Intrecci dorati
Il
destino è fatto di fili dorati nascosti sotto la pelle.
Yuuto l’ha capito anni fa, quando era ancora piccolo.
Una palla che rotola lungo l’erba, lo sguardo che si alza e
cade sulla figura di un uomo alto e impassibile.
In quel momento, i fili hanno cominciato a pulsare, sono divenuti come
vene che corrono lungo i loro corpi.
Yuuto è cresciuto, rimanendo al suo fianco, e i fili hanno
preso
a sfavillare d’energia, rifulgono d’oro come le
loro
vittorie.
L’ordito, tuttavia, s’è sfilacciato.
La tela
è diventata instabile, come il loro rapporto,
così si
sono allontanati.
Quando hanno avuto la possibilità di ritrovarsi, Yuuto ha
creduto che i loro strappi potessero essere riparati.
La notizia dell’incidente, però, gli ha tolto ogni
speranza.
Ha sentito i fili precipitare nel vuoto, giù dal telaio,
mentre la luce che li ha sempre avvolti si è spenta.
Freddo e buio l’hanno colmato, come mai prima d’ora
gli era capitato.
Yuuto stringe tra le mani un teschio. L’ha trovato
lì, in
un sepolcro all’apparenza abbandonato da tempo, mentre nel
cuore
della notte la neve di dicembre continua a coprire le altre lapidi poco
distanti. Il freddo di quel luogo, tuttavia, non è nulla
paragonato a ciò che sente dentro di sé.
Yuuto è sempre stato certo dell’esistenza di quei
fili,
che l’hanno legato a Kageyama. Può aver cercato di
cancellarli, nel corso degli anni, eppure sono rimasti lì,
sepolti sotto la sua stessa pelle, e nulla è stato in grado
di
reciderli.
Si sono indeboliti, ma mai spezzati.
E anche adesso che si trova lì, inginocchiato davanti alla
tomba
del suo allenatore, gli sembra quasi di sentirli ancora vibrare
flebilmente.
Kageyama negli anni è diventato un idolo dimenticato. Il
mondo
è andato avanti, lasciandoselo alle spalle, e anche chi un
tempo
l’ha amato ora lo rinnega.
Lo stesso non può dirsi di Yuuto, però. Ha
provato a
voltare pagina, ma non c’è mai riuscito
– non del
tutto, perlomeno. Vive attraverso quei ricordi, si culla nelle memorie
del loro splendore.
Probabilmente nessuno se ne è mai reso conto.
Forse, però, non è troppo tardi.
Yuuto ha posto rose avvizzite nelle orbite vuote. Il pugnale ferisce la
pelle vellutata del ragazzo, e gocce cremisi del suo sangue macchiano
il cranio eburneo.
Di colpo una luce dorata e intensa avvolge ogni cosa, e solo quando si
dirada Yuuto può finalmente scorgere davanti a sé
la
figura del suo Comandante, di nuovo vivo, ancora una volta con lui.
Le labbra di Kageyama si posano sulle sue, in una morbida carezza, e
Yuuto chiude gli occhi, lasciando che l’uomo lo stringa a
sé.
I fili dorati riprendono a scintillare, tuttavia la loro non
è una felicità destinata a durare. Poco dopo,
infatti, il
corpo di Kageyama sfiorisce tra le braccia di Yuuto, lasciandolo solo
nella gelida morsa della neve.
Yuuto sa che quella consolazione effimera non potrà
bastargli
per sempre, eppure per ora non è ancora pronto a lasciare
andare
quei bagliori di piacere.
notes
Lo
avevo annunciato, e così eccomi a mantenere la parola data.
È da tanto tempo che non partecipo a un contest, e ammetto
di
essere non poco in ansia. Per una volta in vita mia, però,
ho
deciso comunque di provare, e chi mi conosce sa bene che non sono
un’amante dei rischi.
Oh,
dunque. Anzitutto, sono felicissima di essere finalmente riuscita a
partecipare a un’iniziativa della mia cara fantaysytrash, e la
ringrazio per avermi offerto questa possibilità.
Ciò
detto, fino a una settimana fa questa storia non esisteva. Inizialmente
dovevo scrivere seguendo un prompt ben diverso, ma il risultato non mi
convinceva affatto. Così, un po’ per gioco, ho
provato a
cimentarmi nella stesura di una nuova flash, seguendo stavolta i
suggerimenti di un pacchetto che avevo già visionato in
precedenza, e il risultato è ciò che si
può
leggere adesso.
È
una storia diversa dal mio solito stile, ed è forse questo
uno
dei motivi per cui sono così agitata. È piena di
allegorie, metafore, citazioni e una sorta di gioco di detto-non detto
che ho volutamente deciso di non esplicitare. Deve essere il lettore a
comprendere e a dare la propria interpretazione del testo, niente di
più. Penso, tra l’altro, di aver trasmesso su
carta
qualcosa che forse è insito in me, ovvero il desiderio di
poter
rivedere qualcuno che non c’è più,
anche solo per
un istante. So bene, tuttavia, che ciò è
impossibile.
Quello
che
posso dirvi è che in realtà sono molto felice di
aver
avuto la possibilità di analizzare ancora una volta il
rapporto
di Kidou e Kageyama sotto l’ennesima chiave di lettura
differente. Che quei due siano indissolubilmente legati è
ormai
un dato di fatto, nella mia mente.
Per
quanto
riguarda l’atmosfera decadente che aleggia lungo tutta la
storia,
invece – o almeno questo era il mio intento –,
è
forse l’elemento che più mi esalta: è
qualcosa di
così diverso dal mio solito stile, e lo so, proprio per
questo
è ancor più un azzardo, eppure, nonostante tutto,
mi ha
convinta, lo trovo quasi affascinante.
Concludo
ringraziando di cuore martyna,
che per tutto il tempo della stesura della fic – e anche dopo
– si è sorbita i miei deliri in diretta. Adorabile
ragazza, come farei senza di te? Ti faranno santa, prima o poi.
Spero
che
questo mio piccolo esperimento possa piacervi – e di aver
rispettato il mio pacchetto, ahah. Non so se tornerò a breve
sul
fandom, anche se ne dubito, per cui per ora penso che ci lasceremo
così.
Aria
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