Warning: la fiera
dei cliché più una dose di fluff così
nauseante che io stessa ho avuto problemi a rileggere questa one-shot.
Io vi ho avvertito, gentili
amici.
Primule
#1
«Hai la scarpa slacciata» esclamò Hinata
interrompendo la corsa all'improvviso, additando la punta della sua
scarpetta da ginnastica sporca di polvere e terriccio. Kageyama
rallentò e guardò in basso, strofinandosi via il
sudore dalla guancia. Non appena curvò la schiena, Hinata lo
precedette accovacciandosi vicino ai suoi polpacci.
«Avrei potuto farlo da solo» obiettò
Kageyama colto alla sprovvista, mentre le guance gli si tingevano di
rosso.
Hinata sbuffò nervoso, annodando i lacci colorati.
«Ci avresti messo secoli.»
«Non è vero.»
«Sì invece. Sei un bradipo.»
Il rumore delle foglie secche calpestate, tanto simile alla carta
velina con cui giocava da bambino, lo costrinse suo malgrado ad alzare
lo sguardo. Tanaka li affiancò con una luce negli occhi che
luccicava maliziosa come una moneta, e un sorriso da prestigiatore
sulle labbra.
«Ma voi due» sussurrò, ostentando un
tono compiaciuto che Kageyama non comprese, «per caso state
insieme?»
Hinata si alzò di scatto con l'imbarazzo che gli sgorgava a
fiotti lungo le orecchie e il collo, e per un pelo non gli
rifilò una testata sotto al mento.
«No!» esclamò in risposta, con irruenza.
Kageyama scosse vivacemente la testa per appoggiare l'altro.
«Mmh, sarà» disse Tanaka scrollando le
spalle, seppur non sembrasse troppo convinto. Infine sollevò
le mani in segno di resa e riprese a correre. Kageyama e Hinata
s'affrettarono a seguirlo, evitando accuratamente di guardarsi negli
occhi.
#2
«Mi sento una spina in gola» borbottò
Hinata durante la pausa pranzo a scuola, strizzando gli occhi
infastidito.
Kageyama sospirò, sfilandosi il telefono dalla tasca.
«Fammi vedere» disse, accendendo la torcia.
Tsukishima, seduto sul gradino più in basso,
s'irrigidì e schioccò la lingua infastidito.
Kageyama non comprese cosa ci fosse di così seccante,
perciò si limitò a ignorarlo.
Hinata esitò appena, infine annuì e schiuse
ubbidiente le labbra.
«Apri di più» ordinò
Kageyama. Con un brivido, si ricordò dei pomeriggi trascorsi
dal dentista per le carie quando era bambino. «Fai 'aaaah!'.»
Hinata fece 'aaaaah!'.
Kageyama si concentrò assottigliando le palpebre,
analizzando attentamente ogni centimetro di pelle alla ricerca di un
qualche corpo estraneo.
«Io non vedo nessuna spina, però hai la gola
troppo rossa.»
Ripose dunque il telefono in tasca, spegnendo la torcia. Infine gli
rifilò uno scappellotto poco gentile dietro la nuca.
«Ahia!»
esclamò Hinata, rivolgendogli uno sguardo ferito.
«E questo per cos'era?»
«Devi stare attento, razza di scemo. Se pigli freddo poi come
ci andiamo ai nazionali?»
Hinata aprì la bocca per controbattere furente, ma poi
sgranò gli occhi in un'espressione meravigliata e la
richiuse.
«Che ti prende?»
«Credo sia una delle cose più carine che tu mi
abbia mai detto.»
Kageyama arrossì, e aggrottò le sopracciglia.
«Non era una cosa carina. Era una constatazione. Un dato di
fatto per vincere.»
«Stai continuando a dirmi cose belle. Questi sono
complimenti, Kageyama. Che diavolo c'era in quegli onigiri?»
Kageyama sospirò esasperato e scelse di ignorarlo. Non gli
sfuggì però lo sguardo di intesa che si
scambiarono Yachi e Yamaguchi.
«Cosa?» domandò Hinata anticipandolo,
guardando incuriosito prima l'uno e poi l'altra.
«Beh...» la voce di Yachi era titubante, come se
fosse sperduta e non trovasse le parole adatte. «No,
è solo che... Siete proprio sicuri di non stare
insieme?»
«No!» sbottarono entrambi, rizzando il pelo come
gatti inviperiti.
Kageyama percepì il proprio cuore scalpitare impazzito come
un cavallo su un ponte di legno, e sperò che gli altri non
se ne accorgessero.
«È che... Insomma, sembrava che lo stessi per
baciare» spiegò Yamaguchi.
«Cioè, è che ultimamente siete
più... intimi, in un certo senso?»
«Sono solo più stupidi»
ribatté Tsukishima, arricciando il naso disgustato.
Per una volta, Kageyama gli fu grato. Hinata rispose a tono, e il
battibecco concesse l'occasione di spostare l'attenzione da quel
discorso spinoso.
#3
«Hai una maglia da prestarmi?» domandò
Hinata, affacciandosi nella sua stanza e stringendosi al corpo tremante
l'accappatoio verde. «Si gela, in questa casa.»
«Sei tu che ti sei autoinvitato» precisò
Kageyama indispettito, prima di iniziare a rovistare nell'armadio.
«Non dirlo come se fosse una cosa brutta. Lo so che sei
contento, in fondo. Molto in fondo.»
''Certo che lo sono'',
pensò Kageyama, arrabbiato. ''Ma col cavolo che te lo dico.''
«Tieni» borbottò allora, appallottolando
una felpa per poi centrarlo in pieno viso.
«Ahia»
soffiò Hinata, lanciandogli un'occhiataccia rancorosa.
«Non c'è bisogno di essere così...
grezzi.»
«Grezzi?! Sei tu l'idiota che si è scordato il
cambio a casa.»
«Sì, ma ti ho chiesto un pigiama, mica un polmone.
Hai anche un paio di mutande?»
Hinata si richiuse svelto la porta alle spalle soffocando una risata,
prima che Kageyama potesse colpirlo in faccia con qualche altro
oggetto.
Kageyama, nel frattempo, tentò di riorganizzare e soffocare
l'euforia che gli scoppiettava nella pancia. Si sentiva incandescente,
e provava un'irrefrenabile voglia di sorridere, fino a stirarsi i
muscoli della faccia. Era un'eccitazione del tutto diversa da quella
che precedeva una partita, che gli faceva formicolare la punta delle
dita.
Non appena Hinata entrò nuovamente nella sua camera con i
capelli ancora umidi, indossando la felpa di cotone che gli arrivava
fino alle ginocchia ossute, Kageyama credette sul serio che si sarebbe
sciolto come un tocco di burro.
«Che c'è?» domandò allora
l'altro circospetto, mettendosi subito sulla difensiva.
«Niente. Sei così stupido» rispose
Kageyama meccanicamente, alzando gli occhi al cielo.
«Non è vero. Sono uno splendore»
ribatté Hinata. Poi si guardò allo specchio e
sorrise gradasso al proprio riflesso.
Miwa, sua sorella, entrò senza bussare, con i capelli gonfi
a causa del vapore e la punta del naso sudata.
«Io ci ho provato a cucinare, ma non credo che... Oh» Miwa
s'interruppe, scrutando Hinata con attenzione, che si limitò
a restituirle un'occhiata un po' perplessa. Poi sua sorella
arricciò le labbra in quel mezzo sorriso che Kageyama
detestava.
«Non sapevo che voi due stesse insieme»
soffiò divertita, spostandosi una ciocca dalla guancia.
Kageyama sbottò: «Non stiamo insieme!»
Hinata fissò il pavimento, le gote e le orecchie in fiamme,
mentre Miwa si scusò fra una risata e l'altra.
''Anche se vorrei'',
pensò Kageyama, mordendosi le labbra.
#4
Kageyama sbuffò, stringendo fra le mani un vaso arancione,
ornato da ghirigori argentati che s'arricciavano lungo i bordi. Aveva
appena acquistato dal fioraio una pianta di gerani, una delle poche
specie che avesse ancora i boccioli in fiore nonostante fosse inverno.
S'affacciavano timidi dalla busta di carta, come se provassero
agitazione all'idea di raggiungere una nuova casa.
Hinata lo aspettava vicino al cortile della scuola, le dita fasciate
dai guanti verde brillante che spuntavano da sotto le maniche del
cappotto. Non appena lo vide, sventolò le braccia in aria
con un sorriso che gli andava da un orecchio all'altro. Kageyama non
ricambiò, ma percepì la propria andatura
accelerare, e polvere di adrenalina circolare nel sangue.
«Tie'» borbottò imbarazzato, ficcandogli
l'ingombrante vaso fra le braccia. Hinata avvampò,
borbottò un 'grazie' e se lo strinse al petto.
«Natsu sarà suuuper felicissima.»
Rimasero a osservarsi in silenzio, indecisi su cosa fare e su cosa
dire. Una folata di vento gelido li travolse, e Hinata
rabbrividì. Per uno stupido istante, Kageyama
pensò che sarebbe stato bellissimo baciarlo proprio
lì, proprio in quel momento, con il paraorecchie blu
spumeggiante che faceva a pugni con il colore ramato dei suoi riccioli,
e la pianta di gerani a solleticar loro il mento. E forse l'avrebbe
fatto, perché il viso di Hinata era d'improvviso tanto
vicino, e nonostante il buio, Kageyama poteva contargli le lentiggini
spruzzate sulle guance, le ciglia che sfarfallavano infreddolite.
«Kageyama, Hinata!»
La voce squillante di Nishinoya li fece sobbalzare. L'incanto si
spezzò come lo schiocco improvviso d'un ramo calpestato che
riecheggia nel silenzio. A quel punto, l'unica cosa che gli rimaneva da
fare era quella di convergere tutte le proprie energie tentando di
soffocare il rossore sulle guance, e rallentare il battito cardiaco
decisamente fuori controllo.
Nishinoya s'avvicinò sorridente.
«Ho interrotto qualcosa di importante?»
domandò, facendo loro l'occhiolino.
«No!» esclamarono all'unisono. Kageyama
sperò che l'emozione non gli avesse spezzato la voce in
maniera inequivocabile.
«Come no?» domandò Nishinoya, scettico.
Pareva quasi offeso. «Ancora con questa storia che non state
insieme? Non potrei mai giudicarvi, lo sapete!»
«Ma non stiamo insieme!» ribatté Hinata,
la voce più acuta di un'ottava.
Nishinoya aggrottò le sopracciglia, poi indicò la
pianta. «Ma Kageyama ti ha appena regalato un fiore.»
«Non è per lui!» s'affrettò a
spiegare Kageyama, agitato. «È per sua sorella!
È un regalo!»
Nishinoya s'imbronciò, ma poi annuì e diede loro
due incoraggianti pacche sulla schiena.
«Non prendete freddo, eh!» si
raccomandò, prima di allontanarsi.
Soltanto allora si concessero di esalare quel sospiro trattenuto
nell'esofago per tutto il tempo, che si trasformò in una
nuvoletta densa e argentata che galleggiò nella notte.
«Vuoi venire?» domandò allora Hinata di
punto in bianco, con un sussurro appena udibile.
«Cioè, uhm, intendo a casa. A darglielo di
persona. Cioè, il regalo. A Natsu.»
Fissava il selciato come se qualcosa di estremamente interessante fosse
celato fra i sassolini. Anche nell'oscurità, Kageyama
riuscì a distinguere il cremisi che gli imbrattava le guance
come due grossi papaveri.
Kageyama avvampò a sua volta, puntò gli occhi
verso il basso e borbottò un assenso.
# +1
«Fammi spazio.»
Kageyama non disse nulla, limitandosi a stringersi alla parete. Hinata
si infilò sotto le coperte, con le mani che tremolavano, e
gli si rannicchiò a fianco.
La luce dei lampioni che trapassava dalla finestra, illuminava appena
la camera. Hinata non poté fare altro che fissare la faccia
di Kageyama a pochi centimetri dalla sua, con il panico crescente che
gli inzuppava gli occhi blu. D'improvviso, gli parve di trovarsi nel
bel mezzo dell'oceano.
Il colore profondo delle sue iridi gli faceva pensare all'acqua alta
dove non si toccava, quella che incuriosiva e che terrorizzava. Era un
po' come un tuffo tentatore nell'ignoto. Kageyama gli ricordava un mare
agitato, fatto per lo più da onde alte e cavalloni, che
s'innalzavano spaventosi e inarrestabili. E se da una parte Hinata
desiderava sentire lo scroscio dell'acqua contro la pelle e il sapore
salato dell'oceano sulle labbra, dall'altra temeva di affogare.
Però Kageyama sapeva anche essere gentile, e più
di una volta l'aveva aiutato a galleggiare. Hinata doveva imparare a
lasciarsi andare, permettere al sale marino di bruciargli le ferite, e
poi di disinfettargliele. Doveva permettere alle correnti di
intrufolarsi fra le ciglia, infradiciargli capelli e vestiti, e infine
portarlo lontano, lontanissimo. Al
largo.
Kageyama lo fissava immobile. Hinata sollevò piano una mano,
e gli accarezzò le ciocche lisce che gli fecero pensare alla
sensazione setosa della sabbia quando scorre fra le dita.
Si accorse che respiravano allo stesso ritmo. Nel silenzio della notte,
a Hinata quel rumore ricordò un po' quello della schiuma di
mare mentre sfrigola dolcemente sulla battigia. Hinata gli
circondò poi le guance a coppa, e spinse più
forte, comprimendogli gli zigomi fra i palmi gelati.
''Così sembra
proprio un pesce'', pensò, divertito.
«Kageyama» sussurrò allora, in un soffio
che rimbalzò sulla punta del suo naso. «Ma io e
te, stiamo insieme?»
Kageyama sussultò, gli occhi blu sgranati e profondi, le
ciglia corte tremolanti. Poi gonfiò le guance.
«Se significa che ti posso baciare, allora
sì.»
Hinata soffocò una risata felice, poi avvicinò il
viso e finalmente, finalmente,
le loro labbra si trovarono sotto le coperte.
Note
C i a o. Sarebbe dovuta essere una '5 + 1' (il trope famoso, non so se
avete presente), ma come avrete notato manca un paragrafo.
Però sono giustificata, io detesto il fluff e quindi dopo
cinquecento parole mi ero praticamente già armata di riti
satanici e andavo vagando per casa a mo' di spirito errante invocando
sangue e dramma, però oramai l'avevo iniziata e insomma ecco
dovevo finirla.
Grazie per essere arrivati sin qui, alla prossima! (Spero che stiate
tutti bene.) ♥
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