A
passo lento, Balzac percorse l’ampio viale del cimitero, un
mazzo di rose bianche nelle mani.
Il
suo sguardo d’acquamarina, attento, studiava le varie
sepolture, risplendenti di fiori policromi.
Sette
anni… E, nonostante i cambiamenti, mi manchi così
tanto, amico mio., pensò.
Dopo sette, lunghi anni, la guerra si era conclusa con la sconfitta
delle potenze dell’Asse.
L’Europa
migliore era riuscita a distruggere quel crudele Leviatano, scatenato
dalle folli ambizioni di Hitler.
Ma
quante persone avevano perduto la vita in quel massacro insensato?
Si
fermò, il corpo rigido come una sbarra di metallo. Tra i
morti, era presente anche il suo migliore amico, Christopher Marlo.
Si
era spento tra atroci sofferente, sotto il calore divorante del
deserto di El – Alamein.
Gli
avevano concesso la possibilità di assisterlo in quei suoi
ultimi, dolorosi momenti.
Ricordava
ancora la stretta della sua mano farsi sempre più debole, fino
a svanire.
I
suoi occhi ambrati, di solito così scintillanti di vita,
avevano perduto il loro bagliore.
Maledetta
guerra!, imprecò
tra sé. Gli alleati erano riusciti a vincere contro le forze
dell’Asse, ma l’Europa era ancora dilaniata da ferite
sanguinanti.
Quante
persone, per colpa del delirio dei nazisti e dei loro alleati, si
erano spente sui campi di battaglia?
Si
fermò davanti ad una lapide di marmo candido, di forma
rettangolare.
Su
di essa era appoggiata la foto di un giovane uomo di alta statura,
avvolto in un lungo camice bianco.
I
capelli neri, lisci, circondavano il viso dai lineamenti delicati, su
cui spiccavano gli occhi, dal taglio allungato, che fissavano decisi
l’obiettivo.
Poggiò
il mazzo di fiori a poca distanza dalla lapide e, per alcuni istanti,
rimase immobile, lo sguardo fisso sulla foto.
–
Buffo…
Ho odiato gli italiani per il loro tradimento, eppure devo
ringraziarli. Grazie a loro, posso vederti un’ultima volta,
amico mio, anche se solo in fotografia. – mormorò, la
voce tremante. Per fortuna, era riuscito a diventare uno scrittore
molto amato, malgrado la sua giovane età, e i proventi dei
suoi libri gli avevano permesso di viaggiare in ogni parte d’Europa.
Aveva
veduto la sofferenza, unita alla brama di rinascita.
I
popoli europei desideravano liberarsi dell’opprimente peso di
quei sei anni di conflitto.
Il
suo animo di appassionato d’arte si era nutrito della visione
delle grandi città italiane.
Aveva
odiato gli italiani, ritenendoli bugiardi e traditori, a causa
dell’attacco da loro sferrato alla Francia ormai sconfitta dai
nazisti, ma aveva cambiato idea.
Anche
essi avevano pianto i loro morti e, tra questi, erano presenti tanti
giovani, uomini e donne, che avevano preso le armi contro il nazismo.
Non
tutti avevano seguito le ideologie di Benito Mussolini.
Aveva
appreso dell’abitudine degli italiani di apporre una foto o un
ritratto sulle strutture tombali.
Sulle
prime, non aveva compreso la ragione di tale abitudine, che lui
riteneva un residuo primitivo, ma poi aveva saputo coglierne
l’utilità.
Una
fotografia permetteva di serbare il ricordo dei lineamenti del
defunto.
Donava
la debole illusione di un contatto con la persona amata.
– Se
non avessi conosciuto questa loro abitudine, sarei impazzito dal
dolore. Mi manchi tantissimo, amico mio… In questo modo, posso
vedere il tuo viso, anche se fermo in un pezzo di pellicola. –
sussurrò.
Tanti progetti avevano accarezzato, negli anni precedenti al
conflitto, ma i loro sogni erano stati distrutti.
Gli
pareva di stringere tra le mani dei frammenti di vetro acuminato.
Il
sapore amaro del rimpianto riempiva la sua anima e opprimeva il suo
cuore.
Non
era colpa sua, eppure avvertiva il dolore del rimorso.
Era
un giovane intelligente e vivace, ma non riusciva a non accusarsi
della morte di Marlo.
Perché
Christopher era morto? Perché lui era sopravvissuto?
Non
era giusto!
Entrambi
meritavano di vivere la loro vita!
– Non
sono riuscito a riportare il tuo corpo in Inghilterra, amico mio…
Ho potuto solo donarti una tomba, a cui donare le mie preghiere.
Spero tu non sia arrabbiato. – mormorò.
Le
sue dita, leggere, sfiorarono la fotografia e i suoi occhi si
chiusero. In quel momento, gli pareva di sentire il calore della
pelle del suo amico…
Lo
poteva sentire tra le sue braccia, tremante di terrore, quando era
tormentato da incubi e desiderava la compagnia di qualcuno.
Le
lacrime, prima tremanti sulle lunghe ciglia, rigarono le sue gote e
singhiozzi spezzarono il suo petto. Quei ricordi, per quanto belli,
avevano un retrogusto amaro.
Eppure,
aveva bisogno di ricordare, malgrado la pena da lui provata.
Dei
passi attirarono la sua attenzione.
Balzac
si girò e vide avanzare verso di lui una ragazza alta e
snella, vestita d’un lungo cappotto marrone.
I
capelli ramati, leggermente ondulati, scendevano sulle spalle,
stretti in una coda bassa, e i suoi occhi verdi, simili a smeraldi,
risaltavano sul suo viso dai lineamenti delicati.
–
Rachel…
– la chiamò, stupito. Pochi anni dopo la guerra, aveva
conosciuto quella splendida ragazza, orfana di entrambi i genitori.
Inoltre,
aveva perduto il suo amato fratello minore durante un bombardamento.
Il
dolore comune li aveva uniti in un legame forte, che presto si era
tramutato in amore.
Lei
aveva compreso la sua sofferenza e lui aveva capito la sua pena.
Per
la prima volta, aveva bramato impegnarsi in un legame monogamo.
Per
lui, lei era la donna della sua vita.
Un
mezzo sorriso sollevò le labbra di Balzac e il giovane si
alzò. Forse, quella visita inconsueta era un segno.
Era
una possibilità di riconciliazione.
Le
si avvicinò e le strinse le mani nelle sue.
– Come
tu sai, questa è la tomba del mio migliore amico… Io e
lui abbiamo combattuto in Africa. Lui è morto lì e io
gli avevo promesso che l’avrei riportato nel suo paese. Ma non
ci sono riuscito e non mi perdonerò mai. – mormorò,
malinconico.
– Non
è colpa tua, Edouard. In quell’inferno, dovevi pensare a
salvare te stesso. Non mi hai detto che lui voleva vederti realizzare
i suoi sogni? – chiese lei. Conosceva bene la storia
dell’amicizia tra il suo amato e quel giovane inglese,
Christopher Marlo.
Il
loro sentimento si era consolidato negli anni e, insieme, avevano
coltivato sogni di riscatto.
E
lei si era sentita onorata di essere stata messa al corrente di un
simile legame.
A
lei, Edouard aveva schiuso il suo cuore.
Le
aveva dato la prova del suo amore, superando reticenze e vergogna.
Balzac,
con un cenno della testa, annuì, poi le cinse la vita in un
abbraccio e la attirò contro il suo petto.
– Sei
la luce nella mia vita… Avrei voluto presentarti a
Christopher, ma lui è morto. Vorrei renderlo partecipe della
felicità che mi hai dato. – mormorò lui.
Per
alcuni istanti, rimase immobile e le accarezzò i capelli.
– Puoi
farlo ora. – disse ad un tratto lei.
Lui
le scoccò uno sguardo stupito.
– Mi
hai detto che la foto su una lapide è un modo per ricordare i
lineamenti della persona amata. Pensa che, in questo pezzo di
pellicola, c’è una parte di lui. – lo incoraggiò
lei.
Per
alcuni istanti, lui rimase silenzioso e cogitabondo. Sì, le
parole di Rachel avevano un senso.
Lo
spirito del suo amico era stato ben reso dalla fotografia e poteva
interagire con loro.
O
era un suo pensiero contorto, rafforzato dalla nostalgia?
Strinse
ancora di più Rachel contro di lui. Perché doveva
preoccuparsi di una simile eventualità?
–
Ciao,
Christopher… Se esiste un dio, spero ti abbia mandato in
Paradiso. Sei stato un valido soldato e un uomo coraggioso. E un
amico sincero. – cominciò.
– Ti
avevo promesso che, se fossi sopravvissuto, sarei arrivato al
successo. E ci sono riuscito. Credevo che, con la guerra, non sarei
riuscito a scrivere nulla, ma non sono riuscito a restare lontano
dalla macchina da scrivere. Tu sai che, per me, la scrittura è
vita. – proseguì.
Tacque
e sbatté le palpebre. Tremavano le lacrime sulle sue ciglia
chiare, ma avvertiva una sensazione di quiete farsi strada nel suo
animo.
Poi,
la sua mano destra affondò nei capelli ramati di Rachel e la
ragazza appoggiò la testa contro la sua spalla. Avrebbe tanto
voluto conoscere il migliore amico del suo innamorato.
Ma
la guerra aveva eradicato questa possibilità.
– Sono
stato fortunato anche in amore… Io, che mi sono sempre
divertito con le donne, mi sono innamorato. Il mio cuore è
stato catturato da una bellezza anglo francese. Ed è qui
accanto a me. Rachel Dubois. Lei è la regina del mio cuore. –
proseguì Balzac.
Il
volto di Rachel rosseggiò, come fosse stato sfiorato dai raggi
del sole morente.
–
Ciao,
Christopher… Il tuo amico Edouard mi ha scelto. E io sono
innamorata di lui. Voglio passare con lui il resto della mia vita. –
disse, il tono sereno.
Sentendo
queste parole, Balzac sorrise, gli occhi raggianti di gioia. Quelle
parole empivano il suo cuore di felicità e allontanavano
l’amarezza e il rimpianto.
Rachel,
ancora una volta, aveva confermato il suo amore per lui.
– Christopher…
Io e Rachel desideriamo sposarci e creare una famiglia. Ma, prima di
compiere questo passo, volevamo parlarne con te. – disse.
La
sua mano, leggera, indugiò sul fianco di lei e Rachel gli
accarezzò l’avambraccio. Stava bene tra quelle braccia
forti e vigorose…
– Io
non ti dimenticherò mai, amico mio. Io e Rachel verremo a
trovarti ad ogni tua compleanno. Te lo prometto. – affermò,
deciso, l’uomo, le guance rigate di lacrime. Finalmente,
sentiva il cuore libero dall’opprimente peso della
disperazione.
Non
avrebbe dimenticato Christopher, ma era deciso a proseguire nel
cammino della sua vita.
– Sì.
Verrò anche io a trovarti. Anche tu, che sei stato importante
per Edouard, meriti di godere della nostra gioia. – confermò
lei, risoluta.
Lo
stormire del vento tra gli alberi rispose alle sue parole.
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