biondi del suo allievo,
scompigliandoli con quel gesto affettuoso che, più che a
qualcun
altro, Naruto aveva imparato ad associare a lui. Gli lasciò
quell'ultima carezza sulla testa, affezionato e paterno, e Naruto
risollevò il viso per sorridergli sornione.
Kakashi
si chiese con quale forza avrebbe finto di seppellirlo, il mattino
dopo.
“E
ora, mi rispedisca nel passato”, lo incoraggiò
Naruto, ad occhi
chiusi e ciglia bagnate di lacrime non versate. “Le prometto
che
salverò Sasuke!”
Si
voltò verso Sakura, rivolgendole un pollice in su.
“Dattebayo!”
Kakashi
gli lanciò un ultimo, lungo sguardo, imponendosi di
imprimere il
volto allegro e un po' buffo del suo allievo nella sua memoria. E
sorrise, anche con gli occhi umidi.
Stavolta,
quando sollevò le braccia, non le riabassò
finché la sua tecnica
non fu completa.
Angolino
di Seele
Chi
l'avrebbe mai detto che avrei scritto un'altra storia su Naruto? Io
no di certo. (Ma di sicuro avrei detto che prima o poi avrei
pubblicato un'altra storia a tema viaggi nel tempo, constatato il
fatto che non sembro essere capace di stare lontana da questo
argomento. * guarda con vergogna tutte le proprie storie su Mirai
Trunks * )
Ebbene,
spero che vi sia piaciuta. Se è così, lasciatemi
un commento. Se
non è così, lasciatemi un commento lo stesso per
insultarmi.
Come
già detto all'inizio, vi prego di farmi sapere se qualcuno
ha già
scritto una storia simile. Io avrò letto una decina di
storie nel
fandom di Naruto in tutta la mia vita senza incontrarne nessuna con
una trama somigliante alla mia, ma con numeri così piccoli
non si
può mai sapere. Vi sarei molto grata se mi salvaste
dall'accusa di
plagio incombente.
Procedo
per ultimo al disclaimer obbligatorio: non possiedo Naruto,
sfortunatamente, e Kishimoto o chi per lui non mi deve un euro.
Detto
questo, ci vediamo alla prossima. Ma prima, una piccola anticipazione
di cosa vedremo nel prossimo capitolo:
Da
sotto la maschera, Naruto celò una risata rotta. L'affetto,
l'emozione, la nostalgia lo travolsero.
Ma
furono di nuovo gli occhi di Sasuke, a sopraffarlo.
“Il
mio sogno”, mormorò, in un sussurro, sostenendo a
fatica il peso
del proprio cuore dentro al petto e degli occhi di Sasuke dentro ai
suoi, “è...”
Sasuke
abbassò improvvisamente lo sguardo. Naruto vide un
improvviso,
inatteso, delicato rossore dipingergli le guance.
Diventare
Hokage gli
rimase sulla punta della
lingua, non detto.
“Tornare
a casa”, concluse.
Le
cose iniziano a farsi interessanti.
A
presto,
Seele
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