st paul survives
St Paul's
Survives... and so will Tom
L'essere umano si abitua a tutto, dicono. Anche nelle condizioni
più disperate ci si può aggrappare alla
consuetudine, al ripetersi di un rituale conosciuto. E forse qualcuno a
Londra aveva già iniziato ad abituarsi al nuovo ritmo delle
notti di estate.
Per prima, la vibrazione. Il sinistro ronzio che annuncia il
nemico, i caccia tedeschi che si dirigono verso la citta.
Poi, una nota lunga e minacciosa che sovrasta ogni cosa:
urla, richiami,suppliche. E' la sirena antiaerea, che segnala ai
londinesi che è tempo di correre, scappare, mettersi in
salvo.
E poi... BOOM! Esplosioni che si succedono, mentre le bombe
piovono dal cielo, consumando persone ed edifici senza fare distinzioni.
Infine, per un attimo i rumori s'interrompono, come divorati
dalla coltre di fumo. E quando questa si apre,eccole! Le
Luci. Centinaia di luci danzanti, mille fuochi che si espandono, si
riuniscono, ridisegnano le mappe e distruggono la città.
L’essere umano si abitua a tutto, anche ai rifugi
che tremano sotto al peso delle bombe.
Ma Tom no, lui non
è nato per questo, lui non si rassegna al ritmo della notte.
Intorno a lui c'era il caos, decine di persone si erano fiondate in
strada al primo richiamo delle sirene. Gli sfortunati ospiti
dell’orfanotrofio Wool avevano già avuto modo di
familiarizzare con la procedura: rimanere ordinati, non farsi prendere
dall'isteria, in fila per camerata seguire le matrone giù
per le scale e verso la strada, senza perdere tempo a portare qualcosa
con se; del resto, ben pochi avrebbero avuto qualcosa di caro da
salvaguardare. Il rifugio fortunatamente si trovava solo a qualche
metro di distanza, abbastanza ampio da ospitare tutti i bambini
dell'orfanotrofio, insieme agli altri abitanti della via.
Trovare un
rifugio, trovare un riparo, non morire, sopravvivere, sempre, comunque,
ad ogni costo.
Nella ressa confusa, il bambino spintonó i suoi compagni,
correndo senza guardarsi indietro, seguendo le urla concitate della
matrona che spronavano i suoi protetti a seguirla, a mettersi al sicuro.
La sirena suonó di nuovo, un suono lungo e macabro
che riempi l'aria.
All’interno del rifugio, gli orfani si stringevano tra loro e
intorno alle tutrici, alcuni piangendo sommessamente, come timorosi di
essere uditi dal Nemico. Un boato tremendo scosse le pareti, e i pianti
e le grida di terrore si elevarono più forti. Tom
si morse le labbra fino a sentire il sapore metallico del sangue. Se ne
stava in disparte, accovacciato contro il muro,le dita strette nella
tasca, intorno alla sua bacchetta. La sua fedele compagna , che
però non poteva venirgli in soccorso in quel frangente.
Il suo brillante cervello, su cui pensava di poter sempre
fare affidamento,lo tradiva.
Aveva troppo
freddo,troppa paura.
Nel pieno della Guerra, il cibo era stato razionato, e di certo non
c'erano molte risorse da riservare agli ultimi degli ultimi, gli orfani
che nessuno voleva.
Pareva passata una vita dall'ultimo pasto decente che aveva fatto.
E invece no, era passato solo un mese dal banchetto di fine anno.
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A Serpeverde l’atmosfera era festosa ed eccitata; la Coppa
era andata di nuovo a loro, gli esami erano finiti e l'estate stava per
iniziare. Finalmente! Niente più lezioni, niente
più in compiti in classe. L'unico che non condivideva la
gioia generale era proprio Tom, intento a servirsi una seconda
porzione di roastbeef senza prestare attenzione alle ciance di Abraxas
Malfoy. Ci aveva provato di nuovo, ignorando il fallimento dell'anno
precedente.
Poco prima del banchetto, si era recato nell'ufficio di Slughorn. ll
capocasa lo aveva accolto con un sorriso benevolo, e lui per un attimo
ci aveva sperato. Del resto, aveva lavorato duramente per costruire la
sua reputazione. Per il secondo anno di fila era risultato lo studente
più brillante del suo anno, e gli insegnanti sembravano non
essere mai stanchi di tessere le sue lodi: un giovane così
brillante, così acuto, così umile e sempre
disposto ad aiutare i suoi compagni!
Sfortunatamente c'era una persona a Hogwarts che non sembrava
condividere l'entusiasmo verso il giovane orfano Serpeverde, e ancora
più disgraziatamente, quella persona si trovava
anch’essa nello studio del pozionista: il professore di
Trasfigurazione, Albus Dumbledore, alzó lo sguardo sul
dodicenne, e solo un osservatore molto attento avrebbe potuto notare il
leggero irrigidimento del suo viso.
Ignaro della tensione, Slughorn spalancó le braccia,
entusiasta.
"Caro ragazzo, congratulazione ancora. Ho saputo che hai brillantemente
superato gli esami di fine anno. Merrythought in particolare
era entusiasta! Mi ha confidato che non ha mai visto un simile talento
per la Difesa!Ma dimmi, a cosa devo questa visita? ".
Tom lanciò un'occhiata insicura a Silente, ma poi si
rassegnò a esporre la sua richiesta nonostante la presenza
dell'insegnante di trasfigurazione. "Professore, forse si
ricorderà la richiesta che te le ho fatto l'anno
scorso?”.
"Ah" esclamò Slughorn, perdendo il sorriso. Il capocasa
sospirò e scosse leggermente il capo "Mi dispiace signor
Riddle, ma non posso aiutarla in nessun modo. A nessuno studente
è permesso restare nel castello durante le
vacanze”.
"Ma signore..." provò a protestare il ragazzo.
"Non ci possono essere eccezioni "lo bloccò
l’altro, categorico, per poi proseguire con tono un
po’più conciliante: “Non esiste solo la
scuola! Cerca di divertirti un po'. Goditi le
vacanze. Magari quando sarai un po’più grande
potresti parlarne con il preside.” concluse con un occhiolino
complice.
Tom dovette fare uno sforzo per mantenere un’espressione
neutra sul volto, lottando contro la smorfia di disappunto che
minacciava di affiorare. “Lo farò senz'altro,
signore.” Replicó, congedandosi con un cenno e
allontanandosi dallo studio.
Pochi minuti dopo, mentre scendeva la scalinata per tornare nel
dormitorio di Serpeverde,sentì una voce che lo chiamava
"signor Riddle!"Era Silente,che lo raggiunse e gli si parò
davanti.
"Si, professore? gli rispose Tom, cercando di restare impassibile, di
non far emergere i suoi veri pensieri.
Odio, odio verso l'uomo
davanti a lui, odio per Slughorn e la sua falsa benevolenza, per
l’ipocrisia con cui nascondeva solo una profonda
indifferenza,perché certo, non si possono fare eccezioni per
un dodicenne povero e col cognome babbano, per quanto dotato sia. Odio
per Silente, per il suo bigottismo e paternalismo, per il suo senso di
superiorità morale e il sospetto sempre presente nei suoi
confronti.
Silente lo scrutò attentamente e Tom ebbe l'impressione che
i suoi profondi occhi azzurri (che non scintillavano, non lo facevano
mai con Tom) potessero vedere fin dentro la sua anima, là
dove c'era solo buio, e odio, e vendetta.
"Signor Riddle... "il Professore di Trasfigurazione parve esitare un
attimo, incerto, ma alla fine disse solo “Si ricordi che il
Ministero controlla che nessuno studente faccia magie fuori da
Hogwarts”.
Tom s'incupì, fece un rigido cenno d'assenso e si
allontanò dirigendosi verso il banchetto.
Il giorno dopo, arrivato alla stazione, il giovane salutò i
compagni e lasciò alle sue spalle le voci allegre delle
famiglie riunite e il familiare e rassicurante caos del binario 9 e tre
quarti per infilarsi nella ben più grigia e cupa King cross.
Con il suo baule e la bacchetta inerme in tasca, si
allontanò verso l'orfanotrofio, e verso la guerra.
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Il suono dei bombardamenti si placcó, la sirena
suonó di nuovo per segnalare la fine del pericolo. La
tutrici dell'orfanotrofio confabularono tra loro, per poi annunciare
che per quella notte sarebbe stato più sicuro restare a
dormire nel rifugio.
Tom si raggomitolò in un angolo, stringendosi nei suoi
vestiti sporchi. Le coperte erano poche, e c'erano bambini
più piccoli e fragili a cui darle. Del resto, nessuna delle
tutrici lo amava particolarmente, Mrs Cole meno di tutte.
Al freddo e affamato, il giovane mago provava a lasciarsi vincere dal
sonno. Le voci dei suoi compagni non aiutavano però
l’operazione. Era un brusio molesto,difficile da ignorare...
la ninnananna stonata sussurrata da una tutrice, sovrastata dal pianto
del neonato che teneva in braccio; il sommesso confabulare di un gruppo
di anziani, discorsi concitati sulla guerra, sui tedeschi, e la
Francia, e Churchill, e il re...
“Elocubrazioni
senza capo ne coda” pensò Tom, farnetichii del popolo ignorante
che cerca di darsi un tono e un'aria di
saggezza. Del resto, gli stupidi sono tutti uguali”rifletté.
In questo, babbani e maghi non erano molto diversi.
Con disprezzo ripensò alle scene analoghe a cui aveva
assistito nella sala comune di Serpeverde: gruppi di ragazzini riuniti
in cerchio, mentre confabulavano sottovoce: la guerra, un nuovo Signore
Oscuro, Grindewald, la Germania, la Francia...
Tremó nel buio, ripensando a Malfoy che sorrideva languido,
addentando una fetta di dolce che come sempre si era fatto portare da
un elfo domestico subito dopo la cena, e con una mano si portava
aggraziatamente il fazzoletto ricamato a ripulire gli angoli della
bocca.
"Oh Tom, non puoi averne sentito parlare! Non era certo scritto nella
Gazzetta del Profeta, ma mio padre ha fonti certe
sull’attacco avvenuto nel Lussemburgo”. Un guizzo
malevolo negli occhi grigi, del resto Tom era sì geniale,
era riuscito ad emergere tra i Serpeverde ma... beh.
Vestiti di seconda mano,
cognome babbano, e così rozzo, così poco avvezzo
alle buone maniere e alle formalità dell'elite purosangue.
Lo stomaco di Tan brontolò, forse in risposta al ricordo del
cucchiaio d'argento che tintinnava contro la ceramica mentre Malfoy
tagliava un pezzo di torta alle fragole, e Tom si odiò per
questo.
Odiò se stesso per la sua debolezza, per essere sdraiato
lì con quella massa di orfani indegni, sudici e
insignificanti. Odiò Malfoy e il suo malcelato disdegno nei
suoi confronti, odiò Silente e Slughorn per la completa
indifferenza con cui l'avevano mandato a morire sepolto insieme alla
feccia babbana sotto le bombe e i palazzi squallidi.
No, mai, Non lui.
Sopravvivere, sempre a qualunque costo, a dispetto di tutti.
Lui no,non sarebbe morto, era destinato a ben altro. Ancora un mese, e
sarebbe tornato ad Hogwarts, ad apprendere, a diventare più
forte. E un giorno si sarebbe lasciato alle spalle tutto questo: la
fame e la camerata condivisa con venti orfani sudici, e qualsiasi altra
debolezza.
Pensando questo, infine si addormentò, cullato dal sogno di
un futuro radioso, dove tutto ciò che era stato il povero
orfano Riddle avrebbe lasciato spazio a qualcosa di sublime, un potere
in grado di piegare il mondo e riscattare le offese,e finanche
sconfiggere la morte.
Sarebbe sopravvissuto alla notte, perché era il suo destino,
inciso nel suo stesso nome.
Tom Orvolosom Riddle.
Son Io Lord
Voldemort.
Poco distante dal rifugio degli orfani, un uomo solleva la sua macchina
fotografica per immortalare uno spettacolo di quelli che no, non si
vedevano tutti i giorni: nel mezzo degli incendi e del fumo, la chiesa
di St Paul si ergeva maestosa, inscalfita dalla distruzione e dalla
morte circostante, come sorretta dalle preghiere e dalle speranze di
tutti coloro che no, nonostante le bombe e le sirene e le fiamme, non
si rassegnavano al nuovo ritmo della notte.
Note dell'autore: Questa storia partecipa al Contest:
Missing Moments indetto da Parsefeni. L'idea mi è
venuta a partire dalla Camera dei Segreti, dove si vede Tom
che chiede a Dippett di restare a Hogwarts per le vacanze. Ho
immaginato non dovesse essere il primo tentativo; e sappiamo da
Pottermore che gli anni scolastici di Tom coincidono con la Seconda
Guerra Mondiale nel Mondo Babbano.
Per quanto riguarda il titolo, è ispirato a una foto simbolo
del Blitz di Londra, scattata nel Dicembre del 1940. La storia
è ambientata invece durante le vacanze estive; ho fatto
questa scelta perché mi sembrava poco IC far tornare Tom
all'orfanotrofio per Natale; mi sono quindi presa una piccola licenza
nel modificare la cronologia della Guerra, del resto la storia
è ambientato nel mondo della Rowling, dove è
plausibile che le azioni dei maghi e di Grindewald possano modificare
leggermente anche gli eventi della guerra babbana.
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