Il pianto del silenzio
Il pianto
del silenzio
Era
l’alba. L’appartamento si era rischiarato appena,
lasciando alla pallida luce il compito di dare vera forma agli oggetti.
Non era stato
difficile entrare – Luke gli aveva detto più
volte dove teneva le chiavi di scorta. Già, Luke:
l’uomo era uscito dalla
terapia intensiva, ma continuava a tenere gli occhi serrati, in una
muta
protesta: io non mi sveglio, vedetevela voi. E, dopo tutto quello che
era
successo, era davvero difficile capire da dove partire per raccogliere
i pezzi.
Così John aveva ben pensato di incominciare dai cocci del
cuore di Rebecca.
La ragazza era
seduta sul divano scuro, immobile. Non si era minimamente
scomposta quando il ragazzo era entrato. Se ne stava lì, i
gomiti poggiati
sulle ginocchia, la bocca leggermente aperta; un fantasma con il sangue
caldo. John
avrebbe voluto chiamarla per nome, riscuoterla da
quell’apparente torpore, ma
il respiro irregolare che sentiva provenire da lei gli raccontava una
storia
diversa. Il ragazzo si tolse il lungo cappotto beige, appoggiandolo
sulla
penisola della cucina, per poi avvicinarsi alla ragazza, cercando di
fare il
meno rumore possibile. Si muoveva in punta di piedi: non voleva fare
irruzione
nel suo dolore a gamba tesa, l’avrebbe soltanto ferita di
più. Quando le fu di
fronte, accovacciato alla sua altezza, sentì lo stomaco
incrinarsi: Rebecca
fissava il vuoto, gli occhi pesti ricolmi di lacrime, il volto stanco,
le
guance bagnate, il labbro rotto. Era un pianto
silenzioso, il suo, e John
non poté non pensare a quanto le si addicesse, piangere in
silenzio: non voleva
disturbare qualcuno con i propri sentimenti.
Avrebbe voluto
allungare una mano e carezzarle la guancia, ma
le ferite che si intravedevano nella penombra gli ricordarono chi
ne era
l’artefice, e tanto bastò a fermarlo. Sentiva lo
stomaco in subbuglio e la bile
in bocca, e si ritrovò a serrare i pugni con forza. Non
poteva permettersi di
indulgere in pensieri distruttivi, anche se in quel momento avrebbe
voluto massacrare
di botte suo padre per tutto il male che aveva fatto. E
così, impotente di
fronte alla ragazza che amava, decise di concentrarsi sul prendersi
cura di
lei. Si rimise in piedi e si diresse verso la cucina, per mettere su
dell’acqua:
un tè caldo era l’unica cosa a cui era riuscito a
pensare.
E sperava
vivamente che sarebbe servito.
Angolo dell'autrice:
buonasera! Sono riuscita ad arrivare al penultimo giorno di #writober2020
senza ritardi: evviva! Il prompt di oggi è 'pianto' e...
Riecco i miei OCs xD
Fatemi sapere cosa ne
pensate e... Grazie per aver letto, siete fantastici!♥
Alla prossima!
Frix
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