Call of destiny
Though my tale starts cold and lonely
The promise that I heard coloured my world
To the - outline of a greater spectrum
Where chances are revealed fate will be sealed
Walk the path ford the stream 'till I reach my dream
This is the moment my redemption
This is the day that all the stars align I gain my momentum
Every endeavour every measure led the way to overcome and say
I've answered to thee call of destiny!
(“Call of destiny” – Xandria)
Re Alfred aveva
convocato un’udienza nella Sala del Trono in cui aveva pubblicamente annunciato
che i vichinghi si erano meritati le terre dell’Anglia Orientale e che da quel
momento in poi sarebbero state loro, da gestire e coltivare in pace. Aveva
firmato davanti a tutti questa concessione e vi aveva apposto il sigillo reale.
Poi, tanto per
concludere bene la giornata, aveva dato ordine alle guardie di arrestare e
impiccare tutti coloro che avevano cospirato contro di lui. I vichinghi si
erano stretti attorno a Aethelred, pensando che, chissà, magari la Regina
Judith avrebbe detto qualche idiozia e avrebbe fatto arrestare anche lui… ma
non ce ne fu bisogno. La donna era rimasta male e si vedeva, ma il Re era
Alfred e se lui aveva deciso di perdonare il fratello lei non poteva
intervenire… almeno non in maniera scoperta.
Insomma, tutto era
risolto, almeno all’apparenza, e i vichinghi potevano iniziare a organizzare il
ritorno a Kattegat in grande stile, con l’appoggio di una parte dell’esercito
sassone guidato da Aethelred e quant’altro… ma no, ovviamente i problemi non
erano ancora finiti, sarebbe stato troppo facile!
Infatti Bjorn era
andato a York sperando di potersi alleare con Re Harald e i suoi, dopo averli
sconfitti. Un esercito in più avrebbe senz’altro fatto molto comodo contro Ivar
e i suoi… Nel frattempo, Ubbe era preoccupato per la notizia di flotte danesi
in avvicinamento alle coste sassoni.
In mezzo a tutto ciò,
Alfred cadde improvvisamente ammalato. Si trattava di un male che lo aveva già
colpito qualche anno prima e che poi si era risolto, ma adesso le cose erano
diverse, lui era il Re e chi avrebbe preso le decisioni mentre lui era privo di
sensi a letto? Inoltre i nobili (quelli che non erano ancora stati impiccati) e
i vescovi avevano iniziato a protestare perché non volevano un Re malaticcio e
il partito pro Aethelred stava
riprendendo forza, con grande preoccupazione e rabbia della Regina Judith.
Inutile dire che
Aethelred, di fronte alla malattia di Alfred, era in preda all’ansia e sembrava
non avere più alcuna intenzione di lasciare il Wessex per Kattegat.
“Non posso lasciare
mio fratello in queste condizioni” diceva a Hvitserk, che era rimasto molto
deluso dal fatto che per il Principe la famiglia venisse ancora prima di tutto
il resto. “Ho promesso che guiderò un esercito per aiutarvi a riprendere
Kattegat e lo farò, ma non è questo il momento. Alfred sta male e io non voglio
nemmeno pensare di allontanarmi adesso. Anzi, sarebbe mio dovere tornare alla
reggia e rassicurare i nobili che stanno nuovamente mettendo in dubbio le sue capacità
di regnare. Questo è davvero il momento peggiore per lasciare tutto e
andarsene.”
“Tornare alla reggia?
Questo te lo puoi scordare” replicò Hvitserk, incupito. “Sai benissimo che tua
madre è pericolosa, voleva farti impiccare insieme agli altri cospiratori, non
puoi andare là!”
“E’ vero, voleva che
anch’io fossi giustiziato, ma Alfred glielo ha impedito e lei non può andare
contro i suoi ordini, lui è il Re anche adesso che giace ammalato” minimizzò
Aethelred. “Cos’altro potrebbe farmi? Non c’è più nemmeno il vescovo Heahmund a
metterla contro di me. Il mio posto, in questo momento, è accanto a mio
fratello e come suo rappresentante davanti alla nobiltà e alla Chiesa del
Wessex. Qualcun altro potrebbe approfittare della malattia di Alfred per
tentare una nuova congiura e io devo impedirlo. Possibile che tu non capisca
cosa significhi stare accanto al proprio fratello? Già, beh, in effetti tu hai
tradito il tuo…”
Aethelred era molto
agitato e di sicuro non voleva ferire Hvitserk, si rese conto di quello che
aveva detto soltanto quando vide il volto del ragazzo farsi ancora più pallido
e i suoi occhi diventare improvvisamente tristi.
“So che ho sbagliato
a seguire Ivar e a combattere contro Ubbe, me lo ripeto tutti i giorni e non c’è
bisogno che anche tu me lo rinfacci” replicò il giovane vichingo, senza
ostilità ma solo con una tristezza infinita.
“Senti, non volevo
dire quello… insomma, quello che ho detto” cercò di rimediare il Principe con
ben poco successo. “Ho esagerato, lo so, ma è solo che sono veramente molto
preoccupato per Alfred e per quello che potrebbe succedere in questo vuoto di
potere. Devo tornare alla reggia, assicurarmi che mio fratello sia ben curato e
che nessuno stia cercando di approfittare di questo momento di crisi. E’ il mio
dovere verso la mia famiglia e il mio Paese.”
“E al tuo dovere
verso di me… verso di noi, non ci pensi?” obiettò Hvitserk.
“Ho già promesso che
guiderò un esercito di sassoni al vostro fianco per aiutarvi a riconquistare
Kattegat” ribadì Aethelred che non capiva, o fingeva di non capire, quale fosse
il vero punto della questione. “Non ho nessuna intenzione di tirarmi indietro o
rimangiarmi la parola data, ma quando partirò da qui dovrò sapere che Alfred
sta bene e che il Wessex è in pace.”
Hvitserk aveva
imparato a sue spese, durante la convivenza con il folle Ivar, che quando uno
non ti vuole stare a sentire è inutile continuare a cercare di convincerlo. A
quanto pareva, Aethelred non considerava importante quello che c’era stato tra
loro o, comunque, era per lui meno importante della sua famiglia e della sua
patria. Il giovane vichingo era deluso e rattristato, per una volta aveva
sperato che qualcuno potesse mettere lui per primo, che lo considerasse la cosa
più importante della sua vita… ma, evidentemente, non era il suo destino.
Decise perciò di insistere su qualcosa che gli premeva davvero, ossia l’incolumità
di Aethelred.
“Ad ogni modo non
voglio che tu vada alla reggia da solo, non mi fido di tua madre e non
permetterò che ti succeda qualcosa” s’impuntò. “In fondo anche Ubbe, Torvi,
Lagertha ed io siamo grati a tuo fratello per ciò che ci ha concesso, potremmo
venire con te per fargli visita e tu avresti modo di vederlo e anche, se
vorrai, di assicurarti che i nobili e i vescovi non tramino per prendere il
potere.”
“Davvero lo fareste?”
si stupì Aethelred. E, mentre lo diceva, si rese conto di quanto fosse stato
ingiusto con Hvitserk. Preso dalle proprie preoccupazioni lo aveva ignorato e
ferito, lo aveva fatto sentire inutile e lui, invece, continuava a mostrarsi
gentile e premuroso, preoccupandosi che tutto andasse bene.
Si sentì sprofondare
per la vergogna.
“Hvitserk, scusami,
davvero, io… io… a volte non mi rendo nemmeno conto che quello che dico può
fare del male agli altri, sono in pena per Alfred e temo ciò che potrebbero
fare i suoi nemici e… Lo so che questo non mi giustifica, ma io…” tentò di
spiegarsi, molto maldestramente.
“So che cosa
significa essere preoccupato per un fratello e per la propria patria” lo
rassicurò Hvitserk, avvicinandosi a lui con un sorriso. Ancora una volta la sua
dolcezza aveva prevalso sul carattere spesso ombroso di Aethelred. “Anch’io
voglio che Re Alfred guarisca presto e soprattutto voglio che non ti accada
niente di male. Voglio che tu venga a Kattegat e che combatta al mio fianco,
tutto il resto non conta per me.”
Gli si avvicinò, lo attirò a sé e lo baciò
teneramente, a lungo, stringendolo nel cerchio protettivo delle sue braccia. E
Aethelred, ricambiando quel bacio dolce ma profondo, sentì improvvisamente con
sorpresa che tutti i timori e le preoccupazioni si
dissolvevano nella stretta sicura dell’abbraccio di Hvitserk. Come poteva aver
pensato di fare qualsiasi cosa senza di lui? Era Hvitserk che gli dava la
forza, la risolutezza e la serenità che caratterizzavano questa sua nuova vita…
Purtroppo, però,
Hvitserk aveva ragione per quanto riguardava la Regina Judith, era veramente un
pericolo per Aethelred: aveva ascoltato i nobili e i vescovi borbottare, li
aveva visti fermarsi a gruppetti per parlare e aveva sentito alcuni di loro
dire chiaramente che Alfred era troppo debole e malato per guidare l’Inghilterra
e che Aethelred sarebbe stato un Re molto migliore di lui. Alcuni erano giunti
al punto di augurarsi che Alfred morisse, così la corona sarebbe passata per
forza di cose al Principe legittimo, al primogenito che avrebbe dovuto portarla
fin dal principio.
Beh, una persona sana
di mente cosa avrebbe fatto, udendo dei nobili parlare in questo modo? Li avrebbe
puniti, fatti arrestare, cacciati dal Regno, no? Ma Judith non era affatto
normale, aveva un’ossessione per Alfred e in qualche modo era convinta di fare
la volontà di Dio, così quello che le venne in mente fu, semplicemente, che
solo eliminando Aethelred avrebbe tenuto al sicuro Alfred una volta per tutte!
Così, mentre si recava nel bosco per raccogliere erbe medicinali con le quali
aveva già in passato curato la malattia di Alfred, prese anche dei funghi
velenosi che avrebbe poi trovato il modo di somministrare al figlio maggiore…
Il problema, per lei,
fu che Torvi la vide mentre coglieva i funghi velenosi e, facendo in fretta due
più due, andò a raccontare tutto a Ubbe, Hvitserk e Lagertha. *
“Devi avvertire
subito Aethelred e impedirgli di andare alla reggia” disse Ubbe al fratello.
Hvitserk, però,
scosse il capo.
“Se glielo dicessi
non mi crederebbe, non vuole convincersi fino in fondo che la madre potrebbe
ucciderlo con le sue stesse mani” ribatté. “Immagino che direbbe che Torvi si è
sbagliata, che anche i funghi servono per le tisane e le pozioni che potranno
curare Alfred. L’unica cosa che possiamo fare è provare sotto i suoi occhi e senza ombra di dubbio che le
intenzioni della Regina nei suoi confronti sono malvage.”
“E come pensi di
fare?” domandò Ubbe.
Hvitserk aveva già
pensato a un piano e spiegò tutto al fratello e alle due donne.
Il giorno successivo
Aethelred, accompagnato da Hvitserk e dagli altri vichinghi, si presentò alla
reggia per far visita al fratello. Elsewith, la moglie di Alfred, accompagnò
Aethelred e gli altri al capezzale del giovane Re e il Principe si avvicinò
subito al fratello, ancora privo di sensi, e gli strinse affettuosamente la
mano. Aveva le lacrime agli occhi.
“Alfred, puoi
sentirmi? Ti prego, apri gli occhi, devi guarire, abbiamo tutti bisogno di te”
mormorò, addolorato. “Anche i tuoi nuovi amici sono venuti a farti visita. Hai
ancora grandi cose da compiere, Alfred, coraggio, devi guarire!”
Intanto Lagertha si
era avvicinata a Elsewith e aveva notato che la giovane teneva una mano
delicatamente appoggiata al grembo, come per protezione.
“Aspetti un figlio?”
le domandò senza tanti convenevoli.
“Io… beh, credo di sì”
rispose la ragazza, arrossendo e iniziando a piangere. “Alfred non lo sa, avrei
voluto dirglielo, ma…”
Aethelred aveva udito
le parole di Elsewith e strinse di più la mano del fratello.
“Hai sentito, Alfred?
Tua moglie ti darà un figlio! Devi guarire al più presto, adesso devi farlo
anche per il tuo bambino.”
Nonostante l’affetto
di tutti, però, Alfred non si riprendeva.
Usciti dalla stanza
di Alfred, Ubbe e gli altri finsero di lasciare la reggia ma in realtà,
seguendo il piano di Hvitserk, rientrarono silenziosamente e restarono nascosti
finché non videro la Regina Judith che invitava Aethelred a pranzare con lei.
Celati dietro tende e arazzi, i vichinghi vedevano benissimo la sala da pranzo
in cui si trovavano poche persone: Judith e Aethelred seduti a un lato e all’altro
del lungo tavolo e qualche servitore che si muoveva per la stanza portando i
piatti e il vino.
Non c’erano guardie
in vista e non ce n’era motivo, in fondo si trattava soltanto di un tranquillo
pranzetto tra madre e figlio, no?
“Sono sicura che
Alfred guarirà presto, gli è già accaduto in passato e con i rimedi che ho
preparato per lui si è ripreso perfettamente” disse Judith, prendendo posto a
tavola mentre Aethelred si serviva il vino. Il suo tono cercava di essere
colloquiale, ma più parlava e più appariva nervosa e invasata. “Quello che mi
preoccupa davvero sono i nobili, quei maledetti che stanno cercando di
approfittare della situazione e vanno dicendo che Alfred è debole, che non
merita di essere Re!”
Torvi non sapeva dove
Judith avesse messo il veleno, poteva essere sia nel cibo che nel vino, perciò
loro dovevano agire prima che Aethelred mangiasse o bevesse alcunché.
Silenziosamente, i vichinghi scivolarono fuori dai loro nascondigli e circondarono
la tavola.
Hvitserk, veloce come
un fulmine, andò verso Aethelred e lo allontanò dal tavolo. Era preoccupato
perché gli sembrava che avesse bevuto un sorso di quel vino e non sapeva se
fosse quello ad essere stato avvelenato. Ad ogni buon conto, si tenne stretto
il suo Principe, pronto a tutto.
“E voi che ci fate
qui? Questo non è il vostro posto, come avete fatto a rientrare? Adesso chiamo
le guardie…” iniziò a protestare la Regina, ma Torvi le si avvicinò puntandole
una daga alla gola.
“No, non chiamerai
nessuno, altrimenti noi diremo a tutti che Re Alfred sta male perché tu lo hai avvelenato e che stavi per
avvelenare anche Aethelred” sibilò la donna. “Tutto il Wessex saprà che sei una
madre snaturata che intendeva uccidere i suoi figli per regnare da sola!”
Judith impallidì.
“Ma questo non è
vero! Alfred ha avuto uno dei suoi collassi e io lo sto curando con erbe
medicinali, come ho sempre fatto” esclamò.
“Ti ho vista
raccogliere funghi velenosi. Anche quelli facevano parte della cura?” insisté
Torvi.
“No, certo. I funghi
velenosi non erano per Alfred, bensì per Aethelred” intervenne Hvitserk,
tagliente. “Volevi uccidere il tuo primogenito. Che razza di madre sei?”
“Ma di che cosa state
parlando?” fece Aethelred, colto anche lui alla sprovvista. Funghi velenosi?
Veramente sua madre aveva cercato di ucciderlo? Ma… perché?
Judith cercò di
riprendere il controllo della situazione e sfidò i vichinghi con un sorriso
cattivo.
“Potrei chiamare le
guardie anche subito. E’ la vostra parola contro la mia e chi crederebbe a voi?
I Sassoni vi considerano barbari, selvaggi, e io sono la loro Regina.”
“Oh, ma noi abbiamo
le prove” replicò Lagertha. Aveva riportato nella stanza due dei servitori che
erano appena usciti e li stava conducendo verso il tavolo. “Qualcun altro ha
toccato il cibo e il vino a parte voi?”
“No, nessuno” disse
uno dei due servi. “Anzi, è stata Sua Maestà la Regina a preparare tutto e noi
abbiamo solo servito in tavola.”
Judith era sempre più
pallida, nervosa e tremante, ma non disse niente.
“Bene, allora… tu,
assaggia il cibo e il vino del Principe Aethelred” ordinò Ubbe, trascinando a
forza uno dei due servitori verso il piatto e il calice del giovane. Il servo,
spaventato, obbedì mentre l’altro seguiva la scena con gli occhi sbarrati.
“Forse anche tu vuoi
assaggiare le pietanze e il vino che hai fatto servire a tuo figlio?” le chiese
Lagertha con un sorriso. “Prego, fai pure. In fondo, come hai detto, potrebbero
essere soltanto le nostre bugie…”
Ovviamente Judith si
guardò bene dal toccare il piatto e il calice di Aethelred. Il servitore che
aveva mangiato e bevuto, intanto, cominciò a tossire e a afferrarsi la gola.
Non riusciva a respirare. Il suo compagno lo afferrò, cercando di aiutarlo, ma
il servo continuava a tossire convulsamente e ad artigliarsi la gola e lo
stomaco.
“Fate qualcosa!”
gridò il servitore che teneva tra le braccia l’amico morente. “Aiutatelo!”
Torvi lo guardò con
tristezza.
“Purtroppo non
possiamo fare nulla” disse. “La Regina ha messo un veleno molto potente nel
cibo e nel vino del Principe…”
Il servitore si
contorceva e urlava negli ultimi spasmi dell’agonia, mentre il suo compagno lo
teneva tra le braccia cercando di alleviare i suoi dolori. Il suo volto era una
maschera di terrore.
“La Regina ha cercato
di uccidere il Principe Aethelred?” mormorò.
“Io… io… non avevo
scelta!” ammise la donna, con la voce rotta e lo sguardo allucinato. “Finché
Aethelred sarà in vita, la corona di Alfred sarà sempre in pericolo! I nobili
stanno già tramando di nuovo, approfittando della malattia di mio figlio! Non
potevo fare altro, io devo proteggere
mio figlio!”
“Molto nobile”
commentò gelida Lagertha. “Ma Aethelred non è forse anche lui tuo figlio? Quale
madre uccide un figlio per proteggerne un altro?”
Judith, sconfitta,
scoppiò in lacrime, ma non erano lacrime di pentimento, bensì di rabbia e
umiliazione. Nessuno provò compassione per lei.
Il servitore sollevò
il compagno morto e lo portò fuori dalla stanza, lanciando uno sguardo pieno di
rancore e disprezzo verso la Regina: aveva cercato di uccidere il suo stesso
figlio e, per colpa sua, il suo amico era morto in modo atroce. Nei giorni a
venire, quella storia avrebbe fatto il giro delle stanze della servitù fino ad
arrivare al popolo del Wessex, ai nobili, ai vescovi… e alla fine, quando si
fosse ripreso, anche ad Alfred.
Aethelred, stretto
nell’abbraccio di Hvitserk, non aveva detto una parola mentre guardava l’orribile
morte del povero servitore. Se i vichinghi non fossero intervenuti, quella fine
sarebbe toccata a lui.
Sarebbe
toccata a lui.
“Era questo che
volevi, madre? Volevi uccidermi in quel modo? Come hai potuto anche solo
pensarlo? Mi odi dunque così tanto? Tu sei… sei un mostro!” esclamò, disperato,
scoppiando poi in un pianto dirotto.
“Era necessario per
proteggere la corona di tuo fratello” ripeté Judith guardando nel vuoto,
dimostrando di non aver capito un accidenti di tutta la faccenda.
“Io non farei mai del
male ad Alfred, non lo hai ancora capito? Io non…” continuò a gridare
Aethelred, piuttosto alterato anche lui. Evidentemente il veleno era stato
messo anche nel vino e quell’unico sorso stava avendo effetto, in qualche modo.
Il giovane tremava, piangeva e sembrava non riuscisse a reggersi in piedi.
Hvitserk lo strinse
più forte a sé, aiutandolo a uscire dalla stanza.
Gli altri vichinghi
lo seguirono, dopo un ultimo sguardo alla Regina pazza e delirante che era
rimasta inginocchiata sul pavimento della sala da pranzo e continuava a parlare
tra sé.
“Non preoccuparti,
Hvitserk” gli disse Torvi. “La quantità di veleno che Aethelred può aver
assunto è minima, il suo fisico è forte e riuscirà a eliminarla.”
“Lei… voleva davvero uccidermi…
se non ci fossi stato tu… e io…non ti credevo, scusami…” continuava a
singhiozzare Aethelred, stretto a Hvitserk, il viso schiacciato contro la sua
spalla.
“Non preoccuparti, va
tutto bene” gli rispose lui, mentre lo aiutava a tornare alla loro casa. “Starai
bene e non dovrai più vedere quella donna malvagia.”
“Io non ti ho creduto…”
ripeteva il Principe.
“Va bene così” gli
sussurrò dolcemente Hvitserk. “L’unica cosa che conta è che tu stia bene e che
resti con me. Io ci sarò sempre e non ti accadrà mai niente di male.”
I vichinghi fecero
ritorno alla loro abitazione e Hvitserk aiutò Aethelred a coricarsi. L’effetto
del veleno stava svanendo, ma il giovane sarebbe stato debole ancora per un po’.
Eppure,
paradossalmente, si sentiva al sicuro.
Hvitserk era con lui,
lo stringeva e gli accarezzava il volto e i capelli e il Principe sentiva che
non gli sarebbe potuto succedere nulla finché fosse stato insieme a quel
giovane e affettuoso vichingo.
FINE
* So che nella serie TV Lagertha scompare dopo la morte
di Heahmund, ma a me è sembrato molto strano per una persona forte come lei
perdere la testa per la morte di uno che, tutto sommato, non era certo l’uomo
della sua vita. Così nella mia versione Lagertha è presente a tutto ciò che
accade e non ci sono misteri e sparizioni.