Tearing through the ink
-Questa storia partecipa al
contest “Missing Moments – Quello che la Rowling non
dice” indetto da parsefeni sul forum di EFP-
<<E’
un Mangiamorte!>> rispose Harry lentamente <> […] <McClan!
Lei non l’ha toccato, ma lui ha strillato e ha scostato il braccio quando
voleva tirargli su la manica. Era il braccio sinistro. L’hanno segnato con il
Marchio Nero>>
Harry Potter e il Principe Mezzosangue- cap. 7
Se
un anno prima (o anche pochi mesi prima) qualcuno avesse fermato Draco Malfoy per strada e gli avesse detto che la sua vita stava
per essere completamente e irrimediabilmente stravolta, probabilmente il
ragazzo si sarebbe allontanato sdegnato e non avrebbe dato peso alle parole di
quel saggio quanto immaginario sconosciuto. Del resto, lui era un Malfoy e quel nome comportava privilegi, opportunità, fama
e una certa dose di orgoglio personale. Nessuno mago con un briciolo di
intelligenza avrebbe mai osato muovere un dito contro di lui avendo timore di
una possibile vendetta messa in atto dal padre.
Si,
Lucius Malfoy: da molti criticato, da altri venerato
e da quasi tutti temuto. Fin da quando era bambino Draco aveva sempre ammirato
la calda confidenza e sicurezza con cui il padre si muoveva nel mondo e che
sembrava possedere in qualsiasi circostanza. Accanto a lui, sapeva che
niente avrebbe potuto ferirlo. Con l'ingenuità del bambino e poi con la cieca
fiducia dell'adolescente, aveva creduto che il padre sarebbe stato sempre
presente al suo fianco, una calda e importante presenza e che avrebbe protetto
lui e sua madre da tutto e tutti. Vi aveva creduto davvero, fino a quel
momento.
Ormai
tutte le sue certezze erano crollate come un castello di carte costruito
davanti una finestra lasciata aperta e trascinato via dal vento. Mai come in
quel momento si era sentito così solo, lasciato improvvisamente in balia di un
mondo più terribile di quanto avesse mai immaginato, preda e vittima dei più
feroci predatori assetati di sangue.
Poche
settimane prima il padre era stato arrestato nel cuore del Ministero dopo
essere stato riconosciuto come Mangiamorte nel pieno di un’attività criminale
ed imprigionato prontamente ad Azkaban senza che a lui o a sua madre fosse
concessa la minima possibilità di vederlo, di salutarlo, di ricordargli che
avrebbero tentato il tutto e per tutto pur di riportarlo a casa. Per diverse
notti Draco era rimasto sveglio nel suo letto matrimoniale, girandosi e
rigirandosi alla ricerca di una soluzione che potesse mettere fine ai loro
problemi o che – idea folle- gli permettesse di tornare indietro nel tempo per
trovare il modo di scagionarlo. Non sopportava sentirsi così inutile, incapace
di aiutare il padre; non sopportava intravedere gli occhi cerchiati della madre
a colazione. Sapeva che Narcissa Black in Malfoy soffriva non solo per la lontananza dal marito dal
quale non si era mai separata fin dalla mattina del loro matrimonio ma anche e
soprattutto per la posizione in cui aveva messo loro, la sua famiglia. Gli
amici avevano iniziato ad evitarli, a non rispondere ai cortesi inviti di Narcissa e spesso sviavano i loro saluti quando per caso
incrociavano il loro sguardo per strada salvo poi bisbigliare tra di loro nello
stesso momento in cui li superavano, non possedendo neanche la buona creanza di
aspettare che si allontanassero quel tanto che bastava a non udire le loro
parole. Merlino, quanto detestava quelle voci rese stridule dall’eccitazione e
quei discorsi pressochè identici nel contenuto che
sembravano ripetersi in tutti gli angoli di Diagon
Alley. Aveva iniziato ad evitare di uscire dal maniero se non strettamente necessario
proprio per non incappare in quegli stupidi pettegolezzi che ogni volta avevano
la capacità di farlo impallidire dalla collera.
“-Hai
saputo cos'è successo ai Malfoy? Questa volta neanche
tutti i soldi che nascondono nel loro bel castello sono riusciti a tenerli al
sicuro-“. Li
odiava tutti, profondamente.
Erano
in molti a sostenere da anni le colpe di Lucius e come degli avvoltoi avevano
atteso pazientemente nell’ombra pronti a cogliere il primo cedimento, il primo
errore e poter finalmente dimostrare la loro presunta superiorità come quel babbanofilo di Arthur Weasley e tutta la famiglia al
seguito. Draco non aveva mai provato tanta rabbia e umiliazione in vita sua.
Alla fine non era stato lui a trovare una
soluzione ma questa a trovare lui sotto le vesti di Bellatrix
Lestrange dietro, ovviamente, l’ordine emesso da Lord
Voldemort in persona. Valutando ora a mente lucida
l'offerta della zia Bellatrix, Draco riconobbe con se stesso che quel momento era assolutamente inevitabile.
L'Oscuro Signore non ammetteva errori e quando questi erano commessi, i
colpevoli dovevano subito essere puniti in maniera esemplare. Suo padre, del
resto, era stato lasciato a marcire nella prigione del mondo magico come un
monito per tutti i Mangiamorte: non si deludeva in alcun modo la volontà
dell'Oscuro Signore. Mai.
Unirsi
ai Mangiamorte era un onore, un privilegio e come tale comportava anche dei
doveri che non dovevano mai essere disattesi. Suo padre l'aveva sempre
ribadito: legarsi a Voldemort era stata la massima
espressione del suo orgoglio come mago Purosangue; la crociata stessa di Voldemort aveva come obiettivo quello di eliminare le
impurità che negli ultimi anni erano sempre più dilagate sotto l’influenza di Albus Silente e di chi come lui ritenesse necessario
accettare la discendenza dei Babbani nel loro mondo. Toccava alle persone come loro,
i veri maghi, riportare i Mezzosangue e i Nati Babbani al loro posto.
Fin
da quando era bambino Lucius aveva insistito che conoscesse anche lui quei
principi per poterli praticare una volta divenuto adulto e trasmetterli a sua
volta ai suoi futuri figli. Quando era ancora un bambino, di tanto in tanto,
Draco si era chiesto perché il padre avesse fatto di tutto poi per troncare
ogni suo rapporto con i Mangiamorte se lui stesso non faceva altro che ribadire
l’importanza della causa da lui sostenuta, ma anche a quelle domande insolenti il
padre aveva la risposta pronta.
-Spesso,
Draco, dobbiamo saper affrontare delle situazioni di emergenza per poter
rimanere a galla e non permettere a nessuno di infangare il nome dei Malfoy. In questo momento è fondamentale per noi rompere
qualsiasi legame con quelle persone ma nel momento in cui o se mai Colui- che-
non-deve-essere-nominato tornerà, noi saremo pronti ad accoglierlo- era questo
che rispondeva sempre Lucius in quelle circostanze. A quel tempo lui non
comprendeva appieno il significato delle sue parole anche se annuiva entusiasta
e concentrato pur di compiacere il padre, ma adesso i contorni di quelle parole
si andavano definendo.
Nonostante
i genitori lo avessero educato nel culto della loro (e della sua) superiorità,
non riusciva ben a definire quel senso di inadeguatezza e disagio che
serpeggiava ora in lui, proprio nel momento in cui avrebbe finalmente dato il
suo contributo attivo alla causa.
Il
lieve bussare alla porta della sua camera da letto lo riscosse e si accorse di
essere rimasto per diversi minuti con gli occhi grigi puntati verso il suo
riflesso allo specchio posto nel suo bagno personale. Nonostante stesse
cercando in tutti i modi di tenere a freno la paura e quel tremolio sospetto
alle gambe il viso era più pallido del solito. Un secondo bussare alla porta lo
riportò definitivamente alla realtà. Chiuse il rubinetto dell'acqua, asciugò
senza fretta le mani e si diresse verso la porta. Sulla soglia lo attendeva la
madre, pallida e stretta nel suo abito color petrolio. Le labbra serrate
indicavano la sua agitazione ma quando sollevò una mano per sfiorargli
brevemente la guancia il suo tocco era caldo e amorevole come sempre.
-Sei
pronto Draco? - gli chiese con la voce ferma e la schiena dritta. Lo sguardo
eloquente con cui accompagnò le sue parole gli fecero immediatamente
raddrizzare la schiena e nascondere le sue emozioni dietro una maschera di
freddezza. Erano dei Malfoy, loro, non
potevano in alcun modo mostrare la loro debolezza di fronte agli ospiti
raccolti al piano inferiore che, lo sapeva perfettamente, aspettavano solo di
vederlo vacillare per rimarcare la sua incapacità a prendere il posto rimasto
vacante dall’arresto di Lucius e a servire la causa. Quale fosse di preciso
quella causa, Draco ormai non lo sapeva più con sicurezza. Si era sempre
limitato a sbeffeggiare le persone al di sotto del suo ceto sociale o del suo
stato di sangue; si era fatto forza dei principi inculcategli dai genitori
muovendosi per i corridoi del castello di Hogwarts
come se ne fosse il padrone ma solo lui sapeva come invece quell’arroganza
nascondesse dietro una forte mancanza. Soltanto attorniato dai suoi scagnozzi,
riusciva ad essere qualcuno. Come avrebbe potuto dimostrare di valere qualcosa
in quello che da gioco si era trasformato improvvisamente in realtà? In quel
momento della guerra mossa da Voldemort o del suo
odio feroce verso Harry Potter non gli importava proprio niente.
Sapeva
solo che doveva accettare il Marchio Nero o suo padre non avrebbe mai potuto
far ritorno a casa: Voldemort non l'avrebbe permesso.
Insieme
alla madre scese le scale dirigendosi verso una delle sale adibite a salotto e
di quando in quando anche a sala riunioni. Tutt'intorno erano radunati diversi
Mangiamorte, ognuno dei quali celava il proprio viso dietro la classica
maschera (gesto futile visto che conosceva benissimo ognuno di loro) che da più
di vent'anni popolava gli incubi della comunità magica inglese. L'unica a
mostrarsi a viso scoperto era la zia da poco tornata all'ovile e che ormai con
sommo disappunto dei genitori nell'ultimo anno camminava per i corridoi del
maniero da padrona. Quando udì i suoi passi si voltò a guardarlo con quello che
interpretò come uno sguardo di cupa e famelica soddisfazione come se l'ingresso
di Draco nel circolo ristretto di Voldemort la
compiacesse in qualche modo a lui sconosciuto.
Da
quando era rientrato a casa per le vacanze estive i due avevano trascorso più
tempo di quanto Draco avesse mai voluto dedicare alla zia folle; Bellatrix aveva preteso di insegnargli l'arte dell'Occlumanzia in modo che, se avesse dovuto affrontare i loro
nemici, sarebbe stato protetto e così i loro segreti. Draco sospettava tuttavia
che volesse conoscere i suoi segreti più che proteggerli ma la madre gli aveva
perfettamente chiarito che non si trovava nella condizione in grado di
rifiutare un’offerta del genere anche se aveva cercato di mitigare i tratti
duri della sorella.
Al
centro della sala, accomodato su uno dei costosi divani che il padre aveva
regalato a Narcissa dopo un loro viaggio in Francia, si
trovava Colui-che-non-deve-essere-nominato.
No,
si
corresse Draco, da questo momento sarà il tuo Padrone, l'Oscuro Signore.
Lui
che aveva sempre mal sopportato dover lasciarsi comandare dagli altri ora si
trovava davanti un bullo più grande e forte di lui e no, non poteva aspettarsi
alcun aiuto. Neanche dai suoi genitori questa volta.
Mentre
i suoi viscidi occhi da serpente si posavano su di lui e ogni cellula del suo
corpo gridava per la paura e la voglia di allontanarsi correndo via da quel
luogo senza mai voltarsi indietro, sentì l'ormai familiare sensazione di una
forza che premeva contro la barriera protettiva posta intorno alla propria
mente nel tentativo di penetrarla. Solo che questa volta la pressione
esercitata era mille volte peggiore rispetto a quella impiegata da Bellatrix durante le loro sessioni di addestramento. Tentò
di resistervi senza successo e avvertì con profondo orrore il preciso istante
in cui quella forza maligna entrò dentro di lui scavando negli spazi più
reconditi del suo pensiero. Voldemort rise
sprezzante.
-Devo
dire, Draco, che mi hai molto stupito- disse il mago oscuro- Pochi maghi sono
riusciti a provare ad opporsi a me e tutti hanno fallito-.
Draco
sapeva bene il significato nascosto di quelle parole. Lucius aveva fallito nel
suo compito e ora toccava a lui ristabilire il nome della famiglia davanti ai
suoi occhi.
Draco
deglutì, incapace di rispondere e sentendosi ancora più umiliato dalla
consapevolezza che Voldemort godeva del suo disagio,
della sua insicurezza di fronte a lui quasi come se si nutrisse della paura che
la sua presenza ispirava, il che era probabilmente vero.
-Avvicinati-
ordinò.
Tutti
i presenti nella sala ora tenevano lo sguardo puntato su di lui e Draco non
faticava ad immaginare le loro facce beffarde mentre scommettevano sul fatto
che non sarebbe riuscito a superare la prova, che in fin dei conti non era
altro che un pappamolle. Quei pensieri nutrirono quella rabbia mai del tutto
sopita e che tentava di affiorare in ogni momento dal giorno in cui suo padre
era stato arrestato e ciò lo spinse verso il Signore Oscuro. Ormai di fronte a
lui sapeva di non poter più tornare indietro; da quel momento in poi avrebbe
dovuto obbedire ad una forza più grande di lui, non avrebbe potuto permettersi
il lusso del fallimento. Mentre arrotolava la manica della camicia sul braccio
sinistro e lo porgeva esitante a Voldemort i suoi
sensi si acuirono: sentiva l'eccitazione della sala che saliva; sentiva la
gioia folle della zia che guardava insistentemente il suo braccio pallido,
pulito, bianco, ancora non macchiato dal tatuaggio oscuro; sentiva il dolore di
sua madre che fissando gli occhi nei suoi occhi gli diceva tutto ciò che in
quei giorni non erano riusciti a dirsi e infine sentì la crudeltà dell'uomo che
continuando a sorridere freddamente puntava la bacchetta sul suo braccio e lo
marchiava per l'eternità.
Draco
si stupì del dolore. In quei giorni in cui aveva immaginato il momento in cui
avrebbe ricevuto il marchio non aveva mai pensato al dolore; i suoi pensieri si
erano concentrati sulla paura, sulla sensazione di essere imprigionato, di non
poter sottrarsi al suo destino ma mai sul dolore che avrebbe provato nel
momento in cui le linee scure del tatuaggio avrebbero iniziato a serpeggiare
sul suo avambraccio. Era come se un fuoco gli avesse acceso il sangue nelle
vene facendolo ribollire e bruciando via tutto ciò che di buono aveva
conservato fino a quel momento. Sembrava che il dolore durasse da un’eternità
quando piano piano iniziò a scemare e la forma completa del tatuaggio prese
vita.
Un
teschio dalla bocca spalancata dal cui interno fuoriusciva un serpente.
Decisamente macabro.
Durante
il processo non si era reso conto di aver trattenuto il respiro, ma adesso si
ritrovava a boccheggiare nel tentativo disperato di far entrare quanto più
ossigeno possibile all’interno del corpo. Sentiva il viso infiammato e il cuore
che martellava incessantemente nel petto come se avesse appena corso per
chilometri e chilometri. Martellava così forte che Draco ebbe paura che potesse
rompere la gabbia toracica. Il braccio doleva ancora ma il dolore stava diventando
sopportabile. Si ritrovò suo malgrado a fissare il tatuaggio che ora ricopriva
gran parte del suo avambraccio come se questo esercitasse su di lui un
incantesimo ipnotico. Era come se il Marchio gli stesse offrendo una visione
del suo futuro: vide se stesso in luoghi di morte e
distruzione mentre cercava di farsi strada tra i cadaveri dispersi sul
pavimento della sala da pranzo. Si vide mentre tentava di strappare il padre
dalla prigione e fallire. Vide il suo tentativo di fuggire da quella vita ed
essere brutalmente ucciso. Nel momento in cui vide quello scenario il panico
s’impossessò di lui. Cosa aveva appena fatto? Perché si era reso complice di
quella follia?
Gli
applausi dei Mangiamorte lì riuniti lo distrassero da quella cupa visione e dal
suo insensato pensiero di fuggire via e tentò di stamparsi sulle labbra un
sorriso convincente come per dire che finalmente aveva realizzato il suo sogno.
Voldemort continuava a tenere lo sguardo puntato
su di lui con il capo leggermente inclinato verso destra come se stesse
osservando qualcosa di vagamente interessante. O peggio, come se avesse visto
anche lui le visioni che gli avevano attraversato la mente. Con un cenno della
mano le esultazioni cessarono.
-Bene
miei cari amici, come vedete oggi si è aggiunto a noi un altro valido membro-
esordì lentamente scandendo le parole- Ormai sei un uomo, Draco, e sei anche
responsabile per la tua famiglia- disse rivolgendosi ora direttamente a lui- e
come tale mi aspetto che tu mi serva in maniera appropriata-
-Lo
farò, m-mio Signore- rispose Draco. Cosa gli era saltato in mente prima? Quelle
visioni appartenevano al ragazzino insicuro e impaurito che era stato fino a
quel momento.
Voldemort aveva ragione: era un uomo adesso e
come tale doveva comportarsi. Erano finiti i giorni degli scherzi e delle
serate passate a terrorizzare i ragazzi più piccoli o a ingegnare modi per far
espellere quell’idiota di Potter. Erano finiti i tempi in cui gli era concesso
il lusso di provare paura. Il padre aveva bisogno di lui; sua madre aveva bisogno
di lui. Non poteva deluderli, semplicemente non poteva.
-Ne
sono sicuro- replicò- Ora gradirei parlare da solo con lui. Potete andare. No,
mie care. Voi due potete rimanere- disse rivolgendosi alle uniche due donne
presenti in sala: Narcissa e Bellatrix.
Quando
tutti furono usciti dalla stanza e l’eco dei loro passi non venne più
avvertito, Voldemort invitò a sedere le padrone di
casa nelle poltrone accanto a sé mentre Draco si trovava ancora in piedi di
fronte a lui.
Nonostante
i suoi buoni propositi era difficile mantenere gli occhi puntati su quelli
dell’Oscuro Signore.
-Bene
Draco.. – esordì mentre si rigirava pensosamente la
bacchetta tra le mani.
-Sono
molto felice che ti sia unito a me. Molto felice- ripetè
lentamente.
-Grazie
m-mio Signore. È un onore per me- replicò atono.
-Oh si, è davvero un onore! Sai
Draco, nutro grande fiducia nelle tue capacità. Più che in quelle di tuo padre,
a dire il vero. Probabilmente Lucius mi è più utile in prigione ma so quanto tu
e la tua splendida madre soffriate la sua mancanza- a quelle parole inclinò
leggermente il capo verso Narcissa la quale puntando
lo sguardo dritto di fronte a sé annuì brevemente -per questo motivo ti
propongo un compito che so riuscirai a portare a termine. Dopo che l’avrai
eseguito, tuo padre tornerà a casa- concluse.
Draco
sollevò leggermente lo sguardo su di lui incredulo. Tremando, si inginocchiò di
fronte a lui e chiese:- Qual è il mio compito?
Voldemort sorrise brevemente come se si
aspettasse quella domanda.
-Dovrai
uccidere Albus Silente-
Angolo
dell’autrice
Salve
a tutti! Questa oneshot partecipa al contest indetto
da parsefeni sul forum di efp
“Missing Moments- Quello che la Rowling non dice”.
La
mia idea è stata quella di mostrare il momento in cui Draco Malfoy
si è unito ai Mangiamorte e ha ricevuto il marchio nero, oltre alla sua prima
(e impossibile) missione. Per quanto riguarda il titolo è una frase tratta
dalla canzone di Halsey “Colors” e mi sembrava adatta
all’occasione. Spero che sia un’idea apprezzata e che la storia sia di vostro
gradimento.
Grazie
mille,
Hoon21